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Autore: bastille    02/09/2012    10 recensioni
One shot ~ Touko Zaizen.
E' deprimente e triste, ma nella realtà è ancora peggio.
Ho scelto lei, perchè sembra forte ma, secondo me, è molto fragile.
Perchè non esistono persone indistruttibili e forti: abbiamo tutti un lato sensibile, magari nascosto ma ce l'abbiamo.
***
Avevo ottenuto ciò che volevo, no? Ero riuscita a farmi amare dalla gente.
Allora, perché non mi sembrava abbastanza? Perché mi sentivo peggio di prima?
Perché non mi amavo, come avrei dovuto e voluto amarmi?
 
***
Non cerco complimenti, non li voglio.
Voglio solo farvi riflettere su qualcosa di veramente importante e doloroso.
Spero di aver reso tutto al meglio c:
Simoϟ
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata ad una ragazza che mi ha fatto riflettere.
Dedicata a tutti coloro che lottano, ogni giorno. E a quelli che, la propria battaglia, l’hanno già vinta.
Dedicata a te che leggi, perché so che, prima o poi, ci sarà un momento in cui ti fermerai e dirai: “Non mi piaccio.”
O semplicemente, vorrai cambiare una piccola parte di te.
 
 

 

never enough.

 



 
“Ho visto la luce di vari occhi spegnersi davanti a me, a causa della forza delle parole.
Tutti, uno dopo l’altro, sono crollati.
Anche quelli che reputavo forti ed indistruttibili si sono frantumati, come fragili statuine di cristallo.”
 
 



Mi chiamavano grassa.
Mi chiamavano grassa, perché il mio fisico era diverso da quello delle altre ragazze.
Perché, a differenza loro, non indossavo la taglia 38 dei jeans.
Erano pochi kili in più, quelli che avevo io, ma loro li facevano sembrare tantissimi.
Sembrava che, ad ogni piccolo pezzo di cibo che mangiavo, si moltiplicassero.
Mi sentivo pesante. Così pesante da poter sprofondare nel pavimento, da un momento all’altro.
Smisi di mangiare: non potevo permettere che il mio peso aumentasse.
Iniziai a diventare pallida e ad avere due grandi occhiaie violacee.
Di notte non dormivo: le risate, le battutine, i commenti, i soprannomi mi tormentavano, impedendomi di chiudere occhio.
Stavo male, ero debole, ma non toccavo cibo comunque.
Eppure, nonostante tutti i miei sforzi e il mio impegno, i kili erano ancora lì: riuscivo a vederli, a sentirli.
Avevo rincorso un obbiettivo che non avevo raggiunto.
Non mi sentivo magra abbastanza.
 



 
Mi chiamavano brutta.
Mi chiamavano brutta, perché non nascondevo le mie imperfezioni con quintali di trucco.
Perché non ero bionda, con il fisico slanciato e le curve.
I miei capelli non stavano mai al loro posto: da lì il soprannome ‘Touko la spaventapasseri’.
Sulla mia pelle, a volte, comparivano dei piccoli puntini rossi.
Mio padre mi ripeteva sempre: “È l’età, Touko. È normale, tranquilla.”
Invece li vedevo solo sulla mia faccia: tutte le altre avevano una pelle liscia.
Non avevo un viso perfetto, uno di quelli che, appena visti, dicevi: “Wow, che viso carino!”
Nessuno mi aveva mai detto che ero bella, o che una maglietta mi donasse particolarmente. Mai.
Nemmeno io mi vedevo carina, non mi sentivo così.
Iniziai a truccarmi, per nascondere il pallore, le occhiaie, e tutto ciò che gli altri non dovevano più vedere, ma non servì a nulla.
Non mi sentivo bella abbastanza.
 
 



Mi chiamavano sfigata.
Mi chiamavano sfigata, perché non ero molto popolare.
Perché non uscivo spesso, solo qualche sabato.
Avevo pochi amici, e alcuni di questi si erano trasferiti altrove. Non avevo motivo di uscire, quindi.
E poi, era impossibile che uno del ‘gruppo dei fighi’ parlasse con una sfigata come me.
Perché perdere tempo, quando potevo rimanere a casa a leggere un buon libro o a scrivere qualcosa?
Mi piaceva scrivere, immaginare un’altra vita: nei miei racconti non esistevano etichette, soprannomi, no.
Nei miei racconti c’erano amicizie vere, la gente ti accettava anche se eri diversa.
Smisi di leggere, di prendere bei voti a scuola, e cominciai ad uscire di più.
Parlavo con molta gente che non conoscevo neanche: le nostre ‘conversazioni’ cominciavano con un ‘ciao, come stai?’ e finivano con un ‘bene. Scusa, devo andare. Ciao.’
Presi, inoltre, un brutto vizio: il fumo.
Non fumavo per il gusto di farlo, odiavo le sigarette. 
Fumavo per piacere agli altri, per essere vista in un altro modo.
Non ottenni nulla.
Non mi sentivo figa abbastanza.
 



