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Autore: MrEvilside    27/08/2012    1 recensioni
[Vengeance]
Tre spin off ambientati dopo la fine della miniserie Vendetta di Casey e Dragotta.
[ Vernard/Nul, She-Hulk/Miss America, Loki/In-Betweener ]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Vendetta: Il Debito
 
Il Debito 0.1
Nul impiegò diversi secondi a rendersi conto che la battaglia era davvero finita e che era stato lui a porle termine. Quando la realizzazione lo colse, portando con sé sollievo, compiacimento ed eccitazione, si rese conto che i suoi compagni si erano già ritirati e che avrebbe dovuto fare in fretta, se avesse voluto passare inosservato.
Rinfoderate le pistole, si nascose dietro un’auto semidistrutta e si sporse con cautela, alla ricerca di Doom e degli altri supereroi che li avevano aiutati e si sarebbero presi il merito del loro lavoro.
«Qual è il tuo nome?»
Colto alla sprovvista, si volse di scatto, mano alla fondina. Dietro di lui, Doom lo osservava curioso. Nul imprecò mentalmente. «Ne ho tanti» ribatté con un sorriso tirato. «Puoi chiamarmi figo, che personalmente è il mio preferito».
Con quell’armatura, il giovane uomo sembrava la copia esatta di suo padre, ma nei suoi occhi c’era qualcosa che in quelli di Victor era sempre mancata. Nul pensava che non sarebbe mai riuscito a fidarsi della progenie di un uomo del genere, ma ora che se lo trovava davanti aveva l’impressione che fosse la persona adatta a governare Latveria.
«Ti ho visto, prima» disse Doom. «Sei stato tu a fermare l’avanzata di quelle creature e a difendere la mia terra – a difendere me – da quegli individui che hanno attentato alla mia vita».
«Ah».
Nul era a corto di repliche pungenti: sarebbe stato inutile mentire e d’altra parte quella di Doom era un’affermazione, non una domanda.
Quando il giovane uomo gli tese una mano inguantata, inarcò un sopracciglio.
«Sono in debito. L’intera Latveria è in debito con il tuo coraggio». Da una semplice alzata di sopracciglio, il suo volto si contorse in un’espressione di teatrale incredulità. «Ti ringrazio».
Nul non gli strinse subito la mano, poi si accorse che stava facendo aspettare l’erede di Doctor Doom e si affrettò ad allungargli il braccio, incespicando nelle parole forse per la prima volta nella sua vita. «Uh, beh, non è stato niente di che. Figurati, amico».
Doom aggrottò la fronte nel sentirsi apostrofare amico, ma la sua stretta era decisa e sincera, due aggettivi che Nul non credeva avrebbe mai associato al figlio di Victor. Io non sono mio padre, aveva detto Vernard – ora persino lui, che aveva smesso di credere a qualsiasi cosa, gli dava fiducia.
Okay, pensò, forse prendersi la gloria, ogni tanto, non è poi così male.
Angel e Chavez gli avrebbero strappato gli intestini e li avrebbero usati come cappio per impiccarlo, se avessero scoperto che era rimasto indietro con Doom, ma tanto era già in pace con l’idea che, prima o dopo, quelle due l’avrebbero condannato a una fine atroce.
 
