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Autore: Li_chan    05/06/2004    8 recensioni
Dopo mondiali e trionfi, è arrivato il momento per i giovani campioni della nazionale di lasciare un po' da parte l'agonismo e di immergersi nella quotidianità dei vent'anni. Quattro di loro si troveranno a dividere la stessa università e lo stesso appartamento, ma soprattutto le loro vite.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Taro Misaki/Tom, Yayoi Aoba/Amy, Yoshiko Fujisawa/Jenny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Innanzittutto chiedo scusa per il ritardo mostruoso con cui arriva questo capitolo! Vi chiedo scusa di cuore! Da alcuni mesi sto vivendo un periodo frenetico, in cui gli impegni sembrano non finire mai! E di conseguenza mi rimane pochissimo tempo per me stessa e per le cose che più amo fare... Questo capitolo, ad esempio, andava solo postato... Eppure non mi riusciva di farlo, e quando avrei potuto, non me ne ricordavo mai! Scusatemi veramente!
I miei ringraziamenti più sentiti a Reggina, Stormy, Izumi, Shibahime, Lili, Cristina, e Gea per loro bellissime e incoraggianti parole. Spero che continuerete a seguirmi anche con questo capitolo!
Gea, vedi, alla fine mi sono fatta viva! Meglio tardi che mai! ^_-
Un ringraziamento molto speciale a Stella, che non mi fa mancare mai il suo appoggio! Grazie mille, davvero!
Un abbraccione immenso a tutte voi, e ancora grazie di tutto!
Li_chan

Capitolo IV

“Casa Price”

19.04 P.M.

Philiph si cinse distrattamente la vita con un asciugamano, buttandosene al contempo un altro sulle spalle, e uscì dalla doccia. L’acqua, ormai fredda, gli scivolava lungo la schiena, stillando sulle tempie e la fronte dai capelli umidi.
Il grande specchio della vetrinetta del bagno restituiva la sua immagine offuscata; con il dorso della mano sfregò la gelida superficie riflettente, strappandone una parte al vapore che la celava. Scorse la sua effigie che gli sorrideva, ammiccante; schermendosi, posò una mano sopra di essa, nascondendola alla vista. In quell’unico gesto era racchiusa tutta la riservatezza che provava, una sorta di malcelato pudore verso la propria gioia, una gioia completa e profonda che mai aveva avvertito, prima, e che apparteneva solo a lui e a Jenny.
Con un movimento distratto, si tirò indietro i capelli, ormai davvero lunghi, che gli ricadevano in ciocche disordinate sul viso e le tempie. Si gettò l’asciugamano sul capo, e, frizionando leggermente il cuoio capelluto, uscì dal bagno, dirigendosi verso la sua stanza.
L’appartamento era immerso nel suo abituale caos, e dal soggiorno provenivano i più svariati suoni e rumori. Benji, stravaccato sul divano, guardava la televisione, facendo zapping da un canale all’altro con esasperante frequenza; Tom cercava di riordinare la stanza, ammonticchiando in una grande busta di plastica quotidiani e riviste; Julian, individuabile a malapena dietro una torreggiante pila di libri, che lo sovrastava interamente, assorto davanti allo schermo di un pc, era impegnato nella stesura di una tesina, ignorando chissà come il persistente chiacchiericcio proveniente dalla televisione.
«Ehi, scioperato, anziché perdere tempo a rimbecillirti ulteriormente davanti alla tv, perché non dai una mano a Tom?» esclamò Philiph, con le mani sui fianchi.
Un’espressione di muta disapprovazione gli brillava in fondo alle iridi ebano.
Benji alzò un sopracciglio, con aria seccata, senza tuttavia distogliere lo sguardo dallo schermo che brillava di fronte a lui. Allungò una mano, prendendo una generosa manciata dalla ciotola di pop-corn che aveva davanti, poggiata sul tavolino, e li addentò con gusto, cambiando canale.
Tom sospirò, chiudendo a fatica la busta e rialzandosi in piedi.
« Sicuramente non ero in pieno possesso delle mie facoltà mentali quando ho accettato di condividere casa con voi!» affermò.
« Ehi, aspetta un po’... Cosa centriamo noi? L’elemento di disturbo è lui!» sbottò Philiph, indicando apertamente Benji con l’indice.
« Phil... GRAZIE TANTE!» replicò Benji, seccato.
« Aspetta un po’... » intervenne Julian, alzando per la prima volta la testa dalla tastiera e guardando fisso Philiph.
« Anche tu non scherzi!»
« Io?» rispose Philiph, attonito.
Benji scoppiò in una risata fragorosa, e anche Tom si lasciò scappare un sorriso di approvazione.
« Uno a zero, palla al centro, Phil! Così si parla, Juls!»
Philiph lo fulminò con lo sguardo, e sbottò:
« Vado a vestirmi. Torno tra pochi minuti e ti do una mano, Tom!»
Visibilmente contrariato, uscì dalla stanza, seguito con gli occhi dai tre ragazzi. Tom sospirò, mentre Benji e Julian, ammiccando, si scambiavano sguardi d’intesa e risolini non proprio soffocati. Era raro che si alleassero, quei due. Benji si divertiva a stuzzicare Juls per via di Amy, e lui generalmente lo ignorava, dando prova di un notevole self-control. Tuttavia, quando si coalizzavano per sfogare il loro spirito goliardico contro una terza persona, di solito Philiph, che aveva un temperamento molto impulsivo, riuscivano sempre a colpire nel segno e a farsi delle grasse risate alle spalle del malcapitato.
« Potreste lasciarlo in pace, almeno per oggi» commentò Tom, sistemando temporaneamente in un angolo la busta con i giornali.
« Assolutamente no! È troppo divertente!» replicò Benji, sdraiandosi beatamente sul divano, con le mani intrecciate sotto la nuca.
« Alzati da lì, devo sprimacciare i cuscini» ordinò Tom, bruscamente.
« Agli ordini!» replicò Benji, balzando in piedi e dirigendosi verso la porta a vetri che conduceva in veranda, facendola scorrere vigorosamente.
La brezza pungente della sera penetrò nella stanza, scompigliandogli i capelli.
« È una serata splendida» mormorò.
Uscì nella grande veranda, e contemplò il panorama, posando il capo sopra le braccia incrociate sul parapetto. Il sole era quasi completamente sparito all’orizzonte, e i suoi tiepidi raggi avevano velato il cielo di un vivo scarlatto, che s’andava frammentando con il candore delle nuvole, mentre facevano capolino le prime, timide, stelle della notte.
« Juls, potresti sgomberare il tavolo?» domandò Tom, sprimacciando i cuscini del divano e lanciando uno sguardo truce alla ciotola di popcorn, ormai vuota.
« Ok! Vorrà dire che finirò domani la tesina. Sono a buon punto!» replicò Julian, alzandosi di scatto e chiudendo il pc portatile.
« Perfetto. Direi che siamo apposto, così...» considerò Tom, osservando soddisfatto la stanza.
« Ehi, ma che ordine immacolato!» assentì Benji, rientrando nella stanza. «Tom, sai, dovresti pensare a una carriera alternativa a quella di calciatore: la massaia!»
« Price, ti consiglio caldamente di filare, altrimenti potrei anche ucciderti!» replicò Tom, a cui le battutine acide di Benji iniziavano a dare sui nervi.
« Non ci posso credere, perfino “Giobbe” Tom qualche volta si sente colpito sul viv...»
Non finì la frase. L’ultima sillaba si perse sotto la pesante stoffa di un cuscino del divano, che era arrivato magicamente in volo fino al suo naso. Tom e Philiph, che era entrato proprio in quell’istante, scoppiarono in una fragorosa risata, inevitabile nello scorgere l’espressione basita del ragazzo.
« Beh, si può affermare, senza paura di venire smentiti, che Giobbe alla fine l’ha avuta vinta su Mosè...» dichiarò Philiph, posando un braccio sulla spalla di Benji, che lo guardò con un’espressione non proprio soddisfatta.
Julian sorrise, lanciando un’occhiata distratta all’orologio.
« Ragazzi, basta scherzare e fare gli scemi! Le ragazze saranno qui tra meno di mezz’ora!» li avvertì, radunando tutti i suoi libri in una grande pila e portandoli nella sua stanza.
« Correte a prepararvi!» li ammonì, ormai nel corridoio.
Tom si passò nervosamente una mano tra i capelli castani, scompigliandoli.
« Sarà meglio che vada a farmi una doccia veloce e a cambiarmi» disse, guardando con occhio critico la maglietta e il paio di jeans stinti che indossava.
« Vai a farti bello per la tua Lola?» chiosò Benji, sfoderando un bel sorriso malizioso.
Tom gli premette forte il cuscino sul viso, lo stesso che gli aveva tirato pochi minuti innanzi.
« E sta un po’ zitto, scemo!» lo rimproverò, uscendo dalla stanza.
« Certo che... È davvero carina, l’amica di Tom!» esclamò Benji.
« Già... Ma non ti consiglio di farti venire in mente idee strane!» replicò Philiph.
« Guarda che io non mi faccio venire in mente nessun’idea strana... So bene quando il territorio è stato già marcato!» rispose Benji, con tranquillità.
« Ora sarà meglio che anche io segua l’esempio di quei due e vada a cambiarmi!»
« Cosa c’è, temi la concorrenza?»
« L’immenso Benji Price non teme la concorrenza di nessuno! Il mio grande fascino mi rende irresistibile anche con indosso un costume da clown!»
« Ed è proprio quello che sei! Buffone!» replicò Philiph, lanciandogli lo stesso cuscino per la terza volta.
Ma non ebbe fortuna: Benji prevenne la sua mossa e l’oggetto colpì la porta, che il ragazzo si era chiuso alle spalle.

20.04 P.M.

Oddioddioddio! Che ci faccio qua? Ho il cuore in gola per l’agitazione! Quasi quasi me ne vado... Lo chiamo e gli dico che non mi sento molto bene... Forse è la cosa migliore! Ma no, scema! Cosa vai a pensare?! Tom e i suoi amici sono stati così gentili a invitarti...! E hai passato due ore due davanti allo specchio indecisa su cosa metterti... E Joyce ti ha accompagnato fin qui, quando poteva benissimo lasciarti prendere la metro! Vuoi diventare amica di Tom, e hai tra le mani un’occasione d’oro, che nemmeno nei tuoi sogni più rosei avresti mai immaginato! Quindi ora respira a fondo, ravviati un po’ i capelli e SUONA QUEL CAMPANELLO, maledizione!

20.05 P.M.

DRIN DRIN DRIN

« Oh cazzo! Sono già qui! Qualcuno vada ad aprire!» sbraitò Benji, urlando così forte da coprire perfino le chitarre distorte e la voce potente di Steven Tyler degli Aerosmith, la cui musica si diffondeva per la casa a tutto volume, per unico merito dello stereo del ragazzo.
« Vado io!» rispose Tom con pacatezza, avviandosi alla porta.
« Chissà che la prossima volta tu possa imparare a non perdere tempo ad ingozzarti di schifezze davanti alla tv, quando ci sono ospiti a cena che TU stesso hai invitato!»
« Ossignore! Becker, la paternale me la fai dopo... Adesso apri la porta, per favore!» rispose Benji, la cui voce arrivò sottile e confusa all’orecchio di Tom.

Sicuramente si starà cambiando per l’ennesima volta... La vanità di questo ragazzo è qualcosa d’inconcepibile...

