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Autore: Eralery    25/08/2012    3 recensioni
Un Torneo Tremaghi che, alla fine, nasconde molto di più; ragazzi che non sanno cosa siano le guerre – se non per i racconti dei propri genitori –, che d’altra parte sembrano sempre lontane miglia e miglia; legami labili e sottili come i fili con cui le nonne cuciono le coperte per i propri nipotini.
Perché c’è sempre di più di quel che si pensa – non è tutto un gioco, per quanto possa sembrarlo non lo è mai. E sono le nostre scelte che parlano per noi, che parlano di noi, che rivelano al mondo chi siamo in realtà.
“Niente inganna più che la vista.”
Quanto può essere difficile vedere con qualcosa che non siano gli occhi? E quanto può essere facile cadere in fallo quando vi si riesce?
Incompiuta
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Louis Weasley, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nuova generazione
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FROM ASHES

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Capitolo IX

From Ashes

 

High Street, Hogsmeade
22 ottobre 2022
Mattina

 

Quella mattina, quando la maggior parte degli studenti era uscita dal castello alla volta di Hogsmeade, il tempo si era rivelato poco propenso alle lunghe passeggiate, quanto più a delle chiacchiere al caldo davanti ad una Burrobirra.
Il sole era infatti coperto da una fitta coltre di nubi grigiastre che non promettevano nulla di buono, anzi, solo una lunga ed estenuante pioggia – tipica, in fin dei conti, dell’Inghilterra. Tirava anche un po’ di vento, ma Molly non ci aveva fatto caso: era tornata in Dormitorio per prendere un maglione di sicurezza – tanto non aveva nessuno che la aspettava, poteva attardarsi quanto voleva – e poi si era definitivamente mossa.
Era arrivata che la maggior parte dei ragazzi girava ancora per le strade, chi in coppia e chi in gruppo, tra mani intrecciate e risate che si perdevano nel vento. In quel momento, al contrario, poche persone ancora vagavano per la via principale di Hogsmeade: c’era sì qualcuno, ma la maggior parte della gente si era riversata all’interno dei locali.
Lei, invece, aveva preferito la compagnia di un libro sgraffignato a sua madre mesi prima. Aveva il viso coperto quasi fino al naso dalla sciarpa di Corvonero, mentre leggeva dell’ossessivo amore di un uomo di nome Heathcliff per Catherine. Fu quando questa Catherine iniziò a legarsi ad un certo Edgar, che Molly capì che quello non era il libro per lei.
Perché probabilmente Catherine si sarebbe sposata con Edgar, e Heathcliff sarebbe rimasto solo. E, in quel momento, anche lei era da sola, mentre la sua versione maschile di Catherine – a parte che lei e Michael non erano fratelli, né di sangue né adottivi – si divertiva con l’altra.
Molly chiuse di scatto il libro, stringendone la spina dorsale con le mani, il mento alzato e il viso pulito rivolto al cielo. Sbuffando, si abbandonò mollemente sulla panchina su cui era seduta, sconfortata.
Davvero, doveva fare qualcosa. Doveva cambiare qualcosa, perché di andare avanti così non ne voleva sapere. Crogiolarsi nella disperazione per un ragazzo… non le importava che si trattasse di Michael, no. Lei era Molly Weasley Jr. e non si sarebbe lasciata abbattere da una stupida delusione d’amore.
Lei non era una di quelle ragazzine – okay, tecnicamente, avendo quindi anni, era una ragazzina – che cadevano in depressione. Lei aveva la forza di rialzarsi a testa alta, perché non era la Casa di appartenenza ad importare, ma con quanta intensità si desidera una cosa.
E lei desiderava ricominciare con tutta se stessa.
 

