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Autore: Eralery    04/09/2012    2 recensioni
Regulus Black/Marlene McKinnon | MiniLong.
E nonostante tutto, che si trattasse di un legame o meno, in questo c’era qualcosa di malsano: qualcosa che andava contro i principi con cui era cresciuto, qualcosa che lo avrebbe o distrutto o aiutato definitivamente, qualcosa che lui non sapeva ben definire. Qualcosa che forse avrebbe potuto afferrarlo e potarlo via, alla luce del giorno, fuori da una prigione che gli era cresciuta attorno senza che lui se ne accorgesse – un giorno, semplicemente, si era svegliato e si era ritrovato circondato: circondato da muri di parole su parole che sapevano di rabbia, superiorità e disprezzo che doveva provare.
Ma stava a lui decidere, in fondo.

*
“Io non sono come loro, e se lo vuoi non lo sei neanche tu,” gli aveva detto Sirius, un giorno, e in quel momento si rese conto di volerlo.
Seconda classificata e vincitrice del Premio Giuria al contest "A white rabbit whit pink eyes ran close by Alice" indetto sul forum di efp da Daphne Kerouac.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mangiamorte, Marlene McKinnon, Regulus Black, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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cap 5 dlp

5.

Giugno 1980. 

Regulus girò velocemente la pagina del tomo che stava leggendo. Era passato un mese dalla missione, e in quei giorni aveva scoperto più di quanto avesse mai potuto immaginare. Era successo tutto una sera, dopo un discorso ambiguo da parte del Signore Oscuro.

“Forse, un giorno, anche voi scoprirete i segreti della morte,” stava dicendo Voldemort, la bacchetta di tasso stretta fra le dita bianche. “Anche se, ad essere sincero, non credo riuscirete ad ingannarla come me.”

Ci aveva riflettuto a lungo, Regulus, ed era andato a parlare con l’unico che potesse dire di conoscere almeno in parte chi era prima Lord Voldemort, Tom Riddle: Horace Lumacorno.

Imperio,” sussurrò Regulus, la bacchetta puntata di nascosto verso il vecchio insegnante, il cui sguardo divenne improvvisamente vacuo. “Cosa sa di Tom Riddle?”

Horace parve impaurirsi, nonostante la maledizione, ma fu obbligato a rispondere: “Era… Tom Riddle era uno studente brillante ed incredibilmente dotato, non c’è che dire… Era anche molto bravo a…”

“No,” lo interruppe Regulus, rapido, guardandosi attorno con aria guardinga. “Intendo sul suo rapporto con la Magia Oscura.”

“Io… All’inizio pensavo fosse solo un interesse scolastico. Ricerche e cose del genere… Qualche volta mi chiese anche alcune cose.”

“Ad esempio?” insisté Regulus. “C’è qualcosa di… di molto pericoloso che le chiese?”

Regulus sentiva l’adrenalina scorrergli nelle vene, mentre una goccia di sudore gli scivolava lungo la tempia. Si sentiva euforico: era in procinto di scoprire il segreto del Signore Oscuro. Ma nonostante ciò, era anche preoccupato: ormai aveva capito che il Signore Oscuro era in grado di fare qualunque cosa gli potesse garantire maggior potere o più forza.

“Lui… lui mi chiese qualcosa riguardo una magia tanto potente quanto oscura…”

Regulus lo incitò a continuare, mentre iniziava a tremare appena.

“Gli Horcrux,” rispose il vecchio, e non appena lo disse Regulus spezzò l’incantesimo per cambiargli la memoria.

