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Autore: Khaleesi    27/08/2012    5 recensioni
18 Agosto, Percy Jackson compie 17 anni.
Un anno prima il Titano Crono è stato sconfitto;
un anno prima Luke, Silena e tanti altri semidei hanno perso la vita.
Ecco come vanno le cose nel mondo dei semidei raccontato da Talia, Chris, Clarisse, Nico e il dio Ermes.
La 'nuova' generazione di Jason&Co non viene "presa in considerazione"
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Luke Castellan, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Talia Grace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve C: Questa è la mia seconda one-shot sul mondo di Percy Jackson. La prima è stata una CalipsoxPercy per raccontare quello che potrebbe essere successo se lui fosse voluto rimanere sull’isola di Ogigia. La potete leggere cliccando qui.
Su facebook ho anche una pagina sul mondo di Percy Jackson: Divine Dyslexia, venite a trovarci!
Buona lettura,

Lee.

  

 

 

Noi non dimentichiamo

BY KHALEESI

 

 

 

18 Agosto – Da qualche parte nel Nord America .

 

Le prime luci dell’alba raggiunsero la mia capanna e, di conseguenza, il mio volto. Mi stropicciai gli occhi e stiracchiai le gambe con tranquillità. Uno dei vantaggi nell’essere la luogotenente delle Cacciatrici di Artemide era quello di poter avere una tenda tutta per me e di non doverla dividere con qualcun’ altra. Così nei prossimi duemila anni avrei comunque conservato un po’ di privacy.

Sgusciai fuori dalla tenda silenziosamente e con l’arco in spalla mi diressi verso ovest per andare a cacciare qualcosa.

«Talia, sei tu?» la vocetta di una bambina appena consacrata alla dea Artemide mi fece sobbalzare; probabilmente non ero stata silenziosa quanto speravo.

«Si. Ora torna a dormire, forza.» la intimai indicandole una tenda alle sue spalle, magari non era neanche la sua. Ma questo giorno l’avrei voluto trascorrere nel modo più solitario possibile.

Il giorno dell’anniversario della morte di Luke.

Il mio Luke.

Avevo cercato di reprimere tutto ciò che lo riguardava in un angolino del mio cervello, cercavo di non pensare a quello che era successo solo un anno fa. Ma il suo ricordo … i suoi capelli biondi, gli occhi azzurri e la cicatrice sul suo volto mi tornavano sempre alla mente; non importava cosa facessi per dimenticarlo. Lui sarebbe sempre stato nei miei pensieri, sarebbe sempre stato una parte di me.

E questo faceva male, malissimo. Mi disperava sapere di non avergli potuto dire addio solo perché ero rimasta sotto una statua per salvare Annabeth. La stessa Annabeth che gli ha detto di non averlo mai amato.

Ma io si.

Lo amavo con tutto il mio corpo e la mia anima. L’ho amato da quando ero piccola, l’ho amato quando mi sono sacrificata per lui su quella collina, l’ho probabilmente anche amato sotto la mia forma d’albero.

Ciuf, pufh. Qualche animale zampettò nell’erba poco distante da me, incoccai una freccia e cercai il bersaglio. Una cerva. Riportai l’arco al mio fianco, le cerve erano gli animali sacri di Artemide e quindi era vietato ucciderle per noi cacciatrici. Ci erano vietate un bel po’ di cose, a dire il vero.

Anche innamorarsi era tra queste, ma io l’avevo fatto. Decisi di andare con le Cacciatrici perché se fossi stata io l’eroe della Grande Profezia avrei sicuramente fatto rovesciare l’Olimpo portando i Titani in trionfo. L’avrei fatto per Luke. Per non vederlo morire come invece era successo.

Un groppo alla gola e gli occhi che pizzicavano.

Stavo per scoppiare a piangere, lo sentivo. Quindi decisi di fare una lista mentale di tutte le cose che avrei dovuto fare in quella giornata, piangere non era un’attività che m’interessava particolarmente.