« Idiota, che ci fai qui da sola? »
Molly, nel sentire quella voce, girò lentamente il viso verso di lei. Era sempre stata tremendamente melodrammatica, a modesto parere di Lucy. Solo sua sorella avrebbe potuto, dopo molto tempo passato ad esercitarsi con lei, girare il capo nella sua direzione così lentamente e senza sembrare un’idiota. Come in uno dei vecchi film di sua madre, in cui ad un certo punto parte il rallentatore. E Molly riusciva perfettamente anche in quello.
Perché Molly era perfetta. La figlia perfetta, la cugina perfetta, la studentessa perfetta, la nipote perfetta, l’amica perfetta. Era sempre una spanna sopra di lei, perché lei era perfetta.
Non era più bella di lei, Molly: erano due gocce d’acqua. Non era più intelligente di lei: semplicemente si applicava, cosa che Lucy non aveva voglia di fare. Non era più simpatica di lei, solo che faceva buon viso a cattivo gioco. Eppure, Molly risultava comunque perfetta, impeccabile.
E Lucy non riusciva a perdonarglielo.
« Ciao anche a te, stronza ».
Lucy quasi sorrise. Era divertente come sua sorella sapesse chiamarla semplicemente stronza. C’erano di molto più adatti. Però doveva dire che anche il suo idiota era della stessa pasta.
« Non mi hai ancora risposto » le fece notare, superandola per sedersi accanto a lei. Molly la seguì con lo sguardo, le labbra strette talmente tanto da sembrare una linea – perfetta.
« Magari non voglio » ribatté a tono Molly, facendola ridere.
Perché Molly era perfetta con tutti, eppure con lei non lo era mai.
« Sicura di non essere tu la stronza? » la prese in giro, frugando nelle tasche alla ricerca del proprio pacchetto di sigarette.
Molly, anziché ribattere, restò in silenzio per qualche minuto, tempo che Lucy impiegò per trovare le sigarette, prenderne una ed accenderla.
« Ti sei mai sentita come se non fossi abbastanza? » le domandò alla fine, abbassando lo sguardo sul libro che ancora stringeva tra le mani. Sembrava concentrata: le sopracciglia aggrottate e le labbra socchiuse, come se stesse cercando da sola una risposta alla propria domanda.

