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Autore: jeffer3    02/09/2012    8 recensioni
AU
Brittany, ragazza tranquilla del McKinley, vuole finire il liceo senza problemi. Cosa accadrà quando una Santana Lopez, completamente cambiata dagli anni precedenti, finirà per entrare nella sua vita?
Dal capitolo I:
"Fu allora che per la prima volta si girò, guardandomi fissa negli occhi.
Dio, avevo sbagliato, non erano marroni.
Erano neri. Come la pece. Un colore che in quel momento sembrava essere un tutt’uno con la sua anima.
Sembrava si stesse scatenando un tornado in quegli occhi, un terremoto, capace di scuotere qualunque cosa, qualsiasi persona.
Anche me.
Un fuoco. Erano occhi come il fuoco."
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana, Quinn/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Se c’era una cosa che odiavo profondamente era svegliarmi presto le mattine in pieno inverno.
Non potevo semplicemente continuare a rotolarmi tranquillamente nel caldo, morbido, meraviglio piomon-
“BRITTANYYYYY”
A quanto pare mia madre sosteneva di no.
“Britt!” esclamò, poco dopo, spalancando la porta della camera “Se non ti alzi subito, sguinzaglierò Mary G. e sappi che questa volta non interverrò per evitare che ti tagli i capelli con le forbici.”
Oh, Mary Grace la mia meravigliosa quanto pestifera sorellina, che si divertiva non poco ad esasperarmi giorno e notte, appena poteva.
“Che gentilezza, mamma” feci, alzandomi di mala voglia dal letto “Tu sì che sai persuadere le persone con le buone maniere”
“Visto che madre modello che ti ritrovi?” chiese, divertita, dandomi qualche pacca sulle spalle “E ora sbrighiamoci! Ho preparato già la colazione”
“Sì, capo!”



 
“Britt, ciao! Devo assolutamente raccontarti una cosa fondamentale!” Mi salutò non appena mi vide nel corridoio della scuola la mia, ormai secolare, amica, con tutta quell’euforia che, da sempre, la contraddistingueva.
“Rach, buongiorno.” Ricambia subito, seppur con meno entusiasmo. “Solo, per favore, non partire a macchinetta, che sono rimasta a che dormivo placidamente nel mio letto, da cui sono stata strappata senza alcun riguardo.” Continuai scocciata e ancora assonnata.
“Dovresti dormire di più, allora.” Commentò, con un sopracciglio alzato.
“Dovrebbero farmi dormire di più, semmai. Comunque, qual è questo fatto sensazionale?”
“Mi sono iscritta al Glee!” esclamò, su di giri.
“Glee? Il club delle granitate?” domandai, confusa, facendo indispettire la mia amica.
“E’ solo un puro caso che i membri del gruppo siano colpit-“ fu interrotta, però, proprio da una slushiata, che la colpì in pieno viso, colando per tutto il maglioncino che indossava.
“Benvenuta nel club, Berry!” esclamò uno degli scimmioni della squadra di football allontanandosi.
“Solo un caso, eh?” feci, quindi, ironica, prendendola per mano e avvicinandomi al bagno più vicino.
“Rachel! Oddio, ti hanno già colpito!” esclamò un ragazzo moretto e ben vestito, che avevo intravisto spesso a scuola.
“Kurt… già, come puoi ben vedere, mi hanno preso in pieno” fece, sconsolata, allargando le braccia. “Dio, questa roba è tutta appiccicosa”
“Beh… tranquilla ti ci abituerai” commentò, aiutandola a levarsene un po’ di dosso con una mano.
“Abituarsi?!” domandai, sconvolta, inserendomi nella conversazione “Scusa, sarebbe normale essere colpiti da una granitata?! Ci mancherebbe solo che fosse un evento giornaliero” sbottai ironica, osservando lo strano sguardo del ragazzo alla mia affermazione.
“Diciamo che… forse è meglio se, d’ora in poi, porti sempre con te un ricambio a scuola.” Commentò, con un tono dispiaciuto, mentre le mie sopracciglia arrivavano quasi al soffitto e trascinavo, letteralmente, la mia amica in bagno.


“Hai sul serio intenzione di continuare questa cosa?” le chiesi una volta entrate, mentre lei si avvicinava al lavandino.
“Brit, mi piace cantare” commentò semplicemente, iniziando a sciacquarsi la faccia.
“E ti piace anche farti un bagno in questa roba appiccicosa almeno una volta al giorno?” feci, aiutandola a ripulirsi.
“Si chiamano compromessi.”
“Si chiama follia!” sbottai, cercando di pulirle alla meglio anche la maglia “Dio servirebbe un asciugamano” commentai, osservandola mezza inzuppata d’acqua e granita.

