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Autore: elyxyz    04/07/2003    3 recensioni
Un tragico episodio inaspettato fa riemergere un evento triste del passato di Rukawa e il suo comportamento cambia improvvisamente. Non tutto il male, comunque, vien sempre per nuocere……..
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L

L’INCIDENTE

By elyxyz

  Legenda: “ ” = parole;

                < >= pensieri.

 

Ore 8.25

Kaede Rukawa stava correndo trafelato verso scuola.

Era in ritardo. Terribilmente in ritardo.

Quella mattina, quando era uscito da casa, aveva trovato la gomma della sua bicicletta a terra e aveva stramaledetto quell’inutile catorcio da ferrovecchio.

Entro 5 minuti, il cancello della scuola sarebbe stato chiuso.

Doveva sbrigarsi.

Intravide davanti a sé la figura di un ragazzo, con la divisa dello Shohoku e un’inconfondibile criniera rossa, che camminava lento e svogliato, assolutamente incurante dell’immane ritardo.

Qualcosa di imprevisto accadde poco dopo.

Rukawa stava per azzerare le distanze dal compagno ignaro che lo precedeva, quando un bambino si mise ad attraversare la strada, non riconoscendo il semaforo rosso.

Sakuragi, intuendo il pericolo, si buttò per salvare il piccolo. Un camion lo investì.

Il terrore apparve negli occhi di Rukawa. Che fosse morto?

Kaede corse verso l’amico. Il camionista sembrava sotto shock e ripeteva frasi sconclusionate ad ogni passante.

Hanamichi riversava in un bagno di sangue.

Il bambino non si era fatto niente e, nella confusione, era fuggito.

Il rossino rimaneva a terra immobile. Rukawa si accasciò su di lui. Respirava. Un respiro debole, ma c’era.

Kaede urlò alla folla di chiamare un’ambulanza, mentre i suoi occhi continuavano a percorrere il corpo pieno di ferite.

Poi si mise a chiamarlo per nome un’infinità di volte. Sembrava disperato.

Sakuragi gli sussurrò: “Smettila di sbraitare, baka kitsune*….” Rukawa si zittì di colpo, come se lo avessero bloccato.

Una lacrima gli rigò la guancia.

Hanamichi aprì gli occhi e un lampo improvviso rivelò il loro sconvolgimento.

Poi, con un filo di voce, chiese a Kaede: “Sto….. per….. morire?”

“No….. non credo….. Do’aho**”

Il rossino proseguì: “ Allora, ……. perché….. stai…… piangendo?!”

Rukawa si sfiorò la gota. Non si era accorto delle lacrime. Poi osservò Hanamichi, che lo guardava pallido, Sakuragi stava per dirgli qualcosa, ma svenne prima di proferir parola..

Arrivò l’ambulanza. Rukawa salì anche lui, senza chiedere niente a nessuno.

Quando l’infermiere suggerì di portarlo all’ospedale di Kitamura, il più vicino, lui si oppose, con il tono di chi non era abituato ad essere contraddetto.

“Trasportatelo alla clinica Kawata, me ne assumo io la responsabilità.” E così si fece.

Nel corridoio del pronto soccorso, Hanamichi riprese conoscenza per qualche istante. Rukawa lo rassicurò che, entro breve, avrebbe ricevuto le migliori cure.

Sakuragi faticava a capire le parole dell’amico. C’era tanta confusione lì, un ronzio nelle orecchie, la vista mezza annebbiata e una voce lontana che chiamava dall’altoparlante: “La dotto……ssa ………awa è pregata di recarsi con urgenza al pronto soccorso…..”

Ma era tutto troppo vago e onirico.

Le palpebre pesavano troppo e Hanamichi ritornò incosciente.

 

 

Ore 22.30

Hanamichi si svegliò con lentezza esasperante, le palpebre sembravano macigni, le ossa tutte rotte, il suo corpo gli doleva ovunque, come se gli fosse passato sopra un TIR. Ma, forse, gli era veramente passato sopra.