Spesso – rispose mentalmente Lucy, con una boccata di fumo.
« Perché me lo chiedi? »
« Non volevi forse che ti rispondessi? » ribatté Molly, voltandosi verso di lei con tutto il viso. Sembrava… come sul punto di rompersi. Ed era strano, pensare una cosa del genere di Molly Weasley. « Be’, è quello che sto facendo. E tu non stai facendo altrettanto ».
Lucy, ciccando, puntò lo sguardo sulla parete scostata della casa di fronte a loro. Un tempo la vernice doveva essere stata di un bel bianco, e le finestre dovevano essere piene di fiori, ma in quel momento quella casa era del tutto vuota.
Si riscosse quando pensò che anche loro, un giorno, sarebbero state come quella casa. La cosa la fece ridere, mentre Molly la guardava, spaesata. Davanti a quell’espressione frastornata, Lucy non poté fermarsi dal ridere, perché era la stessa faccia della Molly di molti anni prima, quando ancora andavano d’accordo e lei combinava qualcosa.
Non ricordava perché poi si fosse rovinato tutto, Lucy non se lo ricordava affatto. Semplicemente, prima andavano d’accordo, si occupavano l’una dell’altra, e poi, puf, avevano cominciato ad evitarsi e lanciarsi frecciatine a vicenda. Frecciatine che poi erano diventate insulti, che poi si erano trasformati in litigate.
« Cosa ti dovrei dire, sorella? » chiese Lucy, dopo aver smesso di ridere.
Molly aggrottò le sopracciglia. « Sorella? Quindi per te sono ancora tua sorella? »
Lucy rimase basita e restò a fissarla per dei secondi che le parvero ore. Forse Molly era impazzita del tutto. Era possibile. Magari il troppo studio le aveva dato al cervello e lei aveva perso la ragione.
Sì, si disse Lucy, doveva essere così, perché altrimenti non si spiegava la frase di sua sorella. Certo che lei era ancora sua sorella, perché non doveva esserlo? Come poteva nonesserlo? Lucy era allibita.
« Ho sempre pensato che fossi idiota, ma mai fino a questo punto! » sbottò alla fine con il solito tatto – dopo un po’ nessuno ci faceva più caso, in fondo “Lucy Weasley” e “tatto” erano due parole che non potevano esistere nella stessa frase. « Come puoi dire una cosa del genere? »
Molly le sorrise – Lucy non capì cosa ci fosse da sorridere e si corrucciò.
« Sei stata tu » cominciò Molly, guardandola. « ad averlo detto. Tre anni fa, precisamente. Durante le vacanze di Natale ».
Lucy sgranò gli occhi, presa in contropiede. Lei aveva detto…? No, Molly era uscita davvero di senno. Okay, Lucy non era la ragazza più gentile del mondo, ma da qui a dire una cosa del genere…
« Non guardarmi così, è vero » le disse ancora Molly, annuendo alle proprie parole e accarezzando con i polpastrelli la copertina del libro. « Non ricordo neanche perché lo hai fatto, sinceramente » aggiunse, ridacchiando mestamente.
« Io non mi ricordo proprio di questo » ribatté Lucy, stralunata.
Non riusciva a crederci. Aveva seriamente detto a Molly di non considerarla sua sorella? Forse l’avevano drogata, quando aveva pronunciato quelle parole. O magari – cosa più probabile – era capitato durante uno dei loro tanti litigi. Un litigio più pesante degli altri, certo.
D’un tratto Lucy capì il motivo del comportamento che Molly aveva adottato nei suoi confronti negli ultimi anni. Indifferenza, freddezza, risposte a monosillabi, sorrisi di circostanza e solo quando era necessario… Tutto tornava a posto, tutto si posizionava in maniera perfetta in quel grande puzzle.
Forse l’idiota era lei, Lucy, non Molly.
« Evidentemente non sono così importante » ipotizzò Molly, calmissima.
Lucy odiava quando Molly faceva così, quando si mostrava indifferente a tutto. Se il caso fosse invertito, se fosse stata Molly a dirle una cosa del genere, Lucy le avrebbe gridato in faccia di tutto. Mentre Molly la guardava con calma e a volte sorrideva. E a Lucy veniva il nervoso, perché in quella maniera le sembrava di essere lei a contare poco per sua sorella, e non il contrario.
« Magari è quell’episodio a non essere così importante » esclamò Lucy con veemenza, la voce alterata e gli occhi dardeggianti – lei teneva a sua sorella, a modo suo, certo, ma ci teneva. E non sopportava che Molly lo mettesse in dubbio. « Sei una Corvonero, potevi arrivarci da sola ».
Forse non avrebbe dovuto usare il sarcasmo, forse avrebbe dovuto comportarsi da Tassorosso – sinceramente Lucy non capiva granché perché fosse una Tassorosso, se di quella Casa aveva solo la lealtà – e chiedere scusa a sua sorella. Ma non sarebbe stata onesta, o comunque non si sarebbe sentita tale; quello era il suo modo di affrontare le cose, di reagire e di difendersi. E se sua sorella pensava che non le importasse nulla di lei, Lucy non vedeva perché avrebbe dovuto riservarle un trattamento tanto speciale.
Molly, intanto, sbuffò, continuando a muovere le dita sulla rilegatura del libro. Il sarcasmo pungente di Lucy non era quel che di cui aveva bisogno, in quei giorni, eppure l’aveva provocata lei. Perché sì, l’aveva provocata, e l’aveva fatto apposta. Aveva voglia di sfogarsi, e Lucy era capitata lì. Alla fine Lucy avrebbe potuto ignorarla e passare avanti come avevano imparato a fare.
E invece si era fermata, e poi le si era seduta accanto, e si era offesa dalla sua insinuazione.
« Perché dovrei crederti? » continuò imperterrita, sfogandosi. Sperava di riuscire a calmarsi, in quel modo; sperava di far fuoriuscire tutta la rabbia. « Noi non ci parliamo mai. Praticamente non ci conosciamo. Perché dovrei crederti? »
Lucy serrò le labbra, seria in volto, prima di rispondere: « Perché abbiamo ancora un sacco di tempo per conoscerci, e perché sono tua sorella ».
Forse, pensò Molly, aveva sbagliato a valutarla.

