Film > The Avengers
Ricorda la storia  |      
Autore: Silvia_sic    31/08/2012    8 recensioni
Incontro tra Tony e Pepper alla Stark Tower dopo la battaglia contro Loki e l'esercito dei Chitauri
Cit. [...]
"Non aveva mai pensato alla morte. D'altra parte non è uno di quegli argomenti di cui si è lieti di dedicare anche un piccolo pensiero e lui la temeva più di qualsiasi altra cosa al mondo, per questo non ci pensava mai.
Paura di soffrire? No, quella era solo una misera e insignificante parte che riguardava quell'argomento. Nemmeno il dopo lo angosciava. Cosa ci fosse dall'altra parte non gli importava. Molti lo definiscono il sonno eterno. Dormire, morire... qual è la differenza? Per lui non c'era, in entrambi i casi era sicuro di non rendersi conto di cosa effettivamente accadeva."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pepper Potts, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Stillness after the Storm

 

Ora Loki era solamente un terribile incubo che però sarebbe rimasto impresso nella mente di ognuno di loro. La Terra era salva. I danni erano stati limitati solo nella zona di New York, anche se la catastrofe era davvero molto evidente. Fortunatamente non c'erano state vittime, solo qualche ferito, ma nulla di grave.

Steve sapeva che quello che era successo era strano non solo per lui, che veniva da un altro tempo con diverse abitudini e tecnologie più arretrate; quel fatto aveva scosso un po' tutti. Poteva definirsi un'invasione aliena, tipo quella dei film di fantascienza che gli era capitato di vedere, solamente che quello non era un film. Era reale, così reale che i rischi si potevano percepire anche solo respirando l'aria.

Finalmente era finita e ora tutto il gruppo, che fino a poco prima combatteva l'esercito dei Chitauri, sedeva comodamente in un piccolo ristorante arabo a gustarsi shawarma. Mangiavano in silenzio senza dire una parola, forse perchè non c'era molto da dire dopotutto. Steve posò lo sguardo su Stark, che fissava un punto indefinito di fronte a sé. Era la prima volta, da quel poco tempo che lo conosceva, che lo vedeva così pensieroso e cosa più strana era non sentire la sua parlantina o qualche suo tentativo di mettersi al centro dell'attenzione.

La verità era che si era sbagliato sul suo conto. Lo aveva accusato di combattere solo per se stesso senza preoccuparsi della squadra o di altre persone e invece poco prima Tony aveva dimostrato al mondo intero il contrario. Aveva coraggiosamente preso il controllo della situazione, trovando la soluzione per disfarsi completamente dell'esercito alieno che continuava a giungere sul pianeta Terra attraverso il portale universale creato dal Tesseract; in più aveva risolto il problema del missile destinato a colpire e distruggere New York.

Quando aveva dato il consenso all'agente Romanoff di chiudere il portale, la voce di Tony aveva fatto capolino dall'auricolare, bloccandoli appena in tempo. Inizialmente il Capitano non aveva capito le reali intenzioni di Stark, solamente quando lo aveva visto prendere il controllo della traiettoria del missile aveva intuito che volesse spingerlo nel mondo parallelo, rischiando di non far più ritorno.

Con gli occhi al cielo tutti avevano seguito la scia di Iron Man oltrepassare il portale, che l'aveva inghiottito nella sua oscurità. Rogers aveva aspettato quasi un minuto, con la speranza di vederlo tornare, prima di dare, affranto, l'ordine di chiudere il varco all'altro mondo.

Non si sa come ma la fortuna era stata dalla loro anche per quella volta. Videro il corpo di Tony precipitarsi verso il suolo ad una velocità inaudita e con sollievo lo trovarono vivo.

Quel silenzio nella sala era evidentemente dovuto a quello che era successo a Stark, così lo interpretò Rogers, notando più volte gli occhi del resto dei compagni puntarsi per un secondo verso l'eroe che si faceva chiamare Iron Man. Se ora erano lì tutti sani e salvi, gran parte del merito era stato proprio di Tony. Steve si accorse di non saper proprio nulla di quell'uomo; lo aveva erroneamente giudicato male in un primo momento e adesso sentiva l'amaro in bocca a ricordare le parole che gli aveva sputato senza ritegno in faccia.

