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Autore: Silvar tales    04/09/2012    7 recensioni
[Loki/Sygin]
« Loki oltrepassò il guado e giunse ad un'ampia radura soleggiata infestata dalle graminacee. Al lati, crescevano e si annodavano tra loro piante di frutti di bosco, i raggi gialli penetravano a macchie tra il fitto fogliame e i cervi si facevano avanti nello spazio aperto per abbeverarsi nelle pozze d'acqua. Era un luogo a dir poco magico, e racchiudeva preziosissimi ricordi. [...] Quel luogo era stato il nido del loro primo incontro, era un posto adatto per ritrovarsi. »
[Partecipante al contest "War Tales - Racconti dal Fronte" indetto da Filira e giudicato da My Pride]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Liar



Era facile condurre il destriero verso la strada di casa, soprattutto dopo che si erano passati mesi a difenderne i confini, a veder morire valorosi combattenti sul campo, a pregare che le fiamme non arrivassero alle case e alle campagne.
Dopo tanto, i torrioni dorati della roccaforte ricomparivano all'orizzonte.
Loki si sedette sull'erba molle dalla rugiada mattutina e diede sollievo alle mani piagate, costellate di bolle e calli. Non aveva aspettato altro che abbandonare la scomodissima sella di quel cavallo, rubato durante la battaglia, una bestia che non reggeva il confronto con i nobili purosangue di Asgard.
Thor guardò ironico il fratello dall'alto del suo destriero bruno, nei suoi occhi vi erano immensa soddisfazione e stanchezza.
«Ti riposi di già, fratello? Non fremi come me dalla voglia di spalancare le porte della sala del trono e annunciare al padre degli dei la nostra vittoria?»
Loki si tolse l'elmo dal capo, permettendo alla pelle di respirare. Le narici gli si riempirono del profumo tenue dei prati fioriti di Asgard, e dell'odore di muschio e di pioggia dei boschi, delle foreste cupe che si erano appena lasciati alle spalle.
Casa, finalmente.
«Hai delle strane priorità, fratello. Io più di ogni altra cosa bramo mirare di nuovo i paesaggi della mia terra. Dì, non ti è mancata?»
Thor si guardò meglio attorno, si lasciò avvolgere dalla frescura e dall'umidità dell'alba nascente e inspirò come respirasse per la prima volta dopo secoli. Ásaheimr non era mai stata così bella.
«Hai ragione Loki, mi è mancata».
I cavalieri e i soldati si rimisero in marcia, sotto ordine del prode Balder. Mancava ormai poco più che un miglio alle porte della Città Eterna, e nessuno di loro intendeva fermarsi oltre. L'eccitazione di varcare quella soglia era alle stelle, ma Loki sapeva che nessun guerriero bramava di arrivare al cospetto di Odino, era ben altro il motivo che li spronava ad affrettarsi. Le loro donne, i loro uomini e i loro bambini di certo li attendevano ansiosi sulle mura, ognuno di loro aveva un affetto da riabbracciare, un affetto particolarmente importante che aveva lasciato a casa.
«Ci vediamo stasera al banchetto fratello!»
Loki fece un cenno di assenso a Thor e lo guardò ripartire alla volta della città. I suoi compagni di battaglia lo guardavano incerti, ma in realtà sapevano il motivo della sua insolita calma. Loki non aveva nessuno che lo aspettasse, non aveva nessuno per cui si dovesse affrettare.
Il dio degli inganni aspettò che il rumore degli zoccoli sfumasse per poi alzarsi da terra e scuotersi lo sporco dalle vesti, indossò nuovamente quel suo ingombrante elmo e afferrò la briglia del cavallo che l'aveva condotto fin lì.
Avrebbe fatto la via che attraversava i boschi di Azüle, bramava salutare a dovere gli alberi, i ruscelli e gli animali. La natura gli era sempre stata amica, la natura non distingueva tra eredi al trono e contadini, essa accoglieva benevolmente solo chi sapeva rispettarla e trattarla con criterio.
Il mago accarezzò le fronde riarse di un salice, poi scrisse un incantesimo d'acqua alla base delle sue radici, rinvigorendo all'istante le sue foglie sottili come lame.
«Trova refrigerio, amico mio». Il salice parve quasi gracidare in segno di ringraziamento, e con lui tutta quanta la foresta sembrò salutare il ritorno del dio degli inganni.
Avevamo temuto il peggio per te, Signore del chaos. Da anni Ásaheimr non vedeva uno scontro così cruento.
«Mi sottovalutate Fiume, Roccia, Albero. Dovreste sapere che non è semplice uccidere Loki, figlio di Odino. Loki ha qualcosa che tutti i combattenti asgardiani non hanno, e cioè un cervello che funziona».
Le fronde si scossero come provassero pena, sentendo che ancora il giovane si definiva figlio di Odino. Vi erano creature in quel bosco molto più vecchie e sagge di lui, che ben sapevano la storia del suo passato. Ma il padre degli dei aveva deciso di tenere la verità nascosta al ragazzo, e persino il vecchio fiume ignorava il motivo di tale scelta.
Crudele, confinare un Gigante di ghiaccio nell'accecante terra degli Asi. Era come trapiantare un ramoscello delle steppe nordiche in una giungla bollente.
Loki oltrepassò il guado e giunse ad un'ampia radura soleggiata infestata dalle graminacee. Al lati, crescevano e si annodavano tra loro piante di frutti di bosco, i raggi gialli penetravano a macchie tra il fitto fogliame e i cervi si facevano avanti nello spazio aperto per abbeverarsi nelle pozze d'acqua.
Era un luogo a dir poco magico, e racchiudeva preziosissimi ricordi.