Forse.

*

 I Tre Manici quel giorno era decisamente troppo pieno per essere ancora ottobre – di solito, infatti, la gente preferiva muoversi per il paese finché non avesse cominciato a fare troppo freddo –, ma il vento che soffiava contro i vetri delle larghe ed alte finestre era insopportabile.
Loro erano riusciti a trovare un tavolo libero sul fondo, vicino alla finestra, e ormai stavano lì da un po’, intenzionati ad andarsene solo quando sarebbe stato strettamente necessario.
Dominique aveva un appuntamento con Matthew, e James aveva scoperto solo quella mattina che Logan aveva aggirato Yvonne, invitandola a passare la mattinata con loro, dicendole che sua cugina aveva dato buca a Matthew all’ultimo minuto. Inutile dire che, quando la ragazza l’aveva scoperto, era andata su tutte le furie e l’unico motivo per cui era rimasta è che l’appuntamento con Louis era per dopo pranzo e lei, non conoscendo affatto il paese, si sarebbe persa.
Perciò si erano mossi presto, James in mezzo a Logan e Yvonne perché sospettava che altrimenti la ragazza lo avrebbe picchiato in pubblico – non si doveva mai far arrabbiare una ragazza con dei geni Veela: quando si arrabbiavano erano terrificanti –, ed avevano raggiunto il famoso pub. Prima, però, Logan aveva insistito per fare un salto da Mielandia, dove aveva cercato di attaccare una caramella appiccicosa tra i capelli biondi di Yvonne – che, quando lo aveva beccato, sembrava stesse per saltargli alla gola.
In quel momento, invece, James stava muovendo le dita sulla superficie del bicchiere di vetro della sua Burrobirra, mentre Yvonne sorseggiava il suo tè con il miele – a quanto pareva, il clima inglese le aveva fatto venire il mal di gola – e Logan beveva tranquillamente la sua Burrobirra, poggiato allo schienale della sedia e osservando apertamente la ragazza.
« Dominique mi ha parlato molto di te » proruppe Yvonne, per fare conversazione. Evidentemente il silenzio che si era andato a creare doveva averla messa in soggezione, visto che, dopo aver posato la ancora un po’ piena, si era guardata attorno, e James si chiese come avesse fatto a non pensarci prima, a metterla a sua agio.
« Oh? » disse semplicemente, dando poi un sorso alla sua Burrobirra. Yvonne, davanti a lui, annuì, mentre una ciocca, che prima era stata fermata con la sciarpa che la ragazza si era legata al collo, le finiva davanti al viso per poi essere prontamente accompagnata dietro l’orecchio. « E che dice? »
« Più o meno le solite cose » rispose, evasiva – era strano, il modo in cui Dominique parlava di James, suo cugino, e Yvonne non riusciva a capire bene cosa si nascondesse dietro quelle frasi lunghe quando le scriveva o  dietro a quegli azzurri quando le parlava di lui. « Siete migliori amisci, vero? » sviò infine, virando su un terreno meno problematico.
« Già » annuì James, mentre Logan salutava qualcuno che entrava nel locale. « Tu hai un migliore amico? ». Si rese conto dell’idiozia di quella domanda solo dopo averla pronunciata e nel vederla trattenere malamente una risata.
« Sì, ne ho uno » gli rispose dopo pochi secondi, divertita. « Si chiama Félix, è venuto anche lui qui con la delegasione ».
« Come mai non è venuto? » le chiese ancora, per cercare di instaurare un rapporto. Dopotutto era la cugina di Dominique, e comunque non sembrava antipatica.
Yvonne si strinse nelle spalle, scuotendo appena la testa come a dire non ne ho idea. « Quando gliel’ho chiesto ha detto che preferiva restare al castello… ».
« Probabilmente il fascino di Hogwart ha conquistato anche lui » disse Logan d’un tratto, con un sorriso che assomigliava leggermente ad un ghigno.
« Hogwarts è molto bella » convenne Yvonne, senza trattenere un sorriso.
« E la compagnia è ancora meglio, vero, Yvy? » aggiunse lui, ammiccando.
Yvonne scosse la testa e ribatté: « Tranne la tua, Hopkins », mentre James scoppiava a ridere e Logan sorrideva.


