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Autore: Helen Lance    15/03/2007    10 recensioni
[Il Falco non parlava mai e i suoi movimenti erano perfetti.
I pochi ordini che impartiva arrivavano bassi e soffocati dalla maschera da ANBU, il suo odore era coperto da quello forte, fortissimo, del sangue.]
C’erano un sacco di persone che conosceva.
Poi c’erano gli Hyuuga, ed erano davanti a tutti.
C’erano gli Hyuuga, e nessuno di loro abbassava mai lo sguardo.
[Il Falco non sbagliava mai]
~[NejiHina, KibaHina][Indovinate un po'? Angst.][Character Death]~
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kiba Inuzuka, Neji Hyuuga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Falco non parlava mai e i suoi movimenti erano perfetti.
I pochi ordini che impartiva arrivavano bassi e soffocati dalla maschera da ANBU, il suo odore era coperto da quello forte, fortissimo, del sangue.



~ Fading In White Noise ~


Non c’era musica, e non c’era rumore. Avanzavano, tutti, piano.
Hiashi Hyuuga non abbassava mai lo sguardo.

Il Falco usava jutsu generici e non faceva mai il minimo rumore.
Loro, ne avevano un po’ paura. Solo un po’.


Lui avrebbe voluto parlare. Parlare, urlare, qualcosa.
Ma stava zitto, e seguiva la scia in silenzio.

Il Falco non sbagliava mai.
N o n s b a g l i a v a m a i


C’erano un sacco di persone che conosceva.
Poi c’erano gli Hyuuga, ed erano davanti a tutti.
C’erano gli Hyuuga, e nessuno di loro abbassava mai lo sguardo.

Hinata aveva paura.
Ma il Falco non tremava mai.
Anche Kiba aveva paura.
Ma rideva.


Il corteo era silenzioso.
Si sentiva fuori posto. Avrebbe voluto urlare.
Gli Hyuuga non si guardavano mai dietro, non guardavano mai loro, che li seguivano, era come se ci fossero solo loro, e nessun altro. Kiba ne era, in parte, riconoscente.

Il Falco era insieme familiare e lontano. Il suo odore era coperto da quello forte,
[fortissimo]
del sangue.


Neji, l’unico di loro con gli occhi bianchi che conoscesse, era lontano, davanti, camminava poco dietro ad Hiashi e Hanabi Hyuuga.
Non abbassava mai gli occhi.

Kiba aveva paura, Hinata l’aveva, il Falco no.
Erano jounin da soli tre mesi. Era un loro diritto avere paura.
Tutti avevano paura
Paura

Di

Morire.


<< Shino? >>
<< Cosa c’è? >>
<< Cosa succederà adesso? >>
<< Niente. >>
<< Niente? Come niente? >>
<< Niente, Kiba. Finiscila. >>

Dopo una settimana Kiba odiava il Falco.
Il Falco non parlava mai.


<< Deve succedere qualcosa, Shino. >>
<< E invece no. Non succederà niente. >>
<< Come puoi dire così? >>
<< Ho detto finiscila, Kiba. Sono domande stupide. >>

Kiba voleva solo che finisse. Che lo recuperassero, quel maledetto documento. Voleva tornare a casa.
Ma, se per tutta la durata della missione avevano solo teso imboscate sul sentiero e mai incontrato nessuno prima o poi, Kiba lo sapeva, avrebbero dovuto combattere.
Lui voleva solo tornare a casa.
Aveva paura. Anche Hinata.
[Il Falco non parlava mai]
Di morire.


Shino non lo guardava neppure in faccia, e sembrava infastidito.
Gli occhi rossi di Kurenai erano sempre bassi.
Nessuno degli Hyuuga abbassava mai lo sguardo.
<< Non sono domande stupide. >>
<< Certo che lo sono. >>
Lui sembrava essere l’unico a non capire.
La verità è che l’aveva vista solo lui,
[morire.]
<< Ma in un gruppo ci sono tre persone. >>
Shino l’aveva fissato un attimo, e Kiba aveva rimpianto anche solo di aver aperto bocca.