Se ne stava lì, seduto senza muoversi o dire una parola, di fronte a lui più di mezzo panino abbandonato nel piatto. E dire che era stato lui a proporre di provare quella pietanza, appena ripreso aveva cominciato a parlare ininterrottamente con discorsi completamente fuori luogo, l'esempio più evidente era proprio la loro presenza in quel ristorantino arabo, che faceva angolo ad un incrocio poco distante dal perimetro calcolato come pericoloso. Tony aveva continuato a parlare ininterrottamente per cinque o dieci minuti, poi: silenzio. Rogers ricordava vagamente che alcuni membri della sua squadra di trincea chiamavano quella reazione “chiacchiera da trauma”, non era sicuro che fosse il reale nome usato anche in ambito medico, ma rammentava molto perfettamente alcuni soldati che, dopo aver quasi rischiato di passare all'altro mondo, cominciavano a parlare incessantemente di cose a dir poco inutili alla situazione e poi si chiudevano in un lungo silenzio, che poteva anche durare giorni. Steve pensava fosse dovuto all'improvviso aumento di adrenalina, e una volta svanito l'effetto ci si rendeva realmente conto di quello che si aveva appena passato.

Osservò l'eroe miliardario per qualche secondo, forse a lui era successa la stessa cosa.

Tony si mosse per la prima volta, lasciando metà panino sul tavolo, si alzò in piedi, si avvicinò al bancone del ristorante poggiandoci sopra una banconota da 100 dollari, poi senza dire una parola si voltò ed uscì a passo lento dalla porta con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni. Tutti seguirono con lo sguardo ogni sua mossa eseguita, fino a vederlo scomparire dietro l'angolo della strada adiacente che in quel momento era ridotta in macerie.

-Che gli prende?- fece Thor, non capendo quel comportamento.

-Stark è un tipo strano.- sentenziò Natasha senza scomporsi più di tanto, continuando a mangiare tranquillamente. Evidentemente lei era quella che lo conosceva più di tutti tra il gruppo.

Steve passò alternativamente gli occhi dalla donna alla porta. -Siamo sicuri di lasciarlo andare da solo?- chiese abbastanza preoccupato.

-Non si preoccupi, Capitano. Stark se la cava benissimo da solo. Dobbiamo lasciargli un po' di spazio, credo abbia bisogno di riflettere su quello che è successo. Chiunque di noi avrebbe voluto starsene con i propri pensieri, se avessimo rischiato la vita come ha fatto lui. Diciamolo francamente: è vivo per miracolo.- affermò, mostrandosi molto più comprensiva di come potesse apparire abitualmente.

Steve annuì, pentendosi ancor di più delle parole che aveva detto a Stark sull'Helicarrier dello S.H.I.E.L.D. -Ha famiglia?- gli venne spontanea quella domanda, ricordando come molti soldati temerari al suo tempo avessero lasciato la loro famiglia per difendere la patria.

Natasha scosse il capo lentamente. -Che io sappia no, ma dovrebbe avere una relazione stabile con la sua assistente, se lo è ancora...-

La discussione su Stark finì lì, e subito dopo cominciarono a parlare di Loki e dei provvedimenti che sarebbero stati presi. Ma Steve non ascoltava il gruppo, la sua mente era ancora incentrata su Stark e sull'impresa che aveva rischiato.

Dopo alcuni minuti l'intero gruppo uscì dal ristorante, pronto per tornare alla base e fare rapporto sull'accaduto. Steve si riparò gli occhi dalla luce del sole con una mano e cominciò a guardarsi in giro tra le macerie degli edifici di New York, quasi completamente distrutti.

-Non lo troverà qui, Capitano.- Rogers volse lo sguardo verso Natasha, osservandola mentre sistemava le pistole nere nelle fondine in pelle alla cintola.

-Dov'è?- le domandò, anche se leggermente in imbarazzo per esser stato scoperto nel suo intento.

La donna indicò con un dito alle sue spalle. Steve volse lo sguardo nel punto indicato, riconoscendo l'imponente e alto edificio che nonostante i disastri era rimasto in piedi stabile, solamente con qualche piccolo danno, che comprendeva pure la disfatta della scritta che una volta primeggiava nel cielo newyorchese. Del nome di Stark ormai rimaneva soltanto la lettera A in cima all'edificio. -Non credo voglia venire a far rapporto alla base. È inutile convincerlo, fa di testa sua.-

Steve esitò, continuando a guardare verso l'alto dell'imponente torre. Voleva parlargli.

Natasha capì. -Manderò un'auto a prenderla tra un'ora, le va bene?- Steve posò lo sguardo su di lei, sorridendo appena.