*

 Era stata una bella giornata.
Matthew l’aveva aspettata in Sala Comune, e poi si erano diretti insieme verso le carrozze. Uscendo dalle carrozze, aveva intravisto sua cugina insieme a James e Logan, ma Matthew non le diede neanche il tempo di dispiacersene, perché la portò da Scrivenshaft per vedere le nuove penne da collezione.
Dopo lei lo aveva accompagnato alla filiale dei Tiri Vispi Weasley, dove il ragazzo aveva comprato delle caramelle particolari da portare in dormitorio, per poi incamminarsi verso i Tre Manici.
« Ora però mi devi dire come sapevi delle piume » stava dicendo Dominique, sorseggiando la propria Acquaviola. « Insomma, io non te l’avevo detto ».
Matthew sorrise con allegria, posando la sua Acquaviola sul tavolo e allargando poi le braccia in aria. « Te l’ho sempre detto, Dominique: ci sono cose che, semplicemente, non si possono dire ».
« E fammi indovinare, questa è una di quelle cose » sbuffò Dominique, fingendosi scocciata. In realtà gli piaceva come Matthew si prendesse gioco di lei senza mai offendere o farla indispettire.
« Già » ridacchiò il ragazzo. « Tu non hai cose che non puoi dire? »
Matthew lo chiese senza pensare, come se fosse una cosa naturale, ma Dominique si irrigidì ugualmente. Non perché ci fosse qualcosa di strano nella domanda di Matthew, ma perché sì, lei alcune cose non poteva dirle. A nessuno. Per nessuna ragione al mondo. Erano… Non erano. Non potevano essere.

Eppure sono.
Dominique scosse la testa per scacciare quel pensiero, ma Matthew lo prese come un diniego alla sua domanda.
Sembrava sorpreso.
« No? Davvero? »
Dominique rialzò gli occhi su di lui ed inarcò le sopracciglia. “Davvero” cosa? Fece per chiederglielo, ma lui le risparmiò la fatica andando avanti con il discorso.
« Be’, allora sei fortunata, penso. Essere sinceri su tutto è una buona cosa » le sorrise, e Dominique capì. Poi si sentì malissimo, perché lei non era sincera su tutto. Cercava di esserlo, ma c’erano alcune cose – specialmente una cosa – su cui doveva mentire.
Si sforzò di sorridere e le venne naturale, come se non avesse fatto altro che divertirsi anche negli ultimi minuti. Forse perché aveva la sensazione che Matthew non le avrebbe fatto domande sul suo comportamento, o sulle cose che gli nascondeva.
Era una bella sensazione, pensò.
« Ti va di fare un giro, prima di tornare al castello? » gli chiese, evitando accuratamente di soffermarsi su ciò che aveva precedentemente detto il ragazzo. « Non ho ancora voglia di rientrare ».
« Oh, certo ». Matthew le sorrise e lanciò un’occhiata alla bevanda di Dominique. Finì rapidamente gli ultimi gocci della propria prima di sorriderle di nuovo. « Vuoi andare ora? »
Lei ricambiò il sorriso, raggiante, e fece per prendere le monete dalla tasca, ma lui la guardò, scosse la testa ed andò da Hannah Paciock, la barista, per pagare. Quando tornò, le disse:
« Hai davvero fatto per prendere i soldi? ». Non sembrava arrabbiato, solo perplesso. « Dominique, è un appuntamento, non ti avrei mai fatta pagare ».
« Che cavaliere » ridacchiò, scostando la sedia dal tavolo ed alzandosi. Prese il proprio cappotto ed affiancò Matthew per uscire dal pub.
Una volta fuori, l’aria fredda sferzò loro i visi. Nell’aria c’era odore di pioggia, e le nubi scure di quella mattina sembravano essersi come raddoppiate. C’era ancora poca gente per le strade, segno che in molti o erano già rientrati o avevano preferito rimanere ancora un po’ dentro ai vari locali del villaggio. Pensandoci bene, anche a Dominique sarebbe piaciuto restare ai Tre Manici. E sempre pensandoci bene, lo avrebbe fatto, se non fosse uscita con Matthew ma avesse seguito Yvonne, Logan e James.
Lanciando un’occhiata al ragazzo sorridente accanto a lei, però, Dominique non se ne dispiacque affatto. Piegò anzi gli angoli delle labbra verso l’alto, prima di allungare la mano verso quella di Matthew e intrecciare le dita alle sue.
Lui si voltò verso di lei, palesemente colpito. Dominique, mentre rafforzava la stretta e si bloccava per farlo fermare di rimando, sperò che fosse piacevolmente colpito.
Erano fermi in mezzo al ciglio destro di High Street, quando Dominique lo fece girare per poggiare le labbra sulle sue. Erano molto carnose e soffici, le labbra di Matthew, stimò Dominique mentre gli allacciava le braccia al collo e lui la prendeva dolcemente per la vita.
Si sentiva la testa vuota, completamente svuotata, Dominique. Era come se le labbra di Matthew le avessero cancellato dalla mente tutto quello che non lo – li – riguardava, come se in quel momento non riuscisse a pensare ad altro che non fosse il quando doversi staccare per incamerare ossigeno.
Ma stava bene, e pensò che finalmente era sulla strada giusta per porre fine a tutto quanto.
Ora c’era Matthew, nella sua vita. E lei avrebbe pensato a lui, non più a James.
Mai più.

