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Autore: Josie5    04/09/2012    14 recensioni
Una punizione divina. Per Evelyne Gray, la ragazza del giornalino scolastico o la presidentessa, come ci tiene a dire lei, Max Parker è una punizione divina.
Evelyne è infatti convinta che il karma o Dio, o qualunque cosa sia, stia cercando di punirla con lui.
Punirla perché, a causa di problemi economici, comincia a sfruttare il fatto di essere così ben voluta dai professori per passare le soluzioni dei test ad alcuni suoi compagni di scuola; il tutto in cambio di soldi.
Evelyne non è orgogliosa di se stessa, ma per quasi due anni continua a tradire la fiducia che le è stata concessa.
Quando decide di smettere non tiene conto del fatto che Clark, il suo ultimo "cliente", sia uno dei migliori amici di Parker; non tiene conto del fatto che Parker stia preparando la sua vendetta fredda.
Max ed Evelyne non si sono mai parlati, ma si conoscono molto bene per via del giornalino di lei e di un certo articolo. E Max Parker, il capitano della squadra di basket della scuola, bello e popolare, non può di certo essere umiliato senza conseguenze. Non dopo quello che ha fatto Evelyne.
(Revisione in corso: 3/31)
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Punizione divina




Grazie mille a Jess Graphic per la copertina :3



 

Prologo 

– La foto del mese 


 

Camminavo a passo svelto lungo i corridoi della scuola, dirigendomi verso l'aula numero 108.

Non correvo solo per lo sguardo trucido del vecchio bidello Joe che, brandendo la scopa, faceva come al solito finta di lavorare.

- Non riesco a crederci! - Il mio tono incredulo era abbastanza alto da poter sembrare un urlo isterico e attirava non pochi sguardi. –Ma davvero?!– Serrai le labbra, bloccando le parole che non riuscivano ad essere entusiaste quanto lo ero io. – Credo sia il giorno più bello della mia vita, Francy!Girai l’angolo per poi saltare subito, a memoria, le poche scale che dividevano la zona "Lab." dell'istituto dal resto della scuola, avvicinandomi sempre più.

- Sono quasi arrivata! Adesso mi spieghi tutto, nei minimi dettagli. - Scandii per bene le ultime parole, chiusi con uno scatto il cellulare e me lo infilai in tasca.

Nella zona “Lab.”, alias laboratori, oltre a trovarsi ovviamente le aule riservate a materie scientifiche e manuali, erano collocate anche le stanze adibite alle attività extrascolastiche, tra cui l'aula 108. 

L'aula 108, o “casa” per me, veniva utilizzata per l'elaborazione e la stampa dell'ormai famoso giornalino scolastico, di cui io ero il presidente. Cosa rendeva diverso il mio - pensai a quell'aggettivo con un leggero compiacimento - giornale dagli altri era la divisione che avevo attuato durante quell'anno: oltre alle normali notizie scolastiche, essenziali e sempre presenti, avevo introdotto una parte più leggera e accattivante e il noto angolo "La foto del mese". L'ultima idea, seppur, lo sapevo anch'io, cattiva, aveva ottenuto un notevole successo e anche dei buoni vantaggi per la cassa scolastica.

Con la collaborazione di Francy, un'accanita fotografa che avevo rapito, sempre quell'anno, dal club di fotografia, riuscivamo a individuare l'obiettivo giusto e a coglierlo con uno scatto mentre stava facendo qualcosa di particolarmente imbarazzante. Per non essere però del tutto cattiva e, soprattutto, per non andare incontro a problemi legali, censuravo sempre la faccia del mal capitato e tacevo sul nome, ma, di solito, dopo al massimo una settimana, questo veniva sempre e comunque fuori, per sfortuna del soggetto e per fortuna delle ragazze della scuola, che riuscivano ad avere sempre argomenti freschi su cui spettegolare.

In quel modo mi ero dovuta sorbire minacce, crisi di pianto di ragazzine che si consideravano umiliate a vita e ragazzi che, appostandosi dietro un angolo, cercavano di farmi lo sgambetto per “umiliarmi” con una caduta davanti alla scuola, ma, ginocchia sbucciate e lividi a parte, per ora ero ancora lì.

Sorrisi allegra, abbassando la maniglia della porta dell'aula 108, per poi entrare. Il buon umore era dato dalla persona che era stata immortalata quel mese da Francy: un colpo veramente importante, il più grosso, il migliore. 