-Non occorre, grazie. Me la caverò da solo. Proverò a chiamare con questo strano cosino- affermò, indicando l'auricolare collegato ancora all'orecchio. -e se non dovessi riuscirci, utilizzerò una più comune e semplice cabina telefonica, quelle dovrei essere in grado di usarle. Vi raggiungo più tardi.- asserì, impugnando più saldamente il manico dello scudo dalla fantasia che riprendeva la bandiera americana.

A passo sicuro e controllato si diresse verso la Stark Tower. Doveva parlargli.

********************************************************************************

Non aveva mai pensato alla morte. D'altra parte non è uno di quegli argomenti di cui si è lieti di dedicare anche un piccolo pensiero e lui la temeva più di qualsiasi altra cosa al mondo, per questo non ci pensava mai.

Paura di soffrire? No, quella era solo una misera e insignificante parte che riguardava quell'argomento. Nemmeno il dopo lo angosciava. Cosa ci fosse dall'altra parte non gli importava. Molti lo definiscono il sonno eterno. Dormire, morire... qual è la differenza? Per lui non c'era, in entrambi i casi era sicuro di non rendersi conto di cosa effettivamente accadeva.

Come? Quando? Questo era preoccupante. Di maniere per abbandonare per sempre la vita ce ne sono a migliaia e per un uomo come lui il rischio era anche maggiore. Appunto. Lui era solo un uomo. Nessun super potere, nessuna dote invidiabile o preparazione militare che potesse portargli qualche beneficio.

Poteva morire da un momento all'altro in missione nei modi più orribili che si possano immaginare. E, a pensarci bene, aveva sfiorato quel rischio solo poche ore prima. Non sapeva neanche lui cosa l'avesse spinto a tentare un'impresa simile, forse l'aveva fatto per lei. Saperla al sicuro era la sua prima priorità, per questo aveva voluto che andasse via da New York il prima possibile.

Ma aveva bisogno di lei in quel momento, avrebbe voluto stringerla senza mai lasciarla andare, respirare il profumo inconfondibile della sua pelle, ascoltare per ore la sua voce, perdersi in quei meravigliosi occhi azzurri pieni di luce.

Dopo aver fatto una doccia calda per mandare via tutti i detriti e lo sporco accumulato in battaglia, rimase seduto sulla poltrona con i gomiti puntati sulla scrivania e la testa tra le mani. Tutto intorno a lui era per lo più distrutto, il salottino ridotto a macerie con evidenti spaccature sul pavimento di marmo scuro, le vetrate ridotte a brandelli e migliaia pezzetti di vetro scintillavano alla luce del sole che lentamente si preparava ad attraversare l'orizzonte per lasciar spazio alla notte scura, che inghiottiva interamente quella parte di New York ormai distrutta. Proprio come lui.

Alzò leggermente lo sguardo, puntandolo sul monitor del computer. Trovò una foto che li ritraeva insieme abbracciati: lei sorridente che guardava verso l'obbiettivo e lui che la osservava come se fosse la cosa più preziosa che esistesse nell'intero universo. Dopotutto per Tony lo era.

Fissò l'immagine degli occhi azzurri della donna. Gli stessi occhi che aveva visto prima di uno sfondo nero, che non sapeva quanto poteva essere durato. Aveva accettato la proposta di Jarvis di chiamarla, ma subito dopo si era pentito di averlo fatto. Cosa avrebbe detto se Pepper avesse risposto? Addio? Quella poteva essere la cosa più banale e sensata da dire, e poi? Lei avrebbe sussurrato il suo nome tra singhiozzi. Tony non avrebbe mai potuto sopportarlo, non voleva ricordarla con le lacrime agli occhi, ma con quel sorriso luminoso che ogni giorno gli regalava. E così era stato grazie alla piccola foto di lei proiettata davanti agli occhi.

Si strinse per qualche secondo i capelli tra le dita e abbassò le palpebre, percependo gli occhi inumidirsi di lacrime. Le ricacciò dentro e si sentì un vero idiota. Tutto era finito per il meglio e a lui veniva da piangere. Idiota.

Inspirò a pieni polmoni per poi buttar fuori l'aria tutta in una volta, immaginando di farlo anche per tutti quei pensieri che gli invadevano la mente.

Gli giunse alle orecchie il debole suono del campanello dell'ascensore, che avvertiva l'arrivo al piano, poi il rumore delle porte che si aprivano lateralmente con uno sbuffo. Tony non si mosse e non guardò nemmeno chi fosse giunto fin lì, continuando a fissare lo schermo del computer.