*

 
Yvonne è così bella!
Quella non era una gran scoperta, non per Louis. Sua cugina era, a suo modesto parere, una delle ragazze più belle che avesse mai incontrato, assieme alle sue due sorelle. Non c’era bisogno che William glielo ripetesse almeno cinquantadue volte al giorno.

Oh, Yvonne è così simpatica!
La cosa davvero simpatica, per Louis, era il fatto che William le aveva parlato solo una volta, quando si era presentato, e lei aveva parlato sempre con Louis.
Ha un così bel sorriso!
Quando, ai Tre Manici, glielo aveva ripetuto per la milionesima volta, Louis aveva posato il gomito destro sul tavolo e si era coperto la faccia con la mano, sfiancato. William era così asfissiante, in quei giorni. E la sua cotta per Yvonne rasentava il ridicolo, visto che lei era più grande di lui di due anni e, secondo Louis, non l’avrebbe comunque preso in considerazione.

Secondo te ho qualche possibilità?
Alla fine, stufo di quella situazione, gli aveva risposto che no, secondo lui qualche possibilità non ce l’aveva e gli aveva indicato Yvonne, che in quel momento stava entrando assieme a suo cugino James e a Logan. Fece anche notare a William come Logan ci provasse spudoratamente e che era meglio se lasciava perdere.
William si era ovviamente infastidito e gli aveva chiesto cos’avesse Logan Hopkins più di lui. Louis, colto da uno dei suoi noti attacchi di acidità, aveva ribattuto che faceva prima a chiedersi cos’avesse lui più di Logan Hopkins.
Non che quel Logan gli stesse particolarmente simpatico – faceva ridere, ma a Louis sembrava che si desse troppe arie; il fatto che se le desse anche lui era un futile dettaglio –, ma non ne poteva più degli sproloqui del suo amico su Yvonne.
Mentre William lo guardava male, Louis si alzò dal tavolo e se ne andò, salutando la cugina con un gesto sbrigativo della mano.
Una volta fuori dal locale, Louis sbuffò sonoramente, alterato. Era una giornata davvero schifosa, vista da tutte le parti. Tempo orribile, compagnia ancora peggiore e la pazienza che sembrava essere andata a farsi benedire.