- Evelyne! - Francy, appena mi vide entrare, cominciò a sventolare la mano guantata da sopra il muro che gli altri due addetti alla cronaca avevano creato con le loro schiene, coprendo lei e la sua scrivania da lavoro.

Mi avvicinai con una piccola corsa, fin troppo esaltata.

- Fammi vedere! - Il mio viso si aprì subito in un grande sorriso, mentre Luke e Nick si spostavano per farmi avvicinare alla mora. 

Francy ghignò in modo complice. - Eh no! Prima i dettagli!

La fulminai, cercando di sporgermi dalla sua parte e vedere la foto impressa sulla sua grande, esagerata Canon. Ancora oggi mi chiedo come facesse a fare foto di nascosto portandosi dietro quel mostro. -Dopo!- Congiunsi le mani in segno di supplica, capendo che non sarei riuscita a vedere la foto senza la sua collaborazione. 

Lei sbuffò divertita, porgendomi la camera. Osservai la foto sullo schermo: i capelli castani, tendenti al biondo, il taglio degli occhi, il sorriso, il GESTO; tutto molto riconoscibile e nitido.

- Non ti starò a ripetere che io l'avevo detto che Parker non è poi così perfetto e combina cose, cose molto strane anche lui; come tutti alla fine. Mi limiterò a ricevere ringraziamenti e complimenti! - Ridacchiò con aria di superiorità, ma non le dissi niente, perché in effetti quella volta aveva fatto davvero un buon lavoro.

- E' perfetto! - Esultai, trattenendomi dal saltare per la soddisfazione. - Mettila sul computer! Appannerò leggermente il viso... – Mi bloccai, ghignando. - Leggermente!

Nick si sistemò gli occhiali un po' a disagio. - Eve...- Mi chiamò, facendo un passo avanti dalla sua posizione isolata. Alla mia occhiata accigliata si schiarì la voce con un leggero colpo di tosse. - So che sei tu quella a decidere ma... I capelli di Max sono abbastanza riconoscibili: censurerei anche quelli… Forse è meglio...

Guardai la foto: Max Parker, il ragazzo più popolare di tutta la scuola, nonché playmaker della squadra di basket, a petto nudo in quello che probabilmente era lo spogliatoio della palestra. Per qualche strano motivo stava infilando le mani nei lunghi e rossi boxer del suo migliore amico Billy, di cui si vedeva a malapena la faccia e che riconoscevo semplicemente dalla maglia di due taglie in più dei Muse. Concentrai svogliata lo sguardo sulla chioma castana del malcapitato, su quelle particolari sfumature più chiare, naturali, che rendevano ancora più belli i ciuffi lisci spettinati e umidi dopo la doccia. 

Arricciai le labbra.

In effetti... 

- Sono dei normalissimi capelli castani.

Nick si corrucciò e provò ad insistere: - continuo a pensare che lo riconosceranno sub... 

Alzai le spalle interrompendolo. - Io non farò nomi, come al solito, e l'argomento è chiuso!

Luke, degno collega del suo amico, si passò una mano tra i capelli rossi. - Evelyne, io la penso come Nick e, per favore, censuragli almeno in modo decente la faccia! Stiamo parlando del ragazzo più popolare della scuola, non di una delle solite cheerleader mancate! Lo diciamo per te: Max potrebbe reagire male!

Non scoppiai a ridere solo per rispetto alla loro seria preoccupazione, ma non riuscii a trattenere un sorriso scettico. -E cosa dovrebbe farmi? Picchiarmi? Allora... -Sospirai facendo roteare gli occhi al cielo. -Tranquilli, mi prenderò tutta la responsabilità. Al massimo non diremo che è stata Francy a fare la foto! Io sono il capo e io decido di far capire più del solito chi è questo tipo che allunga le mani verso un suo amico.– E risi, fin troppo divertita dalla situazione.

Francy spostò lo sguardo dalla finestra, che fino a quel momento aveva guardato svogliatamente, verso me. - Ehi, scherzi?! Una foto del genere a Max, c'è da esserne orgogliosa! Voglio scritto a caratteri cubitali: “Foto di Frances Reed”! - Con le mani cominciò a mimare la grandezza della scritta. 