Steve avanzò lentamente con ancora indosso il suo completo da combattimento, fermandosi al centro della sala e guardandolo, nella speranza che Tony reagisse o dicesse qualcosa. Niente. Il silenzio era accompagnato dal lieve suono degli antincendi lontani da loro. -Stark?- lo richiamò credendo che non si fosse accorto del suo arrivo.

La sua voce gli confermò ogni certezza. Tony era quasi certo che Steve lo avesse seguito, anche se non se ne capacitava del motivo, aveva notato il suo sguardo poco prima. -Che vuoi?- gli domandò direttamente senza far uso di inutili giri di parole, restando immobile senza alcuna intenzione di girarsi a guardarlo in faccia.

-Volevo assicurarmi che tu stessi bene.-

-Ah... bhè, sto bene.- mentì. -Ora puoi togliere il disturbo.- rispose freddo.

Capitan America gli si avvicinò, il giusto per capire cosa stesse facendo. Solo allora notò l'immagine proiettata sullo schermo di fronte all'uomo. Dedusse che quella donna dai capelli ambrati, i lineamenti delicati e gli occhi di un azzurro intenso fosse la stessa menzionata poco prima da Natasha. Fece qualche passo indietro, prendendo nuovamente le distanze. -Io non credo che tu stia bene...-

-Puoi credere quello che vuoi, Capitano. Non me ne frega un cazzo.- affermò in maniera forse un po' troppo burbera. La verità era che gli seccava la sua presenza lì. Voleva stare da solo.

Rogers non se la prese più di tanto e mosse qualche passo per la stanza, fino a raggiungere i tre gradini che precedevano lo spiazzo prima dell'ascensore. Poggiò a terra lo scintillante scudo in vibranio per poi sedersi sullo scalino più in alto, puntò le braccia sulle ginocchia e fissò per qualche attimo il collega, insicuro se affrontare o meno l'argomento. -Quello che hai fatto...- cominciò senza però sapere come proseguire. Rimase qualche attimo in silenzio per riordinare le idee, anche se era un'impresa ardua. -È stato rischioso, ma hai avuto coraggio.- Tony non rispose, aveva sentito le parole del Capitano e lo irritavano più di ogni altra cosa in quel momento. Voleva stare solo.

Guardò nuovamente la foto sul monitor, fermandosi sugli occhi chiari e lucenti di Pepper. No, non voleva stare solo, in quel momento voleva lei e nessun altro.

-Se vuoi possiamo parlare di quello che-

-Non ne voglio parlare. Tanto meno con te.- rispose secco. Sapeva di esser stato scortese, ma non gliene importava. Forse solo così lo avrebbe lasciato in pace e se ne sarebbe andato. Ma non sentì Steve muoversi o le porte dell'ascensore aprirsi. Era ancora lì.

Il super soldato rimase seduto, intrecciando le dita delle mani con lo sguardo fisso sul pavimento. -Sai... è anche grazie a tuo padre se sono diventato così. Era stato lui a creare le macchine che avrebbero aiutato la mia trasformazione. E mi ha sempre aiutato anche dopo...- disse, ricordando quei lontani anni.

Tony strinse i pugni, ma non si mosse. Sperò con tutto il cuore che quell'argomento finisse lì, ma Steve continuò a parlare. -Ricordo quando mi ha scortato con un aereo sopra la zona d'attacco. Non so cosa l'abbia spinto ad aiutarmi, hanno tentato di bombardarci continuamente per tutto il tragitto.- descrisse per filo e per segno l'accaduto, nonostante l'apparente disinteresse da parte di Tony. -Era un uomo coraggioso. Proprio come-

-Non dirlo.- Tony lo sbloccò prima di sentire quel “te” che mai avrebbe potuto sopportare in quella circostanza. Steve alzò lo sguardo e lo vide in piedi con lo sguardo basso, le braccia tese lungo i fianchi e le mani strette in due pugni. -Non sono come lui. Sempre mi hanno paragonato a mio padre dicendo quanto gli somigliassi in carattere, modo di fare, genio... E questo l'ho sempre odiato.-

