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Autore: Emily Alexandre    04/09/2012    5 recensioni
"Gelsomino e sangue. Lo percepiva in ogni fibra del suo essere, in ogni libra di carne, in ogni respiro… Gelsomino e sangue, in qualche angolo sperduto di un cimitero ormai deserto in quella notte di fine estate. [...]Conosceva bene quell’ambiente, quel cimitero nato per volere di un uomo ormai morto da tempo, ma la cui impronta non sarebbe mai sparita del tutto da quella Parigi di fine ottocento.
Forse per questo la vide immediatamente, palpitante e viva, lì dove gli uomini non erano che cenere: i capelli biondi catturavano i raggi lunari e le gonne nere fluttuavano nell’oscurità quasi fondendosi con essa.
Ai suoi piedi, una piuma rossa come il sangue che aveva seguito fino a raggiungere lei."

Una notte in un cimitero, follia, istinti, un vampiro, un umano, una vita spezzata in un luogo che porta con sé il sapore dell'eternità.
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Une plume rouge comme le sang

 

 

 Agli attimi cristallizzati,
a chi era nel mio passato, a chi c'è nel mio presente, sognando il futuro...

 


Gelsomino e sangue. Lo percepiva in ogni fibra del suo essere, in ogni libra di carne, in ogni respiro… Gelsomino e sangue, in qualche angolo sperduto di un cimitero ormai deserto in quella notte di fine estate.
L’uomo respirò a fondo e si guardò attorno, alla ricerca dell’origine di quel profumo che lo stordiva e attirava fino allo spasmo. Tutto era immerso nella quasi totale oscurità, solo alcune candele rischiaravano l’ambiente, avvolgendolo in un’atmosfera pericolosa e seducente. Amava la notte, i misteri che portava con sé e i desideri soppressi che venivano alla luce, senza remore né inibizioni, l’ideale per chi, come lui, amava lasciarsi andare guidato solo dall’istinto.
La ragione moriva al tramonto, lasciando il posto ai soli impulsi… Come durante quella notte.
La vide all’improvviso, una scia lungo un viale secondario, di un rosso così scuro da sembrare quasi nero, peccaminosa, voluttuosa.
Seguirla fu puro, brutale istinto, privo di qualsiasi logica e ragione, che l’uomo assecondò stringendo tra le dita il cappello all’ultima moda, impeccabile come il resto dell’abbigliamento; era bello, di quelle bellezze perfette che lasciavano dietro di sé una scia di cuori infranti e di promesse mai mantenute.
Ironico che, proprio lui, quella notte non sapesse dove trascorrerla. Ironico che avesse deciso di chiedere asilo alle anime del Père Lachaise, sole come lui e forse altrettanto serene.
Conosceva bene quell’ambiente, quel cimitero nato per volere di un uomo ormai morto da tempo, ma la cui impronta non sarebbe mai sparita del tutto da quella Parigi di fine ottocento.
Forse per questo la vide immediatamente, palpitante e viva, lì dove gli uomini non erano che cenere: i capelli biondi catturavano i raggi lunari e le gonne nere fluttuavano nell’oscurità quasi fondendosi con essa.
Ai suoi piedi, una piuma rossa come il sangue che aveva seguito fino a raggiungere lei.
-Siete ferita, signora?
Ella sobbalzò, poi gli sorrise scuotendo la testa.
-Non è mio, quel sangue.
-Cosa ci fate qui, signora?
-Elisa.
Gli si avvicinò lentamente, avvolgendolo con il suo profumo, al punto che egli si trovò a stringere i pugni fino a farsi male, pur di non cedere alla follia che quell’odore portava con sé.
Gelsomino e sangue.
-E voi chi siete, signore?
L'uomo sorrise, mettendo in mostra una fila perfetta di denti bianchi che, al chiarore della luna, rilucevano quasi fossero perla.
-Raoul, mia signora,- le rispose inchinandosi elegantemente. -Per servirla.
-Raoul e null’altro?
-Voi non siete forse Elisa e null’altro?
Quanto era reale quella dama eterea e quanto era frutto della sua fervida immaginazione?
-Da dove venite, Elisa?
-Dal passato.
Mossa dal vento, la piuma si librò in aria finendo tra i capelli della fanciulla.
-Dove andate?
-Nel futuro.
-Cosa vi porta qui?
La udì ridere e si godette ogni nota di quel suono. Anche l’aria parve vibrare.
-Il presente.
Un dialogo surreale con una donna che sembrava uscita da un sogno, in un luogo abitato solo da ricordi; se lo avesse raccontato a qualcuno, nessuno gli avrebbe prestato ascolto, ma Raoul aveva visto abbastanza del mondo, e abbastanza a lungo, da non sorprendersi più di nulla.
E la bellezza… Oh, tutto in quella creatura sprigionava bellezza, il suo aspetto, la sua voce, il suo profumo.
Gelsomino e sangue.
 