Tom percorse velocemente il corridoio e posò la mano sulla maniglia, aprendo finalmente la porta.
Lola gli sorrise dolcemente, un sorriso che lui corrispose d’istinto.
« Benvenuta a “casa Price”!» disse, imitando la voce di Benji. Un’imitazione particolarmente riuscita.
Lola rise di gusto.
« Ciao Tom! Sono in anticipo?» chiese Lola, incrociando le braccia dietro la schiena e lanciandogli uno sguardo curioso.
« Per niente! Anzi, sei in orario perfetto! Hai preso la metro?»
« No, no! Mi ha accompagnata mia cugina Joyce in macchina.»
« Ecco perché sei arrivata così puntuale! Ma prego, entra!»
Tom le fece cenno con il braccio di varcare la soglia, e lei mosse alcuni passi. Il pesante portoncino blindato si chiuse alle sue spalle con un lieve tonfo. Si voltò timidamente verso il ragazzo, che le rivolse un sorriso solare.
« Ti faccio strada, seguimi!» disse lui.
Lola si lasciò guidare da lui, che la precedette attraverso un corto corridoio, fino al soggiorno.
« Accomodati pure» la invitò. « Gli altri ci raggiungeranno tra pochi minuti. Vuoi qualcosa da bere, intanto?»
« Sì, berrei volentieri qualcosa! Non sembrerebbe, ma fuori c’è una discreta afa!» rispose Lola, prendendo posto sul divano, mentre un lieve sorriso le increspava fuggevolmente le labbra.
« Ti va del tè freddo?»
« Va benissimo! Grazie!»
« Aspettami un momento, te lo porto subito!»
Tom uscì, diretto verso la cucina, e Lola rimase sola. Abbracciò con gli occhi l’intera stanza, soffermandosi su ogni particolare della struttura e dell’arredamento.
Era un vano spazioso e luminoso, tinteggiato di fresco, arredato nei toni del nero e del marrone con particolare cura e buongusto, insospettabili per un appartamento suddiviso da quattro ragazzi. Una massiccia libreria di noce, carica di libri, cd, videocassette e perfino dischi di vinile in ogni ripiano, occupava buona parte della parete est; poco distante, un comodo e spazioso divano di pelle nera, due poltrone della stessa foggia e un basso tavolino di tek scolpito introducevano un capiente mobile nero e dal taglio moderno, sul quale troneggiavano un enorme televisore, e, nel ripiano estraibile sottostante, un videoregistratore digitale. Un lungo e massiccio tavolo di quercia, comprensivo di otto sedie dall’alto schienale, correva parallelo alla grande vetrata, dalla quale filtrava la luce rossastra di uno splendido tramonto d’inizio primavera, che donava alle piastrelle bianche della pavimentazione e alle strutture di legno della porta a scomparsa dei curiosi riflessi rosati. Dirimpetto ad essa faceva bella mostra di sé un piccolo scaffale nero, sulla cui sommità era adagiato uno stereo modernissimo completo di casse, e negli altri ripiani erano stati sistemati con scrupolosa attenzione una discreta quantità di cd. L’angolo d’unione tra le pareti nord ed ovest era occupato da un piccolo mobile bar in legno massiccio e con il ripiano di granito, sul quale spiccavano quattro capienti tazze da colazione dai colori accesi, corredato da tre alti sgabelli. Poco distante una bella pendola di faggio, lavorata ad intarsi, scandiva i secondi, con le veloci oscillazioni del pesante meccanismo interno. Nelle quattro pareti campeggiavano manifesti e poster d’ogni genere: squadre di calcio, ma anche immagini di cantanti e locandine di film. Lola poté riconoscere una bella immagine di “Matrix”, la formazione del Paris Saint German 1998-1999, e una gigantografia dei Guns ’n Roses dei tempi d’oro. L’effigie che attirò maggiormente la sua attenzione fu senz’altro una splendida fotografia, protetta dalla polvere da una semplice cornice a giorno, della nazionale giovanile giapponese campione del mondo: sotto la sua figura ritratta nell’istantanea, ogni ragazzo aveva apposto la sua firma, e in quei volti sudati, in quelle maglie sporche d’erba e spiegazzate, era racchiusa tutta la gioia, ma anche la fatica, per aver raggiunto quel traguardo così importante.
Lola osservò attentamente lo spazioso ambiente che l’aveva accolta, finendo per essere attirata, com’era inevitabile, verso la vetrata. Si alzò dal divano, e mosse pochi passi verso di essa, posando timidamente una mano sulla maniglia. Esercitò una leggera pressione, sentendone cedere il meccanismo, e la porta a scomparsa scivolò sui cardini con facilità. Ne varcò la soglia, sentendo pungere il viso dall’aria frizzante della sera.
La veranda era ampia, ricoperta da una spessa pavimentazione in cotto rossastro, arredata semplicemente con un grande tavolo in legno naturale e alcune sedie pieghevoli. Sulla superficie di legno giaceva, abbandonata, una copia dalle pagine umide e sgualcite dal vento di “Japan Soccer”.
Nello scorgerla, Lola sorrise.

Uhm... Chissà di chi è!

Si avvicinò al parapetto in muratura, lasciando che il vento le scompigliasse i capelli castano dorato, assaporando gli accesi profumi che portava con sé, godendosi il sole al tramonto, il cielo brunito, le nuvole simili a zucchero filato.
« Bel panorama, non è vero?»
Tom la guardava, le labbra distese in un sorriso appena accennato.
« Il tuo tè» spiegò, indicando il vassoio che reggeva in mano.
« Scusami per essere uscita senza permesso... Ma questa veranda è così bella...» replicò Lola.
« Ed è una serata splendida» la interruppe Tom, posando il vassoio al centro del tavolo.
« Che ne dici di bere qui la nostra tazza di tè, mentre aspettiamo Jenny ed Amy?»
« Mi sembra un’ottima idea!» rispose lei, prendendo posto accanto al ragazzo e osservando le sue dita lunghe e affusolate premere sul tappo per far cedere il sigillo della bottiglia.
Passò l’indice sul bordo del suo bicchiere, distrattamente, mentre Tom accostava il suo alle labbra.
Tra di loro calò il silenzio. Un silenzio piacevole, senza traccia di tensione o nervosismo. Il silenzio di due persone che sono consapevoli che non c’è bisogno di trovare a tutti i costi un argomento di conversazione per godere della reciproca compagnia.
« È una sera magnifica. Detesto doverlo ammettere, ma forse quel buffone di Price non ha avuto tutti i torti, invitando voi ragazze a cena. Ovviamente non glielo riferire!» considerò Tom, lanciando sulla sua compagna un’occhiata d’intesa.
« Ovviamente!» replicò lei, ammiccandogli. « Mi spiace solo di aver imposto la mia presenza in questa simpatica rimpatriata tra vecchi amici.»
« Vuoi scherzare? È un piacere averti qui. Ed una “vecchia amica” in una “simpatica rimpatriata tra vecchi amici” non impone la sua presenza, anzi!»
Tom poggiò la sua sulla mano di lei, con simpatia. Lei gliene fu grata, anche se tacque.
« Ti avrei invitata io stesso, una di queste sere, per farti conoscere il resto della truppa!» continuò lui, senza accorgersi dello sguardo di sincera gratitudine che lei gli rivolgeva.
« E poi, sai, credo proprio che tu abbia fatto colpo... Benji ti guardava con tanto d’occhi!»
Lola rise di cuore.
« Dico davvero! Prima ha ciondolato tra la tv e il divano per tutto il pomeriggio, e poi si è chiuso in camera sua per prepararsi... E non n’è ancora uscito!»
Tom aveva un modo tutto suo di raccontare, facendo apparire comico l’avvenimento più noioso, e Lola si scoprì completamente inerme alla simpatia che trasudava dalla sua voce. La sua risata contagiosa riecheggiò tra i tetti circostanti, e a quella di lei si aggiunse presto quella di Tom.
Li trovò così l’indiretta causa di quell’esplosione d’allegria; Lola cercava di asciugarsi gli occhi senza causare sbavature al trucco, e Tom tentava concentrarsi nella lettura di “Jappan Soccer” per calmare gli spasmi di risa che ancora lo scuotevano.
« Beh? Cos’è successo qua? » domandò Benji, perplesso. « Avete assistito per caso alla puntata finale di Beautiful, con Brooke che seduce il nipote, ed Eric Forrester, omai ultramillenario, che chiede la mano di sua moglie Stephanie per la duecentesima volta?»
« No, ancora meglio!» rispose Tom, guardando Lola, sornione. « Abbiamo visto uno speciale intitolato “Trucchi e Tattiche del moderno Dongiovanni”.»
Benji li guardò attonito, mentre Lola soffocava con difficoltà una risatina e Tom ricambiava il suo sguardo con l’espressione più innocente del mondo.
« Uhm... È la serata dei misteri, ho capito! Non indagherò oltre! Tenetevi pure i vostri segreti, non m’interessano!» esclamò infine Benji, lasciandosi cadere sulla sedia affianco a Lola e bevendo una gran sorsata dal bicchiere di Tom.
«Tanto per la cronaca, quel bicchiere era mio!» commentò Tom, alzando gli occhi al cielo.
« Perché dici così?» chiese Lola, voltandosi verso Benji con aria divertita.
Gli occhi brillanti, un leggero rossore diffuso sulle gote, le belle labbra piene distese in un sorriso sereno: entrambi i ragazzi la fissarono per un lungo istante, ammaliati dalla quieta bellezza di lei.
« Perchè ci sono solamente due spiegazioni plausibili al vostro comportamento di poco fa » rispose Benji, con un tono di voce falsamente autorevole.
« La prima è che siete in combutta per un qualche segreto; la seconda è che siete impazziti tutti e due. Dato che non ho voglia di chiamare la Neuro, fingerò di credere alla prima.»
« Ma quanto sarai scemo in una scala da uno a dieci...!» rispose Tom, colpendolo lievemente alla base della nuca con la rivista.
« Ahi! Vacci piano: mi spettini!» si lamentò Benji, passandosi in tutta fretta le dita tra i capelli.
« Ci ho messo tre quarti d’ora per sistemarli!»
« Ma cos’hai da sistemarti, quando avrai sì e no due centimetri di capelli?» lo rimbeccò Tom, mentre Lola li osservava divertita.
« Appunto! Quei due centimetri sono molto importanti, e richiedono tempo e cura!»
« Cos’è che richiede tempo e cura? Non sicuramente i tuoi allenamenti, che in quest’ultimo periodo ti diverti a saltare!»
L’ultima voce che aveva parlato non apparteneva a Tom. I tre ragazzi si voltarono, e videro dietro di loro Philiph e Julian, che li osservavano sornioni.
« Da quanto tempo siete lì?» domandò Benji, non proprio soddisfatto della rimbeccata di Julian.
« Siamo appena arrivati. Non abbiamo bisogno di spiarti per sapere che sei megalomane!» rispose Philiph.
« Ne siamo consapevoli da più di dieci anni» puntualizzò Julian, accomodandosi vicino a Benji.
Philiph prese posto vicino a Tom e si rivolse alla ragazza accanto a lui.
« Ciao Lola, piacere di rivederti! Tutto bene?»
Lola non riuscì a trattenere un sorriso. Le piaceva molto l’atteggiamento diretto e gentile di Philiph.
« Sì, tutto bene, grazie! E tu?» rispose.
« Benissimo!» replicò lui.
Le rivolse un caldo sorriso, che lei ricambiò di cuore.
« Ciao, Lola» la salutò Julian.
Lola ricambiò l’accoglienza di lui con un sorriso incerto.
Julian le sembrava il più riservato dei quattro ragazzi. Aveva un atteggiamento molto maturo che l’intimidiva un poco, e non bastava certo una conoscenza superficiale per farla sentire a proprio agio in sua compagnia.
Il ragazzo lanciò un’occhiata distratta all’orologio.
« Amy e Jenny sono in ritardo» disse, allungando le mani brune sul tavolo e facendo grattare leggermente sulla superficie in legno il bracciale che portava al polso sinistro.
« Sei impaziente di rivedere Carotina, eh Juls? Eppure l’hai lasciata solo poche ore fa...» insinuò Benji.
« Sono solo un po’ preoccupato, tutto qui» ribatté Julian, seccato. « Amy è estremamente puntuale.»
« Vedrai che tra pochi minuti saranno qui» intervenne Philiph.
« Spero che facciano presto. Non so voi ragazzi, ma io inizio ad avere un certo appetito!» commentò Julian.
«Appena arrivano le ragazze, telefoniamo subito per ordinare la pizza. Ti piace la pizza, Lorelei?» chiese Tom, volgendo il capo verso di lei.
« L’adoro» rispose Lola, con voce dolce.
Era la prima volta che aveva la possibilità di osservare i quattro ragazzi insieme, e le piaceva la loro immagine, un’armoniosa dissonanza di peculiarità che s’amalgamavano perfettamente l’una affianco all’altra. La diversità dei loro caratteri si rifletteva sui tratti fisici, la postura e l’abbigliamento, senza tuttavia stridere, anzi fondendosi in uno straordinario gioco di luci e ombre.
Basandosi sulla sua esteriorità, Lola avrebbe potuto dire, con un margine minimo d’errore, il temperamento e il ruolo occupato nel gruppo di ciascuno di loro.