-Perchè? Era-

-Smettila!- alzò il tono della voce, picchiando un pugno sulla scrivania, sciogliendo poi la mano. -Io non voglio somigliare a lui...- affermò con voce più calma e pacata. -Potrà benissimo essere stato l'uomo più importante e famoso del suo tempo, ma... nessuno sapeva come lo vedevo io.- sospirò, rilassando le spalle. -Da bambino lo odiavo. Mio padre non ha mai considerato molto me e mia madre... col passare del tempo ci ho fatto l'abitudine e non gli ho dato più tanto peso. Io non sono come lui.- asserì infine. Puntò lo sguardo verso l'immagine di lei sullo schermo. Pepper era la sua unica e importante ragione di vita. Prima di tutto c'era lei, il resto non contava. -Tutti credono di conoscermi alla perfezione, ma si sbagliano. Neanche tu mi conosci, perciò smettila di giudicarmi e vattene.-

Steve capì ogni cosa, così decise di dire ciò per cui era venuto. -Hai ragione. Io non ti conosco. E la vera ragione per cui sono venuto qui era per chiederti scusa.-

Tony alzò il capo d'un tratto incuriosito, senza però girarsi per guardarlo in faccia.

Rogers rimase seduto sui gradini, sorridendo appena. -Mi sbagliavo sul tuo conto. E vorrei scusarmi per quello che ti ho detto sull'Helicarrier prima dell'attacco. Non è vero che combatti solo per te stesso, anche tu hai una persona in particolare da proteggere.-

-Tony!- Quella familiare voce femminile, venne anticipata dal rumore delle porte dell'ascensore. Steve si voltò riconoscendo la donna nella foto con i capelli ambrati legati in una coda alta e con indosso un'elegante completo bianco crema. Vide Tony girarsi per la prima volta da quando lui era entrato nella stanza, con gli occhi fissi su di lei e la bocca leggermente socchiusa come se stesse ammirando un'allucinazione.

Pepper corse verso di lui, forse neanche accorta della presenza di Capitan America nella stanza, gli buttò le braccia al collo, nascondendo il viso nell'incavo tra collo e spalla dell'uomo e abbracciandolo forte con la paura che da un momento all'altro potesse sparire. Tony chiuse gli occhi, stringendola a sé e inspirando a fondo il profumo dei suoi capelli, sollevato nel sentirla accanto dopo aver rischiato di perderla per sempre.

Steve sorrise, alzandosi in piedi e recuperando il suo scudo. Era meglio togliere il disturbo, avevano molte cose da dirsi. Volse gli occhi verso Tony, che ora lo guardava, mentre abbracciava la compagna e gli sorrideva appena in segno di gratitudine.

Rogers alzò un braccio in segno di saluto per poi andarsene, lasciandoli soli.

Tony abbassò le palpebre, poggiando le labbra sulla tempia della donna. Non si chiese nemmeno come aveva fatto ad arrivare fin lì, né dove fosse al momento della battaglia, l'unica cosa che in quel momento gli importava era averla lì con lui.

Pepper aveva visto ogni cosa con le riprese in diretta. Iron Man che prendeva il controllo del missile e oltrepassava il varco aperto nel cielo... in quel momento la paura aveva preso il sopravvento. -Ti prego, promettimi di non farmi più prendere uno spavento del genere.- gli disse, tenendo sempre il viso sul suo torace, cercando di nascondere gli occhi arrossati dal pianto.

Lui sorrise appena. -Farei la figura del bugiardo se ti promettessi una cosa del genere...- Rimasero qualche attimo in silenzio, poi la voce profonda di Tony si fece sentire nell'aria. -Hai visto tutto?- le chiese riferendosi al suo folle tentativo, quasi suicida.

Pepper annuì solamente e Tony lo capì dal contatto che quel gesto aveva creato con la propria pelle. -Scusa...- gli disse poi in un sussurro.

Tony corrugò lo sguardo confuso. -Per cosa?-

-Non ho risposto.- alzò finalmente lo sguardo, incontrando i suoi occhi scuri. -Mi hai chiamato e non ho sentito il telefono.-

Lui le sorrise, perdendosi nell'azzurro dei suoi occhi, leggermente arrossati dal pianto. -Non importa. Quel che conta è che ora tu sia qua.- disse, scostandole un ciuffo di capelli che le copriva il viso.

A Pepper venne di nuovo da piangere, ma si trattenne. Si era come sentita morire, guardando le riprese che ritraevano Tony scomparire oltre il portale, come se una parte della sua anima fosse stata anch'ella risucchiata dall'oscurità di quel varco spaventoso.

Si scostò dall'abbraccio quel poco per guardarlo interamente in tutta la sua altezza. Aveva un piccolo taglio alla base dei capelli sulla parte della fronte sinistra e una leggera botta sullo zigomo destro. -Stai bene, vero? Non sei ferito?- gli domandò con la voce trapelante di preoccupazione.