 

Stratagemmi di Talia Grace per sfuggire alle lacrime – Cose da fare

1. Mandare il Gruppo 3 a prendere le bacche

2. Ricordare ad Artemide del suo appuntamento con Apollo

3. Far appostare il Gruppo 6 nel luogo dell’appuntamento, tanto per essere sicuri che non si uccidano

4. Fare gli auguri a Testa d’Alghe con un messaggio Iride

5. Sgraffignare a una Cacciatrice una dracma per il messaggio Iride

 

Ritornai verso le tende con un passo deciso, ripetendo sottovoce l’elenco per non dimenticarlo. Aggiunsi anche il Gruppo 4 alla spedizione d’appostamento per l’appuntamento tra Apollo e Artemide. La prudenza non è mai troppa con quei due.

 

***

 

18 Agosto – Campo Mezzosangue, sul cammino presso la cabina di Ares.

 

Chiunque abbia detto che il college è l’esperienza da fare nella vita si meriterebbe un bel calcio negli stinchi. Il college in cui mi ero iscritto faceva festini un giorno si e l’altro pure; avrei indirizzato i satiri del Campo lì per trovare dei possibili figli di Dionisio. Quest’anno avevo avuto un po’ di problemi con gli studi e quindi la mia permanenza al college è andata un po’ per le lunghe. Avrei preferito un altro giorno per ritornare al Campo Mezzosangue, di certo non questo.

Mentre mi dirigevo verso la cabina di Ares incontrai Travis, il mio fratellastro che mi salutò con un bel «Ma chi si vede! Il signor Chris Rodriguez è venuto a farci visita, finalmente!»

«Ah-ah. Che stai combinando piuttosto tu? È ancora presto e tutti stanno dormendo qui!» chiesi alzando un sopraciglio, era ovvio che ne stava per combinare qualcuna delle sue.

«Smetti di giudicarmi fratello, stavo solo per andare ad allagare la cabina di Poseidone! Sai, per augurare a Percy un buon compleanno» affermò facendo spuntare sul suo viso un sorriso smagliante e furbo che arrivava da un orecchio all’altro.

«Oh … allora verrò ad aiutarti più tardi!». Capì subito che avevano organizzato qualcosa per non far pesare a tutti gli eroi quel giorno, il giorno della scomparsa di molti amici e fratelli solo un anno addietro.

Lo salutai ed entrai nell’atrio della cabina di Ares dove qualcuno non voleva dimenticare, soprattutto quel giorno.

Clarisse era riuscita ad ottenere l’unica stanza al secondo piano che aveva solo un letto. E con “riuscita ad ottenere” intendo dire che aveva arrostito diversi oggetti e persone con la sua lancia elettrica. Con passo felpato degno di un figlio di Ermes arrivai al secondo piano e mi chiusi la porta della camera di Clarisse alle spalle. Mi stesi accanto a lei sull’enorme lettone che aveva a disposizione. Aveva i capelli rossi raccolti in una coda disordinata ed indossava una canotta mimetica con dei pantaloncini neri, pronta per un assalto anche in pigiama. Si rigirò nel letto e poi aprì di scatto gli occhi guardandomi in viso.

Le persone normali si sarebbero messe ad urlare dallo spavento. Ma lei era una figlia di Ares e ciò significava che il suo istinto ebbe la meglio e che il suo pugnò trovò la mia faccia in un secondo.

«Ouch!» mi portai le mani al viso, strizzando gli occhi per non mettermi a piangere e mordendomi il labbro per non imprecare gli dei già di prima mattina.

«Chris … ma che diavolo! Ma porca Atena, cos’hai in quel cervello?» imprecò con la voce ancora impastata di sonno. Lei evidentemente non aveva problemi con le imprecazioni. Quanto l’amavo.

«Mi hai dato un pugno! Un pugno!» borbottai a bassa voce strabuzzando gli occhi.

«E che sarà mai amore mio!»  tagliò corto con una scrollata di spalle. Si, si era lasciata andare alle parole un po’ più dolci dopo aver constatato che la sua reputazione da temeraria non ne avrebbe sofferto.

«Travis sta allagando la casa di Percy, andiamo a dargli una mano?»

