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Autore: Nymeriah    28/08/2012    1 recensioni
James Sirius Potter ha una ragazza dal carattere singolare, una miriade di cugini; uno più folle dell'altro, e una ex fidanzata che profuma d'orchidee.
Nuvole, nuvole, nuvole.
Macchie di bianco accecante al centro esatto del cielo.
Le vedeva tagliare a pezzi il blu cobalto, e galleggiare in aria affrontando il vento.
Come uno stormo di gabbiani, che si ferma a riposare sullo scoglio dopo un lungo viaggio, James le sentiva posarsi sulle proprie spalle, quelle nuvole affaticate, e le accoglieva di buon grado fin dentro le ossa.
Genere: Erotico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Fred Weasley Jr, James Sirius Potter, Lorcan Scamandro, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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Questa storia si colloca all'interno del meraviglioso mondo di You&Me, creato da MiaStonk.
Io ho preso in prestito i personaggi per giocarci un po'!

 



Skies, Clouds and Butterflies

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 Prima parte: Scent of Orchids




  Nuvole, nuvole, nuvole.
Macchie di bianco accecante al centro esatto del cielo.
Le vedeva tagliare a pezzi il blu cobalto, e galleggiare in aria affrontando il vento. Come uno stormo di gabbiani, che si ferma a riposare sullo scoglio dopo un lungo viaggio, James le sentiva posarsi sulle proprie spalle, quelle nuvole affaticate, e le accoglieva di buon grado fin dentro le ossa. Rabbrividì, e non seppe se fu per il freddo o perché aveva caricato addosso troppe nuvole.
Ma il tremore continuò ancora e si protrasse lungo tutto il suo braccio, che teneva teso in avanti fino allo spasmo.
E la mano aperta, pronta ad afferrare con la sua stretta d’acciaio.
James aveva le palpebre socchiuse, e le labbra sottili piegate per lo sforzo, mentre il vento gli sferzava le guance con tanta violenza da colorargliele di rosso. Un raggio di sole colpì con forza il boccino, e James lo vide scintillare d’oro vivo un secondo prima di chiudere la mano attorno ad esso.
Preso, esultò selvaggiamente dentro di sé. E l’adrenalina gli pompò nelle vene con furia, insieme al trionfante senso di vittoria ed a un certo grado di narcisismo, perché dopotutto lui era il figlio di Harry Potter, e sapeva di valere.
 
Sono il migliore.
 
  << JAMES! Sei un coglione! >>
 
La voce soave di Lisa Wood giunse alle sue orecchie con cotanta grazia che James rischiò quasi di cadere dalla scopa per lo spavento.
 
  << Devi solo prendere un fottuto boccino, razza di idiota! Quanto ti ci vuole? Ti stai facendo una sega lassù?! >>
 
James abbassò gli occhi e tutto ciò che vide fu una distesa di lana bianca e luce; le nuvole lo dividevano dal suolo e lui non riusciva a vedere Lisa, quindi lei non poteva vedere lui, e ovviamente sapere che aveva già preso il boccino da un pezzo.
Sospirò all’ennesimo grido della ragazza.
La voce di Lisa suonava speciale alle sue orecchie: era sempre sprizzante di forza ed energia, spesso sporcata appena da una punta di rabbia; assumeva i colori infantili del capriccio quando voleva ottenere qualcosa, e quelli bassi e seducenti di una donna quando erano soli.
James strinse la presa sul manico della scopa con la mano libera dal boccino, e si chinò in avanti per poi scendere in picchiata verso il campo da Quidditch. Non appena riuscì a intravedere il fisico minuto di Lisa, che si sbracciava in sua direzione e gli faceva gestacci di ogni sorta, abbozzò un sorriso e gli mostrò la mano con il boccino.
Lei s’illuminò d’orgoglio e annuì lentamente con un’aria di sufficienza, che James sapeva essere pura finzione.
Il ragazzo continuò a scendere a velocità spaventosa e virò orizzontalmente solo quando fu a pochi metri dal suolo, proseguendo spedito verso Lisa, che non si spostò di un centimetro. La vide solo chiudere gli occhi con aria serena e i suoi capelli si sollevarono per lo spostamento d’aria, quando James si bloccò a tre centimetri esatti dal suo volto.
 
  << Nato per servirla, Capitano >> esordì con voce trascinata, un sorriso gli aleggiava sul volto.
 