Sangue
Il Falco era veloce, il Falco era familiare, ma non c’era tempo per pensare.
Sangue
Hinata, piano, cadeva.
Sangue
Veloce, veloce.
Il sangue gli batteva nelle tempie con una forza assordante.
Hinata guardava il Falco.
Il Falco la guardava
E b a s t a .


I giardini erano così belli. Così perfetti.
Kiba avrebbe voluto che piovesse, e che fosse un posto desolato, dove si potesse piangere, magari.
Ma i giardini erano stupendi, il cielo era luce bianca e pallida e non sembrava dare ragione di piangere.

Il rotolo era scivolato fuori dalla sacca.
[Il Falco la guardava.]
Hinata si girava, piano.
[Il Falco la guardava.]
E, nel momento in cui il kunai sibilava, il Falco si chinava a raccogliere quel maledettissimo documento.
[Ma guardava sempre Hinata]
Hinata, piano, cadeva.


C’erano un sacco di fiori bianchi, sulla lapide.
A Hinata sarebbero sicuramente piaciuti.
A Hinata erano sempre piaciuti i fiori.
Quelli le sarebbero sicuramente piaciuti.
C’era un nuovo nome sulla lapide degli eroi.
Kiba, però, di eroi non ne aveva mai visti.
Lui aveva solo visto il Falco guardarla cadere.


***


Il giorno dopo Kiba benedì e maledì la pioggia in uno stesso secondo.
La benedì, perché era quello quel maledettissimo tempo che doveva esserci. Quando moriva qualcuno, doveva piovere.
Il giorno dopo Kiba benedì e maledì la pioggia in uno stesso secondo.
La maledì perché sarebbe dovuto piovere prima, e invece il giorno prima c’era stata solo luce bianca, perché ora non aveva davvero senso.

Mezz’ora dopo c’era solo l’odore del sangue.
Il Falco si era chinato lentamente su di lei, e le aveva premuto due dita alla gola.
Kiba l’aveva solo guardato.
[Non era più capace di muoversi.]
Poi il Falco aveva scosso la testa.
[La maschera non aveva tremato]
I suoi occhi non erano visibili dietro le fessure.


Non ebbe cura di tirarsi su il cappuccio. La pioggia scrosciava sui tetti e sul fango. Il tetto del palazzo dell’Hokage occhieggiava da dietro le case.

Quando fu tutto finito, il silenzio fu quasi assordante.
Kiba aveva saltato, e aveva mirato dritto al viso, alla maschera con un pugno.
Per romperla, per vederlo in faccia,
[il bastardo]
Ma l’unica cosa che aveva guadagnato era stata una brusca caduta all’indietro, nel fango.
[il Falco era veloce, veloce, veloce]
E Kiba, per tutta l’ora successiva, non riuscì a colpirlo nemmeno una volta.


Arrivò fradicio al palazzo solo per sentirsi dire da un jounin in tono brusco e sbrigativo di chi non ha tempo da perdere che la Godaime era all’ospedale.
Attraversò di nuovo a piedi Konoha.
Stava smettendo di piovere.

Quando si accorse che stare in piedi era diventato davvero [troppo] difficile, si lasciò cadere per terra.
Non lo aveva neppure toccato, quando avrebbe voluto distruggerlo.
Il Falco si chinò di nuovo su Hinata.
La stette un attimo a guardare, e prima che Kiba potesse rialzarsi e dire qualsiasi cosa, se la caricò il spalla senza evidente sforzo.
Sparì nella foresta verso Konoha.


In ospedale le infermiere gli lanciavano sguardi obliqui.
La Godaime, gli dissero, era nella stanza 71 al terzo piano e non voleva essere disturbata. Salendo le scale, Kiba sognava di incontrare persone che non c’erano.
Che gli avrebbero detto cosa lui voleva sentirsi dire.

Gli alberi erano solo sfumature.
Lui era troppo pesante perfino per pensare.