Tom, con i suoi jeans blu scuro, slavati lungo la coscia, la felpa che giocava sul contrasto tra il grigio chiaro del busto e il grigio antracite delle spalle e delle braccia, con le cuciture in bella vista, i capelli castani pettinati con attenzione ma un po’ frettolosamente, e lasciati ad asciugare all’aria dopo la doccia, era paziente ed equilibrato, un’anima serena che aveva sempre la parola giusta per ogni occasione, e non era mai troppo occupato, stanco o distratto per non ascoltare un amico in difficoltà. Il suo ruolo all’interno del gruppo formato con gli altri tre ragazzi era ovviamente il consigliere, colui che per carattere non perdeva mai la lucidità, e che all’occorrenza poteva fungere anche da paciere.

Philiph, con i suoi pantaloni grigio chiaro dalle numerose tasche chiuse da zip, la maglia di cotone bianca, con due bande orizzontali di lucido tessuto rosso all’altezza del petto, le lunghe ciocche lucenti ad incorniciare il volto abbronzato, lievemente arruffate a causa della brezza serale, era carismatico, impulsivo, e non aveva remore nell’affermare e difendere le sue idee. Un generoso abituato a lottare, che non risparmiava le energie per raggiungere lo scopo che si era prefisso, ma che tuttavia non nascondeva il suo lato tenero e non si vergognava dei suoi sentimenti e delle sue fragilità. Il suo ruolo naturale all’interno del gruppo era il leader, colui che spiccava per autorità e tenacia, grazie alle quali era in grado di affrontare con decisione ogni intoppo; eppure era anche tanto accorto nell’evitare di prevalere sui suoi compagni, che quasi nessuno se ne accorgeva.

Julian, con i suoi pantaloni in denim indaco, il maglione in ciniglia turchese a coste verticali con il collo alla coreana e una zip sulla spalla sinistra lasciata aperta, attraverso cui si poteva intravedere una maglietta bianca, i capelli castani acconciati con cura intorno al viso, era assennato, riflessivo, la persona con più buon senso in assoluto che frenava un po’ l’impulsività degli altri ragazzi. Introverso e accorto, rivelava però una delicatezza di modi e una dolcezza inaspettata per un ragazzo vincente come lui, rampollo di una delle famiglie più ricche e rinomate di tutto il Giappone, sportivo dal grandissimo talento e allenatore dalle capacità innegabili, come aveva avuto modo di raccontarle Tom. Il suo ruolo all’interno del gruppo era quello quasi di un padre putativo per gli altri ragazzi, colui che si preoccupava sempre di tutti e che possedeva in abbondanza in carattere necessario per farsi ascoltare dagli altri in ogni situazione.

Benji, con i suoi jeans azzurro cupo, larghi lungo tutta la lunghezza della gamba e con le tasche ben in vista, una semplice maglietta stretch nera, della quale aveva tirato su le maniche fino a metà avambraccio, i capelli corti in uno studiato disordine e fissati con il gel, era spiritoso, spigliato, frizzante come una bottiglia di Dom Perignon e malizioso come un profumo speziato. Faceva amicizia con facilità, si divertiva a lanciare battutine ironiche, affinando il suo sarcasmo, e a giocare con il suo successo con il genere femminile, che rimarcava in continuazione, sempre con il sorriso sulle labbra. Il suo ruolo all’interno del gruppo era quello del burlone, quello che amava organizzare scherzi e riceverne, anche, e che con la sua innata capacità di trovare sempre il lato ridicolo di ogni circostanza contribuiva a tenere sempre allegra e festosa l’atmosfera della casa.

Lola partecipava poco alla conversazione, ma non era a disagio, come dimostravano le labbra distese in un sorriso spontaneo e le timide domande che ogni tanto si azzardava a porre. Semplicemente le piaceva osservare i quattro ragazzi, seguirne la gestualità, ascoltarne il tono delle voci, coglierne gli sguardi; le evocavano nella mente un turbinio di colori vividi e brillanti.
Tom la scrutava, non scorto, dalla sua postazione privilegiata accanto a lei, e nel vedere gli occhi della ragazza brillare di piacere, anche il suo cuore si accese di un’inattesa tenerezza.
Istintivamente le sfiorò una mano con la punta delle dita, in una carezza leggera e frettolosa, facendo attenzione a non farsi scorgere dagli altri ragazzi, e replicò con un sorriso dolcissimo alla perplessità di lei, ignaro che sentimenti simili ai suoi s’agitavano anche nel cuore di un suo amico.
« Beh, gente, non so voi, ma io sto morendo di fame!» si lamentò Benji, allungando un braccio sul tavolo e poggiando il capo sulla superficie ruvida con aria melodrammatica.
« Qualcuno faccia un’opera di pietà e vada in cucina a prendermi un pacco di patatine, altrimenti non sopravviverò per oltre un quarto d’ora...»
« Assolutamente no!» lo riprese Julian. « Niente patatine o altre schifezze prima di cena! Considerati fortunato che ho chiuso un occhio con i popcorn di questo pomeriggio! Mangerai quando sarà ora, proprio come gli altri! È un ordine che viene direttamente dal tuo allenatore!»
« Juls, sei un negriero!» mormorò Benji, afflitto.
Julian gli lanciò un’occhiata altera.
« Hai detto qualcosa?» chiese. Un suono sordo e metallico giunse ad annunciare che c’erano visitatori alla porta, interrompendo sul nascere il piccolo screzio tra i due ragazzi.

20.32 P.M.

« Uffa, però! In ritardo proprio la prima sera che passo con Philiph! Non è giusto!» sospirò Jenny, stringendosi al petto un piccolo involucro di carta lucida.
« Dai, è inutile stare a rimuginare sul latte versato!» replicò Amy, posando una mano sul braccio dell’amica con fare comprensivo.
« L’importante è che finalmente siamo qui!»
In quel mentre il portoncino blindato s’aprì, con un quasi impercettibile cigolio dei cardini.
« Benvenute!»
La voce che le accolse era fresca e cordiale, ed entrambe la conoscevano bene.
« Ciao Philiph!» lo salutò Amy, mentre Jenny trovava riparo tra le sue braccia, rischiando di schiacciare il misterioso pacchetto.
« Ciao Amy!» rispose Philiph, accarezzando con tenerezza i capelli morbidi di Jenny.
« Finalmente siete qui!» esclamò bruscamente una voce maschile, affacciandosi sul pianerottolo.
« Ciao Juls! Sì, anch’io sono felice di vederti!» replicò Amy, avvicinandosi a lui e prendendolo per un braccio.
« Che ti dicevo, Jen?» aggiunse, ammiccando verso l’amica.
Jenny sorrise, divertita, e né lei né Amy fecero caso alle espressioni disorientate di Philiph e Julian.

A raccontarlo in giro non ci crederebbe nessuno... Nel giro di due minuti sia Amy che Julian hanno detto la stessa identica frase, e nessuno dei due era a conoscenza che l’aveva già pronunciata o l’avrebbe pronunciata l’altro... Come si dovrebbe chiamare un caso del genere? Telepatia?

« Come mai così in ritardo? Sei sempre molto puntuale, Amy...» domandò Julian.
Il suo tono di voce non conservava più nulla della repentinità di poco prima. La grazia di Amy aveva il magico potere di far riaffiorare in lui il buonumore.
« È tutta colpa di quell’imbecille dell’amministratore del mio condominio, che è passato a ritirare la quota mensile proprio quando stavamo uscendo, e non contento ci ha tenuto venti minuti buoni a fingere di essere interessate alle sue stupide chiacchiere!» rispose Amy, ancora stizzita.
« Secondo me quel tipo là ha un debole per te, Amy!» commentò maliziosamente Jenny.
« Davvero?» chiese Julian, improvvisamente distaccato.
Amy non si rese conto del suo cambiamento, ma Philiph sì, e scambiò con Jenny un rapido sguardo d’intesa.
« Ma no!» replicò Amy, placidamente. « E poi quello lì ha almeno vent’anni più di me, la calvizie incipiente e un’orrenda Multipla a cinque porte! Mi ci vedete con uno così?»
Julian sorrise, sollevato, e le rivolse uno sguardo ardente, posando la mano bruna e nervosa sopra quella piccola e delicata di lei.
« Tesoro, non buttarti in questo modo! Per te ci sarà sempre un ragazzo bellissimo, sveglio, atletico e con una straordinaria Mercedes Classe E**! Benjamin Price al tuo servizio, Carotina!» intervenne una voce ben nota.
Julian si portò istintivamente la mano alla fronte, mentre Amy gli rivolse un caloroso sorriso.
« Ciao Benji!» lo salutò.
« Ave a voi, incantevoli fanciulle!» rispose lui.
« Ave a te, Mr. Price!» ribatté Jenny.
« Che ci fai qui, Price?» chiese Julian, vagamente accigliato.

Ma è possibile che ogni volta che c’è Amy ad una distanza inferiore ai dieci metri lui si debba sempre materializzare dal nulla come il fantasma di Canterville?!

« Beh, io, Tom e Lola ci stavamo chiedendo se per caso non vi avessero rapito gli alieni o un calamaro gigante non vi avesse mangiato come antipasto... E’ più di un quarto d’ora che siete qua fuori! C’è qualche festa per caso?»
Philiph e Jenny soffocarono una risatina imbarazzata.

Ci siamo dimenticati completamente di Lola, Benji e Tom!

Da non crederci.... Abbiamo accantonato il fatto che questa non è un’uscita a quattro, ma una cena tra amici!