All’inizio si era scoraggiato, perché non aveva mai sentito parlare di Horcrux. Aveva provato a cercare qualcosa su di loro nei libri che aveva a casa, ma, nonostante essi fossero piene di magie oscure, non aveva mai incrociato la parola Horcrux. Era anche andato da Magie Sinister con l’intento di trovare qualcosa, ma non aveva avuto fortuna.
Alla fine, aveva preso il coraggio a due mani ed era andato a casa di Lucius Malfoy. Villa Malfoy era grande, e sapeva bene quanti libri contenesse la sua biblioteca privata.
Lucius l’aveva guardato un attimo, colpito dalla richiesta di fare una ricerca, ma alla fine aveva acconsentito e l’aveva accompagnato alla biblioteca. Lì gli aveva chiesto se avesse bisogno di una mano e gli aveva indicato gli scaffali riguardanti il tempo, l’amore, il buio, la morte e tanti altri. Regulus, dopo che Lucius se ne fu andato, corse immediatamente a quello sulla morte.
Dopo svariate ricerche, aveva trovato qualche accenno a ciò che stava cercando. Fu un pezzo in particolare a fargli capire fin dove si era spinto il Signore Oscuro: Con la parola Horcrux si definisce un oggetto in cui qualcuno ha riposto parte della propria anima. Un Horcrux, quindi, impedisce la morte del mago che lo ha creato: il frammento d’anima che risiede al suo interno, infatti, resterà illeso e permetterà al mago di sopravvivere. La via per la creazione di un Horcrux è crudele e dolorosa, e per questo motivo non ne parleremo in questo libro.
Questo era stato tutto ciò che era riuscito a trovare in un intero pomeriggio, e nonostante avesse controllato anche in altri volumi – tra cui quello che teneva aperto sul tavolo – non era stato in grado di ricavare altre notizie su gli Horcrux. Ma erano bastate quelle frasi a fargli capire quanto si fosse spinto in là Lord Voldemort.
Mentre chiudeva il libro che aveva letto fino a quel momento, un pensiero gli balenò per la mente: Non vincerai.
Non avrebbe permesso che Voldemort vincesse la guerra, avrebbe fatto di tutto per impedirlo. Stava cambiando rotta, se ne rendeva conto, ed era impaurito da ciò; un poco alla volta si stava distaccando dagli insegnamenti dei suoi genitori.

“Io non sono come loro, e se lo vuoi non lo sei neanche tu,”
gli aveva detto Sirius, un giorno, e in quel momento si rese conto di volerlo. Afferrò il libro dove aveva trovato l’accenno agli Horcrux e, dopo aver ritrovato la pagina, la strappò e se la ficcò in tasca.
Nessuno doveva sapere cosa aveva scoperto.

 

*

Giugno 1980.

 
Le labbra di Marlene erano morbide e piene, e quando si piegavano verso l’alto le donavano un’aria tanto bella quanto fuggente.

Regulus si rigirò nel letto, cercando di addormentarsi – cosa che ormai tentava di fare da quasi un’ora.

Negli occhi di Marlene c’era il cielo, ed ogni emozione era come una nuvola bianca: ballerina, e di tanto in tanto le velava gli occhi di una malinconia che se ne andava quasi subito.

Regulus si tirò le coperte fin sopra la testa, quasi sperasse che così tutti i ricordi lo lasciassero in pace.

Le pallide lentiggini sul viso di Marlene erano tante quanto i dubbi e le incertezze di Regulus, solo che le ultime due erano molto più marcate.
Regulus sentì qualcosa stringergli appena lo stomaco – e forse anche qualcosa un po’ più in alto, verso sinistra.
Marlene aveva contribuito ad accentuare le sue paure.
Regulus si rannicchiò sotto le coperte, mentre sentiva Morfeo prenderlo finalmente con sé.
Ma la morte di Marlene le aveva sollevate tutte completamente.

 

*

Luglio 1980.

Era strano non dover più andare una volta alla settimana alla Testa di Porco, nonostante fossero passati quasi due mesi dalla morte di Marlene. A volte – ma non lo avrebbe mai detto a nessuno, come non avrebbe mai detto niente di loro a nessuno – gli sembrava anche di rivederla, magari sull’altro ciglio della strada; e quando si girava e una macchina passava, lì non c’era che la polvere sollevata dalle ruote che correvano.
Stava ancora cercando il modo per tenersi impegnato tutti i giorni. Cercava di limitare, per quanto possibile, la sua presenza a Villa Lestrange, e quando aveva del tempo – se ne aveva – e Marlene gli tornava in mente lui si chiudeva nella biblioteca di casa Black per fare qualche altra ricerca sul medaglione.