  << Sta’ zitto e baciami, imbecille. >>
 
Ubbidì, come sempre.
Baciare Lisa era prima di tutto una notevole prova di resistenza in apnea, perché lei non si staccava mai prima di sentirsi del tutto soddisfatta, ed era una ragazza con molte pretese. Era inoltre un’esperienza spaventosa e sconvolgente, perché Lisa, ogni volta, gli si aggrappava addosso in quel suo modo totalizzante e un po’ aggressivo, e lui si sentiva catturato. Si sentiva suo. E sentiva di non poter essere nient’altro se non suo.
E infine era meraviglioso, perché Lisa sapeva di vento e muoveva le labbra sulle sue con tanta spontaneità e naturalezza che sembrava non avesse fatto altro per tutta la vita.
 
  << Il Cercatore ci serve in campo, possibilmente vestito! >> ridacchiò Fred, facendo roteare la mazza con poca attenzione, tanto che Roxanne dovette schivarla per evitare un trauma cranico.
 
Quando Lisa lo liberò, per lanciare occhiate furiose in direzione del battitore, James sentì un leggero fastidio all’altezza del petto, come se gli avessero tolto un pezzo, lasciando un piccolo vuoto dentro di lui.
Sorrise comunque e passò il boccino a Lisa con un gesto veloce del polso, prima di spiccare di nuovo il volo.
Volteggiò in aria con un’espressione in volto di placida beatitudine che non era delle più intelligenti, e ovviamente non si accorse del bolide che si stava avvicinando pericolosamente alla sua scopa.
 
  << JAMES! >>
 
L’urlo di Lisa fu l’ultima cosa che udì, prima che un fischio sordo gli riempisse le orecchie mentre cadeva nel vuoto. Quando colpì il terreno, una fitta di dolore scuto gli annebbiò il cervello; era come se migliaia di aghi gli si fossero conficcati nella spalla, facendo tendere ogni muscolo per il dolore. Aprì la bocca per un lamento ma non emise alcun suono; gli stimoli dal mondo esterno gli giungevano stranamente lontani e confusi.
Chiudendo gli occhi, scese nell’incoscienza più profonda.


***


  La mano di Lisa era calda e appiccicosa; avevano mangiato un gelato poco prima e lei era riuscita a farsene colare addosso più della metà. Era una mano piccola, dalle dita magre ed esili, ma stringeva così forte da fargli male. Nonostante le apparenze, Lisa non era mai stata una bambina delicata: quelle manine, che sembravano così fragili, rompevano tutto ciò che toccavano e spesso non lo facevano nemmeno intenzionalmente.
James si girò a guardarla e riconobbe subito la sua tipica espressione corrucciata; teneva le sopracciglia piegate in modo netto e una piccola ruga le si era formata in mezzo alla fronte. Le labbra, sporche di gelato al cioccolato, erano increspate in un broncio adorabile. Ogni tanto tirava su col naso in modo del tutto sgraziato o soffiava per spostare un ciuffetto di capelli biondicci, che la infastidiva cadendo davanti agli occhi chiari e arrabbiati.
 
  << La smetti di fissarmi?! >>
 
James distolse immediatamente lo sguardo, puntandolo sulle proprie scarpe.
Sbuffò, perché si erano slacciate di nuovo, e perché non voleva guardare quelle, ma Lisa.
Voleva guardare Lisa.
Era così concentrato a mantenere gli occhi fissi sul pavimento che andò a sbattere contro qualcosa di grosso e morbido, e fu uno scontro tanto violento che sarebbe caduto se non fosse stato per la presa ferrea di Lisa.
 
  << Guarda dove vai, moccioso! >>
 
Alzò gli occhi e si rese conto che non aveva sbattuto contro una gelatina gigante, come si era immaginato, ma contro un bambino. Più o meno doveva avere otto anni, come lui, ma era molto più alto… e più grosso. Accidenti com’ era grosso! Doveva essere un Mezzo Gigante, come zio Hagrid, ma non aveva la sua stessa espressione gentile. No, sembrava furioso.
 
  << È colpa tua che ci cammini tra i piedi! >>
 
James impallidì.
Lisa nonstava familiarizzando con il Mezzo Gigante, al contrario lo stava insultando. Non che la cosa lo sorprendesse: Lisa non familiarizzava con niente e nessuno, a parte le scope da Quidditch.
 
  << Lis, non credo che… >>
 
L’improvvisa fitta di dolore al naso gli impedì di concludere la frase. Si portò le mani al volto e quando le allontanò trasalì nel vedere una macchia rosso scarlatto bagnargli i palmi.
Rialzò gli occhi, sgranati per la paura, sul Mezzo Gigante e lo vide ghignare.
 
  << Gli hai rotto il naso, stronzo! >> illustrò Lisa con la sua consueta eleganza e si gettò sul ragazzino con un urlo acuto, sferrandogli una raffica di pugni selvaggi.
 
Il Mezzo Gigante però non si scompose minimamente, gli bastò darle uno spintone ben assestato per farla rotolare a terra.
 