Benji lanciò loro un’occhiata penetrante, scrutandoli in volto.
« Beh? Vogliamo rientrare o mi tocca trasferire qua il divano?»
Amy rise, e la sua risata argentina risuonò nel pianerottolo, del tutto simile al tintinnio della pioggia sui vetri.
« Va bene, mio capitano! Ora ci siamo ricordati che questo non è il posto più adatto per fare conversazione! Precedici tu e indicaci la strada!» disse.
« Come se non ci fossi venuta almeno mille volte!» la punzecchiò Philiph.
« Insolente!» esclamò Amy, fingendosi offesa.
« Uhm... Chissà cosa stanno facendo quei due...» rifletté Benji. «Per venirvi a cercare ho lasciato Lola sola con Tom, con l’unica compagnia dei raggi di luna e della brezza primaverile... Che dite, mi devo preoccupare?»
« Benji... Tom non è come te!» precisò Jenny.
« Ah, è vero! A volte me ne dimentico!» rispose Benji, visibilmente sollevato.
Il gruppetto scoppiò in una risata irrefrenabile, mentre Julian accostava la porta alle sue spalle. Nella penombra del corridoio una sagoma s’avvicinò cautamente al gruppetto di ragazzi diretti verso la veranda, fermandosi vicino Philiph ed emettendo un cupo ma sonoro ronzio.
« Ma che cosa...?» domandò Jenny, stranita, considerando le dimensioni dell’ombra e formulando mentalmente diverse ipotesi sulla sua natura.
« Tesoro! Era ora che ti facessi viva! Eppure ti avevo detto che stasera avrei dovuto presentarti una persona importante!» esclamò Phil, chinandosi verso la figura.
Jenny strabuzzò gli occhi per la meraviglia.

Ma che fa? Con chi diavolo sta parlando?!

Julian premette l’interruttore della luce nello stesso istante in cui Philiph si rimetteva in piedi, stringendo uno strano involto tra le braccia.
Il volto di Jenny si trasformò, passando dall’attonito stupore alla tenerezza. Philiph sorreggeva un batuffolo bianco, un gattino dal pelo lungo, aggraziato e carinissimo, con gli occhi d’un verde brillante, un bel paio di lunghi baffi, e un delizioso collarino di velluto azzurro con due campanellini d’argento, che si godeva beato, ronfando soddisfatto, le coccole e le grattatine che Philiph gli prodigava sotto il mento.
« Ma quanto è carino!» saltò su Jenny, andando in visibilio e tendendo la mano a sfiorare il capino morbido e vellutato del micino.
« CarinA, prego! E’ una lei, e si chiama Candice! Vuoi prenderla in braccio? E’ molto socievole!» rispose Philiph, passandole con delicatezza quel corpicino caldo e minuto, che lei strinse tra le braccia con cura.
Amy le si affiancò e lisciò il pelo soffice e candido come la neve di Candice, che si voltò verso di lei, e, riconoscendola, accostò il suo nasino umido alla guancia della ragazza, in un bacio affettuoso.
« Ma quanto siamo carine oggi! Ci facciamo ogni giorno più belle, eh Candice?» mormorò Amy, stringendo con le mani la testolina della micina e carezzandola dietro le orecchie.
Candice si liberò dalla stretta di Jenny, e con un discreto balzo si aggrappò alla camicia di Amy con le unghiette aguzze.
« Mi sa che vuole che la tenga tu!» sorrise Jenny, staccando la gattina dal braccio di Amy e passandola con attenzione all’amica.
Candice fu pienamente appagata del cambiamento, e lo dimostrò ronfando con vigore, da sopra la spalla di Amy.
« Piccola opportunista!» chiosò Philiph, stuzzicandole le orecchie con il mignolo.
« Beh, ma è normale che si sia affezionata ad Amy, la vede spesso, e come se non bastasse ogni volta la coccola e la vizia in un modo a dir poco esagerato!» intervenne Julian, lanciando però uno sguardo intenerito, verso la ragazza e la micina, che smentiva completamente il tono di disapprovazione delle sue parole.
« Che ci posso fare? Io adoro i gatti, e più di tutti adoro Candice!» replicò Amy, dando un tenero buffetto sulla testolina della micia.
« Oh Philiph, è bellissima!» disse Jenny, con enfasi. « Perché non mi hai detto che avevate per casa un gattino?»
« Noi non abbiamo per casa un gattino, lui ha per la camera un gattino» la corresse prontamente Benji.
« E già, tecnicamente Candice sarebbe mia» spiegò Philiph. « La sua cuccetta è in camera mia, e mi occupo io di lei, la porto dal veterinario e spettano a me tutte le incombenze, chiamiamole così, sgradevoli. Però tutte le mattine Tom le mette il latte nella sua ciotola, diciamo che fanno colazione insieme, Juls le compra i croccantini e tutte le sere guardano insieme i cartoni animati delle 8.00, devi vederli, sono uno spettacolo!, ed Amy le ha comprato il collarino con i campanellini e passa ore a spazzolarla e a giocarci insieme, tutte le volte che viene a trovarci. Da questo punto di vista non ho ancora capito bene se viene a trovare Julian o a far visita a Candice.»
« Che domanda ovvia!» rispose Amy. « Vengo per entrambi.»
Poi, capendo di essere caduta con tutte le scarpe nel tranello tesole da Philiph, si corresse, arrossendo lievemente d’imbarazzo:
« Cioè vengo per vedere Philiph, Benji, Julian e Candice!»
Philiph rise, senza preoccuparsi minimamente di nascondere il suo divertimento, e Julian, imbarazzato, si sfregò il naso, come faceva sempre in queste situazioni. Anche Jenny sorrise, ma si preoccupò anche di riportare la conversazione nei binari originari.
« Phil, come mai non mi hai detto che avevi Candice?»
« Avrei voluto farti una sorpresa e “presentartela” ufficialmente durante le vacanze di Pasqua***, che in linea teorica avresti dovuto passare qui in Giappone... Ma visto che la sorpresa l’hai fatta tu a me, venendo qua prima del tempo e senza farti annunciare, permettimi questa piccola rivincita!»
Philiph le passò un braccio dietro la schiena, attirandola a sé, e le baciò una tempia.
Entrambi non si accorsero che Amy, sebbene fosse assorta nel vezzeggiare Candice, li guardava, e i suoi occhi erano velati da una nebbia di tristezza.

Non sono gelosa di te, Jen, davvero... E’ solo che vorrei essere stretta anch’io in quel modo dalla persona che amo... E nonostante il cuore mi sanguini, non ho mai avuto una briciola dell’amore che invece hai tu da più di sette anni... Sei una ragazza fortunata, Jenny Morgan...

Amy strinse saldamente Candice sotto le zampine anteriori e se la portò all’altezza del volto, fissando negli occhi la micina, che le posò con curiosità una zampetta su una guancia.
« Se penso che qualcuno ha osato abbandonare una simile meraviglia mi sento male...» sospirò, afflitta.
« Coooosa? L’hanno abbandonata?» chiese Jenny, con un tono di voce più alto di almeno due ottave del necessario. Dal suo viso trapelavano chiaramente lo sdegno e la rabbia.
« Proprio così!» confermò Benji, accostandosi a Amy e Candice e posando la sua grande mano da portiere sopra la testolina della gattina, che, lesta, gli leccò l’indice con la piccola lingua rosea.
« Non ci si crede, eppure è vero!»
« L’ho trovata un pomeriggio, circa un mese e mezzo fa, uscendo dall’università» spiegò Philiph. «Ero in moto perché di mattina la giornata era splendida, invece nel pomeriggio si era rannuvolato improvvisamente e prometteva di piovere. Ero circa a metà strada, quando ho sentito un lamento che stringeva il cuore. Ho frenato, e mi sono voltato. Nel marciapiede, dentro un vecchio scatolone di cartone, c’era Candice, intirizzita dal freddo e spaventatissima. Nella mia vita mi sono innamorato solo due volte, e la seconda volta è stata di Candice. L’ho presa che tremava tutta, poverina, me la sono messa dentro il giubbotto e me la sono portata a casa.»
« Avresti dovuto esserci, Jenny!» concluse Julian. « Me li sono visti arrivare a casa all’improvviso, lui bagnato fradicio, perché nel frattempo era scoppiato un acquazzone, e lei che, terrorizzata dai lampi, oltre che da tutte quelle novità, si era aggrappata con tutte le sue forze al maglione di Phil e non voleva saperne di staccarsi. Una scena che sarebbe stata buffissima, se non fosse stata anche tremendamente seria. Beh, il resto della storia lo conosci. Candice è stata adottata ufficialmente in “casa Price” -le ultime due parole erano state pronunciate con un’intonazione stranamente familiare- ed è diventata un membro della nostra strana famiglia!»
« Quindi ce l’avete solo da un mese e mezzo?!» rifletté Jenny.
« Eh già» confermò Benji, sottolineando le sue parole con un vigoroso cenno del capo.
« E’ strano... Eppure Candice sembra grandicella...» notò Jenny.
« Ha circa sei mesi» precisò Julian.
« Ma allora...» mormorò Jenny, spalancando gli occhi.
« Ha avuto un’altra famiglia prima di noi, che però dopo poco tempo si è stufata di lei e l’ha buttata via come una scarpa vecchia, a morire ad un angolo di strada» sbottò Philiph, visibilmente irritato e con gli occhi che mandavano lampi, esternando il pensiero di tutti, che era però troppo orribile e allo stesso tempo troppo assurdo anche solo per venire pronunciato.
« Però adesso Candice sta bene, ha trovato voi» disse Amy con dolcezza, carezzando la micetta, la quale sembrò aver capito le sue parole e raddoppiò le fusa.
« Ora però, amanti degli animali, facciamo questi quattro passi che mancano per arrivare in veranda, o veramente Lola e Tom dovranno mandarci a cercare!» sorrise Julian, dando il buon esempio e incamminandosi verso la sala.

20.58 P.M.

Lo sguardo di Lola si alzò a ricevere i ragazzi che, in un allegro capannello di voci, varcavano la soglia della veranda.
« Benvenute! Amy... Jenny...» le accolse Tom con calore, alzandosi in piedi e avvicinandosi alle due ragazze.
Lola si affiancò a lui, e regalò alle due ragazze una dolcissima espressione degli occhi bruni, che si espanse lungo il viso fino a raggiungere le labbra, piegate in un timido sorriso.
« Ciao Tom! Lola, piacere di rivederti!» rispose allegramente Jenny.
« Ciao Tom!» lo salutò Amy, sporgendosi leggermente in avanti e sfiorando con le labbra le gote del ragazzo. Candice, che non gradì affatto quella manovra, poiché aveva rischiato di essere schiacciata, manifestò la sua presenza con un sonoro miagolio di protesta.
« Sssh, buona piccola! » la rassicurò Amy.
« Ciao Lorelei!» aggiunse, accostandolesi e baciandole entrambe le guance con la stessa calda affettuosità con cui poco prima si era avvicinata a Tom. E questa volta non causò vibranti rimostranze da parte di Candice.
« Sei arrivata da molto?»
« Circa un’ora» rispose Lola, mentre un soffuso rossore di piacere le imporporava il volto, lanciando un’occhiata intenerita e curiosa verso Candice, che dimostrò di gradire tutte quelle attenzioni e cercò di afferrare l’indice della ragazza per portarselo alla bocca e magari mordicchiarlo un po’.
« Quant’è carino!» soggiunse, lasciando che Candice le stringesse la mano tra le zampette morbide.
« E’ una femminuccia, e si chiama Candice! Il perché del nome mi sembra ovvio!» rispose Amy, ridendo e carezzando con Lola il pelo candido e soffice della micietta.
« Beh, mica tanto! Gli ho dato questo nome per almeno tre ottime ragioni!» intervenne Philiph. « Una di tipo fisico, che è quella alla quale vi state riferendo; un’altra di tipo psicologico, perché ha un carattere dolcissimo e giocoso, anche se un po’ dispettoso, come tutti i gatti; e la terza è più intima, che non ho intenzione di dirvi! Se ci arrivate da sole, tanto meglio, ma io non svuoterò il sacco!»
« Uffa, sei proprio come Candice: dispettoso come un folletto!» ribatté Amy. « In ogni caso, credo d’intuire il terzo motivo... E’ forse legato a Jenny?»
Philiph non rispose, ma assentì con il capo. D’istinto lo sguardo di Lola, Jenny e Philiph, andò a cercare la ragazza, che, gli occhi ridenti, chiacchierava animatamente con Julian, Tom e Benji.
« Ahi ahi! Abbiamo tardato solo noi!» udirono che diceva.
« Lola è stata estremamente puntuale» puntualizzò Julian, trasportando una grossa sedia di vimini e posandola vicino al tavolo.
« Alle otto precise era già qui» confermò Benji, sistemando una sedia pieghevole.
« Evidentemente non si è attardata a rimirarsi allo specchio mille volte» aggiunse Tom, rivolgendo ad Amy e Jenny uno sguardo intriso d’ironia.
« Ehi, un momento!» saltò su Jenny, mentre prendeva posto su una sedia, e Philiph si sedeva alla sua destra.
Il ragazzo si chinò a baciarle il collo, scostando appena con il naso le folte ciocche di lei.
« Il ritardo non è dipeso da noi» precisò Amy, accomodandosi sulla poltroncina di vimini e accavallando le lunghe gambe.
Julian, in piedi dietro di lei, posò le mani sullo schienale della stessa, sorprendendosi, per la seconda volta nello stesso giorno, a fissare con intensità la sua migliore amica dai tempi delle elementari, meravigliato dalla lattea opalescenza della sua pelle, che poteva appena lambire con la punta delle dita.