“Com’era fatto il medaglione, Kreacher?” gli chiese un giorno, mentre sua madre dormiva e l’elfo rimetteva in ordine le stoviglie. Kreacher si era irrigidito ed aveva preso a tremare, perciò Regulus gli posò una mano sulla spalla gracile.

“D’oro,” gracchiò dopo un po’. “Con delle porticine davanti, come quelle del ciondolo della Padrona. E c’era una ‘S’ di smeraldi. Kreacher… Kreacher non ricorda altro.”

Ancora non sapeva bene cosa fare delle informazioni in suo possesso, ma ogni giorno si diceva che ci avrebbe pensato il giorno seguente. La verità è che proprio non ne aveva idea. Non sapeva cosa fosse quel medaglione – se non che era l’Horcrux di Lord Voldemort – o come arrivare alla caverna.
Ogni giorno, però, diventava sempre più difficile fare finta di nulla davanti all’Oscuro. Se n’era accorto, Regulus, degli sguardi indagatori che alcuni Mangiamorte gli lanciavano. Barty, poi, che era stato un suo caro amico ad Hogwarts, lo aveva quasi minacciato, dicendo che se avesse tradito l’Oscuro avrebbe tradito anche lui. A Regulus era dispiaciuto tantissimo, ma lui non poteva farci niente, ormai lo sapeva.
Lo sapeva, e sapeva anche che presto sarebbe morto, perché Voldemort, prima o poi, avrebbe scoperto tutto. Ma aveva già deciso che non si sarebbe fatto rincorrere e poi uccidere, no, se avesse dovuto sarebbe andato incontro alla morte.
Mentre pensava ciò, l’occhio gli cadde su uno dei tomi che ancora doveva leggere, Oggetti magici preziosi. Lo afferrò al volo, iniziando a sfogliarlo con impazienza, finché non trovò l’immagine di un grosso medaglione d’oro come quello che gli aveva descritto l’elfo.
Con il cuore che batteva forte, Regulus chiamò: “Kreacher!”
“Il padrone ha chiamato?” chiese l’elfo, una volta apparso di fronte a lui.
“Io – sì, ti ho chiamato,” rispose, annuendo, prima di fargli segno di avvicinarsi. “È questo?”
L’elfo sgranò gli occhi, iniziando ad annuire freneticamente. A Regulus dispiacque molto provocargli tanto dolore, ma doveva farlo.
“Sì, è questo, Kreacher lo ricorda bene.”

Il Medaglione di Serpeverde…

Il giorno dopo Regulus decise di far forgiare un doppione del medaglione, nel caso potesse tornare utile.

 

* 

Luglio 1980.

 
Alla fine aveva preso la sua decisione.
O meglio, aveva capito cosa doveva fare.
Era accaduto durante la riunione dei Mangiamorte, mentre Benjy Fenwick veniva trucidato e tagliato a pezzi da alcuni seguaci dell’Oscuro, che li guardava, vagamente compiaciuto, accarezzando la testa del suo serpente Nagini.
Regulus era rimasto fermo, paralizzato da quella visione tanto oscena e ributtante. Non solo avevano ucciso quell’uomo, ma poi avevano anche infierito su quel corpo già martoriato e ormai ridotto allo stremo.
Era tornato a casa stremato, ma deciso a dare un contributo per finire quella guerra sanguinolenta che imperversava già da troppo tempo, annegando il mondo magico nel terrore più puro. Aveva chiamato Kreacher, la voce alta ma tremante, e quando l’elfo si Materializzò davanti a lui, Regulus vide nei suoi occhi un’orrenda consapevolezza.
E qualcosa scattò in lui.
“Portami alla caverna,” ordinò, perentorio, cercando di tenere ferma la voce e di non far trapelare alcuna emozione da quelle parole. Regulus guardò Kreacher cercare di ribellarsi e alla fine cedere, non prima di chiedergli se fosse sicuro. “Lo sono.”


