- Amelia…

Come Zelgadis ebbe salito le scale al primo piano della locanda dove alloggiavano, vedendola ferma accanto alla porta della sua stanza, fu piuttosto sorpreso di trovarla lì. La principessa teneva le spalle poggiate contro il muro, con le braccia dietro la schiena e il capo chinato, e l’espressione che aveva era anche parecchio imbronciata. Sulle prime Zelgadis rimase immobile sul pianerottolo, anche perché non era bravo a indovinare cosa accidenti le passasse per la testa il più delle volte, e alla fine decise che era meglio non sforzarsi troppo.
Non era la prima volta che Amelia si comportava in modo strano.
A volte Zelgadis riteneva che lei e suo padre, re Phil di Seillune, fossero stati creati apposta per scombinare gli individui sani di mente ( ammettendo che al mondo ne esistesse ancora qualcuno degno di questo nome ). Lui stesso, viaggiando assieme a lei, a quella lunatica di Lina e quello svaporato di Gourry, cominciava seriamente a dubitare di essere ancora capace di ragionare nel modo corretto.
Dopo un breve attimo di smarrimento, passandosi mentalmente una mano sulla nuca, la chimera decise dunque di domandare alla giovane compagna il motivo del suo malumore.

- C’è qualcosa che non va, Amelia?

Silenzio.
Pur essendo alquanto abituato agli sbalzi d’umore dei suoi compagni, e poiché era sfinito da ore e ore di viaggio, l’unica cosa che Zelgadis desiderava in quel momento era di coricarsi e assaporare il giusto riposo. Di nuovo provò a formulare la domanda ma, visto che Amelia non sembrava intenzionata a rispondere in alcun modo, sospirò rassegnato e le passò oltre stringendosi la testa nelle spalle.

- Buonanotte Amelia - mormorò distrattamente, sollevando la mano con noncuranza. - Cerca di andare a dormire anche tu, è tardi…

Neanche il tempo di finire la frase, Zelgadis si sentì improvvisamente trattenuto per il polso. Abbassando dunque lo sguardo, vide che Amelia lo stava appunto stringendo senza nemmeno alzare la testa. Una vistosa gocciolina cominciò a scendere lungo la fronte del poveretto, il quale ne capiva sempre meno, tuttavia Amelia drizzò gli occhi di scatto e gli rivolse un’occhiata a dir poco furente.

- Vorrei parlare con te... adesso!
- Va... Va bene, come vuoi...

Zelgadis deglutì.
Era la prima volta che vedeva Amelia così arrabbiata. Proprio lei, sempre così allegra e vivace, sembrava quasi sul punto di voler scendere in guerra.
Ma perché, che cosa le aveva fatto?
In verità, Zelgadis non aveva molta voglia di mettersi a parlare a quell'ora ma, a giudicare dal tono di Amelia, difficilmente l'avrebbe convinta ad aspettare l'indomani mattina. Deciso dunque a togliersi il pensiero prima possibile, la chimera infilò la chiave nella serratura e aprì la porta.

- Prego, accomodati - esclamò, facendosi garbatamente da parte per farla entrare.
- Hmpf - sbuffò lei seccata, passandogli oltre con passi pesanti che rimbombavano sul pavimento di legno della locanda.
- Mascalzoni - urlò qualcuno, affacciandosi sulle scale dal piano superiore della locanda. - Vi sembra il modo di camminare, a quest'ora? Qui c'è gente che dorme!
- Dannati ubriaconi - fece eco un altro al piano di sotto. - E' notte !!!

Il povero Zelgadis si beccò dunque una caterva di insulti e imprecazioni di vario genere, profondendosi in scuse per lo spiacevole inconveniente, dopodiché rientrò in camera e chiuse la porta tirando un forte sospiro di sollievo.

( continua )