Aprire un occhio era una difficoltà indicibile.

Sbatté le palpebre numerose volte, la luce della lampada artificiale li feriva.

Poi si guardò intorno: era in un letto d’ospedale.

Aveva numerose fasciature sul corpo e una ingessatura al polso e al braccio sinistro.

Sul destro, c’era una flebo a scorrimento lento. Dio, sembrava eterna!…….

Qualcosa si mosse, lentamente, sopra la sua mano destra……

Il cuore di Sakuragi mancò un colpo: Kaede Rukawa dormiva al capezzale del suo letto, seduto su una sedia e appoggiato alle lenzuola.

Ma che ci faceva lì?!

Un lampo balenò nella sua mente: il bambino- il camion- l’incidente- Rukawa che urlava e piangeva……. Forse era tutto un sogno.

Ma il dolore delle contusioni, gli fece capire che si sbagliava.

E Rukawa, come faceva a dormire in quell’assurda posizione?!

Ah, beh, Hanamichi si ricordò che la kitsune dormiva anche pedalando in bici verso scuola……… Quello, al confronto, gli sarà parso un letto di velluto……. A quel pensiero, gli scappò un sorriso. Poi il dolore lo fece gemere lentamente.

Per quel giorno, aveva pensato anche troppo e lui si sentiva così stanco…...

Una porta si aprì adagio, e Sakuragi si sforzò di focalizzare il nuovo arrivo.

Entrò una donna di straordinaria bellezza: aveva lunghi capelli neri come l’ebano in una notte priva di luna, lisci come la seta. Due occhi azzurri come il cielo d’estate senza nuvole e sfoderò un sorriso da accecare il sole.

Aveva una pelle chiara e diafana come la porcellana e una bellezza aristocratica che Sakuragi conosceva già……..

La donna disse: “Buon risveglio, Hanamichi!”

Il ragazzo parve disorientato. Perché sapeva il suo nome?

“Io sono Kyoko Rukawa, piacere di conoscerti!”

A quelle parole, il rossino non capì più nulla. La sua testa era già andata a farsi un giro……..

In quel momento, risvegliato dalle parole, Kaede Rukawa si ridestò, si stiracchiò pigramente e poi si ricordò dove fosse e perché fosse lì: guardò Hanamichi con occhi preoccupati, ma si rassicurò e poi si volse verso la donna.

Costei si sporse delicatamente verso di lui, ancora seduto, e gli diede un bacio sulla tempia, aggiungendo: “Buona sera, bimbo mio.”

Hanamichi aveva deciso di non capirci più niente. Era capitato, forse, in una fan-fiction?!

Rukawa rispose: “Ciao, mamma.”

Il rossino era allibito. Possibile che il volpino non fosse restìo a quelle pubbliche dimostrazioni d’affetto?! Si stava parlando del congelatore dei sentimenti, che si lasciava coccolare come un bambino, senza esserne disturbato……….. Forse il Fujiama sarebbe diventato un lago………….

La donna interruppe le congetture di Sakuragi.

“ Hanamichi, Kaede mi ha parlato tanto di te………”

Il rossino era veramente stordito. “Kaede” che parlava? E anche molto? Di lui, poi? Oh, Dei, stavano parlando della stessa kitsune?! Era caduto in un mondo parallelo?! Forse ci voleva la Neuro……..

Immerso nelle sue elucubrazioni, Sakuragi non aveva ascoltato la madre di Kaede che gli parlava. Quando tornò a prestarle attenzione, sentì solo dirgli: “……in 15 giorni, te la caverai. Hai perso molto sangue, ci sono varie contusioni e diverse ecchimosi, ma non hai riportato nessuna frattura. Ci sono due costole incrinate e ti farà un po’ male respirare. La trasfusione serve per reintegrare il sangue perso, l’ingessatura serve per permettere al tendine del polso di saldarsi al meglio, anche se non si è rotto…….