Si sedette su una delle sedie immacolate esattamente davanti alla porta della stanza chiusa numero 71. Dall’interno non venivano voci.
La porta bianca si aprì piano.
<< Oy, Kiba. Che ci fai qui? >>
<< Godaime-sama. Dovrei parlarle.>>
Tsunade distolse lo sguardo.
<< Aspettami qui, Kiba. Ora non posso proprio. Arriverò fra qualche minuto. Ora ho proprio da fare, però. >>
<< Oh. Certo. >>
Tsunade sparì dietro al primo angolo del corridoio con una fretta che a Kiba sembrò stranamente inappropriata.
Dalla porta rimasta socchiusa uscì Shizune, che lo salutò brevemente per poi sparire dietro a Tsunade. Kiba iniziava a sentirsi ignorato.
[evitato]
Dallo spiraglio della porta della stanza 71 che si chiudeva, intravide un viso noto. Entrò e si chiuse la porta alle spalle.
<< Yo, Neji. >>
Lui si rizzò a sedere. A Kiba sembrò ci fosse qualcosa che non andasse nel suo modo di muoversi.
<< Kiba. Come mai qui? >>
<< Devo parlare con la Godaime, ma è occupata, la aspetto. Tu? Stavi bene ieri, al… >>
Si bloccò un attimo a guardò Neji. La fissità quasi spietata del suo sguardo bianco era disgustosamente diversa da quella che era stata propria di Hinata.
<< … Ieri stavi bene. >>
Neji scrollò piano le spalle, poi tornò immobile. << Incidenti in allenamento. >>
Kiba conosceva bene il Juunken. Sapeva che, anche se non poteva vedere danni superficiali sul corpo di Neji, avrebbe anche potuto morire in quello stesso secondo.

Il viso di Hinata sporgeva dalla spalla del Falco e si affiancava alla maschera.
Kiba avrebbe voluto poterla toccare.
U n ’ u l t i m a v o l t a .
[Ma Hinata aveva guardato solo il Falco.]


Kiba aveva odiato Neji.
[Kiba odiava Neji]
Lo aveva odiato [ odiava] perché era per colpa sua, se Hinata, quel giorno all’esame dei Chuunin era quasi morta.
Lo aveva odiato [ odiava] perché poi lei non lo aveva odiato [ come faceva lui] ma invece lo fissava e sorrideva.
[ Kiba non aveva mai ricevuto un sorriso del genere da lei. ]
Kiba aveva odiato Neji.
[ Kiba odiava Neji. ]

Il Falco si era diretto all’ospedale. Kiba aveva sentito la vista annebbiarsi.
Tsunade correva verso di loro.


<< Tu sei un ANBU, vero, Neji? >>
Neji sospirò. Kiba pensò di essere terribilmente prevedibile. << Sì. >>
<< Chi ha la maschera da falco? >>
<< Non lo so, Kiba. >>
Stettero un po’ in silenzio. Solo in quel momento, notò che colava sangue dalle bende che cingevano la fronte di Neji.
<< Hai ragione, scusa. >>
<< Guarda che nemmeno la Godaime ti risponderà. >>
Neji si mosse piano per prendere il bicchiere d’acqua che stava sul comodino.
Kiba si trovò a osservare con un freddo interesse calcolato i movimenti della mano di Neji. Tremava.
Però, notò con una certa perplessità, non era un tremolio costante, di stanchezza o di fatica. Kiba osservava con una attenzione vuota e irritante.
Erano scatti bruschi è rotti.
Neji sembrò accorgersene in quel momento.
La sua mano si fermò a metà strada, e Neji chiuse e riaprì un paio di volte il pugno. Con una fretta quasi stizzosa, la tirò indietro e chiuse gli occhi.
<< Sono molto stanco, adesso, Kiba. >>
<< Sì, scusa Neji. Ci vediamo. >> Neji non gli rispose nemmeno.
[Il sangue colava dalla fasciatura sulla fronte. La sua mano si muoveva a scatti rotti. ]

Il giorno dopo c’era stato il funerale.

***


I minuti passavano con una lentezza che era quasi crudeltà.
Kiba era ancora seduto davanti alla camera di Neji.
Fuori aveva smesso di piovere, e il corridoio era deserto.