  << Lisa! Sdai bede? >>
 
James si fiondò su di lei, ma la bambina si rimise in piedi in un attimo, più agguerrita di prima, e lui dovette afferrarla per le braccia per impedirle di scagliarsi di nuovo sul nemico.
 
  << Solo io posso picchiare Jasmine, hai capito?! Solo io, brutto ciccione! >>
 
  << Sdai calba! Addiabo bia! >>
 
Il Mezzo Gigante emise uno strano suono nasale, che a James sembrò un grugnito, poi cominciò a ridere sguaiatamente e fece un passo avanti. Minaccioso.
Alzò un braccio e la sua mano si levò in alto.
 
  << NO! >>
 
Quando James capì che quel colpo era indirizzato a Lisa, gli si congelò l’aria nei polmoni.
Sentì qualcosa dentro di lui agitarsi, risvegliarsi dopo un lunghissimo sonno, ed esplodere all’improvviso nel petto. L’aria bloccata si scongelò e prese fuoco allo stesso tempo; fu quasi doloroso. Poi accadde qualcosa di inspiegabile: il ramo che pendeva sopra la testa del Mezzo Gigante esplose, e lo stesso fece un sasso ai suoi piedi, quindi fu la volta di un pezzo di muretto che si trovava al suo fianco.
In pochi istanti del ghigno sadico che regnava sul suo volto rimase solo un’ombra e la paura ne prese il posto. Il bambino gridò, coprendosi il volto con le braccia e cominciando a correre alla cieca: inciampò in una pietra e la risata di Lisa si levò alta e cristallina nel cielo terso del primo pomeriggio.
Ma quando Lisa riuscì a liberarsi dalla presa dell’amico e si voltò a guardarlo in faccia, sussultò per la sorpresa; gli occhi di James erano così scuri che il delicato nocciola si era fuso nel nero della pupilla e il suo volto era coperto da una maschera d’odio.
 
  << Jamie? Stai… stai bene? >>
 
Lui non rispose, la rabbia gli annodava le corde vocali, tanto strette da non lasciarlo parlare. Lisa provò a tirarlo su di morale nelle ore successive pestandogli i piedi e facendo battute su quanto i suoi capelli sembrassero un cespuglio maltagliato, ma lui si chiuse in un mutismo ostinato fino a sera. Anche quando furono a casa e i grandi gli chiesero cosa fosse successo, mentre Lisa inventava storie mirabolanti su draghi e Folletti della Cornovaglia, James rimase in silenzio, aspettando che suo padre gli curasse il naso con un Epismendo e poi se ne andò a dormire. Lisa, ovviamente, lo raggiunse subito dopo aver rubato due biscotti dal vassoio di nonna Molly. Divorò il suo in tre secondi scarsi e avvicinò l’altro alla bocca di James, lui fece per aprirla e Lisa allontanò il biscotto, portandolo alle proprie labbra.
 
  << Niente biscotto se non parli >> contrattò lei con aria seriosa e spostò una treccina dietro la schiena.
 
James notò che i suoi capelli erano sporchi di terra, come anche i suoi vestiti, poi spostò lo sguardo sul biscotto e il suo stomaco brontolò.
Lisa rise.
 
  << Voleva farti male >> disse infine lui e lei spezzò la risata a metà.
 
  << Sì, ma la tua Magia Accidentale l’ha mandato via. >>
 
  << Se io non avessi… stava per picchiarti! >>
 
Serrò le palpebre e strinse i pugni, perché la rabbia stava tornando al sol ricordo.
Quel Mezzo Gigante voleva
picchiarla, la sua Lisa, voleva farle malee questo non era ammissibile.
La bambina lo guardò confusa e piegò la testa di lato, come per cercare un’altra prospettiva della situazione, dato che quella attuale non le era chiara.
 
  << È per questo che sei arrabbiato? Ma sei scemo? >>
 
  << Non avresti dovuto metterti in mezzo! Se l’era presa con me! >>
 
  << Appunto! Le stavi prendendo, non potevo lasciare che continuasse! >>
 
  << Perché no? Meglio il mio naso piuttosto che… >>
 
  << Perché sei mio, James! >>

Lui si bloccò con la bocca ancora aperta e l’aria uscì come uno sbuffo invece che sotto forma di parole.
 
  << Tu sei mio, e nessuno ti deve toccare a parte me. >>
 
James la vide avvicinarsi; si sarebbe aspettato un abbraccio, un bacio su una guancia o un qualsiasi gesto d’affetto per coronare quelle parole, che alle sue orecchie suonavano come dolce miele.
Lisa, invece, gli sferrò un calcio nelle parti intime.
E lui vide le stelle, ma non in senso romantico.
 