Che diavolo sto facendo?! Amy... Non posso provare queste sensazioni proprio per te! Siamo cresciuti insieme come fratelli, ho perso il conto di tutte le volte che ti ho vista in costume da bagno, senza che per me facesse differenza se indossavi un succinto bikini o la tenuta da Babbo Natale, e adesso fremo solo perché ti ho sfiorato il collo?! Non posso provare realmente quello che credo di provare... Eppure... Amy, perché sei così bella? E io, perché me ne sono accorto? Sarebbe stato meglio se avessi continuato a non rendermene conto, com’ero riuscito a fare per tanti anni...

Amy, ignara del tumulto che s’agitava nel ragazzo alle sue spalle, continuò a parlare con pacatezza, giocando con Candice.
« Per qualsiasi tipo di reclamo, rivolgetevi all’amministratore del mio condominio! Quel tipo mi piomba in casa sempre nei momenti meno opportuni!»
« E’ vero!» ribadì Jenny. « Abbiamo aperto la porta per uscire, e ce lo siamo trovato di fronte! Cosa dovevamo fare?»
« Visto che ormai era lì, ho pagato la quota mensile, così almeno per un mesetto non ha più scuse per presentarsi da noi!» concluse Amy, filosoficamente.
Fece una piccola pausa, lanciò un’occhiata enigmatica a Jenny e riprese:
« E per di più durante tutta la strada da casa fino qui Jen non ha fatto altro che lamentarsi! “Proprio oggi doveva venire a rompere quell’idiota! Grrrr, se lo avessi in mano ora lo strozzerei! Arriveremo a casa dei ragazzi con quasi un’ora di ritardoooooooooooo! E pensare che volevo che fosse tutto perfetto per la mia prima sera con Phil! Oh, Philiph!”»
L’imitazione di Amy dell’amica era davvero gustosa, e tutti i ragazzi, compreso Philiph, scoppiarono in una fragorosa risata, mentre Jenny arrossiva fino alla radice dei capelli.
« Amy! Brutta delatrice che non sei altro!» sbottò, lanciando un’occhiata truce verso Amy; reazione, questa, che ebbe come unico effetto quello d’aumentare l’ilarità dei ragazzi.
Tom si lasciò cadere nella stessa sedia che aveva occupato fino a pochi minuti prima, il corpo scosso dai sussulti delle risa, la fronte posata tra l’indice e il pollice della mano destra, quasi a sorreggere il capo.
« Vi chiedo scusa, ragazze!» riuscì ad articolare tra una risata e l’altra. « Ma sapete, avendo in casa un elemento che si ferma a pettinarsi le sopracciglia ogni volta che incrocia uno specchio, credo di essere giustificato, non credete?!»
« E chi sarebbe quest’elemento?» domandò una voce che ancora non aveva parlato.
Istintivamente tutti si voltarono verso di essa, e videro Benji semisdraiato sulla tavola, con la testa appoggiata sulla mano sinistra chiusa a pugno, che, apparentemente disinteressato alla conversazione, fissava con intensità, trastullandosi con il nastro che lo chiudeva, il piccolo pacchetto morbido dalla carta lucida, il quale era stato momentaneamente posato da Jenny.
« Guardati un po’ allo specchio, giusto per rimanere in tema!» replicò prontamente Philiph, con un gran sorriso.
« Ma si può sapere che stai combinando?» domandò Julian, perplesso.
« Questo pacchetto è, come dire, interessante... » rispose Benji, senza scomporsi.
« Lo posso aprire?» aggiunse, fissando Amy e Jenny con occhi speranzosi.
« Scordatelo!» intervenne Tom. « Se là dentro c’è quello che penso, vanno mangiati DOPO cena, non PRIMA!»
« E tra l’altro vanno messe in frigo, visto che sono pastine fresche!» commentò Amy. « Scusate ragazzi, visto che so bene dov’è la cucina, con il vostro permesso vado a fare in modo che si conservino! Già saranno tutte schiacciate...»
Amy lanciò un’occhiata di disappunto al pacchetto, e si diresse verso il soggiorno.
« Sto morendo di fame! E voi sembrate più interessati alla conversazione che alla cena!» piagnucolò Benji, afflitto, osservando mestamente Amy che si allontanava.
« Intanto propongo di telefonare alla pizzeria senza perdere altro tempo» interloquì Julian, pratico come sempre, rientrando dal soggiorno con il cordless e la rubrica del telefono in mano. « Pizze singole o giganti?»
« Giganti! Con tutto il possibile sopra!» replicò Benji.
« Voi che ne dite?» chiese, abbracciando con lo sguardo gli altri ragazzi.
« Per me vanno bene le giganti» rispose Philiph. « Tu che ne dici, zucchero?»
Lola e Amy si guardarono in viso, ed un’espressione eloquente si dipinse nei loro volti, accentuata da un brillio malizioso nelle iridi di entrambe. Avevano compreso cosa aveva voluto dire Philiph poco prima, e si erano voltate per comunicarlo all’altra, salvo poi scoprire che anche lei aveva intuito il significato delle parole di Phil.

Candice... Zucchero... Certo, è tutto chiaro! Philiph ha voluto mettere in relazione il nome della sua micetta con il soprannome con cui chiama Jenny! E’ un ragazzo molto dolce...

Jenny mi aveva parlato di un soprannome che Philiph le aveva dato, anche se non mi aveva detto quale... E Philiph prima ha detto di essersi innamorato solo due volte, nella sua vita... La prima volta di Jen, e la seconda volta di Candice... Ha voluto collegare i suoi due amori, in qualche modo... Quant’è tenero!

« Approvo e sottoscrivo le giganti» ribatté intanto Jenny, ignara della piccola scoperta delle due ragazze, sorridendo felice, appoggiando il mento sopra il braccio di Philiph, che le cingeva il collo, mentre il ragazzo l’abbracciava da dietro.
« Come sopra anche per me» confermò Tom. « Tu, Lorelei?»
« Pizze giganti! Le preferisco a quelle standard! Sono più... ehm... sostanziose?!» squittì Lola, sistemandosi dietro l’orecchio una ciocca di capelli, che la brezza, fattasi pungente e insistente a causa del lento avanzare della notte, si ostinava a sbatterle sul viso.
« Parole sante, ragazza, parole sante!» chiosò Benji, avvicinandosi a lei e stringendole con foga una mano, quasi a volersi congratulare. « Per fortuna noto che non sono l’unico a ricordare uno degli elementi fondamentali nella vita di un uomo... e di una donna.... IL CIBO! Questi qua vivono d’amore -con un gesto del capo indicò Philiph e Jenny- Julian si nutre con l’energia che succhia via a noi poveri sottoposti, durante i suoi assurdi allenamenti, Amy è una creatura soprannaturale che non ha bisogno di pensare a cose materiali come il cibo, Tom mangia calcio e arte... L’unico che si rende conto che è impossibile vivere d’aria sono io!»
« Avete assistito allo show di Benjiamin Price, altrimenti conosciuto come “Il Buffone della Morrison”!» replicò Philiph, mentre le labbra gli si piegavano in un sorriso ironico.
« Che vuoi, Callaghan?» sbottò Benji, lanciandogli uno sguardo torvo.
« Il digiuno ti fa sragionare!» rispose Philiph.
« Complimenti per essertene accorto! Che dire, sei veramente sagace!» ribatté Benji.
Lola soffocò una risata, l’ennesima quella sera, che le salì spontanea alle labbra allo scorgere Benji e Philiph che si osservavano in cagnesco, ed evitò di guardare Jenny e Tom in volto, scarlatti sulle guance per lo sforzo di trattenere come lei le risa, che altrimenti sarebbero volate via con ali di farfalla a tutti e tre.
« Ok, ragazzi, direi che ci siamo! Pizze giganti per tutti!» disse Julian allegramente, entrando nella veranda in compagnia di Amy.
L’aveva raggiunta in cucina per chiederle il suo parere sulla cena, e nessuno dei ragazzi rimasti sulla terrazza l’aveva scorto mentre si allontanava.
« Beh? Che succede qui?» domandò Amy, annusando nell’aria qualche traccia di nervosismo e avvicinandosi al capannello degli amici con espressione preoccupata.
« Ma niente, i soliti piccoli screzi tra Ben e Phil!» rispose Tom, rassicurandola. « Se questi due non s’accapigliano almeno tre volte al giorno la notte non riescono a dormire bene!»
« Non è assolutamente vero! Che cavolo stai dicendo, Tom?» ribatterono Benji e Philiph, all’unisono, strabuzzando poi gli occhi e osservandosi straniti.
« Visto? Questi due vanno d’accordo solo quando si tratta di dare addosso a qualcun altro!» concluse Tom, divertito.
« Forse capita perché sono troppo simili!» intervenne Lola, facendo sentire chiaramente la propria voce forse per la prima volta in tutta la serata.
« Io e mio fratello Freddie abbiamo spesso piccoli contrasti, e il motivo è semplice: abbiamo due caratteri per alcuni aspetti molto simili, e finiamo per innervosirci a vicenda. Personalmente vado più d’accordo con chi è diverso da me, piuttosto con chi mi è più affine caratterialmente. Ne ignoro il motivo, ma mi trovo più a mio agio con persone che hanno un’indole non dico opposta, ma abbastanza differente dalla mia. Chissà, forse è così anche per loro due!»
« Uhm, hai dato una spiegazione davvero interessante, Lola!» commentò Julian, guardandola sorpreso.
Tom le sorrise, dandole un affettuoso buffetto sulla testa.

Lola... Sei una ragazza sorprendente! Riesci a sciogliere i nodi più intricati con facilità...Ti è bastata qualche ora trascorsa in nostra compagnia per comprendere di noi più di quanto potessi immaginare... Forse anche tu, come me, osservi il mondo con occhi assorti? Possiedi il dono di una sensibilità eccezionale...