 
Proprio in quel momento entrò dal bagno Quinn Fabray o anche, ‘chioma rosa’, come era stata soprannominata da un po’.
Inizialmente capo delle cheerios, dopo una gravidanza inaspettata, cambiò completamente.
Dai lunghi capelli biondi era passata, in poco tempo, ad un taglio corto, di colore rosa; dalla divisa della squadra a vestiti larghi e strappati; da un’espressione angelica e pulita a una strafottente, a cui si aggiungeva un piercing sul naso e probabilmente alcuni tatuaggi sparsi su tutto il corpo.

 Osservò interessata la scena, piegando la testa di lato, e focalizzandosi in particolare sull’aspetto giusto un po’ incasinato di Rachel; il tutto nel massimo silenzio, visto che, non appena fece il suo ingresso, noi ci ammutolimmo di colpo.
Quello che non mi aspettavo era il gesto che fece quella, che io credevo ormai una poco di buono, interessata solo a sé stessa, senza il minimo rispetto per nessuno.
 
Senza dire una parola, infatti, aprì il borsone, che aveva sempre con sé i giorni in cui si tratteneva in palestra, e allungò alla mia amica un asciugamano, che lei accettò quasi senza pensarci.
“I-io..” iniziò Rachel, probabilmente per ringraziarla, quando quella, così come era entrata se ne riuscì dal bagno in silenzio, anche se avrei giurato di averle visto spuntare un piccolo sorriso al tentativo, non riuscito, di parlare della mia amica.
 
“Brit, ma hai visto anche tu?” mi chiese, mentre io continuavo a rimanere in silenzio, riflettendo sulla scena.
Perché diavolo si era dimostrata… gentile?
Interessante.
“Ok, credo di star ancora sognand- ahi!” le arrivò un mio ‘piccolo’ scappellotto alla nuca.
“No, non stai sognando, tranquilla!” esclamai, divertita, mentre lei era intenta, ora, ad osservare il tessuto fra le sue mani.
“Secondo te perché l’ha fatto?” chiese, quindi, dando voce ai dubbi di entrambe.
“Non saprei davvero, Rach…”
“E’ pulito e profumato…” commentò annusandolo.
“Quindi non è avvelenato… o contaminato con un qualche materiale radioatt- ahi!”
“Te lo sei meritato!” esclamò, mentre mi massaggiavo la nuca appena colpita. “E’ stata gentile…” commentò poi, illuminandosi “E’ stata gentile con me!”
“Oh, Dio, Rach, hai una cotta per lei da sempre.”
“Non è vero!” ribattè indignata “A me piace Finn!”
“Seh, continua a dirlo, magari, prima o poi, ti convinci” conclusi, avviandomi in classe.



 
Le ore successive di lezione passarono in men che non si dica.
Avevo scampato un paio di interrogazioni, per fortuna, ma dopo la spiegazione infinita del professore di lettere su una quantità industriale di autori, avevo disperatamente bisogno d’aria.
Per cui, al posto di dirigermi a mensa, come ero solita fare, decisi di fare prima una passeggiata nel giardino della scuola.
Credo sia stato probabilmente quello il momento, in cui qualcosa cambiò.
Forse io cambiai, da lì in poi, ma non ne sono proprio certa.
 
Presi una bella boccata d’aria e con un sorriso a 32 denti presi ad osservarmi intorno, quando il mio sguardo cadde inevitabilmente su due ragazze sugli spalti del campo da football.
Focalizzai l’attenzione su quella scena.

 La Fabray stava chiaramente dando di matto, agitandosi e sbraitando cose, che dalla mia postazione non riuscivo ad afferrare.
Era su tutte le furie e cercava, a quanto però potevo vedere, invano, di provocare una qualche risposta nell’altra, che continuava, placidamente, a fumare senza curarsi minimamente della sua scenata.
Santana Lopez.