***


  James sentiva le palpebre pesanti, dovette provare ad aprire gli occhi diverse volte prima di riuscire a tenerli aperti abbastanza da focalizzare la situazione: era in infermeria, e ci mise un minuto buono a ricordarsi perché si trovava lì.
 
Ahia, la spalla.
 
Fece un rapido recap mentale: un bolide ha colpito la mia scopa, sono caduto e ho perso i sensi. Constatò così che almeno il cervello funzionava ancora relativamente bene, e fu un sollievo.
 
  << Jamie? Come ti senti? >>
 
Albus puntava gli occhi spalancati su di lui; il verde smeraldo tremava di premura nelle sue iridi. Il fratellino aggrottò la fronte in un’espressione tesa di preoccupazione, e James cercò di rispondere subito perché gli faceva un po’ tenerezza.
 
  << Come se un Ungaro Spinato mi si fosse seduto sulla spalla >> replicò, e la voce gli uscì più roca del previsto.
 
Albus gli sorrise, annuì come se quella fosse una risposta rassicurante e aiutò il fratello maggiore a mettersi a sedere sul letto. James non poté fare a meno di notare che il tocco di Al era molto più delicato e femminile di quello di Lisa; sembravano le mani affusolate e i gesti morbidi di una ragazza. Ovviamente evitò accuratamente di farglielo notare, perché non voleva imbarazzarlo a morte, cosa che Lisa invece faceva di continuo… e di proposito.
Da seduto poté finalmente guardarsi intorno: nella stanza c’erano altre due persone. Lily era in piedi di fronte al letto, anche lei leggermente preoccupata, si notava dalla leggerissima ruga d’espressione tra le sopracciglia, ma lo nascondeva molto meglio di Albus.
James le sorrise contagioso e lei ricambiò in automatico.
L’altra persona nella stanza era un ragazzo che sonnecchiava su una sedia: un ciuffo castano gli copriva la fronte, le labbra rosse erano dischiuse, e il suo corpo abbandonato completamente allo schienale in modo scomposto.
Russava.
Come un Troll.
 
  << Hai portato anche Nott >> sospirò James, con una punta di insofferenza nella voce.
 
Neanche a farlo apposta, Noah Nott ci tenne a sottolineare la sua presenza borbottando nel sonno qualcosa che James non avrebbe mai voluto sentire.
 
  << Mh… Lily, amo le tue tettine… >>
 
Lily arrossì vistosamente e finse di non trovarsi in quella stanza, mentre il volto di James prendeva velocemente una colorazione tendente al viola.
Da un po’ di tempo Noah Nott seguiva sua sorella come un cane da guardia, e quella faccenda non gli piaceva; Lily era troppo piccola per avere un ragazzo, era innocente ed era la sua sorellina. Lily era un angioletto asessuato, che avrebbe concluso la sua esistenza in un convento, illibata e mai sfiorata dalle mani profanatrici di un uomo.
 
Beh, no… forse l’ultima immagine è poco credibile, si ritrovò a pensare corrugando la fronte perplesso.
 
Albus lo distolse dai suoi pensieri porgendogli un mazzo di fiori colorati, senza una parola. James aprì le mani titubante, guardandolo come se il bolide avesse colpito lui invece della sua scopa.
 
  << Al, mi hai preso dei fiori? Non è che non apprezzi ma… questo è davvero gay! >>
 
Il fratellino alzò gli occhi al cielo e inspirò profondamente, poi parlò piano articolando con chiarezza ogni parola, come se stesse parlando ad un bambino. Tra l’altro un bambino piuttosto stupido.
 
  << Non so chi te li abbia mandati, quando siamo arrivati erano già di fianco al tuo letto. C’è un biglietto però, ma non è firmato. >>
 
James piantò il naso in mezzo ai fiori e inspirò a fondo: erano orchidee dalle delicate sfumature rosa che andavano impallidendo verso un bianco candido. L’odore era delizioso. Aprì il bigliettino, anch’esso rosa e profumato, e lesse il messaggio con crescente curiosità.
 

Caro James,
questi fiori  sono il mio modo di augurarti una veloce guarigione.
Nel caso tu volessi sapere chi è stato a mandarli, dovresti accettare il mio invito:
tra quattro giorni, sulle rive del Lago Nero, alle quattro in punto, io ti starò aspettando.
Tua Ammiratrice Segreta

 
Rilesse il biglietto più volte, cercando di riconoscere la grafia, ma era stata chiaramente camuffata. Aggrottò la fronte con aria perplessa, si trattava forse dell’ennesimo stupido scherzo di Fred? Oppure era una delle tante follie di Rosie?
Pensò che per lui era davvero strano ricevere dei fiori per un’occasione del genere, quasi tutti i suoi familiari e amici avrebbero optato piuttosto per una scatola di cioccolatini, o per un biglietto striminzito pieno di errori di ortografia. Sorrise pensando che quest’ultimo sarebbe stato un gesto tipico di Lisa.
 