Gli ematomi guariranno in una settimana. Sei stato fortunato, sai, hai la pellaccia dura, “genio del basket”………. Poteva andarti molto peggio!”

A quelle parole, Hanamichi era diventato un tutt’uno con i suoi capelli e anche un sottile rossore comparve sul viso di Kaede che, seppur zitto, era rimasto lì ad ascoltare.

La signora Rukawa disse al figlio: “Gioia mia, vai a prenderti qualcosa da mangiare; è da stamattina che non ti riposi e non ti nutri. Resto io con lui, dai, non scappa!!!”

 Il rossino pensò che il suo compagno aveva dormito fino a 5 minuti prima, però non capiva perché fosse rimasto lì a vegliarlo.

Kaede, a quelle parole, uscì mugugnando e si diresse ai distributori di vivande che erano giusto lì davanti, poi fece per tornare dentro. La porta era socchiusa e qualcosa lo fermò.

Kyoko riprese: “C’è qualcuno dei tuoi familiari che possiamo contattare?!”

Il malato rispose di no: la madre era morta alla sua nascita. Il padre era scomparso 2 anni prima per un infarto. Era solo al mondo, ma ci stava bene, disse ridendo d’imbarazzo.

Rukawa rimase impietrito. Poi, si riprese ed entrò con noncuranza.

Come poteva una persona tanto allegra e solare avere una condizione così tragica?

Con il suo solito sguardo di sufficienza, ritornò a sedersi sulla sedia accanto al letto del malato.

La madre gli disse: “Gioia mia, è tardi, forse dovresti tornare a casa, c’è scuola domani! Chiamerò un’infermiera che stia con il tuo amico a vegliarlo per stanotte.”

Kaede lasciò che la madre parlasse; poi, rispose con un tono di voce estremamente dolce, che Hanamichi non avrebbe mai attribuito al volpino, e disse: “No, grazie mamma, resto io con lui stanotte.”

A quelle parole, la madre fece un cenno muto d’assenso, sorrise e, salutando con l’augurio della buona notte, se ne andò.

Sakuragi rimase interdetto. Quei due avevano congetturato su di lui senza interpellarlo!

Avevano fatto i conti senza l’oste! Come se fosse invisibile! Qualcuno per vegliare chi? Lui? Ma se stava benissimo! Beh, invero, non proprio benissimo….. E Rukawa che si offriva di badare a lui?! Dei, il mondo stava per finire?!

Un altro cinico e sottile pensiero attraversò la sua mente:

Kaede lo guardava con aria interrogativa, non capendo le congetture dei suoi pensieri. E Hanamichi ne fu felice.

Quando avrebbe avuto più forza, avrebbe chiesto al volpino il perché di tanto interesse, a costo di strappargli le risposte col cavatappi.

Di lì a poco, si addormentò.

Rukawa lo guardava in penombra e pensava che non erano mai stati tanto vicini, per così tanto tempo, senza malmenarsi od offendersi………. Che fosse un progresso?!

Verso le 3.00 del mattino dopo, una donna entrò nella stanza. Controllò le funzioni vitali del malato e prese una coperta dall’armadio che depose sulle spalle del visitatore, con fare di mamma; poi sorrise e se ne andò.

Il mattino dopo, Sakuragi fu svegliato dal russare di Rukawa e la cosa lo infastidì. Poi, si accorse che il volpino gli teneva la mano tra le sue e, con un gesto lento e misurato, cercò di toglierla.

In reazione a ciò, Rukawa lasciò la mano e borbottò ancora addormentato: “Resto….. io…….con lui…….” E Hana sorrise.

Cercò di spostare il braccio e scoprì che gli faceva più male di quel che credeva.

Con fare lento e un po’ titubante, pose la mano sulla testa di Rukawa e la accarezzò con delicatezza, passandola fra i capelli corvini e sussurrò: “Grazie.”

Di colpo, si rese conto di cosa stava facendo, arrossì violentemente e ritrasse con uno scatto la mano, come se si fosse scottato.

