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Autore: Sanya    30/08/2012    7 recensioni
Bella è una ragazza comune, come tante altre. Frequenta l’università, ha delle amiche; non ha problemi particolari con la vita, tranne uno: il suo ex fidanzato. Odioso, possessivo e geloso, le impedisce di vivere la vita come davvero vorrebbe, anche se ormai è più di un anno che si sono lasciati ufficialmente. È per questo che Bella si ritrova a dover convincere il proprio migliore amico a mettersi in mezzo in questa complicata relazione, convincendolo a fingersi suo finto fidanzato. Ma Bella non sa che il suo migliore amico prova qualcosa in più di una semplice amicizia nei suo confronti…
[Per Alessia]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Just Friends 
 ~ Capitolo 19: Confessione Irreale ~

BELLA
La massa confusa e gocciolante dei capelli corvini di Alice spuntò dalla porta del bagno. «Che facciamo, ordiniamo una pizza stasera?».
«Sì, direi che è una buona idea. Non vorrai mica ripetere l’esperienza dell’altro giorno, vero?», soffocai una risata.
Alice ridacchiò, portandosi una mano alla bocca e stringendo l’orlo dell’asciugamano con l’altra. «No, appunto», rispose, non appena riacquistò la calma. «Ci pensi tu?».
Sorrisi pacifica. «Certo».
Sentii la porta del bagno chiudersi e, pochi minuti dopo, il rumore intenso del phon per capelli attivarsi.
Stare con Alice mi stava facendo bene. Erano passati solo cinque giorni dal mio arrivo a casa Brandon, eppure già le cose erano cambiate radicalmente: da quasi zombie senza alcuna voglia di andare avanti, stavo riassumendo un aspetto più umano, più normale. Avevo abbandonato il muso e la maschera di perenne tristezza che mi portavo addosso da settimane e avevo ricominciato a sorridere, a ridere spensieratamente, a divertirmi, senza portarmi dietro quel pressante peso sulle spalle.
La differenza tra la ragazza triste e disperata che aveva varcato per la prima volta la porta di casa sua e quella che ora viveva con Alice era decisamente lampante agli occhi di tutti.
Alice non faceva parola di questo cambiamento, anche se, si vedeva lontano chilometri, anche lei ne era sollevata.
Ma non era semplice: capitava, a volte, che lo sconforto e la tristezza riprendessero il sopravvento e, allora, tutti i miei sforzi per risorgere sembravano vani. Sentivo le lacrime pizzicare sulle guance e un profondo nodo alla gola otturarmi il respiro.
Però avevo Alice, e lei bastava a farmi sentire meglio. Quando mi vedeva abbattermi particolarmente, mi prendeva per mano, proponendomi una nuova attività oppure soltanto mettendosi a raccontarmi qualche aneddoto o a ciarlare senza fine, così da tenermi la mente occupata e permettermi ancora di ricominciare.
Come due giorni fa, quando mi aveva trascinato in un giro di shopping sfrenato per la città e finendo bloccate in un piccolo bar, dove parlammo per più di due ore, o come il giorno precedente, quando avevamo deciso di provare a prepararci la cena da sole a base di pasta al ragù e arrosto, riducendo tuttavia la pasta in una massa collosa e informe e l’arrosto in un mucchietto duro fumante e abbrustolito.
Ma, comunque, era dura, specialmente per quanto riguardava il mio inconscio.
La notte, infatti, difficilmente i miei problemi mi davano tregua, anzi, mi tormentavamo profondamente. Dal più stupido ricordo che la mia memoria andava a ripescare, ai sogni più complicati, quelli che dovevi cercare di interpretare con l’aiuto del libro di Freud, trovavo sempre un riferimento a ciò che era accaduto tra me e Edward, a quello che ci aveva fatto dividere. Nei miei sogni, riuscivo ancora a sentire chiaramente la sua voce dirmi che era finita, vedevo distintamente la sua figura slanciata allontanarsi da me per non tornare mai più indietro. E poi, tutte le immagini della nostra amicizia, ormai perduta: noi ai tempi del liceo, i gruppi di studio, le uscite insieme, le risate, l’università, il suo aiuto per risolvere la situazione con Jacob e, infine, il disastro.
Sospirai profondamente, cercando di liberare la mente da quei pensieri che mi avrebbero sicuramente fatto star male. Mi alzai dal letto a baldacchino di Alice, poggiando sul comodino il blocco degli appunti sul quale cercavo di studiacchiare qualcosa, giusto per non rimanere indietro – anche se ultimamente riuscivo a fare poco o niente.