La domanda seguente sorse spontanea: << Qualcuno di voi sa che fine ha fatto Lisa? >>
 

***


  Lorcan Scamander era un asociale e, come tutti gli asociali, era un ottimo amico.
Questo perché concentrava tutte le sue capacità di interazione ed energie su pochi eletti, e Lisa Wood era indubbiamente tra i primi posti della lista. La conosceva bene, troppo bene, forse; e sapeva perfettamente dove andarla a cercare quando spariva per i suoi venti minuti di solitudine imbronciata. Lisa per molti versi era come un animaletto: se si sentiva indifesa o spaventata cercava i posti bui e angusti per nascondersi dal resto del mondo.
Lorcan, quindi, voltò l’angolo con sicurezza e camminò a passo svelto per un’altra decina di metri, prima di bloccarsi proprio davanti alla porta dello sgabuzzino delle scope. Si aggiustò il mantello scrollando le spalle, e portò la mano alla bacchetta, dando poi un solo colpetto alla
serratura.
 
  << Alohomora. >>
 
La sua voce fu appena un bisbiglio, subito seguito dal rumore metallico dell’ingranaggio che si sbloccava. Il ragazzo aprì la porta e si appoggiò con la spalla allo stipite in legno, osservando l’esserino raggomitolato per terra in fondo allo stanzino.
Era piccola, Lisa, di corporatura minuta, ma aveva una forza invidiabile e Lorcan l’aveva imparato a sue spese, collezionando lividi in varie parti del corpo. La sua schiena, notò, era magra e ricurva, tanto che poteva addirittura distinguere le vertebre una ad una; i capelli erano un disastro, ogni tanto ci passava una mano, fomentando la rivolta che imperversava su quella testolina scarmigliata, poi lasciava ricadere il braccio a terra a peso morto, e sospirava. Le sue spalle si alzavano e stringevano ad ogni sospiro.
 
  << Non farmi entrare lì dentro, è pieno di ragnatele >> chiarì subito Lorcan, rabbrividendo al sol pensiero, ma lei non si mosse.
 
Grugnì, però; un suono nasale e gutturale al tempo stesso, che lo fece ridacchiare.
Sì, Lisa era davvero un animaletto.
 
  << Jasmine si è svegliato, purtroppo non ha riportato danni permanenti al cervello. Speravamo tutti che la caduta lo migliorasse, ma sembra che ci dovremo rassegnare. >>
 
A quel nomignolo il corpo di Lisa reagì in automatico: la schiena si tese di colpo, diventando rigida come il marmo, e un attimo dopo la ragazza era voltata verso di lui e due occhioni sbarrati, dalle iridi cristalline, lo fissavano con insistenza. Lorcan le fece un ampio sorriso rassicurante, temendo che scoppiasse a piangere da un momento all’altro.
E infatti la vide tirare su col naso e il labbro arricciato prese a tremare in modo adorabile.
Il ragazzo si lasciò scivolare a terra, sconfitto, e aprì le braccia in un tacito messaggio per Lisa, che lo raggiunse a carponi e si abbandonò nel suo abbraccio consolatore.
 
  << È stata colpa mia! >> singhiozzò, stringendo il colletto della sua camicia e strofinando il naso colante sul suo maglioncino.
 
Lorcan storse la bocca, sinceramente inorridito, ma continuò a stringerla e ad accarezzarle pigramente i capelli. Perché era un asociale e un buon amico.
 
  << Colpa tua? Da quello che mi hanno detto non l’hai disarcionato tu. >>
 
L’inflessione della frase si concluse in salita, come se quella non fosse proprio un’affermazione, ma una mezza domanda. Il ragazzo non era sicuro che Lisa non ne fosse capace, ed era certo che avesse provocato diverse commozioni cerebrali a James durante la loro lunghissima e inusuale amicizia, che poi si era inevitabilmente trasformata in una relazione. Altrettanto inusuale.
 
  << L’ho tramortito con il mio fascino irresistibile e lui si è distratto! >>
 
Lorcan inarcò un sopracciglio, stavolta dovette puntellare i palmi sulle spalle di Lisa per scollarsela di dosso, perché doveva guardarla in viso.
Era seria.
Il ragazzo allora con la stessa serietà prese ad agitare le mani vicino alle orecchie di lei, che smise di singhiozzare, mentre la curiosità le attraversava lo sguardo per un attimo.
 