«Ehm, no. Vorrei andare al cimitero, sicuramente i fiori di Silena si saranno seccati» rispose alzandosi dal letto, prese una bandana da un cassetto del comodino che si legò in testa ben stretta; poi iniziò a infilarvi i capelli velocemente.

«Quand’è l’ultima volta che ci sei andata?» la raggiunsi e infilai una ciocca di capelli rossi che l’era sfuggita al suo posto.

«Quattro o cinque giorni fa»

«E … e ci sei andata da quando lei è morta?» mi sedetti sul letto e sposati il mio sguardo altrove. Clarisse con un grugnito prese la sua lancia elettrica che era proprio accanto alla porta e disse «Certo che si. Era mia amica, è mia amica. Io non dimentico soprattutto perché …» il resto della frase non uscì mai dalla sua bocca, ma io non avevo bisogno di una spiegazione, sapevo come la frase sarebbe andata a finire.

Che era colpa sua, colpa di Clarisse se Silena era morta. Colpa sua e del suo orgoglio, perché se non avesse fatto scenate Silena non avrebbe dovuto prendere il suo posto. Se Clarisse avesse fatto quello che doveva fare Silena non sarebbe andata a morire.

«No Clarisse, lo sai benissimo anche tu! Silena si è comportata in quel modo perché voleva espiare le sue colpe … tu non c’entri niente. Il peso di quello che aveva fatto era troppo grande per lei, avrebbe comunque fatto qualcosa di avventato in battaglia …»

«Ma magari non sarebbe morta» sussurrò lei.

Mi portai le mani tra i capelli, «Non ricominciare, ti prego».

«Mi dispiace se non sono come voi, come tutti voi! Mi dispiace se io voglio ricordare e non fare finta che non sia successo niente perché questo mi potrebbe provocare dolore. Mi dispiace se non cerco stupidi stratagemmi menefreghisti per non pensarci, okay?» urlò svegliando probabilmente qualcuno dei semidei ai piani inferiori perché iniziarono a sentirsi sbuffi e passi pensanti di persone appena sveglie.

«Come puoi dire una cosa del genere? –sibilai fulminandola con gli occhi – Io ho perso Luke l’anno scorso, mio fratello, il mio migliore amico! Si, anche a me dispiace di aver continuato a ripetere “Ehy, ho ancora Clarisse, lei è viva” e di averlo pensato ogni volta che vedevo un caduto. Perché io li ho visti tutti! Tutti!» a quel punto anche le altre case affianco a quella di Ares dovevano essere sveglie a causa delle nostre urla, un risveglio di quel genere, sentendo urlare di quel argomento proprio in questo giorno non avrebbe giovato a nessuno.

Clarisse ripose la lancia elettrica al suo posto e si avvicinò lentamente a me, mi baciò velocemente e poi tirandomi per un lembo della camicia mi disse «Dai, andiamo ad allagare la casa di Testa d’Alghe» e fece spuntare sul suo viso il miglior sorriso-da-scherzo che ci potesse essere al mondo.

 

***

 

18 Agosto – Westport (Connecticut), giardino della signora May Castellan

 

Nico Di Angelo camminava zigzagando nel giardino della signora Castellan, ancora un po’ stordito a causa del viaggio nell’ombra. Aveva lasciato il Campo Mezzosangue subito dopo aver sentito l’imprecazione di Percy Jackson una volta accortosi che la sua cabina era stata allagata; ne susseguirono delle altre quando poi Travis e Connor Stoll gli dissero che non sarebbe bastato fare uno dei suoi trucchetti da figlio di Poseidone poiché l’acqua era rilegata nella sua cabina grazie alla magia dei figli di Ecate e l’unico modo per farla uscire era di trasportala con un secchio, un po’ alla volta.

Guardò il giardino ripulito di May e si ricordò a malapena di tutta la sporcizia e dei pupazzetti che appena un anno prima aveva visto, stava per andare verso la porta d’ingresso quando da essa vide spuntar fuori il dio Ermes con dei pantaloncini da corsa e una maglietta bianca di cotone con la scritta “Ermes Express- I miei viaggi per i tuoi messaggi”.