« Effettivamente Phil e Benji hanno più cose in comune di quello che potrebbe sembrare...» rifletté Amy.
Benji e Philiph si scambiarono un’occhiata incuriosita, e Phil, inarcando le sopracciglia in segno di diniego, domandò:
« Ah sì? E cosa avremmo in comune io e Mr. Simpatia?»
« Per prima cosa siete due sbruffoni attaccabrighe» replicò Jenny.
« Jenny!» esclamò stupito Philiph, guardandola accigliato.
« Anche se sei il mio amore, non sono mica cieca riguardo ai tuoi difetti, sai?» rispose prontamente Jenny, regalandogli un dolce bacio sulle labbra per ammansirlo un po’.
« Gli exploit di Mr. Simpatia... ehm, volevo dire Benji, sono noti a tutti» intervenne Julian, ridendo sotto i baffi dello sguardo truce che Benji gli aveva rivolto, sentendosi appellare per la seconda volta nel giro di pochi attimi “Mr. Simpatia”.
« Ma anche tu ne hai combinate, eh Philiph?»
Philiph scosse la testa con decisione; era in evidente disaccordo con le parole di Julian.
« Dai Phil, eravamo tutti presenti quando a Yomiuri Land tu e Mark Lenders ve le siete date di santa ragione in mensa!» precisò Tom.
« Mark Lenders! Mr. Correttezza! Ha iniziato lui, mi ha dato un pugno!» replicò Philiph.
« Certo, e tu glielo hai restituito! E’ stato solo uno scambio di favori, eh, Rocky?» celiò Benji.
« Esattamente, proprio come tutti quelli che vi siete contraccambiati voi, ogni volta che vi trovavate ad essere nel raggio di cinque chilometri distanti l’uno dall’altro!» ribatté Philiph, acidamente.
« E allora vedi, è come diciamo noi! Cozzate perché vi somigliate troppo!» concluse Amy, filosoficamente.

21.43 PM

« Ok, allora vi aspettiamo!» disse Julian, premendo il tasto del cordless che interrompeva la comunicazione.
Immediatamente sei paia d’occhi lo fissarono intensamente.
« Quando arrivano le pizze? Sto morendo di fame» chiese Jenny, prevenendo gli altri ragazzi e dando così voce alla domanda che era salita alle labbra di tutti.
« Fra un’ora» replicò Julian, stancamente, passandosi una mano tra i capelli.
« Un’ora?! Stai scherzando?!» saltò su Benji, allarmato.
« Ti sembra la faccia di uno che scherza?» rispose Julian, asciutto. « Tanto per la cronaca, ho fame anch’io! Solo che hanno una montagna d’ordinazioni da soddisfare prima della nostra... Guarda un po’ alle tue spalle che ore sono! Avremmo dovuto chiamare prima!»
Benji guardò verso la pendola, e sospirò, abbattuto, incrociando le mani dietro la testa.
Si erano trasferiti nel soggiorno, scoraggiati ad indugiare nella veranda dalla pungente umidità della notte, che s’insinuava sotto gli abiti, mordendo con aghi di ghiaccio la pelle, ed ora sedevano, sparsi tra il divano e le poltrone, tranne Tom, che si era accomodato sul pavimento, sopra due cuscini.
Candice dormiva placidamente nel suo comodo cestino di vimini, in camera di Philiph.
« Eh già... Ora non ci resta che aspettare!» concluse Tom.
« Nell’attesa volete bere qualcosa?» domandò Philiph, carezzando con infinita tenerezza la tempia di Jenny, stretta languidamente a lui, il capo posato morbidamente sopra una sua spalla.
« Ho la gola secca» approvò Julian. « Cos’abbiamo, Tom?»
« Tè freddo pesca e limone, varie bibite gassate, succhi di frutta, birra...» elencò Tom, alzandosi. « Cosa vi porto, ragazze?»
« Un succo di frutta qualsiasi, va bene qualunque cosa tu abbia!» rispose Amy.
« Tè alla pesca» disse Jenny. «Mi potresti portare anche un bicchiere d’acqua?»
« Certo!» rispose Tom. « E tu, Lola?»
« Un succo di frutta va benissimo, grazie» replicò Lola. « Vuoi che ti aiuti?»
« Se non ti dispiace darmi una mano, mi faresti un favore!» esclamò Tom, lanciando un’occhiata di biasimo agli altri ragazzi, che parevano letteralmente incollati al divano e non avevano la minima intenzione di alzarsi.
« Mi fa solo piacere rendermi utile!» rispose Lola dolcemente, alzandosi con un buffo saltello e avviandosi con il ragazzo verso il corridoio.
« Se vuoi ti posso mostrare la casa, più tardi» propose Tom, aprendo la porta del salotto e cedendo il passo a lei, che lo seguiva di pochi passi.
« Oh, mi piacerebbe molto!» assentì Lola, con entusiasmo.
I due ragazzi si allontanarono e l’eco delle loro voci allegre si perse lungo il corridoio, giungendo indistinte all’orecchio di coloro che erano rimasti nel salotto.
« Sembra che vadano d’accordo, quei due» commentò Julian, distendendo mollemente le gambe sotto il tavolino.
« Pare di sì» confermò Amy, sorridendogli.

21.55 PM

La cucina dei ragazzi era ampia e luminosa, con una gran porta finestra che metteva in comunicazione la stanza con un terrazzino coperto, che dava sul cortile interno della palazzina.
Era arredata con mobili di legno chiaro di stile moderno, disposti lungo tutta la parete est della stanza, e non mancavano gli elettrodomestici, tra i quali spiccava un imponente frigorifero blu cobalto, decorato con buffi magneti, nell’angolo prospiciente la finestra. Nella parete ovest s’ergeva una credenza, di legno chiaro come gli altri pezzi dell’arredamento, nelle vetrine della quale s’indovinavano appena le sagome di piatti e bicchieri; nella parete nord, accanto alla porta, avevano trovato posto due piccole dispense a cassetti e sportelli. Al centro della stanza spiccava un massiccio tavolo di legno a sei posti, sul quale facevano bella mostra di sé un centrino ricamato e un cestino di frutta fresca, circondato da sedie impagliate dall’alto schienale.
« Che bella cucina!» esclamò Lola, facendo una giravolta su se stessa per poter osservare meglio l’ambiente.
« Sono contento che ti piaccia, ma è solo una cucina come le altre!» minimizzò Tom, sorridendo della buffa esclamazione della ragazza e della sua espressione curiosa e rapita.
« Dal punto di vista dell’arredamento, sono d’accordo con te. I mobili sono comodi e funzionali, ma disposti con armonia, e i colori riflettono la luce. Per questo è una bellissima cucina, si vede che ogni pezzo è stato scelto e sistemato con cura.»
Tom sbatté le palpebre, spiazzato dallo spirito d’osservazione della ragazza.

Lorelei... Il tuo intuito è stupefacente... Non credevo che potessero esistere persone come te, capaci di entrare nel cuore delle cose con una facilità sconcertante, come una lama calda affetta un panetto di burro senza alcuno sforzo... E sembra che non ti renda conto di questo tuo grande dono...

« Ancora una volta hai colpito nel segno, Lorelei!» disse. « La cucina è stata un regalo della mamma di Benji, che è un’arredatrice. Ha seguito personalmente il lavoro degli operai per un’intera mattinata, prima che ci trasferissimo qui, “schiavizzandoli senza pietà”, per dirla alla maniera di Benji.»
« Dev’essere una donna molto in gamba!» sorrise Lola, che ammirava immensamente tutte le donne con un carattere forte e deciso.
« Lo è!» assentì Tom, aprendo il frigorifero ed estraendone almeno tre bottiglie dal contenuto diverso, che posò sopra il tavolo.
« Lorelei, per favore, apri la vetrina sinistra della credenza e prendi otto bicchieri.»
Lola ubbidì, disponendo le tazze sopra un vassoio che aveva trovato dietro una pila di piatti, e portando il tutto a Tom. Mentre il ragazzo si adoperava a riempire i bicchieri, Lola, con le braccia dietro la schiena, osservò da vicino tutti i mobili, e sopra le due dispense vicino alla porta non poté fare a meno di notare un paniere contenente delle focacce e un tegame pieno fino all’orlo di pomodori maturi. Li osservò per parecchi secondi con un discreto interesse, e poi si voltò verso Tom, che nel frattempo stava sistemando le bottiglie in un altro vassoio, indecisa se prospettargli la sua idea.
Vincendo la sua timidezza mormorò:
« Tom... Avrei pensato una cosa...»
« Dimmi pure» rispose Tom, guardandola in viso con un’espressione incoraggiante nel volto sorridente.
« Ecco... Conosco uno stuzzichino facilissimo da preparare e che non rovina l’appetito, ma che placa solamente i primi morsi della fame, e ho visto che avete gli ingredienti per farlo... Mi chiedevo se...»
« Non aggiungere altro, ho capito. Ovviamente mi dovrai mostrare come si fa!» rispose Tom, il cui stomaco stava iniziando a brontolare in maniera piuttosto imbarazzante.

22.06 P.M.

Benji, sprofondato nella grande e comoda poltrona, le mani congiunte sul ventre, parve riflettere a voce alta:
« Potrei dare via il computer di Juls per un tozzo di pane...»
« Il computer di Juls, eh? Perché non il tuo stereo?» controbatté prontamente Philiph, tuttavia senza tracce dell’ironia beffarda che tanto spesso adoperava nel parlare con Benji.
Non l’avrebbe mai ammesso, ma poteva capire benissimo il ragazzo...
Benji sospirò e bofonchiò contemporaneamente:
« Certo... Potrei barattare anche quello!»
Con un poderoso colpo di reni balzò in piedi, e prese a misurare la stanza a grandi passi, lanciando in continuazione occhiate nervose alla pendola.
« Finirai per consumare il pavimento» lo ammonì Jenny.
« Non ci posso fare niente!» sbuffò Benji, passandosi la mano tra i capelli. « Ve l’ho detto che oggi non ho pranzato?!»
« Credo che tu mi abbia accennato qualcosa in proposito» rispose Amy. « Hai alluso a una “iena bionda e un molosso”, anche se ancora non sono riuscita a decifrare le tue parole... Sono un po’ enigmatiche, sai com’è!»
Jenny e Philiph guardarono Benji con curiosità.
« Lasciamo perdere, va’...» replicò il ragazzo, con un tono che non ammetteva obiezioni.
In quel momento entrarono Tom e Lola, entrambi con due vassoi in mano, e disposero bottiglie e bicchieri nel tavolino basso, davanti ai ragazzi.
« Tè freddo, acqua, succo di frutta...» elencò Tom. « No, sembra che non abbiamo dimenticato niente...»
« Veramente una cosa manca... Vado a prenderla!» controbatté Lola, scambiando con Tom uno sguardo d’intesa.
La ragazza uscì, e Tom si accomodò nel posto che aveva lasciato libero, sopra un cuscino vicino al tavolino, e sorseggiò il suo tè, proprio come fecero gli altri ragazzi, dopo essersi impossessati ognuno del bicchiere di propria competenza. Quando Lola tornò, reggendo in una mano un cestino di vimini, foderato con un telo di cotone, e nell’altra un pacco di tovaglioli usa e getta, la stanza era immersa nel più perfetto silenzio. Posò sul tavolino il tutto, e i ragazzi, scorgendo il contenuto del paniere, si lasciarono andare a piccole esclamazioni di sorpresa.
« Sono fette di focaccia condite con pomodoro fresco a tocchetti, un filo d’olio d’oliva e, a seconda dei casi, aglio sminuzzato o capperi» spiegò Lola, sedendosi vicino ad Amy.
Benji afferrò un tovagliolo e scelse una fetta di pane, alla quale tirò un gran morso.
« Favolosi» riuscì ad articolare tra un boccone e l’altro.
Julian, Amy, Jenny e Philiph, che avevano seguito con entusiasmo l’esempio di Benji, confermarono la sua opinione con vigorosi assensi del capo.
« Sapevo che vi sarebbero piaciuti!» esclamò Tom. « E’ stata un’idea di Lorelei!»
« Complimenti, Lola» intervenne Amy. « Sono deliziosi!»
« Mmm... Squisiti» appoggiò Jenny, sbocconcellando la sua fetta di pane e avvicinandone un pezzo alla bocca di Philiph, che lo mangiò con piacere.
« Molto buoni e leggeri» osservò Julian. «L’aperitivo ideale!»
« E’ una ricetta tua?» s’interessò Philiph.
« Veramente no... Mia madre non ha mai tempo per cucinare, a causa del suo lavoro, ma è una maga nel materializzare piatti veloci e gustosi, anche con pochi ingredienti. Mio padre dice che ha un tocco magico, e io sono d’accordo con lui. Anche a me piace cucinare, anche se sono un po’ troppo approssimativa e mi distraggo facilmente. Mi vengono bene specialmente i dolci e le torte.»
« Lola, ragazza mia, SPOSAMI!» esclamò Benji, con la massima serietà, addentando la terza fetta di pane.
Lorelei arrossì lievemente, e sorrise; Philiph sprofondò nello schienale della poltrona, le dita lunghe e affusolate che ombreggiavano parzialmente il viso, scosso da un moto di riso irrefrenabile, e Julian scoppiò in una risata aperta e contagiosa, alla quale Amy prestò molta attenzione.