Non era come se l’era immaginato – era mille volte peggio.
Le onde si infrangevano sugli scogli, l’acqua schizzava ovunque e l’odore salmastro entrava nei polmoni. La rientranza era in ombra, e Regulus – che tremava sia per il freddo che per la paura – era sicuro che in pochissimi l’avessero mai vista, nascosta tra le rocce com’era.
Regulus osservò le pareti rocciose, cercando con gli occhi l’entrata alla caverna, ma dopo molti ed inutili tentativi si girò verso l’elfo. Kreacher tremava forte, molto più di lui, e si guardava attorno con aria terrorizzata; gli occhi scuri erano lucidi e brillanti, e mai a Regulus erano parsi più grandi di allora.
“Fammi strada,” gli disse, dispiaciuto per il dolore che stava provocandogli.
Seppur riluttante, Kreacher annuì e gli indicò un punto preciso nella parete. Regulus annuì ed estrasse la bacchetta, sapendo già quel che aveva da fare poiché era una delle cose che Kreacher gli aveva riferito prima di cadere in preda ai singhiozzi.
“No!” gracchiò l’elfo, tirandolo per una manica. “Non lo faccia, padron Regulus! Non entri là dentro, la prego. Kreacher non vuole che padron Regulus entri lì, è pieno di cose bruttissime! Kreacher non vuole!”
Regulus sorrise appena, mentre l’aria insolitamente fredda per il mese in cui si trovavano gli scompigliava i capelli che si era lasciato crescere negli ultimi tre mesi. Sapeva quel che lo aspettava, una volta varcata la soglia, sapeva cosa lo aspettava alla fine.
“Kreacher, devo farlo.”

Non posso permettere che altra gente muoia per colpa sua.
“Allora lasci che lo faccia Kreacher, lasci che lo faccia Kreacher,” singhiozzò forte l’elfo.
“No, Kreacher,” Regulus scosse la testa, mentre con la bacchetta si apriva una ferita nel palmo della mano destra. Quella si aprì davanti ai loro occhi, permettendo ai due di vedere il buio che dominava all’interno. “Sai tu la strada,” gli disse poi, facendogli segno di precederlo.
Kreacher annuì, nolente, ed entrò. Regulus lo seguì subito dopo, e, quando la parete si fu richiusa alle loro spalle e l’unica luce all’interno della caverna era verde e proveniva dal centro di un lago, alzò la bacchetta e mormorò: “Lumos.”
Seguì Kreacher vicino al Lago, dove l’elfo gli indicò una catena che usciva dall’acqua. Regulus si piegò sulle gambe e iniziò a tirare la catena, che sbatté più e più volte a terra, provocando un sinistro clangore, finché una piccola imbarcazione non uscì dall’acqua scura. Tirando, Regulus la fece avvicinare a loro.
“Saliamo,” mormorò, e per la caverna rimbombarono quelle quattro sillabe miste ai singhiozzi di Kreacher – che salì sulla barca come gli era stato detto, il piccolo corpicino che tremava violentemente, sussurrando frasi sconnesse.
La barca si mosse da sola non appena furono saliti entrambi, conducendoli sempre più vicini al centro del lago, proprio verso l’origine di quella pallida luce. Nel breve tragitto, Regulus ebbe il tempo di pensare davvero a ciò a cui stava andando incontro: nessuno avrebbe mai saputo quel che avrebbe compiuto di lì a poco, alcuni lo avrebbero considerato un codardo, altri un traditore, suo fratello uno stupido che non si era reso conto di star sbagliando sin dall’inizio.
E gli dispiacque, perché sapeva che avrebbe recato disonore alla sua Casata, che avrebbe posto fine ai Black, che sarebbe stato l’ennesima delusione dei suoi genitori. E anche di Sirius, perché nonostante cercasse di nasconderlo anche a se stesso lui non voleva che suo fratello lo ritenesse un idiota senza spina dorsale.
Sarebbe stato ancora in tempo per tornare indietro, uscire e andare a dire tutto a Sirius, a qualcuno, ma ormai aveva preso la sua decisione. E doveva continuare, nonostante quel che la gente avrebbe pensato di lui.
Una volta giungi nell’isolotto al centro del lago, Kreacher precedette ancora Regulus, scendendo dall’imbarcazione ed aspettandolo, cercando di tenersi il tenersi il più lontano possibile dall’acqua, purtroppo memore di quel che era successo l’ultima volta.
“Padrone…” tentò debolmente l’elfo, quando Regulus l’ebbe raggiunto. “Non c’è bisogno che lo faccia… La prego…”
“Ce n’è bisogno, invece,” ribatté lui, avvicinandosi al bacile di pietra che si stagliava, netto e chiaro, in mezzo all’isolotto. Al suo interno, un liquido verdastro brillava, ed in fondo si intravedeva un medaglione identico a quello che aveva tenuto in tasca e che stava tirando fuori in quel momento. “Kreacher, fa’ attenzione,” disse ancora, attirando così l’attenzione dell’elfo. “Adesso io berrò tutta la pozione – e anche se mi dimenerò, tu dovrai farmela bere, sono stato chiaro? – e, una volta che l’avrò finita, tu dovrai scambiare il medaglione con questo qui,” – gli porse il falso Horcrux – “Poi porterai quello qui dentro a casa e dovrai distruggerlo. Okay?”
“S-sì, padron Regulus.”
Regulus gli mise in mano il medaglione finto – che Kreacher infilò in una delle pieghe del suo straccio – e, prendendo in mano il calice sul bordo del bacile, disse infine: “Una volta scambiati i medaglioni, torna a casa. Dovrai lasciarmi qui.”
Kreacher annuì, senza riuscire a parlare, iniziando a singhiozzare ancora più forte mentre le lacrime iniziavano a scendergli da quegli occhi enormi.

