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Autore: Nero__    31/08/2012    1 recensioni
L'ambientazione è successiva agli avvenimenti di Devil May Cry 4.
Nero decide di voler rivedere Dante e da quel momento i due diventano amanti.
Questa storia parla di un piccolo episodio che accade alcuni mesi dopo l'inizio della loro relazione: Nero chiede a Dante di poter vivere da lui.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dante, Nero
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Credi che potrei venire a stare da te?”
È con questa domanda che Nero esordì dopo un poco, interrompendo quell’atmosfera di piacevole silenzio che era venuta a crearsi con naturalezza dopo che entrambi avevano appagato pienamente il loro desiderio. 
Lui e Dante erano stesi sul divano, uno premuto contro il corpo dell’altro.
Nudi.
Non si abbraccivano, era lo spazio limitato che li costringeva a quella vicinanza e, per quanto era loro concesso, entrambi si erano allungati rivendicando una parte del divano.
Dante in particolare, che pretendeva di poter allargare le braccia e stenderne una sullo schienale, rendeva la la già infelice posizione di Nero, il cui corpo si trovava per metà su quello di Dante, costretto fra lui e il divano, ancora più malagevole.
Rivolgevano entrambi lo sguardo al soffitto e Dante sembrava caduto in trance mentre fissa il movimento rotatorio del ventilatore proprio sopra le loro teste.
“Si, insomma, pensavo di poter stare da te” ripeté Nero, accorgendosi che Dante si attardava nel dare una risposta.
Era in evidente imbarazzo mentre gli chiedeva una cosa del genere.
Il tono della voce non era dei più decisi, esitante era la parola giusta, e quel temporeggiare non faceva altro che incrementare la sua insicurezza, portandolo presto a pentirsi d’aver fatto una richiesta di tale portata senza averne pesato le reali conseguenze.
Si mosse un poco sul divano rendendosi conto per la prima volta che quella posizione era tutt’altro che comoda.
Non girò comunque la testa perché non voleva incontrare lo sguardo di Dante che, in ogni caso, aveva il volto rivolto verso l’alto.
Dopo una breve pausa, che a Nero sembrò durare tutta una vita, Dante ridacchiò e, con uno scatto, afferrò Nero cingendogli la vita con entrambe le braccia e costringendolo a voltarsi, premendosi ulteriormente contro il suo corpo e risvegliando così istinti a quanto pare non del tutto gratificati. “Così che possiamo fare queste porcate tutti i giorni, ragazzino?” lo incalzò provocante.
Anche Nero rise a quel punto.
La preoccupazione di un rifiuto svanì in un istante e ebbe la certezza che Dante lo volesse lì con lui così quanto lui desiderasse starci.
Adesso che non aveva più alcun timore e i loro sguardi si incrociavano fieri, la voce riacquistò sicurezza e con una certezza sfrontatezza gli rispose: “Beh, non mi dispiacerebbe di certo. Perché, a te forse si?”.
“Beh, neanche a me, ragazzino” disse Dante con un sorriso prepotente stampato in faccia. “Faremo il culo ai demoni e dopo io lo farò a te, mi sembra una bella prospettiva”.
Nero si rense conto che con quell'affermazione, all'apparenza pregna esclusivamente di un non propriamente velato doppio senso a sfondo erotico, Dante aveva anche anticipato la domanda che stava per fargli.
“Stai quindi dicendo che potrò lavorare con te?” chiese speranzoso e pieno di entusiasmo.
“Calma, ragazzino. Protrai lavorare per me. Non ti riterrai certo al mio livello?” rispose Dante, presuntuoso.
Inizialmente Nero sembrò infervorarsi, ma decise di rispondergli con lo stesso tono impertinente: “No, non al tuo livello. Meglio del tuo livello”.
Sentendo queste parole Dante rise così fragorosamente che i muri sembrarono cedere sotto il peso delle risate.
Eppure non era da fraintendere: certo, era sicuramente un modo per schernirlo ma, cazzo, quel ragazzo gli piaceva davvero.
Così aggressivo, insolente, spavaldo: un vero teppista.
Gli ricordava qualcuno.
Sé stesso, ovviamente.
Eppure Nero era fragile, a modo suo.
Emotivo. Inesperto per alcuni versi. Troppo giovane.
Tutto questo, agli occhi di Dante, non faceva che renderlo ancora più interessante.
“Beh, dove stai andando!?” disse allargando le braccia in segno di protesta e meraviglia non appena si accorse che Nero era saltato giù dal divano alla disperata ricerca dei suoi pantaloni sommersi chissà dove fra lattine di birra, scatole di pizza e altri indumenti sparsi un po’ ovunque per terra.
“Sai, dovresti avere un po’ più di rispetto per il posto dove lavori. Pulirlo ogni tanto” disse Nero distrattamente mentre rovistava in giro.
“Ah, si? E indovina un po’? Tu dovresti aver più rispetto per la persona con cui lavori!Il mio amico qui, avrebbe bisogno di un aiutino” disse riferendosi agli istinti che erano stati prima ridestati senza ricevere un adeguato e quanto mai, secondo lui, meritato trattamento.