Se lo avessero scoperto nello spogliatoio femminile, sarebbe stato meno umiliante. Poi si calmò.

Insomma, era solo un gesto di gratitudine. Perché tanto turbamento?!

Il cuore era in tumulto e non sapeva darsi una risposta convincente, così, decise di concentrarsi su qualcos’altro.

Guardò la flebo.

Guardò la flebo che continuava a gocciolare il suo liquido lungo il tubicino, con lentezza esasperante.

Fece un sospiro di sconsolatezza e Kaede Rukawa si svegliò poco dopo.

Hanamichi lo rimproverò: “Buon risveglio, principe sul mio braccio!!! Hai russato bene?!”

Rukawa lo fulminò con lo sguardo e Hana si mise a ridere di gusto.

Il morettino inacidito, e ancora mezzo addormentato, lo investì a parole: “Mi sembri molto migliorato, eh?! Se hai anche la forza di fare del sarcasmo…….E’ proprio vero, l’erba cattiva non muore mai!!!”

A quella cattiveria, il rossino ribatté: “E’ tutto merito delle cure della tua mammmina, sai, “gioia mia”…….”

Rukawa registrò le parole. Divenne rosso come un peperone e alterato disse: “Non osare mai più chiamarmi così!” Poi, lo incenerì con gli occhi.

Hana sorrise furbescamente, come chi sa di aver fatto una marachella e ne è orgoglioso.

Di seguito, aggiunse: “Gran donna, tua madre. E’ molto preparata e più gentile di te, poi, è anche veramente una donna bellissima……..”

“Brutto porco, tira giù gli occhi da mia madre e non farci più pensieri!!!”

Se Rukawa avesse potuto, avrebbe dato un bel destro sul muso di Sakuragi.

E non seppe mai che cosa lo trattenne dal farlo.

“Guarda, che io ho detto solo che sei fortunato ad avere una madre così…” Kaede lo guardò interdetto. La voce di Hanamichi sembrava onesta, sincera; come se stesse, semplicemente, assodando un fatto. Poi, continuò: “Chissà com’è il profumo di una mamma……” Non era una domanda, era quasi più un’affermazione. E i suoi occhi divennero tristi.

Rukawa rispose la prima cosa che gli venne in mente: “E’ come l’odore di ogni figlio, ogni bambino porta con sé l’aroma della propria mamma….. è il primo regalo che ci fanno quando veniamo al mondo…..”

Poi, si bloccò, a soppesare le sue stesse parole e diventò rosso d’imbarazzo.

Sakuragi sembrò rasserenarsi e concluse con fare serio: “Beh, forse hai ragione tu….”

Le loro idee vennero interrotte dall’arrivo di un’infermiera, con la colazione di Hanamichi.

Il volpino si offrì di dargliela lui.

Con un braccio ingessato e l’altro dolorante, come poteva imboccarsi da solo?

Quella che successe dopo, fu un’avventura.

Il rossino rifiutò caldamente l’aiuto, perché non voleva essere considerato un mezzo paralitico. Ne andava del suo orgoglio…….. Ma, alla fine, la fame ebbe il sopravvento.

Hana era molto indisponente, ma a digiuno da più di 24 ore……. E una flebo di soluzione salina non rimpiazzava certo una buona scodella di riso.

Sakuragi si comportava come un bambino viziato e Rukawa non brillava certo per la pazienza.

Un altro po’, e gli avrebbe infilato i bastoncini di legno nel naso, anziché in bocca….. finché i due non raggiunsero un certo ritmo di sincronia: Ru imboccava, Hana masticava, Ru imboccava, Hana masticava. Entrambi, in religioso silenzio. Fino al momento in cui Ru non rovesciò parte della ciotola della colazione sul letto e Hana lo rimproverò caldamente per provocarlo.

Kaede sussurrò solo: “Gomen nasai***”. Sembrava dispiaciuto.

Hana restò sorpreso. Perdette la sua baldanza e rispose: “Bah, dai, non importa…… può capitare a tutti”.