Che si fottessero tutti quanti – pensò, incamminandosi lungo la strada principale di Hogsmeade. Notò Molly e Lucy sedute vicine su una panchina, ma non ci badò e tirò dritto per la sua strada.
Desiderò mentalmente che Yvonne baciasse Logan Hopkins davanti a William – anche se sapeva che non l’avrebbe fatto, perché Yvonne continuava a dire che era un idiota e che non lo sopportava, ma Louis era sicuro che in fondo le facevano piacere tutte quelle attenzioni, sebbene fossero piuttosto infantili. Subito dopo si rimangiò quel pensiero, perché dopotutto Yvonne era sua cugina e lui, di Logan, non si fidava granché.

Però William ci resterebbe di merda – si disse, ghignando appena e ricordandosi del perché il Cappello Parlante aveva avuto dei dubbi tra Serpeverde e Corvonero.

« Un nuovo Weasley! Che piacere, che piacere! » disse una vocina nella sua testa, senza sorprenderlo poi tanto. Dominique e Victoire gli avevano già detto che sarebbe successo. « Vedo un gran cervello, ma anche molta ambizione… Non sei una persona molto coraggiosa, eh? Ti piace vincere facile e sai come ottenere ciò che vuoi… Saresti senza dubbio un ottimo Serpeverde » continuò la vocina, e questa volta lo colse alla sprovvista. Non aveva mai davvero pensato a quale sarebbe stata la sua Casa. « Ma hai anche molto della nobile Casa della cara Priscilla… Sei molto difficile, Louis Weasley, sai? Ma forse… sì, tentiamo! Corvonero! »

Le parole del vecchio Cappello Parlante galleggiarono nella sua mente, tornando a galla e facendolo sorridere. Si era trovato bene, alla fine, trai Corvonero, anche se si era sempre chiesto cosa sarebbe successo se fosse stato smistato a Serpeverde.
Non che gli dispiacesse di non essere un Serpeverde, dato che questi avevano la Sala Comune nei freddi sotterranei, mentre loro Corvonero stavano in alto, in una delle torri. E la loro Sala Comune era decisamente la più bella, piena di persone sveglie e intelligenti.