Camminarono in silenzio, quasi fossero estranei uniti da qualche conoscenza comune: che ciò che li legava fossero vite ormai spezzate e ridotte in cenere poco importava. Era il legame tra di loro, rosso come la striscia di sangue che li aveva fatti congiungere, come la piuma rossa che giaceva tra i capelli di Elisa, splendente nella notte come il più luminoso dei rubini.
-Cosa ci fate qui, Elisa?
Non lo guardò, ma sorrise. –E voi? Cosa ci fate voi in un cimitero nel cuore della notte?
Cerco la pace, avrebbe voluto rispondere, cerco l’infinito scorrere del tempo, le mille vite che qui riposano racchiuse in monumenti che nulla dicono di coloro sul cui sonno vegliano. Ma non rispose, certo che lei lo comprendesse. I cimiteri erano luogo di morte e dolore per gran parte del mondo, ma per lui era come trovarsi al centro dell’universo, nel punto di congiunzione tra ciò che era stato, che era, e che sarebbe accaduto.
-Quanti anni avete, Raoul?
-Di giorno mille, la notte solo trentatre. E voi?
Si voltò in una nuvola di gonne e sottogonne e camminò all’indietro, guardandolo negli occhi e togliendogli il respiro.
-Mi piace dire di essermi fermata a ventuno. Oh, guardate…
Si fermò all’improvviso, indicando una tomba che profumava di calce che deve ancora asciugarsi.
-Jacques-Louis David.- mormorò Raoul, riconoscendolo. –L’ho conosciuto, anni fa, prima che Napoleone crollasse e lui fosse costretto a scappare. Solo il cuore è sepolto qui, insieme alla moglie.
-Non è romantico?- chiese lei, ed improvvisamente gli fu vicina, troppo vicina. -Napoleone… Mi sarebbe piaciuto conoscerlo.- esclamò maliziosamente.
Raoul sorrise.
–Un donnaiolo con troppe manie di grandezza.
-Un sognatore. Un visionario. Inoltre, amava sua moglie.
-Maria Luisa?
Elisa arricciò il naso.
-Giuseppina.
-Eravate troppo piccola per andare a corte. In caso contrario,- aggiunse con un’occhiata al suo abbigliamento aristocratico, ancorché dalle tinte fosche, -non dubito che avreste fatto scalpore.
-Sono antica come il mondo. Non vi sentite terribilmente vecchio, qui, tra queste tombe? Non sentite addosso tutto il peso della loro storia?
Cadde il silenzio, interrotto solo dal fruscio del vento tra le fronde degli alberi; la piuma fuggì via e loro in silenzio la inseguirono tra marmi e sussurri della notte. L’odore di lei lo investì ancora –gelsomino e sangue- spingendolo ad afferrarle il polso e farla fermare. Desiderio, lo stesso che lesse negli occhi di Elisa.
Desiderio e follia.
La piuma giaceva su una panchina e fu lì, spinto dall’istinto, che Raoul fece sdraiare la fanciulla, mordendole le labbra fino a farle sanguinare, perdendosi in lei, nell’infinito tempo che quel luogo portava con sé, istante dopo istante, battito dopo battito. Gelsomino e sangue e follia e amore, l’amore di una notte, l’amore di una vita o di un istante, che vibrava tra di loro, in quei luoghi, tra quei corpi privi di vita e di un futuro ma portatori di memorie che non si sarebbero perse mai. Gemiti che si espandevano nel silenzio del cimitero, tra le lapidi spettatrici silenziose.
Una spinta, un sospiro, una preghiera.
Sempre più lontani dalla notte, sempre più vicini al sorgere del sole, al limite ultimo per ritrovarsi prima che fosse troppo tardi, prima che le tenebre svanissero lasciandoli esposti. Cenere e dolore.
Cosa ne sarebbe stato di loro, l’indomani? Quando le vite li avrebbero reclamati, con i loro inscindibili legami, i doveri e le convenzioni?
Un gemito gli salì lungo la gola, un ruggito più animale che umano, mentre lei reclamava ogni cosa di lui, il suo corpo, la sua anima, la sua vita, e ancora, ancora, senza fine o principio, come se non ci fosse futuro, come se non esistesse passato, ma solo un presente torbido e voluttuoso.
Gelsomino e sangue.
L’apice del piacere, una piccola morte per chi morto lo era già, mentre due canini affondavano nella vena del collo prosciugando qualsiasi futuro, cristallizzando il momento.
Sparì l’istante prima che sorgesse il sole, lasciando dietro di sé null’altro che morte.
E una piuma rossa come il sangue.
 
 
 

Note di un'autrice latitante
Dopo un’infinita pausa estiva, sono tornata a pubblicare su efp. Avrei dovuto farlo con una delle long che ho in corso, ma in questi giorni io e la scrittura non andiamo d’accordo come dovremmo e tutto ciò a cui sono riuscita a dar vita è… Questo. Non scrivo mai di vampiri, ma quando l’idea è arrivata non potevo non assecondarla. Chi è il vampiro? Chi è l’umano? Io lo so, ma ho voluto lasciare aperto il finale, dando a voi la scelta. Sostanzialmente, potrebbero esserlo entrambi. È una storia che parla di cimiteri, di vita e di morte, che io immagino come un film in bianco e nero, tranne che per un dettaglio: la piuma rossa come il sangue.
Avevo bisogno di sbloccarmi, tornando a pubblicare.
Spero sia stata una piacevole lettura.

Em
   
 
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