Di lì a poco, l’inserviente venne a prendere il vassoio per portarlo nelle cucine.

E i due rimasero soli di nuovo.

Il giro dei medici sarebbe venuto a controllare l’infortunato solo qualche ora dopo e il silenzio, creatosi tra i due, cominciava a pesare come un macigno.

Fu Rukawa a romperlo.

“Ho….sentito…….che vivi da solo……mi dispiace.” Finì in fretta la frase.

Hana fece una risata imbarazzata, un sorriso di circostanza e poi rispose:

“E perché dovresti?”

In risposta, Ru disse: “Ti va…… di parlarmene?”

Sakuragi capì che quella del suo interlocutore non era semplice curiosità da soddisfare.

Per la prima volta, vide Kaede Rukawa con occhi diversi.

Per la prima volta, Kaede Rukawa si lasciava guardare dimostrandosi diverso, interessandosi a qualcosa che non fosse una palla da basket.

Hanamichi cominciò: “Mia madre si chiamava Yuko. Mi hanno sempre detto di lei che era una donna solare, gioiosa, molto bella…..”

“Non hai una sua foto?” lo interruppe Kaede.

“No.- riprese lui- Mio padre iniziava a piangere ogni volta che gliene mostravo una, così decidemmo di disfarcene………”

Sakuragi si interruppe, perché la voce gli tremava leggermente e si era arrochita per l’emozione. Sperava che Ru non lo avesse notato.

Il volpino, invece, ben aveva compreso lo stato d’animo dell’amico e, per toglierlo da lì, disse:

“Cambiamo argomento, se vuoi…”

“Mio padre è morto 2 anni fa, stroncato da un infarto; mentre io ero immerso in una rissa tra bande…….. Se fossi arrivato a casa prima, forse lui sarebbe ancore qui.”

Poi, quasi per discolparsene, iniziò a sua volta a parlare, quasi senza sapere bene che dire. “In fondo, io e te, non siamo poi così diversi……”

Hana si ridestò dai suoi tristi pensieri, incuriosito da quella frase.

“Cosa intendi?!”

“Anch’io…….. vivo praticamente da solo.

Mia madre riveste un ruolo molto importante in quest’ospedale ed è sempre qui a curare i suoi pazienti, o a supervisionare il lavoro dei colleghi o a fare lunghi viaggi, per il mondo, a relazionare conferenze di medicina.

…….Io…… sono sempre cresciuto…….con una governante…….”

“E tuo padre?”

“Mio padre- riprese Kaede- è morto…….. a causa mia”

A quelle parole Rukawa si irrigidì e tacque.

Hanamichi non capiva il loro significato.

“Per favore, spiegati meglio!”

A Kaede sfuggì un gemito involontario, che nascondeva la sua sofferenza.

Aveva gli occhi socchiusi, come a cercare una forza interiore che non possedeva, per andare avanti con il discorso…..

“Avevo quasi 3 anni, era il 7 maggio.

Una data che non scorderò mai.

Stavo passeggiando con lui per le vie del centro, quando vidi un gattino sulla strada.

Mio padre stava parlando con un amico di famiglia e non se ne accorse.

Quando mi vide in mezzo alla strada con il gattino in braccio, un camion stava quasi per falciarmi.

Lui si buttò.

Scambiò la sua vita con la mia.

Lo vidi morire abbracciandomi forte, e mi ripeteva: “Va tutto bene, piccolo mio.” Ma morì poco dopo.

Riprese: “Ieri mattina, ho rivissuto l’incubo che mi tormenta da 14 anni.

I demoni del mio passato sono tornati a farmi visita……..”

Dicendo quelle parole, lacrime silenziose scesero dagli occhi di Kaede, che non se ne accorse.

Hanamichi gli strinse la mano con la propria, come gesto rassicurante, e gli disse: “Ma io sono qui, sono la tua redenzione.”

“Già.” rispose Kaede, come se quella parola bastasse a formulare un discorso completo.