 
Il Debito 0.2
Ormai la osservava da un po’.
Nonostante le luci stroboscopiche, non era stato difficile riconoscerla: indossava un top nero e un paio di shorts rossi al posto del completo di Miss America, ma spiccava tra gli altri ragazzi per la sua statura e il fisico sodo e muscoloso. Tra ragazze bionde e sottili, lei era davvero bella, mora e possente.
Era sorprendente che alla sua età – non poteva avere più di sedici anni – indossasse già un costume.
Era la testimonianza più evidente che il mondo non avesse mai smesso di andare in rovina, consumato dalla guerra. L’unica cosa che era cambiata era il nome dell’atrocità: una volta bambini soldato, ora Brigata Giovanile.
Non potevano essere certi che Miss America e i suoi compagni avessero dato vita a una nuova Brigata, finanziati da Jack, ma Richmond la riteneva la spiegazione più plausibile per il loro coinvolgimento nella battaglia e la fuga repentina.
Alla fine la ragazza si accorse di lei; dapprima continuò a ballare, fingendo di non notarla, ma poi le si avvicinò a grandi passi e scivolò sullo sgabello accanto al suo, squadrandola da capo a piedi con un misto di curiosità e fastidio.
«Non sei troppo vecchia per questo posto?» Ammiccò alla discoteca con un sorriso ironico.
She-Hulk provò l’impulso di colpirla. Quella ragazza le piaceva. «Sei tu a essere troppo giovane, ragazzina. Quanti anni hai? Quindici?»
Miss America aggrottò la fronte, ma ingollò la replica pungente. Ordinò una birra dal barman, che a malapena la degnò di un’occhiata e non fece cenno alla sua età, e le si rivolse di nuovo, più guardinga: «Perché sei qui? Non risponderò a nessuna domanda, chica, se è per questo che sei venuta, quindi puoi anche andartene al infierno».
She-Hulk scosse la testa con un leggero sorriso. «Nessuna domanda. Però mi hai salvato il culo, una volta, mi sembrava giusto offrirti qualcosa, come minimo».
La ragazza le scoccò uno sguardo indagatore, nel tentativo di stabilire se stesse mentendo o meno, poi un sorriso compiaciuto affiorò alle sue labbra scarlatte e la sua espressione si aprì in una più socievole, meno cauta. «Piacere di conoscerti, comunque, chica verde. She-Hulk, se non sbaglio».
Il barman spinse la birra verso di lei attraverso il bancone, lei la prese e sfiorò il collo del suo bicchiere da cocktail con il proprio. She-Hulk ricambiò il brindisi e bevvero una sorsata. «Il piacere è mio, ragazza in calzamaglia».
Miss America sorrise di un sorriso ammiccante che le scoprì i denti bianchi, in netto contrasto con la pelle bronzea. She-Hulk alzò il proprio bicchiere in risposta.
Quella ragazza le piaceva proprio.
 
 
Il Debito 0.3
«Dove… mi trovo?» Il ragazzino si guardò intorno battendo ripetutamente le palpebre, smarrito. «Questo è… inaspettato».
«Dovresti essermi grato, ragazzo» commentò Loki. «Se non fosse stato per me, adesso saresti morto». Lo esaminò con la cura quasi maniacale dello studioso che abbia finalmente per le mani un esperimento cui si interessava da tempo. «Sei fortunato. Hai attirato la mia attenzione».
All’inizio parve che il ragazzino non l’avesse udito, il suo sguardo si spostava assente per la stanza e solo una volta si posò sul semidio, soltanto per un momento, prima di riprendere il proprio vagabondaggio.
Loki attese con pazienza finché non rispose in tono piatto: «Hai corso un grande… rischio. Io ero destinato a morire, per risanare… l’equilibrio».
Loki scacciò il pensiero con una secca sventagliata della mano, il naso arricciato per la stizza, la fronte aggrottata. «Io sono Loki, ragazzo, Dio dell’Inganno e delle Menzogne. Io piego l’equilibrio a mio piacimento».
«Imprudente» gracchiò Ikol, sulla sua spalla, ma lui finse di non sentirlo.
«Perché l’hai fatto?» Il ragazzino lo guardava con quei suoi grandi occhi eterocromatici, uno nero, uno bianco, cercando disperatamente in lui una risposta alla domanda che stava mandando nel caos l’Universo di cui poteva vedere le innumerevoli diramazioni. «Qual è il tuo… scopo?»
Loki sorrise, e il ragazzo abbassò lo sguardo. Non aveva trovato la sua risposta.
Gli si avvicinò a passo lento, le mani intrecciate dietro la schiena, l’affilato viso di bambino atteggiato a un’espressione innocente, gli occhi verdi intrisi di compiacimento. «Volevo che tu fossi in debito con me, ragazzo».
  
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