- Certo! - L'assecondai continuando a ridere, per poi tornare a guardare i due pessimisti. Luke aprì la bocca per dire qualcosa ma lo fermai alzando una mano. - E se vi preoccupa così tanto la sua reazione, vi ricordo solo che tra una settimana finisce la scuola e anche volendo, ma non lo farò, riuscirei tranquillamente a sfuggirgli. Secondo: avrà un'intera estate per dimenticarsi tutto e lo farà. - Poi aggiunsi, conoscendo il soggetto: - i suoi soliti festini e le ragazze lo aiuteranno.

Nick sospirò - Sarebbe molto più semplice oscurare per bene la faccia di quel ragazzo…

Lo ignorai, cominciando a far muovere Francy verso la sua postazione - Al lavoro! Al lavoro! Domani dobbiamo stampare!

Non guardai più verso i miei due compagni di laboratorio, ma li conoscevo abbastanza per immaginare Nick che, un po' rassegnato, tornava al suo articolo di lamentela contro il cibo della mensa scolastica e Luke che, esitando parecchio, mi lanciava occhiate di fuoco.

 

 

- Ma…
- Ma sì! Ma sì!
- Ma no invece! Non ce lo vedo a fare qualcosa del genere… Dai!
- Te lo dico io che me ne intendo!
- Te ne intendi?!
- E' lui comunque!
- Sì, sì, cavolo!
- Shh!
- Arriva!


Me ne stavo bella felice, il caffè in una mano e giornale nell'altra, ad ascoltare il brusio che quel giorno, davanti alla scuola, era persino più intenso del solito. Il mio istituto era davvero pieno di pettegoli, ma in effetti per me era meglio così. 

Il giornalino era ovviamente stato pubblicato, come avevo voluto io, e così come aveva anticipato quel gruppo di ragazze poco lontano, Max Parker fece la sua bella comparsa, arrivando dal parcheggio con il suo gruppo di amici. Ridevano e parlavano in quel modo fastidioso e rumoroso tipico di chi si crede migliore di te.

Probabilmente il bel castano era rimasto perplesso fin da subito quando - oh, lo immaginavo così bene - sceso dalla sua fiammante macchina rossa, oltre alle solite ragazzine sbavanti, aveva visto studenti che lo osservavano con una strana risatina di scherno.

Sorseggiai un po' il caffè, gustandomi, invece della bevanda, la scena che mi si presentava davanti: Nicholas, un ragazzino del primo anno che per entrare nella squadra di basket e nelle lodi del capitano faceva da schiavetto a Max, gli si avvicinò di corsa, con il giornale sotto braccio. 

In quel momento mi chiesi per la prima volta se mi avrebbe mai detto qualcosa, come tutti gli altri, e mi fermai un attimo, appoggiando il bicchiere di plastica del bar.

Parker, alzando gli occhi al cielo, cercò il più possibile di ignorare quel moro così fastidioso, ma, alla fine, cedette e prese finalmente il giornale; cominciò a sfogliarlo svogliatamente. Mi accigliai per quell’evidente disinteresse verso il mio giornale. Dopo aver vagato con lo sguardo per la pagina che gli era stata indicata, trovò quello che tutta la scuola era impegnata a guardare. 

All’altezza della pancia percepivo l’ansia di vederlo reagire, soddisfatta, perché sapevo che l’avrebbe fatto e che un qualche tipo di sentimento avrebbe smosso i suoi bei lineamenti.

Sgranò leggermente gli occhi e, quasi per caso, alzandoli, incrociò i miei.

Ebbi un piccolo sussulto, solo di sorpresa, ma mantenni fermo lo sguardo. Un sorriso canzonatorio mi piegò quasi involontariamente le labbra. Lo vidi riacquistare velocemente quella sua solita aria impassibile e poi, continuando a guardarmi, con una sola mano accartocciò il giornale, fino a farlo diventare una piccola pallina di carta. Il mio sorriso si mantenne saldo. 

Distolse lo sguardo e con uno sbuffo buttò per terra i fogli spiegazzati, ormai irriconoscibili. Lo guardai mentre entrava a scuola senza rivolgermi più la benché minima attenzione. Accigliata accavallai le gambe con un gesto fluido e tornai a bere il mio caffè.

No, decisamente non mi avrebbe mai parlato.

 


Così credevo, e in effetti fu.

Almeno fino all'ottobre dell'anno dopo.

 

   
 
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