  << Che stai facendo? >>
 
  << Mando via i Gorgosprizzi che ti confondono il cervello. >>
 
  << Oh. >>
 
Fermò le mani, continuando a guardarla con occhio clinico.
 
  << Ti senti più lucida? >>
 
Lisa ci pensò su per un istante, poi il suo viso si illuminò di un sorriso smagliante, che cozzava un po’ con gli occhi ancora gonfi e rossi di pianto.
 
  << Sì! >> gridò alla fine, trionfante.
 
Si gettò di nuovo addosso all’amico e gli stampò un bacio (o una testata, Lorcan non ne era sicuro) sulla fronte.
 
  << Grazie, Lorc! >>
 
  << Sono qui per questo, Scricciolo. >>
 

***


  L’ultimo numero di Trasfigurazione Oggi scivolò dalle sue mani e finì a terra.
James però era troppo stanco per raccoglierlo, piegò la testa di lato sul cuscino e assecondò la stanchezza socchiudendo le palpebre.
Il sonno lo stava cullando già da più di un’ora quando qualcuno entrò in infermeria e raggiunse di soppiatto il suo letto.
Sentì una leggera pressione sulla spalla e un attimo dopo stava gridando dal dolore.
 
  << Ti fa così male? >>
 
Gli parve quasi di sentire un accenno di scuse nel tono di voce di Lisa, ma probabilmente fu solo un’impressione, perché Lisa si scusava con la stessa frequenza con cui faceva i compiti: ovvero mai.
James ignorò la domanda e puntò gli occhi su di lei, studiandola con attenzione.
 
  << Ho mandato Fred a cercarti. È tornato con una che ti somiglia e ha detto: “questo è il meglio che sono riuscito a fare, adios”. >>
 
Lisa lo guardò in silenzio per un minuto che parve infinito, e alla fine commentò con un’aria più adulta del solito: << A volte mi spaventa il fatto che siete cugini. Temo per la tua salute mentale. >>
 
James rise e Lisa si sentì segretamente orgogliosa, perché quella risata gliel’aveva provocata lei, ed era una piccola conquista. Ogni cosa con James era una conquista; lui era il suo campo di battaglia e lei si lanciava all’attacco come un cavaliere senza macchia né paura, fino a che non poteva dichiararlo territorio suo.
 
  << Allora, dov’eri? >> domandò lui, riscuotendola dai suoi pensieri.
 
  << Ero con Lorcan. >>
 
  << Ah. >>
 
Il sorriso che aleggiava ancora sul volto di James si spense all’istante, lasciando un’espressione amareggiata. Rilassò la schiena sul letto e, voltandosi verso il muro, sospirò.
Non sarebbe mai riuscito ad accettare quello che era successo tra Lisa e Lorcan; il fatto che fosse una storia del passato non faceva differenza, ogni volta che li vedeva insieme il respiro gli si mozzava in gola e la mente si riempiva di immagini convulse.
Vedeva le mani di Lorcan vagare sul corpo di Lisa; e la rabbia montava. Vedeva gli occhi della sua donna socchiudersi per il piacere, sotto il tocco di un uomo che non era lui; e la rabbia lo accecava. Vedeva le labbra di Lisa dischiudersi e pronunciare un nome, che non era James…
Ogni pensiero divenne offuscato e strinse i pugni con tutta la forza che possedeva, quando qualcosa scattò dentro di lui. Era una sensazione familiare e straniante al tempo stesso, come se tutto il mondo fosse sbiadito a parte Lisa.
Lei ora era l’unica cosa nitida nella sua mente.
 
  << Cosa c’è? >>
 
Le dita di Lisa si posarono sul suo polso. Erano fredde, o forse era lui ad essere bollente.
 
  << Niente. >>
 
  << Stai tremando. >>
 
La mano di James si mosse, senza che lui se ne rendesse conto, e afferrò quella di Lisa, per tirarla verso di sé in un impeto improvviso. Lei si ritrovò artigliata alla maglietta del ragazzo, gli occhi sgranati per la sorpresa e la bocca semiaperta in una vocale muta. Ma il momento di smarrimento durò solo un secondo, perché lesse negli occhi di James quello di cui lui aveva bisogno, e un sorriso piccante le colorò il viso di malizia. Lisa lasciò andare la presa sulla sua maglietta e si mise a sedere, a cavalcioni sul suo stomaco, con lo sguardo morbido puntato in quello di lui: gli occhi di James diventavano pozze nere senza fondo quando si eccitava, era lava nera quella che fluiva vischiosa dalle iridi alle pupille, gridando il suo desiderio di averla intorno, di averla addosso, di averla
 
  << A chi appartieni, James? >>
 
La voce di Lisa era talmente bassa e trascinata che James sentì il bisogno di serrare la presa sulla sua schiena e attirarla verso di sé, per trattenerla, come se temesse che quella voce potesse abbassarsi tanto da scomparire. Lisa assecondò il suo movimento e piegò la spina dorsale di scatto, attaccando il collo di James con i denti, come avrebbe fatto un animale.
 