Tranne alcune – aggiunse mentalmente, pensando a William.
Mentre sbuffava di nuovo, Louis calciò un sasso vicino ai suoi piedi; questo andò a sbattere contro uno dei bidoni della spazzatura magici. Louis lo seguì con lo sguardo, e, alzando e spostando poi gli occhi dal sasso ormai fermo, lo notò.
Era seduto su una panchina poco lontana, vicino ad un lampione, con le gambe allungate e una sigaretta tra le dita – lo si capiva dal filo di fumo che si sollevava piano dalla sua mano. Aveva un’aria strana, con la fronte distesa e le labbra serrate; sembrava estremamente concentrato, e Louis notò che lanciava sguardi ad ogni persona che gli passava davanti.
Spinto da chissà cosa – forse perché, a giudicare da quanto era contratta la sua mascella, anche quel tipo ce l’aveva con qualcuno –, Louis si avvicinò alla panchina e ci si sedette sopra senza dire niente. Se gli diede fastidio, l’altro non lo diede a vedere; gli lanciò appena uno sguardo, prima di tornare a guardare i pochi passanti e a fumare tranquillamente.
« Posso averne una? » domandò, tranquillo, girando il viso verso lo sconosciuto. Teoricamente lui non avrebbe dovuto accettare cose dagli sconosciuti, figurarsi chiederle, ma sinceramente in quel momento non gliene importava nulla.
L’altro non rispose né lo degnò di uno sguardo, e quando furono passati una decina di secondi, mentre Louis incominciava ad infastidirsi leggermente, si mosse e affondò una mano nella tasca dei pantaloni, tirandone fuori un pacchetto di sigarette babbane. Lo aprì e glielo porse, invitandolo a prenderne una.
Louis non si fece pregare e la prese, accendendola poi con l’accendino all’interno del pacchetto. Dopo aver rimesso l’accendino dov’era, si portò la sigaretta alle labbra e si appoggiò allo schienale della panchina.
Quello che calò non era un silenzio pesante ed opprimente, affatto; era semplicemente pieno di domande e curiosità. Louis non aveva mai visto quel ragazzo prima di allora, ed era strano, visto che veniva ad Hogsmeade da tre anni. Doveva essere uno nuovo, e Louis non capiva perché una persona dovesse scegliere di trasferirsi ad Hogsmeade anziché negli altri centri abitati magici.
« Ragazzino, perché non te ne vai? ». Furono quelle le prime parole che lo sconosciuto gli rivolse, e Louis inarcò le sopracciglia. Non gli piaceva essere trattato in quel modo, specialmente se la persona che lo faceva neanche lo guardava in faccia.
« Mi chiamo Louis Weasley, non ragazzino » ribatté lui, ostentando una calma che non possedeva del tutto – in realtà avrebbe voluto chiedere a quel ragazzo, che non poteva avere più di sei anni più di lui, chi si credeva di essere.
« Non me ne importa poi molto » disse l’altro, atono. « Ora, vuoi andartene o cosa? »
« Volevo parlare » ammise Louis, senza battere ciglio, facendo uscire dalle proprie labbra del fumo.
« Non hai degli amici? » gli chiese il ragazzo accanto a lui, e dal tono di voce si capiva che non gli interessava realmente.
« Ti interessa? » domandò quindi Louis, retorico.
« No » rispose infatti l’altro, sempre senza guardarlo in faccia. « Ma ti sei seduto qui, mi hai preso una sigaretta e non te ne sei ancora andato. Ho tutto il diritto di avanzare domande ».
Louis accusò il colpo, appoggiandosi allo schienale della panchina ed espirando del fumo per prendere tempo.
« Poi posso farla anche io una domanda? » chiese infine con tono leggero.
« Solo se poi mi fai il favore di sparire » disse lo sconosciuto, atono, con la fronte aggrottata e appena accarezzata da dei morbidi – almeno alla vista – ciuffi biondi. L’accento Louis l’aveva riconosciuto: doveva essere francese, perché la pronuncia delle parole, sebbene il ragazzo parlasse perfettamente inglese, avevano una pronuncia vagamente francofona.
« Okay » disse Louis – anche se, in realtà, non pensava che se ne sarebbe andato, visto che non aveva voglia di tornare al castello né di rivedere William. « Come ti chiami? »
L’altro si girò verso di lui per la prima volta, mostrando un paio di scettici occhi di un verde brillante ma cupo. Aveva un viso affilato, con gli zigomi leggermente alti, un naso dritto e una bocca sottile. A Louis sembrò che avesse qualcosa di… familiare, già visto.
« Ragazzino, fatti gli affari tuoi » berciò il ragazzo con gli occhi verdi, stavolta scocciato.
Louis si corrucciò come faceva spesso; aggrottò le sopracciglia e strette le labbra. Poi ribatté: « Avevamo un patto ».
« Io non ti conosco, e me ne frego del patto » lo informò allora l’altro. « E lo avresti fatto anche tu, rimanendo qui dopo la mia risposta. Mi sbaglio? »
« No, non ti sbagli » rispose Louis con notevole faccia tosta. « Ma io mi sono presentato, e sarebbe scortese non fare lo stesso. Quindi ».
Louis pensava che si sarebbe arrabbiato o come minimo infastidito, ma nello sguardo dello sconosciuto ci fu un guizzo di curiosità misto a un vago senso di compiacimento.
« Julien ».




Ooooh, ce l’ho fatta. Non riuscivo davvero a finire questo capitolo. La parte su Matthew e Dominique non voleva proprio uscire, diamine. Poi c’è anche da dire che io non ho avuto tempo per niente che non fosse la spiaggia, quindi sì, potete prendermi a sassate.
Il colpo di scena alla fine com’è stato? A me sembra essere andato bene…
Spero che il capitolo sia piaciuto ai poveri disgraziati che mi seguono, fatemi sapere <3
Un bacio,
Er.

   
 
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