[Kiba continuava a sognare di incontrare persone che non c’erano. ]

<< Kiba? >> Tsunade sembrava stanca e non troppo felice di dovergli parlare. Una sottile ruga d’espressione le solcava la fronte e sembrava pesarle sugli occhi.
<< Godaime-sama. Mi dispiace averla disturbata. >>
Lei scosse la testa, la coda bionda ondeggiò appena, e sorrise.
[Che strano sorriso. ]
<< Oh, fa niente, ho finito, ora. Allora, cosa volevi? >>
Sembrava veramente molto stanca.
<< Ho bisogno di sapere chi è l’ANBU con la maschera da falco. >>
Tsunade sospirò, esattamente come Neji aveva fatto.
<< Lo sai che non posso dirtelo, Kiba. >>
Lui sentiva montarsi addosso una rabbia sorda, pesante << Lei non capisce. >>
Era una specie di nodo strozzato.

[Nessuno capiva. ]

Tsunade scosse la testa.
<< È stata colpa sua se lei è morta. Avrebbe potuto salvarla, e invece, invece si è chinato a prendere un fottutissimo documento! Avrebbe potuto salvarla, capisce, Godaime-sama? Avrebbe potuto salvarla. >>
Nel momento stesso in cui Tsunade si sedette di fianco a lui, Kiba si alzò con uno scatto brusco. La Godaime appoggiò i gomiti sulle ginocchia e portò le mani alle tempie.
Ma per Kiba non era diventata che un oggetto sullo sfondo.

[Rumore bianco dietro il rombare del sangue. ]

Tsunade sospirò di nuovo. << Ha fatto il suo lavoro, Kiba. >>
<< Mi avevano insegnato che un compagno era più importante di un pezzo di carta! >>

[Rumore bianco dietro il rombare del sangue. ]

<< La missione ha avuto successo. >>
<< Hinata è morta! >>

[Lui solo l’aveva vista]

<< Lo so, Kiba. Ma la missione ha avuto successo. >>

[Vista m o r i r e ]

<< No che non l’ha avuto! Le perdite non sono un numerino a piè di pagina! >>
<< In guerra le persone muoiono! >>
[E perché quella sarebbe dovuta essere un eccezione? ]
Kiba soffocò in gola una risposta che sapeva essere nient’altro che infantile, e perfino pensarla gli provocava un getto di repulsione verso se stesso.
[<< Lei non poteva morire. Perché lei era diversa, da tutti gli altri. >>]
Era un ninja, lui.
Come tutti loro. E come anche lei.
Non erano pensieri da ninja, quelli.

[Un ninja nasceva per uccidere e vedere i propri compagni uccisi da altri ninja nati per uccidere. ]

H i n a t a e r a m o r t a .
[E Kiba non l’aveva nemmeno vista sorridere. ]
Aveva smesso di piovere.


***


Una settimana dopo Kiba era di nuovo davanti all’ufficio dell’Hokage, ed era sera. Fino a quel giorno, Kiba aveva portato tutti i giorni i fiori sulla tomba di Hinata, anche se per farlo aveva dovuto sempre scavalcare di nascosto i cancelli degli Hyuuga.
[Fingevano di non vederlo. In realtà, Kiba lo sapeva, lo osservavano. Ogni suo movimento. ]
Non aveva più parlato con Shino, e nemmeno con Kurenai.
Tutte le cose che mancavano si erano ingigantite in maniera incredibile e sembravano troppe, troppe da sopportare.
[Kiba non avrebbe mai più voluto incontrare il Byakugan. ]
Al ritmo del suo respiro, granelli di polvere impalpabili vorticavano nei pressi della lampadina del soffitto.
La porta dell’ufficio si aprì bruscamente, e Kiba non nascose la sorpresa di vedere Neji uscirne in uniforme da ANBU, con il solito sguardo impassibile.
Teneva in mano la sua maschera, sporca di sangue.

[Sangue.]

Una maschera da Falco sporca di sangue.
Kiba avvertì come un forte contraccolpo, una spinta, verso l’interno del petto.

[Il suo odore era coperto da quello forte, fortissimo, del sangue.]

Gli occhi bianchi di Neji non avevano sfumature, né emozioni.
La sorpresa venne presto sepolta sotto la solita, familiare,

[il Falco era insieme familiare e lontano]

indifferenza.
Kiba sentì la mente quasi annebbiarsi.
Vacillare.
Non riconobbe la voce che gli uscì dalle labbra come se fosse stata forzata.
<< Eri tu. >>
Neji lo guardò solo, con quello sguardo quasi spietato.