-Nulla di preoccupante. Solo una brutta botta sul fianco, che però non mi fa un granché male, e forse due costole incrinate, ma quelle si sistemano da sole.- affermò con molta tranquillità, non dando troppo peso a quelle botte. Nonostante tutto era messo piuttosto bene, dopo tutti gli schianti che aveva subito. Iron Man era molto resistente.

Pepper non prese molto bene quella rivelazione e, senza farsi troppi problemi, afferrò la maglia di Tony per i lembi e la alzò leggermente verso l'alto, tanto da permetterle di vedere l'evidente livido sul fianco sinistro di Tony, che la lasciò fare senza troppe obiezioni. Gli passò delicatamente le dita per tutta la lunghezza del fianco muscoloso, notando la notevole estensione del livido. -Com'è successo?- gli domandò, rabbrividendo al sol pensiero.

-Bruce ha cercato di darmi una mano... Diciamo che la delicatezza non è il suo forte!- esclamò, recuperando un po' di buon umore e scherzando su ciò che gli era accaduto.

Pepper ripercorse la botta dalle sfumature violacee con occhi che vacillavano, poi, dopo aver sistemato la maglia, li puntò verso gli occhi del compagno. -Tony, devi andare all'ospedale.-

-Non serve...-

Lei chiuse gli occhi, inspirando profondamente. Quando faceva così la mandava fuori di testa. -Non serve o non vuoi? C'è una bella differenza!- esclamò, recuperando la sua integrità e agendo a seconda della situazione.

-Pepper, no... veramente...- le disse lui con voce stanca.

-Può essere molto più grave di quanto sembri. Chiamo qualcuno che ci venga a prendere e ci porti in ospedale, non è assolutamente concepibile...- continuò a parlare, intanto che Tony ripeteva il suo nome come per attirare la sua attenzione e senza riuscirci. Lei si avvicinò alla scrivania, prendendo il telefono in mano. -... come si può anche solo pensare di stare così senza fare nulla, Tony? Non è una leggera botta quella, puoi benissimo-

Tony sospirò, mentre lei era intenta a digitare un numero e non aveva la benché minima intenzione di ascoltarlo. Le prese delicatamente una mano, intrecciando le dita con quelle esili di lei. -Virginia!- alzò di poco il tono della voce.

Pepper smise immediatamente di parlare, girandosi verso di lui con abbastanza stupore nel sentirsi chiamare così. Non ricordava se avesse mai sentito Tony chiamarla per il suo vero nome di battesimo.

La guardò in quegli occhi chiari che ora lo fissavano con evidente stupore. -Ti prego... non voglio andare da nessuna parte. Mi hanno già visitato e non è nulla di grave.- sentenziò infine.

Lei ripose il telefono sulla scrivania, osservando poi le loro mani unite in un intreccio. Lo guardò negli occhi, poteva solo immaginare quello che lui avesse passato, ma forse ogni sua idea non bastava per capire a fondo quello che Tony avesse vissuto. Gli tornò di fronte e gli passò dolcemente una mano tra i capelli morbidi e leggermente scompigliati per poi lasciargli un'amorevole carezza alla base del collo.

Tony la lasciò fare, sempre stringendole affettuosamente la mano, come se quel contatto fosse il legame più saldo e perfetto che potesse mai esistere. Notò il suo sguardo percorrere la sala, o più in specifico quello che ne rimaneva, poi gli occhi azzurri e lucenti della donna ritornarono su di lui e le sue labbra si aprirono in un sorriso, che fu per Tony come una boccata d'aria fresca.

-La camera da letto non è ridotta così, vero?- gli chiese, ridendo appena.

Tony sorrise, scuotendo il capo. -Hanno distrutto tutto solo qui, il resto del piano l'hanno graziato.-

-Bhè, allora visto che non serve andare all'ospedale almeno vai a riposarti. Ok?-

-Solo se vieni con me.- asserì, accennando un sorriso. Pepper rise per quell'abitudine di Tony di scendere sempre a compromessi a suo favore.

-Anche se è un po' presto per dormire, potrei accettare.- affermò lei, osservando il cielo fuori dall'edificio che splendeva di luci calde e tipiche del tramonto. Tony le passò un braccio intorno ai fianchi, avvicinandola a sé e lasciandole un bacio sulla fronte coperta in parte dalla frangetta.

Si diressero verso la camera da letto adiacente all'ampia sala, passando lateralmente ai detriti al centro della stanza. Tony si abbandonò sul materasso, buttandosi di schiena e premendosi due dita sulle palpebre serrate.