Scesi le scale e mi diressi indisturbata al grande salotto diviso dalla cucina da un semplice gradino e da un piccolo muretto dove erano appoggiati vasi contemporanei dai colori particolari.
Era una fortuna avere la casa tutta per sé, ma per Alice questo non era un problema. I suoi genitori erano sempre stati impegnati nei loro viaggi d’affari, sin da quando la conoscevo al liceo, quindi lei era sempre stata al quanto libera di fare ciò che voleva e di invitare chiunque le andasse a casa propria.
Raccolsi il cordless dal divano del salotto e composi il numero della pizzeria d’asporto della zona, ordinando due pizze semplici e due bibite.
Rimasi per un po’ seduta sul divano, fissando fuori dalla finestra i nuvoloni scuri che si avvicinavano inesorabilmente alla città. Poi, sentii la suoneria del mio cellulare rimbombare dalla camera da letto, dove lo avevo abbandonato. Mi alzai di fretta e corsi subito in stanza, con il cuore in gola. Le mie speranze, però, s’infransero come bicchieri di cristallo sul pavimento, quando lessi il numero sul display dell’apparecchio: mio padre.
«Pronto, papà?», mormorai cautamente.
«Bella? Cielo, finalmente rispondi!», lo sentii sospirare di sollievo.
«Sì, scusa. Alice mi ha tenuto un po’ occupata».
«Certo, ovviamente. Ma, dimmi, come stai, ora?», sembrava seriamente preoccupato.
Non l’avevo molto informato riguardo alla situazione che si era venuta a creare – sin dall’inizio ero sempre stata molto restia a dirgli qualunque cosa riguardasse il piano mio e di Edward per sbarazzarci di Jacob -, ma, ovviamente, quando mi aveva visto troncare di netto i rapporti con il mio migliore amico e, per di più, iniziare a star male come un cane, si era iniziato a insospettire e a crucciare.
«Sto bene, meglio, direi. Stare con Alice mi sta facendo bene», risposi nel tono più convincente che riuscii a farmi uscire.
Un altro sospiro. «Bene, bene, sono contento».
Una lunga pausa nella quale riuscii a percepire perfettamente le domande silenziose che voleva pormi, le spiegazioni che pretendeva ricevere. Rimase nel silenzio più completo.
«Ehm… Hai già idea di quando tornerai a casa?», domandò infine, smorzando il tono laconico che si era andato creando.
«In realtà, no, ancora non ci ho pensato».
Dall’altro capo, sentii mio padre irrigidirsi.
Capivo bene che era abbattuto da tutto quella situazione difficile, dalla mia reazione tutt’altro che ragionevole, dalla mia fuga quasi inspiegabile, ma intuivo ancor meglio che la cosa che più lo faceva star male era il fatto che non potesse far nulla per aiutarmi, che fosse completamente inerme in quella situazione, che, davanti al dolore della figlia, non potesse far nulla per mitigare la sua pena.
«Ma presto, papà. Non ho intenzione di stare via ancora per molto», mi affrettai ad aggiungere.
«Capisco, capisco. Non c’è problema».
Ora ero io che feci una pausa, esitante. «Edward si è fatto sentire?».
«No, Bella, mi dispiace. Non ci sono notizie di Edward».
Annuii, sospirando profondamente. In quel momento sentii la porta del bagno sbattere e i passi leggeri di Alice entrare nella camera.
«Ora ti devo salutare, papà. Ci sentiamo presto, d’accordo? Ti voglio bene», chiusi la comunicazione, non lasciandogli nemmeno il tempo di replicare.
Alice si sedette sul letto e, con la sua euforia travolgente, mi riportò alla realtà, facendomi abbandonare la pesantezza di quegli ultimi minuti.
 
Sedute sul grande divano del salotto, mangiavamo le enormi fette di pizza direttamente dal cartone unto consegnatoci dal pony express.
La tv trasmetteva una vecchia sitcom, dove una famiglia un po’ strampalata ne passava di tutti i colori. Era divertente, per lo meno, aiutava a svuotare la mente.
Io e Alice ridevamo spensieratamente, finchè il grande amico d’infanzia di una delle figlie non decise di spifferare tutte le sue emozioni alla diretta interessata, portando alla puntata una nuova ventata di problemi.
Alice spense l’apparecchio prontamente.