Mi dispiace
– pensò, ed era vero. Gli dispiaceva per Sirius e quel che gli aveva detto l’ultima volta che si erano visti, per i suoi genitori ed il dolore che gli avrebbe portato, gli dispiaceva per Marlene e il dolore che lui non aveva potuto alleviarle, per Kreacher e per la tortura che consapevole e nolente gli stava costringendo a subire.
Mi dispiace.

Il primo sorso bruciava, scottava le pareti della gola e a Regulus si annebbiò la vista per un attimo. Ma non poteva fermarsi: perché se anche lo avesse fatto, Kreacher avrebbe dovuto obbedire agli ordini e fargli bere la pozione fino all’ultima goccia. Perciò Regulus immerse per la seconda volta il calice nel liquido verdastro, riempiendolo il più possibile e portandoselo poi alle labbra.

“Voglio un Ippogrifo.”

Svuotò il calice per la seconda volta, la gola che ardeva come se delle lingue infuocate la stessero lambendo dall’interno. Gli occhi avevano iniziato a bruciare, e nella sua testa si accavallavano voci e parole, che andavano a superare ciò che diceva Kreacher.

“Starò sempre con te, fratellino. Non ti lascerò da solo al buio.”

Regulus poggiò una mano sul bacile di pietra fredda appena in tempo, impedendosi di scivolare a terra. Non si era nemmeno accorto che i suoi sensi avevano iniziato ad intorpidirsi, tanto era preso ad ascoltare le voci nella sua testa.
Il terzo sorso fu l’ennesimo fiume di lava lungo la sua gola secca e bruciante. Non riusciva già quasi più a reggersi in piedi, ma tentò di farsi forza appoggiando una mano al bordo mentre l’altra corse verso il liquido, riempiendone ancora il calice.

“Non toccare mia sorella, puttana!”

Regulus iniziò a perdere coscienza al quarto bicchiere, mentre delle urla – le sue – echeggiavano nell’ombra della caverna; il raschiare del calice contro il fondo del bacile gli provocava, però, uno strano senso di soddisfazione, eppure ogni volta che alzava lo sguardo il liquido nel bacile gli sembrava sempre troppo.

“Ti uccideranno, quelle cose.”
“Come ti ho già detto, penso che lo farà prima qualcun altro.”

“Acqua…” mormorò, crollando a terra. Avrebbe voluto solo dell’acqua fresca, dell’acqua con cui dissetarsi. E intanto le voci continuavano a riempirgli la testa, più concitate di prima, e si susseguivano l’una dopo l’altra, veloci, rapide. E facevano male.

“Tu non sei più mio figlio!”
“Erano anni che aspettavo che tu lo dicessi!”

“Beva questo, padrone,” gracchiò Kreacher. “La farà stare bene…”
Regulus lasciò che Kreacher gli avvicinasse il calice alla bocca semiaperta e ne lasciasse scorrere il contenuto in bocca e lungo la gola. Ma fu ancora fuoco: fuoco che divorava, che massacrava e che non lasciava pace.
E tremava, Regulus, continuando ad urlare.