-Permettimi la domanda...- cominciò lei chiudendosi la porta alle spalle e avvicinandosi alla cassettiera per recuperare qualcosa più comodo da indossare. -Come avete fatto a distruggere tutte le vetrate nel salotto?-

Tony sorrise appena, ripensando al volo che aveva fatto fuori dalla finestra. -Una l'ho rotta io, le altre credo sia stato Bruce... Sia chiaro che non l'ho fatto consapevolmente.-

-In che senso?- domandò lei non capendo, sfilandosi nello stesso tempo il completo elegante bianco e poggiandolo su una sedia.

-Tecnicamente sono stato io a sfondarlo, solo che è stato Loki a lanciarmi fuori. Fortuna che la Mark VII era pronta.- disse tenendo sempre gli occhi chiusi. Pepper gli si avvicinò, poggiandosi con un ginocchio al materasso. Tony alzò le palpebre, ritrovando la compagna con indosso un completino nero niente male. Alzò il busto per ammirarla meglio. -Ah a!- disse con tono compiaciuto. -Completo notte, allora!-

Lei gli sorrise, lasciandogli una carezza sulla guancia. Tony si sfilò la maglietta, lanciandola malamente a terra e stessa cosa per i pantaloni, rimanendo così con i soli boxer indosso. Si tirò indietro per mettersi al centro del letto, per poi poggiare la testa sul cuscino in piume, stese di lato il braccio destro, facendo un gesto con la mano a Pepper, invitandola a stendersi vicino a lui.

Senza farselo ripetere due volte, Pepper gli si accoccolò di fianco poggiando la testa sulla sua spalla come faceva ormai ogni sera. Tony posò le labbra sulla sua fronte e la strinse a sé maggiormente, guardando un punto fisso sul soffitto. Stringerla tra le braccia era la miglior cura che potesse mai esistere, accanto a lei il dolore non pareva neanche così forte, tanto da farlo dimenticare totalmente.

Fece schioccare le dita e le vetrate della camera si oscurarono leggermente, facendo entrare nella stanza solo un po' della luce del tramonto.

-Quando...- cominciò lui, esitante nel proseguire o meno. Le prese la mano intrecciando le proprie dita con quelle esili e affusolate di lei. -Ho deciso di prendere il controllo del missile per condurlo oltre il portale, è stato in quel momento che Jarvis mi ha chiesto se volevo chiamarti... Inizialmente ho esitato. Non ero sicuro di volerlo fare; non ero sicuro se tu volessi che la nostra ultima conversazione fosse stato un addio, poi però ho chiamato e una parte di me è stata felice che tu non abbia risposto.- disse infine.

-Perchè?- chiese lei in un sussurro. Quella domanda lo fece sorridere.

-Non avrei mai voluto che le ultime parole per te fossero state un addio.-

Pepper sorrise appena, inclinando indietro il capo, tanto da permetterle di osservare il suo volto di profilo. Era serio e fissava il soffitto con lo sguardo perso nel vuoto. -È davvero questo quello che mi avresti detto?- Tony sbatté le palpebre più volte, pensandoci su per qualche secondo.

-Onestamente, non lo so.-

-Io credo,- Pepper sorrise, premendo le proprie labbra sul bordo della sua mandibola, mentre con la mano giocherellava con le sue dita. -che avresti detto qualcosa di più carino.-

Tony sorrise. -Dov'eri?-

-Quando mi hai chiamato?- Percorse con le dita il bordo della lucina del reattore arc, incastonato nel petto di lui, che mugugnò in segno di affermazione. -Sul jet. Guardavo i notiziari, parlavano di te.-

-Ovviamente! Sono il leader!- esclamò, facendola ridere. -Non ci credi? Guarda che sono riuscito a distruggere da solo uno di quei serpentoni giganti. Trapassato da parte a parte, pronto per lo spiedo!- Lei rise di nuovo, intrecciando le gambe con quelle di lui. Un suo piede venne a contatto con il polpaccio di Tony, che si accorse immediatamente della temperatura forse un po' troppo fredda. Si tirò su col busto, recuperando ai piedi del letto il piumino e stendendolo sul corpo di entrambi.

Ritornò a distendersi, mettendosi di fianco per guardarla in viso e circondandole i fianchi con le braccia. Rimasero così un po' di tempo, nel quale ascoltavano i loro respiri regolari. Tony tenne gli occhi chiusi, ma non dormiva, sapendo che gli occhi di lei puntavano verso il basso, sulla lucina azzurra.