  << A te. >>
 
La risposta uscì dalle sue labbra accompagnata da un gemito ed era così ovvia, così giusta, che non dovette nemmeno pensarci. Non che il suo cervello in quel momento fosse in grado di formulare un vero e proprio ragionamento, era più che altro un concentrato di odori, immagini e impulsi. Persino il dolore alla spalla era sparito, completamente assorbito dal piacere. Lisa si arrendeva al suo tocco, come fosse argilla da plasmare, e le mani di James arrivavano ovunque, modellando il suo corpo, impossessandosi della sua anima.
La camicetta della ragazza scivolò a terra e lui strinse i suoi seni caldi: Lisa non portava il reggiseno, sarebbe stata una costrizione e lei non amava sentirsi legata; era libera, era selvaggia. James fece scivolare le mani sotto la sua gonna e cercò la fonte del suo calore; scostò la stoffa delle mutandine per toccare la nuda carne e sentì ogni muscolo del corpo di lei fremere e sciogliersi addosso a lui. Le dita della ragazza si aggrappavano ostinatamente alle spalle di James e le labbra tremavano, tradendo sospiri e gemiti di piacere bruciante.
Fu Lisa a fermarlo, raddrizzando improvvisamente la schiena e artigliando la cerniera dei suoi pantaloni; lo liberò con un gesto sgraziato e osservò la sua intimità, sfiorandola distratta, quasi fosse un gioco. Sbatté le palpebre lentamente, facendo danzare le lunghe ciglia, e inclinò il viso di lato con l’aria divertita di una bambina, poi alzò il mento e i suoi occhi di cristallo si posarono di nuovo in quelli di lui.
Infine si morse il labbro, per trattenere un risolino che suonava malizioso.
James chiuse gli occhi solo per un secondo, e qualcosa scattò.
Un incendio divampò nelle sue membra e il sangue divenne fuoco vivo e pulsante nelle vene.
L’istante dopo le posizioni erano invertite: Lisa era schiacciata contro il materasso; rideva e chiamava il nome di James, lui sopra di lei; le mani grandi e forti ferme sui fianchi della ragazza, il respiro che soffiava caldo sulla sua pelle, le labbra che bagnavano il suo collo, i denti che lo mordevano. Quando James mosse il bacino e fuse insieme i loro corpi, Lisa inarcò la schiena e si aggrappò a lui, tirandogli i capelli senza pietà e muovendo il capo in cerca d’aria, mentre le sue guance si coloravano di piacere.
Nella testa di James tutto era niente: il buio era luce, e luce era Lisa.
Le fiamme continuavano a bruciare alte e spietate, ma ora era piacevole, perché lei era acqua fresca sulle ferite. Era la sua oasi nel deserto, e James non voleva fare altro che inginocchiarsi e bere un sorso d’acqua.
Lei era il cielo, azzurro e infinto, e lui la sua nuvola.
Lei era Lisa, e lui era suo.
 

***

 
  Il manto nero della notte pesava sulle sue palpebre, ma era una sensazione piacevole, che le intorpidiva dolcemente le ossa. La testa, abbandonata sul petto di James, catturava calore e le mani stringevano le lenzuola.
C’era un suono che le batteva nel cervello.
 
Tu-tum.
 
Era forte, era sempre lo stesso e rimbombava vigorosamente, in modo ossessivo.
 
Tu-tum.
 
Come un battito d’ali.
Lisa le sognò, quelle ali grandi, che sferzavano l’aria in modo violento, che catturavano il vento e lo piegavano verso il basso.
Erano le maestose ali vellutate di una farfalla, e avevano un colore accecante; un rosso così intenso, che a guardarle per qualche istante le bruciarono gli occhi.
Lisa alzò lo sguardo e trovò il cielo, trasse un sospiro di sollievo: quella distesa azzurrina era immensa, ci leggeva dentro libertà e serenità. Non era un caso che passasse metà del suo tempo su una scopa, lei ci viveva bene: nel cielo.
Lo osservò a lungo, domandandosi cosa ci fosse di tanto speciale in un’estensione infinita di azzurro, e poi notò che il colore risaltava così bene solo grazie al bianco delle nuvole.
Le nuvole…
Sorrise.
Ma un attimo dopo un rumore le rimbombò nelle orecchie, facendola trasalire.
 