“Lo sai" disse ancora, notando che Nero continuava volutamente ad ignorarlo e che anzi, per tutta risposta, aveva preso ad armeggiare con la fibbia dei pantaloni che aveva finalmente ritrovato “ho sempre preferito lavorare da solo e se sto cambiando le mie sane abitudini per te mi aspetto di certo che tu mi dia un motivo valido”.
“Scusami. Io devo andare” rispose finalmente Nero in modo secco e sbrigativo dopo aver finito di rivestirsi.
Dante colse in questo modo di fare una grande preoccupazione.
“Kyrie mi aspetta ed io beh, devo trovare un modo per dirle che me ne  vado via e non so come..” continuò Nero non riuscendo comunque a concludere la frase.
Sembrava che stesse provando con tutte le forze a trovare una soluzione all’imminente problema che solo da pochi minuti gli era risultato evidente.
La verità era che, prima di proporre la cosa a Dante, non aveva mai veramente pensato a come avrebbe dovuto affrontare la questione con la sorellastra e adesso che lui gli aveva risposto che andare a vivere al Devil May Cry era una cosa che si poteva fare, il problema era diventato reale.
Il problema con la sua amante. O meglio, ex-amante.
Ormai anche Kyrie aveva capito che i sentimenti che lui nutriva inizialmente nei suoi confronti erano scemati fino a divenire praticamente inesistenti e che tutto quello che era rimasto fra loro era un semplice rapporto d’affetto che ci poteva essere fra un fratello e una sorella.
Eppure ancora non se la sentiva di abbandonarla o meglio, se la sentiva, ma non in quel modo.
Doveva inventarsi qualcosa: la verità poteva distruggerla.
“Cose pensi di dirle?” chiese Dante questa volta più serio, che si era messo seduto e cercava di mettere a tacere le sue voglie con l’intento di concentrarsi sul problema del giovane ragazzo.
“Amata sorellina, ti ricordi per caso quel vecchio coglione, pieno di sé, vestito come un cowboy che mi ha aiutato a salvare Fortuna da quell’altro vecchio svitato di Sanctum? Beh, niente di speciale, sappi che ti voglio piantare in asso per andarci a vivere insieme così che possiamo buttarcelo nel culo tutte le sere prima di andare a dormire! Ehm, sì, come dici sorellina? Mi eccitano i vecchi quarantenni? Ne sono sorpreso anche io sai! Chiedilo al mio cazzo perché fa così!” rispose sarcastico Nero, con la voce che trasudava esasperazione ad ogni parola pronunciata.
“Beh, non dare la colpa solo al tuo cazzo! Il punto è che sono bello, spiritoso, come si può non volermi?” disse Dante pavoneggiandosi e allargando nuovamente le braccia per mettersi ulteriormente in mostra, nudo com'era, lì sul divano.
Nero lo guardò rapidamente mentre riprendeva la Red Queen appoggiata al muro e rise un poco. 
Bello lo era davvero, pensò. Spiritoso un po' troppo, forse.
Però non riusciva proprio a rilassarsi.
Doveva trovare qualcosa da dire a Kyrie così che solo la bellissima notizia di poter vivere lì gli circolasse nella mente!
“Forse dovresti chiedere a te stesso perché mi ami e non solo al tuo cazzo perché si drizza quando ti sono vicino” continuò Dante questa volta provocatorio, con tutta l’intenzione di stuzzicarlo, metterlo in imbarazzo, fargli perdere le staffe.
All’inizio forse la provocazione ebbe l’effetto sperato, tanto è che Nero percepì un’improvvisa vampata di calore, ma presto si rilassò.
Era vero quello che aveva detto, perché dunque avrebbe dovuto infuriarsi? Solo perché non era abituato a quel genere di franchezza?
Si voltò dando quindi le spalle ad un Dante ancora steso sul divano e piano disse, quasi in un sussurro: “Si, forse dovrei dirle anche questo”.
Si avviò verso la porta per andarsene, superando agilmente tutti gli ostacoli di cui era ricoperto il pavimento, quando la mano decisa e forte di Dante gli si posò su una spalla e lo costrinse a voltarsi.
Adesso lui era lì, di fronte a lui, ancora completamente svestito.
Con entrambe le mani Dante lo prese per il bavero della giacca e lo avvicinò ancora a sé per stampargli un bacio.
Piano.
Dolcemente.
Un bacio fine a sé stesso, un bacio che non aspirava ad altro se non ad essere un bacio. 
Le loro lingue si toccarono appena, le loro labbra si inumidirono.
Quando si allontanarono, Dante continuò a tenerlo vicino a sé attraverso la presa che esercitava sulla giacca e guardandolo negli occhi, con il volto a pochi centimetri da quello dell’altro, tanto che Nero poté sentirne il respiro sulla pelle, gli disse in un tono scevro di alcuna ironia: “Saprai cosa fare. Ti aspetto. Torna presto, Nero.”
  
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