Mi aveva sempre incuriosito quella ragazza.
Ricordo ancora com’era, appena un anno fa.
Cheerio eccezionale, al top della piramide sociale del McKinley, bellissima, con carrellate di ragazzi ai suoi piedi; era considerata la perfezione fatta persona.
L’unica cosa che rimaneva ora era sicuramente la bellezza.
I tratti ispanici, la pelle ambrata, labbra carnose, fisico atletico con ogni curva al punto giusto, e i suoi occhi.
Non li avevo mai visti da vicino, sembravano di un castano molto scuro.
Particolari. Meravigliosi. Riuscivano a far cadere ai propri piedi chiunque.
Era tutto ancora lì, ma in maniera nettamente diversa.
 
Era come se tutta la luce che la contraddistingueva avesse lasciato spazio all’oscurità.
Non più il rosso e bianco della divisa a ricoprire quel corpo, ma un paio di converse nere, jeans scuri strappati e una felpa di qualche taglia più grande, sempre e rigorosamente, di colore scuro a ricoprire quel corpo.
L’elastico della coda di cavallo era stato ormai eliminato, lasciando i capelli neri liberi, seppur in maniera disordinata e arrangiata.
Sopra al labbro aveva, ora, un piercing e, alle mani, portava dei guanti. Di pezza, con le dita scoperte. Sempre.

Anche in pieno giugno lei continuava a portarli e, se c’era una cosa che avevo notato, è che non se li levava quasi mai. Diciamo che sarebbe stato un evento più unico che raro.
Probabilmente doveva tenerci molto o, forse, più semplicemente, le piacevano particolarmente.
Era sempre da sola oppure, unica alternativa, con la Fabray, la sua unica amica, ora. Non si lasciava avvicinare da nessuno e, se dialogava con qualcuno, era per insultarlo o farsene beffa.
 
Una cosa che ricordo ancora era la sua risata. Limpida, cristallina. Felice.
Ora non c’era più, era a dir poco un miracolo vederle fare un sorriso, che, ad ogni modo, nella maggior parte dei casi era comunque di scherno nei confronti di qualcuno.


“Britt ci sei??”
Rachel mi riscosse da quella specie di trance, in cui ero caduta. Evidentemente doveva starmi chiamando da un po’ vista l’espressione preoccupata.
“Tutto bene?” mi chiese, infatti, subito dopo.
“Sì, sì io sto benissimo” risposi sorridendo, per poi voltarmi, ancora una volta, verso gli spalti.

L’ispanica a quanto pare doveva essersi stancata di sentire l’amica sbraitare, visto che si era alzata gettando a terra la sigaretta.
Nemmeno un paio di passi che, però, la Fabray la strattonò, forte, per provare ad attirare di nuovo la sua attenzione, a quanto pare, senza successo.
La Lopez, infatti, si limitò ad afferrarla per il colletto della maglia che indossava e a guardarla intensamente negli occhi, per far sì, che quella mollasse la presa, alzando le mani in segno di resa, e permettendole di andarsene.

“Britt?” mi richiamò, ancora, la mia amica. “Ma si può sapere che hai?”
“Niente, Rach, io devo andare un attimo in bagno” le disse, rivolgendole un piccolo sorriso “Scusa, è che ero sovrappensiero, inizia a cercare due posti a un tavolo che ti raggiungo subito, ok?”
“va bene..” acconsentì, seppur un po’, confusa.



 
Avevo davvero bisogno di sciacquarmi un po’ la faccia.
E va bene la curiosità per quella ragazza, però arrivare ad eclissarsi completamente per osservarla non andava bene.
Decisamente no.
Entrai, quindi, nel bagno più vicino, non aspettandomi, però, di trovarci dentro proprio lei, intenta a guardarsi allo specchio.
Evidentemente, nemmeno lei doveva aspettarsi la mia presenza lì dentro, visto che si girò un po’ stupita, per poi alzare, incuriosita, un sopracciglio verso l’alto e rigirarsi, subito dopo, ancora verso lo specchio.
Ok, questo era strano. Quante diavolo di probabilità c’erano di incontrarla nel bagno? Lei, che andava sempre nel bagno del secondo piano, universalmente noto come dominio suo e della ‘chioma rosa’.

Il silenzio che aleggiava, tra l’altro, non aiutava molto, motivo per cui era il caso di darsi una mossa.
Mi avvicinai al lavandino accanto a lei, ma non appena aprì l’acqua, qualcosa attirò il mio sguardo.
Aveva sollevato le maniche della felpa che portava, ma c’era una sorta di… macchia? Sembrava più una scia di…sangue?
Sì, era proprio sangue.
 
“S-stai sanguinando.” Le dissi, quindi, un po’ titubante, per paura di una sua reazione strana.