«Alice, come mai hai spento il televisore?», domandai, non capendo il perché del suo gesto.
Sospirò affranta, quasi rassegnata.
Iniziai a preoccuparmi. E se, mentre io riuscivo solo a occuparmi del mio cuore ferito, Alice nascondesse dei problemi magari più gravi? Ero davvero così cieca da non accorgermi nemmeno se la mia amica più cara stesse soffrendo?
Le posai una mano sulla spalla. «Alice, tutto bene?».
Mi guardò con espressione seria e composta, un’espressione che raramente gli avevo visto sul viso. «Bella, credo sia ora di parlare bene di quello che è successo con Edward».
Mi irrigidii. Le mie funzioni mentali, per un attimo, si bloccarono e rimasi lì, immobile, aspettando che il mio cervello si rimettesse lentamente in moto.
«Come?».
«Mi hai capito bene», ripeté. «Dobbiamo parlare di te e di Edward».
Scossi immediatamente la testa, con foga, come una bambina capricciosa. «No, Alice, no. Non ora, non adesso».
«E quando, allora?», alzò le braccia, con rabbia.
«Mai, Alice, mai. Non voglio toccare l’argomento», risposi, abbassando lo sguardo.
Corrucciò il labbro. «Perché?».
«Perché…», cercai le parole. «Perché al momento mi farebbe solo male. Perché sto cercando di andare oltre e ripensare a quello che è successo non mi aiuterebbe per niente. Perché ormai è un capitolo chiuso e voglio smetterla di vivere nel passato. È tutto finito, capisci? Non posso più tornare indietro, e il rimorso che provo è già abbastanza grande, senza che tu me lo ricordi».
«Bella…».
Mi alzai dal divano, visibilmente scocciata. «E io che pensavo che volessi aiutarmi».
«Ma ti sto aiutando, dannazione!», sbraitò, posizionandosi davanti a me, come a non farmi andare oltre. Mi prese il viso tra le mani, stringendolo forte. «Bella, perché sei così cieca?».
Aprii la bocca, pronta a ribattere a tono, ma un flash nella mia mente mi fece fermare.
Un secondo…
Le parole di Alice mi risuonarono un attimo nella mente.
Perché sei così cieca?
Mi resi conto subito che non si riferiva al fatto che fossimo finiti a letto assieme e che lui, dopo, mi avesse abbandonato come uno straccio. C’era dell’altro.
Alice si rese conto del lampo di consapevolezza che mi brillò negli occhi. Mi lasciò andare il viso lentamente e si lasciò cadere sull’immenso divano chiaro. Prese un cuscino e se lo mise sulla pancia, rimanendo immobile a fissare nel vuoto.
Ora la certezza che c’era qualcosa di più era forte e chiara.
«Alice», la richiamai, rimanendo in piedi. «Alice, cosa intendevi, chiedendomi perché fossi così cieca?».
Abbassò lo sguardo, giocherellando con l’orlo del cuscino. Non mi rispose.
«Alice», alzai la voce, tentando di dargli un’aria autoritaria. «C’è dell’altro, vero? C’è qualcosa che io non so e che mi stai tenendo nascosto. Ho ragione?».
Annuì, dopo una lunga ed estenuante pausa. «Non ti sei ancora resa conto di niente, non è vero? È così ovvio, eppure tu non ci sei mai arrivata…».
«Di cosa stai parlando?».
«Bella», fece una pausa. «Edward è innamorato di te».
Rimasi per un attimo inebetita. «Come?».
«Edward è innamorato di te, è sempre stato innamorato di te. Sin da quando vi siete conosciuti, al liceo, moriva pur di passare un po’ di tempo in tua compagnia, e non si è mai lamentato, ha sempre accettato quel poco che gli davi a testa bassa. Non ti ha mai raccontato nulla per paura di perderti, ha aspettato e aspettato, ma tu non ti sei mai svegliata».
Ero totalmente senza parole. Era seria? No, no. Non poteva dire sul serio. «Mi stai prendendo in giro…».
Sospirò. «È incredibile come non ti sia accorta mai di niente, mentre era palese che Edward provasse qualcosa per te. Se n’erano resi conto tutti, tutti, meno che tu».
Sentii la rabbia crescermi dentro, pian piano, come un fuoco ben alimentato. «Alice, non hai il diritto di trattarmi in questo modo, di prendermi in giro così. Sei meschina! Io sto male, e tu ti inventi un amore di Edward nei miei confronti che non c’è mai stato. Cos’è, non ti basta vedermi soffrire così? Vuoi che rimpianga ancora di più la fine di quest’amicizia? Beh, sappi che sono già più che mortificata dell’accaduto!».