[gli occhi non erano visibili da dietro le fessure della maschera. ]

Aveva la gola secca e il respiro bollente.
La testa gli faceva così male.
<< Il Falco, eri tu. >>
Neji era immobile. Kiba non notò nemmeno la testa bionda di Tsunade dietro la figura del jounin.
Le parole gli si bruciarono in gola, e colpì Neji dritto in faccia con un pugno.
Neji sbattè passivamente contro il muro dall’altra parte della stanza.
Poi Kiba non lo vide nemmeno più, Neji.
[Muori, bastardo.]
E non ne aveva nemmeno bisogno, di vederlo. Neji diventò una sfumatura.
Tutto il resto, rumore bianco.
Però, quella fu l’unica volta che riuscì a colpirlo.

[il Falco era veloce, veloce, veloce]
E Kiba, per tutta l’ora successiva, non riuscì a colpirlo nemmeno una volta.


Dopo l’ultima caduta, Kiba non si rialzò.
Non ne aveva più la forza. Rimase lì.
Neji, con un unico, sottile, filo di sangue che gli colava dal naso fino al mento, uscì senza far rumore.
Kiba registrò solo che, nonostante tutto, era ancora capace di piangere.
E che il pavimento era solo freddo.
[Hinata era morta. Il Falco aveva i suoi stessi occhi, dietro le fessure della maschera.]


***


Fuori era buio,e abbastanza freddo.
Neji continuava solo ad andare avanti, e la maschera era [ancora] sporca di sangue.

<< Neji? >> C’erano solo i loro respiri. Lui si limitò a guardarla.
Poteva vedersi riflesso negli occhi di Hinata.
<< Non siamo come loro, vero? >>
<< No. >>
Le sue labbra sapevano di qualcosa che lui non aveva mai sentito prima.
Sapevano della cosa migliore che avesse mai fatto.
[Che fosse sbagliata o no, non aveva importanza.]


I cancelli degli Hyuuga erano aperti.
I vialetti di ghiaia bianca in giardino si intrecciavano come serpenti e l’aria faceva odore di pioggia ed erba bagnata.
Kiba era stato troppo lontano per sentire.

Lei poteva vederli i suoi occhi, dietro la maschera da Falco.
Lei sola.
<< Neji? >>
Lui l’aveva guardata.
<< La pergamena, Neji. >>
Lei cadeva.
Lui la guardava


Si sfiorò la fronte.
Sotto il simbolo di Konoha, il sigillo bruciava.
Kiba, in realtà, non ne sapeva niente.

<< Neji, cosa hai fatto? >>
Ipocriti.
A loro non importava.
Lui era caduto e le sue unghie avevano scavato nella pelle della fronte.
Il sigillo bruciava.
Sembrava non avrebbe mai smesso.


La camera, senza il suo respiro, era fredda. Neji provò ancora a chiudere e riaprire il pugno.
I nervi, spossati e semidistrutti dall’attivazione del sigillo, ancora scattavano sconnessamente, come fili rotti tirati da un burattinaio maldestro.
Entro qualche altra settimana sarebbe passato.
<< Domani, >> aveva detto la Godaime << Dovrai essere al confine con il Suono il più presto possibile. >>
Non sapeva proprio più cosa fare, ora.
Dato che il suo domani era morto la settimana prima.

<< Neji, ti prego, prendi quel documento. >>

Avrebbe voluto continuare a guardarla, solo per un po’.



[Il Falco non sbagliava mai.]




Mi sono di nuovo distratta dalle drabble, accidenti è_é
One-shot spuntata dal nulla, chi aveva letto la drabble “Never Wrong” probabilmente aveva capito tutto dall’inizio.
Le due shot sono collegate. Sulla stessa time-line, diciamo.
Ovviamente, angst, triste &co. Che volete farci? Sono Angst Inside ù.ù
Il titolo l’ho sparato a caso è venuto su così, che volete farci. Per la cronaca, significa “Sfumando In Rumore Bianco”.
Il rumore di sottofondo, insomma, basso mormorio.
Ah, Hyuugacest *.*
Ma ignoratemi, và. ù.ù


See ya

Helen



  
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