Oh, anche perché avevo dimenticato la parte fondamentale della storia della Lopez.
Giravano moltissime, forse troppe, leggende su di lei.
Di come sia caduta in basso, di come abbia perso la popolarità e la vitalità di un tempo.
Droga, sesso, violenza, omicidi. Sì, c’erano anche gli omicidi nella lista.
Ero sempre stata convinta che fossero un mucchio di fesserie, ma… chi poteva saperlo, no?
 
“Oh.” Disse, semplicemente, bagnandosi un po’ la mano per levarselo e cercando un pezzo di carta, che, come sempre, nel bagno mancava sempre.
“Ehm, tieni” feci, allungandole un mio fazzoletto di pezza, che portavo sempre con me da quando ero più piccola.
Doveva essere un po’ in difficoltà, perché la vedevo osservare, titubante, il pezzo di stoffa, senza però muoversi di un muscolo.
Lo bagnai un po’, quindi, e, non so nemmeno come mi sia venuto, lo poggiai sulla macchia, che ormai era arrivata vicino al polso, esortandola, con lo sguardo, ad afferrarlo e a continuare lei l’operazione.
E lo fece. Probabilmente un po’ confusa, avrei detto dallo sguardo, ma accettò, continuando a pulirsi.
“Grazie…” disse, semplicemente.
“Non c’è di che… sono Brittany, comunque” decisi di presentarmi.
Alla fin fine, mi sembrava la cosa più educata da fare, no?
La cosa, a quanto pare la divertì, perché la vidi accennare un mezzo sorrisetto.
“Io sono Sant-“
“Oh, no, tranquilla lo so.” Dissi, osservandola sollevare entrambe le sopracciglia e continuare a pulirsi.
“Sei andata a sbattere contro qualcosa?” chiesi, senza, tuttavia, ottenere nessuna risposta.
Arrivai a chiedermi addirittura, se avessi mai formulato la frase. Non mi calcolò minimamente.
Fu allora che pensai che forse lo strattone della Fabray potesse averle procurato la ferita, anche se mi sembrava un po’ esagerato. Al limite avrebbe potuto riaprire una ferita che già doveva esserci, ma assolutamente non far uscire, da sola, tanto sangue da farlo arrivare al polso.
 
Intanto il bagno era ancora avvolto dal silenzio, spezzato solo ed unicamente dallo scorrere dell’acqua dal lavandino.
Era un po’ imbarazzante, per cui, non pensai molto a cosa dire per spezzare il silenzio, che me ne uscì così.
“Devono piacerti molto quei guanti… ho notato che li porti sempre”
Fu allora che per la prima volta si girò, guardandomi fissa negli occhi.
Dio, avevo sbagliato, non erano marroni.
Erano neri. Come la pece. Un colore che in quel momento sembrava essere un tutt’uno con la sua anima.
Sembrava si stesse scatenando un tornado in quegli occhi, un terremoto, capace di scuotere qualunque cosa, qualsiasi persona.
Anche me.
Un fuoco. Erano occhi come il fuoco.

 Mi fissò, così, intensamente per una manciata di secondi.
“Lo lavo e te lo riporto domani.” Disse, semplicemente, prima di uscire dalla porta, mentre io ancora cercavo di riprendermi da quello sguardo che sembrava mi avesse scavato l’anima.




Tetraedro dell'Autrice

Ehilà, bella gente!
Ammetto che non so esattamente cosa stia facendo, dato che ho ancora da completare l'altra fanfic "scommettiamo?" (il cui prossimo capitolo, tra l'altro, è in fase di stesura, ma quasi completo!)
Però non ho potuto fare a meno di provare quest'esperimento, visto che l'avevo in testa da un po'.
Il genere, come si può notare, è completamente diverso dalle mie precedenti due storie, e si vede già dal fatto che san e britt non stanno assieme (almeno per ora ehehe)..

Cosa importante: ho deciso che se sembra piacere a qualcuno la continuerò, anche perchè ho qualche ideuzza in proposito, anche se chiaramente continuerei a dedicarmi anche all'altra, a cui comunque darò precedenza.
Diciamo che a questa, se tutto va bene e vi avrà dato una buona impressione, mi ci dedicherò molto appena finisco l'esame, quindi fine settembre, inizio ottombre (periodo in cui sarà molto più libera di scrivere)

Quindi niente, fatemi sapere se vale la pena continuare!
A presto, bella gente! :D
 

  
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