Tu-tum.
 
Lisa guardò allarmata la farfalla; le sue ali battevano sempre più velocemente e crescevano a dismisura, mentre il rosso si espandeva, infettando l’aria attorno di vermiglio.
 
Tu-tum.
 
La ragazza diede le spalle alla farfalla e cominciò a correre, ma il colore correva più velocemente di lei e vibrava verso l’alto, raggiungendo le nuvole.
 
Tu-tum.
 
Lisa provò a gridare, ma non aveva voce.
 
Tu-tum.
 
Si coprì gli occhi e, quando li riaprì, le sue mani stringevano le lenzuola.
La testa era ancora appoggiata sul petto di James, ma le palpebre non pesavano più.
L’incubo aveva portato via il sonno; e lei sudava e ansimava, come se avesse corso davvero.
Ora, a mente sveglia e lucida, riconosceva quel suono…
 
Tu-tum.
 
…era il cuore di James, che pulsava nel suo petto con una forza che era solo sua.
Lisa scivolò fuori dal letto con la leggerezza di un gatto e raccolse i propri vestiti, infilando in fretta la gonna e la camicia. Non sapeva esattamente che ore fossero, ma non poteva rimanere in infermeria fino all’alba o Poppy l’avrebbe svegliata con uno schiantesimo, come minimo. Gli occhi si abituarono quasi subito alla penombra e trovò in fretta le sue cose, si voltò per lanciare un’ ultima occhiata a James e sorrise intenerita: il ragazzo dormiva scomposto, la coperta per metà a terra, la bocca semiaperta. Russava appena.
Lisa ridacchiò, ma quando si piegò per lasciargli un bacio sul naso, la sua attenzione fu catturata da qualcosa che occupava il comodino di fianco al letto.
Un mazzo di fiori.
 
Cosa diavolo ci fa un mazzo di fiori di fianco al letto di James?!
 
Non poteva averglielo portato né Fred, né nessun altro cugino; era un gesto troppo stucchevole per un qualsiasi Weasley. Persino Dominique, pur essendo all’apparenza graziosa come un giglio, aveva comunque il carattere di un bulldogaffamato e quindi non avrebbe certamente pensato ad un dono del genere.
 
L’unico che potrebbe averlo fatto è… Al, gli hai preso dei fiori? Questo è davvero gay!
 
Sospirò, mentre girava attorno al letto per avvicinarsi e annusare distrattamente le orchidee.
Ma quando sfiorò i gambi un biglietto le scivolò tra le dita; lo lesse in fretta, sgranando gli occhi sempre di più ad ogni parola. Le sue iridi saettarono verso il letto e la mascella si serrò, come la presa sul biglietto, che in un attimo divenne un foglio stropicciato.
 
È un’ ammiratrice. Ti ha mandato dei fiori e tu li hai tenuti?!
 
Deglutì un grumo di rabbia e frustrazione. Il primo istinto fu quello di avventarsi su di lui, picchiarlo a sangue e lasciarlo morire in quel letto, senza nemmeno dargli il colpo di grazia, giusto perché soffrisse più a lungo.
Però… l’appuntamento.
 
Ci andrà?
 
Il dubbio le attanagliò lo stomaco e per un attimo sentì il fiato corto. Se gli avesse rinfacciato subito dei fiori non l’avrebbe mai scoperto e invece voleva sapere. Voleva sapere se James si sarebbe presentato, cosa avrebbe fatto e soprattutto voleva sapere chi era quella testa di Troll che osava mandare fiori e bigliettini al suo ragazzo.
Soffocò un urlo contro la manica della camicia ed estrasse la bacchetta, facendo evanescere il mazzo di orchidee con un solo colpo, poi uscì dalla stanza a testa alta, camminando a falcate rabbiose fino a scomparire nella penombra del corridoio.

 

And I hear that crashing sound
As it all falls down.

 
NOTE DELL’AUTRICE:
Giusto per chiarire alcuni punti: sì, Lorcan e Lisa sono stati a letto insieme in passato, ma attualmente sono solo buoni amici.
La seconda parte è già pronta, arriverà presto! :)

Un grazie particolare alla Pazienza di Fede, Grazie Pazienza, ci sei sempre per me U_U
Un altro grazie a Mia, giusto per fare la ruffiana :*
E uno anche a Carmela, che non ha perso la valigia è_é

Tutti i personaggi appartengono a J.K. Rowling, fatta eccezione per Lisa Wood, Elisabeth Warrington, Noah Nott e Izzie Page che sono stati creati da MiaStonk, così come le caratterizzazioni di tutti i pg e i retroscena degli stessi.
   
 
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