“Li abbiamo scovati, finalmente. Agirete domani.”

Avrebbe solo voluto farle smettere. Avrebbe solo voluto dimenticare per non soffrire ancor di più, perché ogni volta che sentiva qualcosa il vuoto che avvertiva all’altezza del petto sembrava ampliarsi maggiormente.

“Comunque ciao anche a te, Black!”

Il viso di Marlene gli apparve un attimo, e poi comparve quello di sua madre, contratto, arcigno, che gli urlava di essere stato l’ennesimo disonore dei Black.

“In una guerra rischiano tutti.”

Non ce la faceva più, ad ogni sorsata – ormai non ricordava neppure quando avevano iniziato – gli sembrava di perdere parte di se stesso. E la cosa non gli piaceva per niente, e poi fu il caos, nella sua testa.

“Il mio unico fratello si chiama James.”
“Regghy!”
“Non devi avere paura, fratellino, ci sono io con te. Noi siamo più forti, insieme.”
“Tu hai fatto una scelta, tutti devono scegliere.”
“Se dovessi cambiare idea… vai da Silente.”

Le urla continuavano, mentre Kreacher gli metteva fra le mani il calice – per l’ultima volta.
“È tutto… è tutto finito, padrone,” singhiozzò, e Regulus neanche avvertì il tintinnio del falso medaglione che andava a cozzare con il fondo del bacile. Kreacher si mise in tasca l’Horcrux, come gli era stato detto di fare.
La pozione scese per l’ultima volta lungo la sua gola, mentre l’unica cosa che desiderava era poter bere acqua. Per terra, si trascinò fino al bordo dell’isolotto, nonostante la resistenza di Kreacher, che cercava di trattenerlo tirandolo per le vesti scure. Allungò le braccia verso l’acqua salmastra e, le mani congiunte a calice, prese più acqua che poté; si portò le mani alla bocca, ma quando bevve l’acqua presa non avvertì alcun sollievo impossessarsi di lui.
Riprovò e riprovò, mentre Kreacher urlava, disperato, finché delle mani bianche e morte lo afferrarono per le spalle e iniziarono a tirare. Cercò di opporre resistenza, di non farsi trascinare giù, nel baratro, perché aveva ancora troppe cose da dire, ma ormai aveva fatto la sua scelta e doveva andare avanti – nonostante quel che sarebbe successo e nonostante sapesse che non avrebbe più fatto ritorno.
Le mani lo tirarono con forza verso di loro, e alla fine lui cadde. L’acqua era fredda, gelida, e le mani che avevano infranto la superficie si erano come triplicate, una volta dentro. Le caviglie, i polsi, le spalle – sentiva le loro mani ovunque, sul suo corpo ormai stremato e freddo quanto loro.
Non sentiva più Kreacher – le sue urla erano ormai del tutto attutite dall’acqua sopra di lui.
Gli dispiaceva, per il dolore che avrebbe procurato a qualcuno – Regulus non sapeva dire a chi, con precisione, ma sperava, sebbene potesse sembrare crudele, che Sirius facesse parte di loro.

E mentre l’acqua gli riempiva i polmoni e l’aria finiva del tutto, a Regulus parve di udire la risata di suo fratello e di vedere gli occhi di Marlene.








*


Già, è finita. E' proprio finita. Ancora non ci credo. E' finita. Mi fa strano dirlo, ma andiamo avanti.
Ringrazio Hayley Black, la mia SvergognataH, che mi è stata sempre accanto durante la stesura di questa storia.
Ringrazio Daphne Kerouac, per le belle parole che ha speso per questa storia.
Ringrazio Tefnut, che anche prima di leggerla credeva in questa storia.
Ho amato Dietro La Pelle con tutta me stessa, ci ho messo tutto l'impegno possibile e immaginabile, e credo di aver fatto un buon lavoro.
Qui trovate un altro banner, stavolta creato da me. (E sì, quella è la mia pagina, se vi interessa il gruppo basta chiedere in bacheca)
Baci,
Eralery.

   
 
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