-Sono così abituata ad addormentarmi con questa luce.- Lui sentì la leggera pressione delle sue dita sfiorare ancora una volta il reattore arc. -Non so cosa avrei fatto se...- le parole gli morirono in gola. Tony riaprì gli occhi, incontrando immediatamente quelli stupendi di lei. Solo in quel momento si accorse veramente ciò che avrebbe perso e si rese conto di aver il disperato bisogno di Pepper per il resto della vita. Lei era la sua vita.

Si stupì quando si accorse di non averla ancora baciata; solo quegli abbracci gli erano bastati per sentirsi ancora vivo, ma in quel momento voleva farle capire quanto l'amasse e lasciarsi amare solo come con lei era riuscito a fare.

Con delicatezza le passò una mano sulla guancia per poi sporgersi su di lei e baciandola sulle labbra, ma quel solo bacio non gli bastò e stessa cosa valse per Pepper, che non appena le loro bocche si divisero leggermente, cercò nuovamente con desiderio le labbra di lui.

Ai baci si aggiunsero carezze e dopo pochi minuti si ritrovarono a far l'amore, legati l'uno con l'altra nell'unione più bella che possa esistere tra un uomo e una donna. Si amarono ancor più di tutte le altre volte. Finalmente coscienti cosa sarebbe potuto accadere se fossero stati divisi in qualche modo.

Tony aveva bisogno di Pepper. Pepper aveva bisogno di Tony. Insieme si completavano. Fecero l'amore, vivendo a pieno ogni attimo, ogni secondo proprio come se fosse l'ultimo.

Dopo aver raggiunto l'apice, Tony si abbandonò di schiena sul materasso, tenendo stretta tra le braccia Pepper, che rimase con la testa e una parte del busto adagiati sul torace di lui, mentre i loro respiri concitati si affievolirono lentamente fino a ritornare normali.

-Credo tu abbia ragione...- asserì Tony dopo alcuni minuti di silenzio.

Pepper gli passò dolcemente una mano dalla base del collo alla spalla. -Riguardo cosa?-

-Penso che ti avrei detto che ti amo.- Tony avvertì il corpo di lei irrigidirsi tra le sue braccia, ma poi sentì il suo caldo respiro contro la propria gola e le sue labbra premere alla base del collo, subito dopo una gocciolina calda scivolare sulla sua pelle, capì che si trattava di una lacrima. Non disse nulla; la strinse solo più a sé, lasciando che i loro respiri colmassero quel silenzio che si era creato.

-Tony,- sussurrò con un fil di voce, giusto per farsi sentire appena dall'uomo. -questa era l'unica cosa che non avresti dovuto dire.-

Fine

 

 

 

Nda: Ciao! *e saluta con la manina*

È la prima volta che posto una storia nella sezione The Avengers :) Ma non la prima volta che mi diletto nel scrivere su Tony e Pepper XD (nella sezione dedicata ad Iron Man, mi son data alla pazza gioia :D Chi mi conosce può confermarlo u.u)

Bhè... che dire? Vi è piaciuta questa One-shot? Ho cercato di immaginarmi quello che è successo subito dopo la fine della battaglia, soprattutto per quanto riguarda Tony... Devo essere sincera che alla fine del film, quando lui rischia quasi di passare a miglior vita, mi ha fatto venire la pelle d'oca... Brrr .-. E così ho provato ad immaginarmi come si fosse sentito dopo :)

Come avete potuto leggere oltre a Tony e Pepper, c'è anche l'importante figura di Capitan America, ora spiego perchè l'ho voluta aggiungere... Dunque la scena del litigio sull'Helicarrier tra Steve e Tony non mi è piaciuta per niente! Soprattutto come Rogers avesse giudicato così il mio adorabile genio-miliardario-playboy-filantropo (tiè a Cap! Tony 1 - Cap 0) Adesso è anche vero che Tony non è proprio un santo, ma... pff! Io sono di parte! E le scuse secondo me erano d'obbligo ahahah

Come sempre mi sto dilungando -.-” è meglio se la chiuda qui, prima che vi venga l'istinto di strozzarmi XD

. Grazie a tutti quelli che hanno letto :) Spero tanto vi sia piaciuta, mi raccomando ditemi che ne pensate con una piccola recensione ;) quelle sono sempre gradite

Se avete voglia di leggere qualche altra storia scritta da me... mi trovate qui → Silvia_sic1995

Saluti!!!

Sic

   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Silvia_sic