«Ciao Nico» lo salutò il dio sorridendogli calorosamente.

«Divino Ermes» rispose lui facendo un inchino un po’ grossolano a causa delle sue vertigini. L’altro lo afferrò per un braccio per evitare che cadesse e se la rise di gusto.

«May ha detto che vieni spesso a trovarla, è vero?» indagò il dio squadrando il ragazzino, come per decidere se la cosa fosse di suo gradimento o meno.

«Ehm, a dire il vero si, signore. È solo che …»

«Ho saputo anche che hai fatto sì che Ade togliesse la maledizione alla mia May, è vero?» continuò l’altro senza smettere di guardarlo con quel cipiglio indagatore.

«Si, signore. Ci è voluto un bel po’ a dire il vero» ammise Nico lasciandosi andare a un mezzo sorriso per sdrammatizzare la situazione di gelo che si era creata. Nico sentì sibilare qualcosa, probabilmente erano Martha e George nascosti da qualche parte, sapeva i loro nomi perché se li era fatti dire da Percy proprio in occasione di un incontro come questo.

«E come mai, se posso permettermi di chiedertelo, hai fatto una cosa del genere Nico Di Angelo?»

«Perché mio padre aveva lanciato una maledizione con un solo obiettivo, quell’obiettivo è stato raggiunto. Avevo già incontrato May Castellan prima, signore, e ho pensato che … vivere con le visioni di suo figlio anche quando lui era … bhè, ho pensato che fosse solo giusto darle un minimo di tranquillità»

«Ti ringrazio Nico Di Angelo, sono in debito con te. La mia cara May è ritornata ad essere, più o meno, quella di una volta. Credo che te ne sia accorto anche tu» affermò Ermes sorridendo e lanciandosi un’occhiata oltre la spalla, verso la porta di casa Castellan. «Ti sta aspettando comunque, sapeva che saresti venuto, credo più per routine che per potersi di preveggenza».

Ermes lasciò passare Nico e lo salutò cordialmente.

Una volta entrato in casa, la voce di May lo raggiunse dalla cucina «Nico, caro, sei tu?»

«Si!» strillò lui di rimando raggiungendola mentre lei si gettava con affetto su di lui piazzandogli un bacio sulla guancia. Nico si strofinò il volto cercando di eliminare le tracce di rossetto.

«Ma è una priorità di voi figli di Ade essere così pallidi, il mio Luke era sempre così roseo» disse con un sorriso fermandosi ad accarezzare una foto di Luke al Campo Mezzosangue, vestito di un armatura con accanto Chris Rodriguez. La foto gliel’aveva procurata Nico. «Forza prendi questi muffin, devo dire che mi sono usciti piuttosto buoni» disse May  posandone uno davanti a Nico e smangiucchiandone uno lei stessa.

«Uhm, offimi» giurò Nico sorridendo e appuntandosi mentalmente di scrivere sui barattoli di May la parola “sale” e “zucchero” al posto giusto.

 

Contemporaneamente nel giardino di May

George e Martha strisciarono fuori dalle tasche di Ermes, prendendo la loro forma normale.

«Odio i cellulari» sibilò George.

«Oh, per l’amor del cielo George, sei sempre a lamentarti» borbottò Martha di rimando.

«Zitti voi due!» abbaiò Ermes tendendo l’orecchio verso al casa e ascoltando quello che succedeva all’interno. Le risate di May e i bassi felpati di Nico che si avvicinava alla credenza e scarabocchiava qualcosa su un oggetto. L’udito divino è eccezionale.

«Povero ragazzo, tutto solo» sibilò George.

«Ora non è più solo, giusto Erm?» affermò Martha strisciando più vicina al dio.

«Esatto. Nico Di Angelo ha bisogno di una famiglia, di una madre; May ha bisogno di un figlio. Direi che si aiuteranno a vicenda … e non chiamarmi Erm!» sorrise un’ultima volta alla casa prima di ritornare alla sua forma divina e continuare il suo lavoro.



   
 
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