Mi ha sempre affascinato la risata di Julian... Quando, in quarta elementare, mi trasferii nella sua scuola e lo conobbi, la sua risata sonora spesso riecheggiava negli spogliatoi, dopo l’allenamento quotidiano... Io attardavo apposta a svolgere le mie mansioni e lo stavo a sentire, non so perché... Forse perché mi rallegrava e mi rasserenava, durante quei giorni solitari in cui tardavo ad ambientarmi... Nonostante tutto quello che ha passato, non ha perso la capacità di ridere così... E io non sono cambiata, mi piace ascoltarlo...

« Che avete da ridere?! Sono un ottimo partito, io!» bofonchiò Benji, accigliato.
« Già, ma tu non facevi una corte serrata ad Amy?» replicò Julian, con gli occhi che gli brillavano.
« Certo! Non lo nego... Carotina, come te la cavi tra i fornelli?»
Da sotto un cuscino si udì un risolino soffocato; Jenny lo afferrò e lo tirò via, scoprendo Philiph, con le gote scarlatte e i capelli scarmigliati.
« Oh, Phil, sei peggio di un bambino!» commentò, con un lieve sospiro.
« Ecco, diglielo, Jen!» intervenne Benji, trionfante.
« Beh, comunque mi pare che è in buona compagnia!» puntualizzò Amy, con un sorriso appena a ccennato.
« Carotina, ma come fai a dire le cose peggiori con quel viso d’angelo?» domandò Benji, stupefatto.
Si alzò dalla poltrona, le si avvicinò e l’abbracciò con energia, baciandole i capelli.
« E’ impossibile avercela con te» disse, con un’intonazione dolce che Lola non gli aveva ancora sentito usare.
Amy gli afferrò una mano e gliela strinse forte, prima di lasciarlo andare a sedersi nuovamente.
Lola osservò la scena con interesse, e intuì che tra Benji ed Amy sussisteva un rapporto profondo e complesso. Di che natura, se amicizia o amore, non avrebbe saputo dirlo, ma sicuramente i due ragazzi erano molto legati tra loro. Era talmente assorta nei suoi pensieri che non si accorse che qualcuno la fissava, allo stesso modo in cui lei fissava Amy e Benji. Gli occhi le si erano schiariti in un nocciola chiaro per effetto della luce brillante del salotto, e Tom, esattamente come la mattina, si era ritrovato a guardarli, attratto dalla loro bellezza non comune. E non comune era anche Lola, per i suoi gesti, le sue parole, il suo abbigliamento, l’intera sua persona. Tom si ritrovò a studiare ogni particolare di lei, e in seguito anche di Jenny ed Amy, quasi senza rendersene conto.

Lola indossava un paio di pantaloni a scacchi beige e neri, ampi e comodi, dal grosso risvolto e dalla linea diritta, una maglietta aderente nera con un disegno della “Madonna del Cardellino” di Raffaello, un cardigan di lana a costine color tabacco e un paio di scarpe da tennis molto basse color crema, con tre bande rosso cupo su ciascun lato. I capelli, folti e lisci, divisi da una scriminatura diagonale, erano sciolti sulle spalle, in un tripudio di riflessi lucenti; il viso dai tratti delicati e gli occhi da cerbiatta erano messi in risalto da un ombretto grigio chiaro e uno scintillante gloss rosa naturale.
Il suo abbigliamento casual, frammisto alla corporatura minuta, all’altezza non eccessiva e al viso da bambina, faceva sembrare Lola ancora più piccola di quanto non fosse in realtà, tuttavia l’espressione seria e assorta del volto le donava un’istintiva maturità, confermata in seguito dalle sue parole e dai suoi gesti.

Amy indossava una longuette grigio fumo, attraversata trasversalmente da sottili venature bordeaux, che le fasciava morbidamente i fianchi appena accennati, mettendone in risalto la figura snella e aggraziata e le caviglie sottili, e una semplice camicia rosso cupo con le maniche a tre quarti, con un colletto dal taglio maschile che contrastava lievemente con la linea aderente e femminile della stessa, e un paio di scarpe bordeaux di vernice dal tacco alto e con l’allacciatura alla caviglia. I capelli ramati erano acconciati con cura, raccolti sulla nuca da una coda di cavallo, e solo due sottili ciocche sfuggivano alla stretta, accarezzando le tempie e le guance della ragazza. Il make-up era appena accennato, l’ombretto di un caldo color caffè, il rossetto rosso rubino, una pennellata veloce di fard sugli zigomi.
Amy era bella ed eterea come la protagonista di una leggenda. Ogni cosa in lei s’amalgamava in armonia; dalle mani, piccole e bianche, dalle unghie curate, agli straordinari occhi d’ambra liquida.

Jenny indossava un paio di pantaloni bianchi sportivi, dalla linea ampia e diritta, con un ricamo floreale in grigio e blu lungo la gamba destra, una maglietta rosso carminio in viscosa senza maniche e con lo scollo all’americana, un cardigan di cotone grigio chiaro lavorato a maglie molto larghe e chiuso sotto il seno da un cordoncino, scarpe con un discreto tacco e la tomaia argentata. I capelli erano stati raccolti sulla nuca e fissati parzialmente con qualche forcina, ma alcune ciocche sfuggivano alla semplice pettinatura e andavano a ricadere sulla fronte, le tempie, il collo e la schiena. Il maquillage era semplice e leggero: ombretto grigio perlato, e un filo di rossetto lucido color ruggine.
Jenny era affascinante e seducente nel suo abbigliamento semplice, che tuttavia non rinunciava ad un pizzico d’aggressività; e questo la rendeva ancora più attraente.

Lorelei... Amy... Jenny... Sono molto diverse tra loro, ma egualmente belle. Ciascuna possiede una bellezza diversa dalle altre, personale, che appartiene solo a lei...

« Ehi, Tom, sei dei nostri?»
Una voce lo distrasse dalle sue riflessioni. D’istinto si voltò, e i suoi occhi incrociarono quelli di Julian, che lo fissava con curiosità.
« Tutto bene?» gli chiese.
« Sì, sono solo un po’ stanco» rispose, chiudendo le palpebre e appoggiando la schiena al divano.
« E’ stata una giornata pesante un po’ per tutti» commentò comprensivo Philiph, passandosi una mano tra i capelli.
« E allora, per non stancarci ulteriormente e trascorrere in modo piacevole nonché istruttivo il quarto d’ora che ci separa dalla sospirata cena, propongo di rendere omaggio alla nostra gentile ospite!» intervenne Benji, alzandosi in piedi e dirigendosi verso la libreria.
« Benji, che vai blaterando?» domandò Julian, seguendo i suoi movimenti con attenzione.
« Adesso vedrai, uomo di poca fede!» replicò Benji, afferrando saldamente un libro dalla copertina gialla dall’ultimo piano della libreria.
Lo aprì nella pagina segnata da un segnalibro verde bottiglia, e iniziò a declamare, con voce chiara e squillante.

Io non so cosa può significare
L’essere così triste:
Una leggenda dei tempi antichi,
Non mi vuole uscir di mente.
L'aria è fresca e si fa buio,
E silenzioso scorre il Reno;
La sommità del monte scintilla
Nella luce del tramonto
Straordinariamente lassù
E’ seduta una bellissima fanciulla;
I suoi gioielli dorati brillano,
Pettina i suoi capelli d'oro;
Li pettina con un pettine dorato
E intanto canta una canzone
Che ha una meravigliosa,
Potente melodia.
Il navigante nella piccola barca
E’ afferrato dalla melodia con selvaggio dolore,
Egli non guarda le rocce,
Guarda solo in alto.
Io credo che le onde alla fine
Inghiottano navigante e barca;
E questo ha fatto con il suo cantare
la Lorelei.****

« Quando questo pomeriggio ci hai detto che anche Heine aveva scritto della leggenda legata al tuo nome, mi sono ricordato che avevo letto qualcosa di simile. L’ho cercata, ed eccola qua: “Die Lorelei”. Una bellissima poesia!» spiegò Benji, tornando a sedere e porgendo il libro a Lola.
« Grazie di cuore» mormorò lei, felice.
Conosceva quella poesia a memoria, perché sua madre, avida lettrice, gliel’aveva recitata innumerevoli volte, fin da piccolissima. Benji aveva avuto per lei un bellissimo pensiero.
« E tu da quando in qua hai delle idee così gentili?» domandò Philiph, stupefatto.
« Ti ricordo, Callaghan, che Benjiamin Price ha sempre delle idee grandiose!» affermò Benji, con sicurezza.
« Su questo avrei dei seri dubbi» intervenne Tom. « In ogni modo, la poesia era davvero bella, ed è stato molto piacevole e interessante il fatto che tu l’abbia letta ad alta voce in onore di Lorelei.»
« Chi l’ha scritta?» domandò Amy.
« Heinrich Heine, un poeta tedesco della prima metà dell’Ottocento» rispose prontamente Benji, anticipando Lola.
« Sei molto informato al riguardo!» commentò Jenny.
Subito dopo aggiunse, con un’inflessione petulante nella voce:
« Non ti facevo così erudito!»
« Allora, mia cara... Punto primo: non è detto che i calciatori, e in generale gli atleti, debbano essere ignoranti come capre» controbatté Benji. « Punto secondo: è il mio pane quotidiano, se ignoro queste cose non riuscirò mai a laurearmi!»
« In che facoltà sei iscritto?» chiese Lola.
« Letteratura ad indirizzo straniero*****. Orientamento inglese. Tu?»
« Arte» rispose Lola.
« Io in medicina, con specializzazione in pediatria» intervenne Amy.
« Psicologia» le venne dietro Jenny.
« Giornalismo» precisò Philiph.
« Economia******» aggiunse Julian.
« Arte, ma credo che sia inutile specificarlo!» sorrise Tom.
« Però, siamo un gruppo variegato!» osservò Amy.
« Già!» confermò Philiph, alzandosi in piedi e facendo qualche passo, stirandosi le membra. «Sono le 22.45, le pizze dovrebbero arrivare a momenti...»

DRIN DRIN DRIN

Il suono metallico del citofono si diffuse in tutta la casa, e venne accolto dai ragazzi con esclamazioni di gioia.
« Le ultime parole famose!» saltò su Benji, correndo verso la porta. « Vado io!»
« Mentre tu prendi le pizze, noi apparecchiamo la tavola, visto che ce ne siamo completamente dimenticati!» fece notare Julian, con un sorriso divertito.