 
Mi chiamavano maschiaccio.
Mi chiamavano maschiaccio, perché non indossavo mai le gonne.
Perché non portavo collanine e odiavo il rosa.
Preferivo indossare delle normalissime scarpe da ginnastica, piuttosto che rendermi ridicola sui tacchi.
Non volevo sentirmi ancora più umiliata di come mi sentivo già.
Non mi piaceva indossare magliette corte che lasciavano scoperta la pancia, o quelle trasparenti che lasciavano intravedere tutto.
Mi piacevano i jeans, le magliette normali e le felpe, erano comodi.
Portavo sempre un cappellino, per tenere a bada i capelli.
Il calcio era il mio sport preferito: mi sentivo bene quando ero sul campo.
Nessun ragazzo si interessava a me, mi consideravano una di loro. O meglio, uno di loro.
Abbandonai la squadra, gettai i miei vestiti, e cercai di diventare il più femminile possibile.
Vestivo solo abiti rosa, a fiori, colorati, ma soprattutto, corti e attillati.
Mettevo in risalto quel poco ben di Dio che avevo, ma non cambiò nulla.
Non mi sentivo femminile abbastanza.
 




Mi ripetevano sempre: “Sii te stessa, piacerai.”
Bugia. Grande, enorme, dolorosa, stupida bugia.
Io non ero piaciuta. Mai. A nessuno. Nemmeno a me stessa.
Ma ora, ero cambiata. Ero un’altra.
Avevo ottenuto ciò che volevo, no? Ero riuscita a farmi amare dalla gente.
Allora, perché non mi sembrava abbastanza? Perché mi sentivo peggio di prima?
Perché non mi amavo, come avrei dovuto e voluto amarmi?
Forse perché non ero più io, quella che vedevo nello specchio.
Forse perché non ero cambiata per me, ma per gli altri.
Forse perché ciò che le persone amavano non era la vera Touko, ma la Touko che avevo deciso di interpretare.
Mi ero trasformata nell’ennesima fotocopia, che stupida.
Ero la brutta copia di quello che volevo essere.
Le battutine, le risate, i commenti erano spariti. Eclissati.
Ora c’era posto solo per  gli ‘oh’ e i ‘wow’ di stupore che mi rivolgevano, ogni volta che mi vedevano.
Ma nessuno di quei complimenti costretti e falsi avrebbe riempito il vuoto che avevo dentro.
Evidentemente, tutto questo non era abbastanza.
 




“Questo tipo di bullismo è il peggiore che possa esistere.
Fa più male dell’essere picchiati: il dolore fisico sparisce con il tempo.
Questo tipo di dolore non sparisce facilmente; a volte, non se ne va neanche.
Le cicatrici saranno anche invisibili, ma le senti eccome.
Le parole sono sempre lì, nella tua mente, che ti tormentano.
Per questo, non bisogna mai sottovalutare la loro forza.”
 




#stay strong.

ho cercato di esprimere al meglio i pensieri di coloro che soffrono di questo tipo di bullismo, ma anche i miei. perché io sono una di quelle persone, in parte.
questa shot non è ispirata al mio caso, se è quello che vi state chiedendo.
tutto ciò che ho scritto in questa ff è per farvi capire che il pensiero di non essere mai abbastanza è fisso, non scompare mai.
ed è una sensazione orribile, credetemi.
non tutte le persone iniziano a fumare, hanno pochi amici, non escono mai perché preferiscono scrivere o leggere, cambiano completamente per piacere agli altri ecc… è solo un esempio, sia chiaro.
comunque.
ho scritto questa shot, perché avere questo tipo di problema è una cosa seria: non è dire ‘sono grassa e brutta’ per ricevere complimenti, NO.
chi ne soffre ha una vera e propria ossessione, e non è una cosa passeggiera.
ci vogliono volontà, il sostegno di tutti quelli che ti amano, e forza. tanta forza.
e poi, il fatto di associare soprannomi ed etichette alle persone è una cosa che odio.
io non ci vedo nulla di male nell’essere diversi. proprio niente.
ho giudicato delle persone, è vero, ma solo quando le conoscevo bene per poterlo fare.
non le ho mai etichettate, tantomeno soprannominate, però.
il nome dell’angolino è il motto di Demetria Devonne Lovato.
so che a molti non piace come cantante -ognuno ha i propri gusti-, ma nessuno può negare che questa donna sia una persona meravigliosa.
ha avuto gravi problemi da adolescente -tra cui il bullismo- e li ha tutt’ora, ma li sta superando.
lei è il motivo, per cui molte persone con questo problema vanno avanti, lei è il loro esempio.
lei è il mio motivo, lei è il mio esempio.
ho scelto Touko, perché lei sembra forte ma, secondo me, è molto fragile.
e credo di averla resa ooc. anzi, credo che non ci fosse altra scelta.
in ogni caso.
non cerco complimenti, non li voglio.
scrivendo questa storia, volevo farvi riflettere sul peso delle parole, su come posso ferire, su ciò che possono provocare. ma anche sul fatto che non esistono persone indistruttibili: abbiamo tutti un lato sensibile, magari nascosto ma ce l’abbiamo.
spero di esserci riuscita.
ricordate: mai sottovalutare la forza delle parole.
non volevo passare per una moralista del cazzo, non lo sono, volevo esprimere solo la mia opinione.
ovviamente, poi, ognuno la pensa come vuole.
grazie.
 
-siimo.

 

  
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