«Bella, guarda che sono completamente seria, non ti sto prendendo in giro…», tentò di riprendere in mano la situazione, ma non la lasciai nemmeno finire.
«Sai che ti dico, Alice? Grazie per aver rovinato così la serata, e grazie per avermi distrutto l’umore. Seriamente, grazie. Ero venuta da te per cercare di avere un conforto, non per sentirmi riferire bugie su bugie. Grazie davvero, grazie tante».
Me ne uscii incazzata nera e salii nella camera degli ospiti, sbattendo forte i piedi ad ogni gradino della scala.
Mi sdraiai sul letto a pancia in giù, nascondendo la testa sotto i cuscini.
Ero ancora del tutto confusa. Perché Alice si era comportata in quel modo? Perché mi aveva detto quelle cose? Che gusto c’era a mentirmi in quel modo, a prendermi in giro su una situazione così delicata, su sentimenti così personali e intimi? Non capivo, non riuscivo a schiarirmi le idee.
Presi sonno così, mentre cercavo di comprendere lo strano comportamento di Alice di quella sera.

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Toc-toc. Sorpresa.
Eh, ditelo, ditelo che non mi aspettavate qui così presto. :D
Vi ho fatto penare mesi e mesi per mostrarvi quattro righe sconclusionate e ora, in poche settimane, vi presento un capitolazzo, sempre sconclusionato uguale, ma di quattro pagine e mezza di lunghezza! Onestamente, ci sono rimasta di stucco anche io quando ho completato la scrittura e la revisione del capitolo, ma devo dire che sono anche un po' felice - se sono riuscita a scrivere così in fretta, magari il periodo delle attese è finito, no?
Anche se, sì, non ha molto senso esultare per questo, dato che manca un solo capitolo più l'epilogo alla fine della storia. Se ci penso, mi viene già il magone :'(
Ma non abbandoniamoci a pensieri tristi ora, pensiamo, piuttosto, a parlare di questo capitolo vero e proprio.
Partendo dal fatto che probabilmente avrete voglia di uccidermi tutti, visto e considerato come è finito il capitolo (e non potrei certo biasimarvi visto che ho creato proprio una Bella-testa-di-rapa), parliamo però dello svolgimento. Finalmento il capitolo della svolta! Sì, è vero, Bella non ha accettato l'idea, ma Alice ha messo in chiaro la situazione, facendola iniziare a pensare a una condizione che mai aveva creduto possibile.
Il prossimo, a questo punto, sarà ancora più fondamentale di questo, certamente. (*spoiler* Si avrà finalmente il faccia-a-faccia tra Bella e Edward).
Ora, però, lascio a voi la parola! Che ne pensate di questo capitolo? Probabilmente, molti di voi si aspettavano qualcosa del genere, è stato all'altezza delle vostre aspettative? Come giudicate il comportamento di Alice? E la reazione di Bella? Ricordate, sono sempre aperta ad ogni giudizio e ad ogni critica. :)
Ora passiamo ai ringraziamenti. Ovviamente, devo ringraziare ognuno di voi dal più profondo del mio cuore. Specialmente dopo il lungo periodo di stop che mi ero costretta a sopportare, sono stata piuttosto felice e sollevata di vedere che, nonostante tutto, voi ancora ci siete. Credetemi, è stata una grande gioia anche vedere tutta la vostra comprensione alla specie di stato/sfogo che vi ho scritto.
Quindi un bacio a tutti voi, alle 64 persone che l'hanno inserita nelle preferite, alle 22 nelle ricordate e alle 234 nelle seguite. E, chiaramente, anche a quelle buon anime così pazienti che recensiscono! Mi illuminate le giornate, sì, sì.
Voglio fare un ringraziamento speciale anche a tutti quelli che mi si sono dimostrati vicini di questi tempi, a tutti quelli che si sono fatti sentire, esponendomi le loro idee ed emozioni riguardo alla storia. Sono stati un aiuto specialissimo per me.
Okay, ora basta con i ringraziamenti e lascio lo spazio alle vostre recensioni.
Dai, dai, fatemi gioire con le vostre recensioni! Mi fa sempre tanto piacere leggerle *w*
Un bacione a tutti,
S.  
   
 
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