24.02 P.M.

« Ahhh! Ci voleva proprio!» esclamò Benji, soddisfatto, stendendo le gambe sotto il tavolo.
« La pizza era ottima!» « Una volta tanto sono d’accordo con te!» ribatté Philiph, versandosi ciò che rimaneva di una lattina di birra in un bicchiere.
« Tagliarla si è rivelato un problema, ma la pizza era davvero buona!»
« Sei il solito testone!» lo rimproverò Jenny. « Ti avevo detto di lasciar fare a me, ma no, il signorino ha dovuto per forza tagliarsela da solo! Uno zuccone, ecco quello che sei! Si può sapere, almeno, cosa ti sei fatto alla mano?»
« Un piccolo incidente di gioco, niente di serio» intervenne Julian, notando che Philiph si trovava a disagio e indovinando che non voleva parlare a Jenny dei suoi problemi con Dawson, almeno per il momento.
« Già, è una sciocchezza» appoggiò Philiph, recuperando all’improvviso la sua presenza di spirito. « Durante uno scontro in area, Kevin mi ha pestato la mano con i tacchetti delle scarpette.»
« Ahia! Chissà che male, povero Phil!» commentò Amy, che aveva una soglia del dolore molto bassa.
« Non è niente, sul serio. Mi hanno messo solo tre punti di sutura... E’ poco più di un graffio!» la rassicurò Philiph.
« Insomma, tre punti di sutura non sono pochi...» intervenne Lola, con il suo consueto tono di voce da cardellino. « Quand’ero piccola, mentre giocavo, mi ferii ad una gamba, e all’ospedale mi misero due punti di sutura. Ancora adesso ne porto i segni. Ho una discreta cicatrice, bianca e sottile.»
« Beh, ma tu eri piccola, e chissà quale dottore macellaio ti ha messo i punti... Invece la dottoressa della Morrison è molto competente e gentile, e in più ha delle mani d’oro, cosa che non gusta mai!»
« Anche quello è vero!» ammise Lola, sorridendo, divertendosi come una bambina a tagliuzzare il cartone della pizza.
« Vado a prendere il dessert!» annunciò Tom, alzandosi da tavola.
« Vuoi una mano?» si offrì immediatamente Lola.
Jenny ed Amy si scambiarono una lunga occhiata complice, e sorrisero, intenerite.
« Non è necessario, grazie. Vado e torno!» rispose Tom, varcando la soglia del salotto.
« Tom è meglio di un filippino! Puntuale, servizievole, efficiente! Con lui chi ha bisogno di una colf?»
« Guarda che ti ho sentito, Price!» urlò Tom dalla cucina.
« L’unico suo difetto è che ci sente fin troppo bene!» sospirò Benji, imbronciato.
« Uno a zero per Tom!» sorrise Philiph.
Subito dopo aggiunse, rivolto a Lola:
« Benji è l’unica persona al mondo capace di far saltare i nervi a Tom!»
Ammiccò e le sorrise.

Philiph è molto diretto... I ragazzi come lui prima mi hanno sempre intimidita... Però con lui non è così. Anzi, mi piace il suo modo di fare schietto... Forse perché nei suoi gesti e nelle sue parole non c’è traccia della volontà di mettere in imbarazzo nessuno, ma solo una sincerità assoluta... Lui è, come dire, trasparente... Al contrario di quei ragazzi che usavano la loro cosiddetta verità come arma per ferirmi e umiliarmi, e invece erano come pozzi neri...

« Ecco qua, ragazzi! E’ arrivato il dessert!» annunciò Tom, posando al centro della tavola il vassoio con i pasticcini, e distogliendo senza volerlo Lola dai suoi pensieri.
« Che meraviglia!» esclamò Benji, afferrandone uno e portandoselo alle labbra.
« Mmm... Sono favolosi!»
« Ehi, lasciacene qualcuno, però!» esclamò Julian, allungando il braccio verso i dolci.
« Fantastici!» commentò Philiph, con le labbra sporche di zucchero a velo.
Jenny rise e gliele pulì con un tovagliolo.
« Buonissimi!» cinguettò Lola, assaggiando un pasticcino alla frutta.
« Lo sapevo che vi sarebbero piaciuti!» replicò Amy. « La pasticceria sotto casa mia è una delle migliori della città! Che fortuna abitarci così vicino, vero?»
« Una sfortuna sfacciata!» rispose Tom, addentando un bignè alla crema.
« Già, infatti!» interloquì Benji. « Ma visto che queste meraviglie non dureranno tanto, visto come stanno sparendo in fretta...»
Stese la mano e si scontrò con Philiph, che aveva preso una sfogliatina alla cioccolata un nanosecondo prima di lui. Sospirò, e diresse le sue attenzioni verso una frittella alla crema.
« Dicevo... Queste delizie spariranno in fretta nei nostri pancini, e allora sarebbe meglio organizzarci per decidere cosa fare dopo cena!»
« Perché? Cosa vorresti fare?» domandò Julian, meravigliato.
« Juls, certe volte mi sembri proprio addormentato!» ribatté Benji. « Dove andare non appena avremo finito l’ultimo pasticcino! Non vorrete andare a casa, vero ragazze?»
« Veramente, io domani avrei lezione...» replicò Lola, titubante. « E tra meno di mezz’ora passa l’ultimo treno...»
« Per il treno, non ci sono problemi, Tom ti accompagnerà a casa» controbatté Benji. « Scommetto che non conosci ancora bene questa grande città che è Tokyo, non è vero? Quale occasione migliore per iniziare ad ambientarti se non un bel giretto con i tuoi amici?»
« Mi piacerebbe davvero molto... Ma...» iniziò Lola.
« Niente ma! Se ti piacerebbe venirci, allora vieni con noi! Discorso chiuso!» la interruppe Benji.
Sorridendo soggiunse:
« Lo vuoi un consiglio? Domani, per scacciare il sonno, vai alla mensa e prendi una tazza di caffè; il caffè della signora Granger è talmente disgustoso che sarebbe capace di resuscitare i morti, figurarsi se non è in grado di svegliarti!»
Lola sorrise, vinta dalla caparbietà del ragazzo.
« Verrò» disse solo.
« Hai fatto la scelta migliore, ragazza mia!» esultò Benji. « Amy, tu sei dei nostri?»
« Certamente!» rispose Amy, pulendosi le dita sporche di zucchero in un tovagliolo usa e getta.
« Perfetto! Adesso manca solo decidere dove andare e tra dieci minuti usciamo!» affermò Benji.
Aveva appena finito di pronunciare la frase, quando il suo cellulare squillò. Si alzò e lo afferrò da sopra la credenza.
« Mamma?» mormorò. « Cosa vorrà a quest’ora?»
Rivolgendosi ai ragazzi disse:
« Scusatemi!»
Ed uscì. Dopo pochi secondi il trillo del cellulare cessò e si udì indistintamente la voce di Benji che rispondeva.
« Ok, ragazzi!» interloquì Julian. « Dove volete andare?»
« Che ne dite del Blue Parrot? I cocktail sono eccezionali e fanno anche della buona musica!» propose Amy.
« E anche l’ambiente non è male, l’ideale per una seratina tranquilla! Per me va bene!» rispose Julian.
« Io ci sto, è uno dei miei locali preferiti!» acconsentì Tom.
« Non lo conosco, ma mi fido di voi!» affermò Jenny, con un sorriso.
Tom e Julian la guardarono straniti. Julian replicò, con dolcezza, ma anche con una certa aria enigmatica:
« Avrai tempo per conoscerlo, Jen!»
« Cosa vuoi dire?» chiese Philiph, stupito.
« Semplicemente che voi due non verrete con noi, stasera» intervenne Tom.
« Perché?» domandò Jenny, perplessa, delusa e un po’ stranita per il comportamento inspiegabile degli amici.
« Semplicemente perché non vogliamo rovinare la serata di voi piccioncini!» intervenne una voce alle loro spalle.
Jenny e Philiph si voltarono e videro Benji sulla soglia della cucina, appoggiato allo stipite della porta, con il cellulare stretto in mano.
« Non mi sembra così difficile da comprendere!» aggiunse, con un sorriso malizioso. « Così, mentre noi ci divertiremo, voi avrete la casa tutta per voi!»
Allargò le braccia e affermò, con sicurezza:
« Che amici premurosi che avete!»
Jenny e Philiph arrossirono, e per una delle pochissime volte da quando si conoscevano, Philiph non fu in grado di replicare alle parole dell’amico. Soddisfatto, Benji si avvicinò ai ragazzi e lanciò un’occhiata alla tavola apparecchiata.
« Come?!» esclamò con disappunto. « Le pastine sono già finite?!»
« Mi dispiace» arrossì Lola, stringendo tra le dita la carta increspata sulla quale fino a pochi secondi prima era posato l’ultimo pasticcino alla frutta.
« Vorrà dire che la prossima volta le pastine le porterai tu!» ammiccò Benji.
« Benji!» lo riprese Tom.
« Che c’è? Cosa ho fatto stavolta?!» sospirò Benji.
« Niente, non hai fatto niente!» rispose Lola, con voce dolce. « Per me sarà un piacere portarvi le paste la prossima volta che verrò a trovarvi!»
« Capito, Tom? Non fare passare troppo tempo! Anzi, Lola, sai che ti dico? La prossima volta t’inviterò io da noi! Che ne dici di domani sera?»
Lola rise di gusto, conquistata dall’irrefrenabile simpatia di Benji.

Benji sembra uno sbruffone... E forse lo è, ma solo un po’... E’ solamente un ragazzo che ama scherzare, e ha un senso dell’umorismo travolgente... E riesce anche a non essere mai volgare...

« Ragazzi, se vogliamo andare, dobbiamo iniziare a prepararci!» suggerì Amy, alzandosi e posando quattro bicchieri sul lavello.
Gli altri seguirono il suo esempio e la tavola venne sparecchiata nel giro di pochi minuti. Poi si avviarono verso il corridoio, dove indossarono il cappotto e si accomiatarono da Philiph e Jenny, che rimasero soli nell’appartamento.
« Ehi, Ben! E’ successo qualcosa di grave?» domandò Amy, mentre scendevano le scale.
« No, perché?» rispose Benji, stupito.
« Tua madre ti chiama sempre a quest’ora?» insistette Amy.
Benji rise.
« Non sempre, però è successo altre volte! Lei è, come dire, un po’ distratta... Oggi mi ha chiamato perché si era dimenticata di avvisarmi che domani sera lei e il mio patrigno mi aspettano a cena!»
« Come mai così di fretta? Non vai regolarmente a trovarli?»
« Ma sì... Però domani mi presenteranno una persona... Mamma era così agitata, dovevi sentirla! Il fatto è che è arrivata la figlia del mio patrigno, e a quanto pare starà qui per un po’!»

FINE QUARTO CAPITOLO.

*A mio parere la Multipla è l’automobile più orrenda che sia mai stata prodotta, in Italia e all’estero. Un vero pugno in un occhio!
**La macchina che usa Rei, il manager di Sana, nella serie tv de “Il giocattolo dei bambini”, “Rossana” qui in Italia.
***Ovviamente non ci sono le vacanze di Pasqua di Giappone, ma prendetemela per buona^^;;;;
****“Die Lorelei”, di Heirich Heine. Ho fatto un adattamento della traduzione, visto che quello che ho trovato era davvero brutto(non che il mio adattamento sia granchè^^).
*****Corso di laurea di mia invenzione^^. Non potevo rendere Benji come un iscritto in Letteratura giapponese, come sarebbe stato più logico. Nel caso non saprei proprio su cosa basare i suoi studi, invece così sono certa di non spararne grosse.
******Piccola incongruenza con il manga. So benissimo che Jun Misugi alle superiori ha frequentato la scuola di medicina (alle superiori? Mi sa tanto di panzana, peggiore di quelle che invento io), però non lo vedo per niente con il camice...

  
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