Fanfic su artisti musicali > Katy Perry
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Autore: AuraDuchannes    27/08/2012    9 recensioni
Anche le donne più forti piangono.
Piangono le lacrime più amare che una persona abbia mai versato. Rigano il loro volto con lentezza disarmante, la stessa velocità con cui il dolore acuto lacera e smantella i loro cuori.
Ecco cos'è successo a Katy Perry.
Una parte di sè è volata via, come un'aquilone libero nel cielo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Thought that I was the exception

Presi fra le mani tremanti l'iPhone. Su Twitter c'era la notizia del divorzio, tutti ne parlavano, da vip a giornali che seguivo di malavoglia, incitata dal mio migliore amico. Lo buttai a terra, lo schermo si frantumò in mille schegge di pericoloso vetro tagliente.
Non me ne fregava un cazzo. Mio marito.
Mio marito!
Mio marito mi aveva lasciata. Era andato a chiedere il divorzio.
Quando me lo disse al telefono, gli dissi "vai, voglio proprio vedere come lo farai." Pensavo che non ne avesse il coraggio.
E invece, l'ha fatto.
Ero sola. Ero senza il mio punto di riferimento, senza la persona di cui più mi importasse al mondo.
Presi una birra dal frigo bar, non lessi neanche la marca, come facevo di solito.
Dal sapore sembrava una Tennet's. Guardai con gli occhi appannati dalle lacrime la marca. Si, era una Tennet's.
Ne presi un'altra, e bevvi, bevvi, bevvi, finchè non arrivai a dimenticare il mio nome, la causa del mio dolore, chi ero e cosa facevo. Dimenticai tutto, grazie all'alcohol che mi scorreva nelle vene.
Mi venne da ridere istericamente, presi una sigaretta, l'accesi e ricominciai a fumare. Così, all'improvviso, senza ripensamenti.
Lui non voleva che io fumassi, gli dava enormemente fastidio la vista di me con una sigaretta in mano ed io, da brava moglie, smisi di fumare. Smisi di fare tante cose solo per lui.
Smisi anche di bere. Che assurdità.
Incominciai a dipendere da lui, divenne quasi una droga. Non volevo deluderlo per nessuna ragione al mondo, volevo tenermelo stretto perchè era l'unica persona che pensavo mi accettasse e mi amasse per quello che ero. Che ingenua che ero stata. Lui non mi amava per ciò che ero.
Amava la persona che ero diventata, che cercavo di essere a tutti i costi pur di continuare a stargli accanto.
Ed io, d'altra parte, ero innamorata della parte che più preferivo di Russell. Quella calma e posata, quella che assumeva quando mi guardava negli occhi.
Pensavo di essere il suo angelo custode. Pensavo di essere la donna della sua vita, quella donna capace di curare ogni sua ferita e ogni sua dipendenza.
Pensavo fossi la sua eccezione.
E invece, mi ero sbagliata, ancora una volta.
Non ero la sua eccezione. Forse, ero una fra le tante, una di quelle che si era innamorata dei suoi sguardi dolci e delle sue carezze leggere come un vento primaverile.
Incominciai a piangere, a piangere senza sosta e poi a ridere fra le lacrime, e di nuovo a piangere, piangere e piangere.
Ero in un hotel di Miami, con il viso ricoperto di lacrime, gli occhi gonfi e lo sguardo vacuo quando Marcus aprì la porta e mi ritrovò.
La mia ancora di salvezza. Mi teneva salda, ferma, quando tutto ciò che volevo fare era lasciarmi trasportare dal nulla assoluto.
Mi coprì in un abbraccio da orso. Ovviamente, doveva aver saputo tutto. Tutti sapevano tutto.
Che schifo.
«Katy Perry non piange. Katy Perry è forte.» mi sussurrò Marcus, stringendomi ancor di più.
«Già, Katy Perry è forte. Il problema è che io adesso non sono Katy Perry, ma Katy Hudson dal cuore frantumato in mille schegge, proprio come il mio iPhone.»
«Hai distrutto l'iPhone? Sei diventata pazza?» urlò lui, ed io scoppiai a ridere buttandomi per terra e scalciando come una bambina.
«Katy cazzo sei ubriaca?»
Non risposi. Ero troppo presa a ridere dal suo tono di voce così stridulo, che non lo ascoltai neanche.
Poi improvvisamente mi venne in mente Russell, e piansi.
Presi un'altra birra dal frigobar, sperando che Marcus non mi fermasse. Non lo fece.
La bevvi, non sentii neanche il sapore in gola.
Il ricordo di Russell cominciò ad annebbiarsi, ma restava sempre un assurdo promemoria nella mia mente, come a precisare che cazzo di fallimento fossi.
Presi un'altra birra.
Vidi Marcus che tratteneva un singhiozzo. Smisi di trangugiare la birra e mi avvicinai a lui.
«Io... io non voglio vederti così Katy, non voglio. Non voglio dover raccogliere ogni pezzo di te che adesso è sparso in questa camera. Non voglio vederti affogare il dolore nella birra. Non voglio. Non l'ho mai voluto.» mormorò lui, mentre una lacrima gli rigò il viso.
Lo abbracciai, senza parole.
Non ci parlammo, piangemmo solo in quella insulsa camera d'hotel. Le nostre lacrime si confondevano, si mescolavano e avevano il sapore di bugie e segreti malsani.
Quando ci ricomponemmo, sentii il telefono squillare.
Shannon.
«Perry, cazzo... » la vocina di Shannon mi rimbombava nell'orecchio, come una eco incessante e martellante. Avevo decisamente esagerato con le birre.
«Shann.. on.» mormorai a fatica. Non riuscivo neanche a parlare, ero paralizzata dal dolore. I singhiozzi mi scuotevano il petto, ad ogni respiro una lacrima mi scorreva sul viso, finendo fra l'incavo dei seni.
Stavo troppo male, il mio fisico sembrò quasi non reggere tutto quel dolore.
Come si fa a dire addio ad una persona che è stata una costante nella tua vita? Come si fa a non incolparsi tutto?
La colpa era solo mia, solo mia, perchè non ero la persona che lui voleva che fossi. Dovevo essere la Katy che, diligente e premurosa, restava in casa a badare ai bambini, che rassettava e puliva tutto. Che amava suo marito, e che non le importava di quanti errori facesse.
Era questo il nostro problema. Gli errori.
Avevamo commesso entrambi troppi sbagli, troppi per poterceli perdonare. Sbagli di cui si fa fatica anche solo pensare, ma che si rinfacciano in continuazione, come una prova da sbandierare al vento di come l'essere umano sia imperfetto nonostante cerchi di sostenere il contrario.
Io ero imperfetta, lui era imperfetto, e non ci amavamo per ciò che eravamo. Entrambi amavamo una persona che in realtà non esisteva.
Mi arrivò un messaggio sul mio telefono che utilizzavo solo per questioni private, il Blackberry, che mi distolse da quei pensieri.
"Pensavo tu fossi la mia eccezione. Mi sbagliavo. Continuerò ad amare quella parte di te che resterà per sempre mia."
Le lacrime rigarono nuovamente il mio viso segnato dalla sofferenza e dal dolore.
«Ti amerò anch'io per sempre.» fu il sussurrò che uscì dalle mie labbra e che si perse in quella stanza impregnata dall'odore dell'alcohol e delle lacrime.
Poi mi addormentai di colpo, stroncata da quel dolore troppo forte.








  
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