Con la nostalgia che gli pesava nel cuore, il dio si avvicinò ai quattro tronchi tagliati nel mezzo della radura. Si ergevano come scheletri, possenti e antichissimi. Era quattro bellissime querce, un tempo verdeggianti e frondose, prima che un incendio non aggredisse la foresta. Allora esse, poiché erano gli alberi più vecchi di tutta Azüle, si posero davanti alle fiamme e le bloccarono, salvando la metà del bosco che ancora non era stata divorata dal fuoco.
La leggenda era talmente vecchia che forse nemmeno Odino la ricordava, ma Loki sì. Per anni l'aveva ascoltata attentamente interpretando i fruscii e gli schiocchi delle creature di Azüle, e ne aveva fatto tesoro.
Ma ora quei vecchi tronchi secchi venivano usati come tirassegno, la corteccia era costellata di fori e sul terreno sottostante giacevano frammenti di frecce rotte. Erano un bersaglio comodo per allenarsi a tirare con l'arco, e nessuno si preoccupava di rispettare il loro glorioso passato.
Il giovane sorrise, ma rimase voltato. Quel luogo era stato il nido del loro primo incontro, era un posto adatto per ritrovarsi.
I suoi passi erano così leggiadri che nemmeno la foresta si sarebbe accorta della sua presenza, tale era la sua delicatezza nel toccare le foglie, nel camminare sull'erba e sulle radici.
Aveva atteso tanto, talmente tanto che doveva essere cambiata. Quando l'aveva lasciata portava da pochi giorni suo figlio in grembo, era difficile persino credere che dentro al suo ventre stesse crescendo un bambino; ma ora, la gravidanza doveva essere ben vistosa.
«Parli ancora con gli alberi, Loki?»
Il dio si voltò, non riuscendo a trattenere un sorriso nel rivederla. Sygin.
Indossava un vestito celeste che le lasciava scoperte le spalle e le gambe, e le cadeva con eleganza sui fianchi e in mezzo alle cosce, stretto in vita da un fine ornamento d'oro. D'oro come i suoi capelli, ampi, mossi, lasciati liberi e sciolti, lasciati alla carezza del vento.
Ma c'era qualcosa che mancava. Loki la osservò turbato notando il suo ventre, piatto, pallido e levigato. Non vi erano segni ch'ella fosse incinta.
Per un attimo, il dio ebbe paura, paura che le fosse accaduto qualcosa, paura che la guerra fosse arrivata fino ai confini di Asgard. Avanzò quindi verso di lei, frettoloso di riabbracciarla e visibilmente preoccupato.
«Sygin, cos'è accaduto? Perché sei...»
Ma si fermò.
Da dietro le gambe della ragazza spuntò un bimbo, un bimbo minuto e gracile, dai capelli scuri e gli intensi occhi verdi. Camminava, anche se a giudicare dalla sua statura non aveva neppure raggiunto un anno di vita.
Gli occhi di Loki si accesero di sorpresa.
Un sentimento inaspettato lo travolse, un sentimento che non assomigliava neppure alla felicità, era qualcosa di più. Era la luce di un sole intramontabile.
E anche il suo ghiaccio si sgelò, per un attimo, e non poté fare a meno di sorridere.
«Ma questo è...»
«Sì, e l'ho fatto tutto da sola». Rispose lei con un cipiglio canzonatorio.
«Mi chiedevo quanto tempo fosse passato dalla mia partenza! Pensavo alcuni mesi...»
Il dio si abbassò e sollevò in braccio il pargolo, come per sincerarsi che fosse reale. Era reale eccome, ed anche parecchio vivace a giudicare da come si dimenava per tornare in seno alla madre.
«Questo caratterino suppongo l'abbia preso da te, mia cara».
Sygin sorrise, dedicandosi ora ad osservare per bene il viso dell'amato, e i segni che la guerra vi aveva lasciato sopra. Loki le ricambiò lo sguardo, non più radioso come i momenti appena trascorsi, era bravo a simulare in fretta la sua gioia, ma ella sapeva comunque leggerla dietro le righe.
Poi la sua espressione s'indurì, come se d'un tratto la mente gli fosse stata oscurata da terribili fantasmi.
Ora che avevano un figlio, le minacce del mondo parevano moltiplicarsi.
L'odore della guerra si sentiva vicino, vicinissimo ad Asgard. Come il sentore della tempesta che si annusa nell'aria mattutina.
«La guerra ti ha fatto perdere la cognizione del tempo. Persino a te, Signore del chaos».
Loki aprì la bocca come volesse dire qualcosa, ma poi rimase interdetto e tacque. Strinse a sé la ragazza, cingendole la vita, cosicché il bambino poté calmarsi.
In quel momento Thor sarà stato presso Odino, a cospargersi di gloria, ma ignaro del fatto che la battaglia non era stata vinta. Un'altra battaglia era alle porte, e si prospettava più cruenta e più lunga delle precedenti, ma lui se n'era già dimenticato.
Dopotutto Thor, lo stolto, amava la guerra. Amava quel sentimento di onnipotenza, quel brivido lungo la spina dorsale, amava ricalcare con la forza la superiorità di Ásaheimr sull'intero universo.
Quale presunzione, pensò Loki storcendo il naso.
«Non darti pensiero Sygin, Asgard ha la possibilità di vedere la pace. Gliel'abbiamo già data» disse Loki, osservando teneramente il figlio. Un giorno sarebbe salito al trono, ne era certo. Ne sarebbe stato degno.
«Qual è il suo nome?»
Sygin alzò la testa fiera, e i suoi occhi azzurri si accesero della luce mattutina. Una luce vivida di speranza e di amore.
«Liar».

Ora ne era convinto.
Questa terra, questo bosco, avrebbero respirato di nuovo. Lontani da conflitti e soprusi.
Il giorno dell'incoronazione del Re.


   
 
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