“E’ dunque per questo, che ti occupi di me con tanta devozione? Per scontare le tue colpe?”

“Beh, all’inizio, sì. –confermò Ru- poi, però, ho capito che non è poi così brutto occuparsi di qualcuno……….. Anche se, questo qualcuno, è un rompiscatole come te.” Concluse Ru, come per darsi un tono di superiorità che non sentiva veramente.

“Beh, ti credo! Se fossi stata una bella ragazza, ti sarebbe convenuto di più, vero?!”

I due iniziarono a ridere di gusto, come vecchi amici. Ed entrambi pensarono, contemporaneamente, che in fondo, l’altro non era poi così tremendo e insopportabile, come da prima apparenza.

Forse, era solo il momento, il luogo, le confessioni appena fatte, a rendere quell’incontro strano ed eccezionale.

A conferma di ciò, Ru disse ad Hana: “Del resto, considera tutto questo per quello che è.

Tu sei temporaneamente invalido fisicamente in questo letto, e io sono affetto da una temporanea infermità mentale, che mi costringe ad occuparmi di te. Oltretutto, appena riuscirai a scendere da quel letto, potresti andare ad insediare mia madre, e io ho il dovere di controllarti e di proteggerla.

Ma ricorda: usciti da qui, io negherò tutto.”

“E ritorneremo ad essere- proseguì Hanamichi- i soliti Do’aho e Baka Kitsune, che sono rivali e si odiano, in palestra e a scuola.”

“Già.- confermò Rukawa- Questa resterà solo una piacevole parentesi.

Un segreto, tra noi due, che col tempo dimenticheremo……”

Ma entrambi, nel profondo del cuore, sapevano con certezza che non avrebbero mai scordato quell’esperienza,

che li aveva accomunati in modo così profondo,

che li aveva fatti sentire così simili,

che da quel giorno, li avrebbe fatti guardare con occhi diversi.

Perché, in quella bianca stanza d’ospedale, due animi affini avevano prodotto una magia, chiamata amicizia.                                                             

 

                                                        OWARI

 Vocabolario:

kitsune= volpe

baka e do’aho= (sono praticamente sinonimi) stupido, scemo, idiota…

gomen nasai= scusa tanto, mi dispiace.

Allora, cosa ve ne sembra?!

Di solito, tendo ad evitare di dare una precisa collocazione temporale ai miei racconti. Cerco appositamente di non inserire date, stagioni o età…..

Quando ho scritto questo, però, ho citato, indirettamente, l’età di Rukawa.

Quindi, mi sembra opportuno dirvi quando io ho immaginato l’incidente.

Sostanzialmente, la mia storia si svolge all’inizio della 2^, semplicemente perché i due non si odiano più, come accadeva nel 1° anno. Questo non vuol dire che non bisticcino più, ma è più un’abitudine, che una loro necessità.

Lo sostengo, perché un anno prima, Ru si sarebbe rifiutato, categoricamente, di fare la strada con Sakuragi, verso scuola. Per di contro, il rossino sarebbe morto di fame, piuttosto che farsi imboccare dall’odiata kitsune. Perciò, in un certo senso, sono maturati…… Se prima non erano ancora esattamente “amici”, dopo questo “incidente” sono predisposti per diventarlo……

Disclaimer: Tutti i personaggi di Slam Dunk appartengono al Sensei Inoue. Sakuragi può pure tenerselo senza problemi…. ( o lo volevi tu, N?!) Però Rukawa potrebbe lasciarlo a me……. Tanto, lui non se ne fa niente….. Io, “qualcosina” sì……. Ovviamente, non ci guadagno nulla a scrivere; ma, se proprio insistete, invece di tirarmi i pomodori, mandatemene una cassa….. farò la passata! 

Senza chi mi sostiene, non avreste potuto sorbirvi questo mio sclero mentale. A loro va il mio grazie.

Tutti i commenti e/o le critiche sensate troveranno casa qui: elyxyz@libero.it  (le aspetto). Ciao

 

 

 

   
 
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