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Autore: telesette    05/09/2012    1 recensioni
Era noto che Zelgadis nutriva una sorta di affetto per Amelia, che lo spingeva a vegliare su di lei e proteggerla quando necessario, ma non si era mai sbilanciato oltre per tutta una serie di motivi...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amelia, Zelgadis Greywords
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Amelia x Zelgadis'
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Il leggero tic-tac dell’orologio fu l’unico suono che seguì nella stanza per diversi minuti, da che Zelgadis ebbe chiuso la porta e si sedette sul letto. Amelia si era sistemata al tavolino di fronte a lui, le braccia strette nell’incavo delle ginocchia, e seguitava a guardarlo con un’espressione semplicemente furibonda. Per un po’ Zelgadis provò a rimuginare su tutto quanto era accaduto quella mattina: il diverbio per la colazione, con Lina che aveva quasi strangolato Gourry per fargli sputare quello che il biondo spadaccino le aveva sottratto; la lunga scarpinata sotto il sole, ogni tanto interrotta da alcuni gruppi isolati di briganti; la fuga dai contadini infuriati, in seguito ai danni che Lina aveva causato ai loro campi a furia di Palle di Fuoco… Per quanto si sforzasse, non riusciva proprio ad immaginare di aver fatto o detto qualcosa per fare incavolare Amelia a quel modo.
Di fatto però, Amelia ce l’aveva chiaramente con lui.
Gli occhi della principessa erano due fiammelle ardenti di collera, e Zelgadis avvertì un brivido scendergli lungo la schiena, alla vista del suo sguardo a dir poco inquietante.

- Eh-Ehm - tossicchiò Zelgadis nervosamente. - Avevi detto di volermi parlare, giusto?

Nessuna risposta.
Le mani di Amelia si strinsero sulla stoffa dei pantaloni, fremendo vistosamente per lo sforzo con cui cercava di trattenere la propria rabbia, allorché Zelgadis provò a ripetere la domanda cercando di scegliere le parole con estrema cautela.

- Se… Se ti sei offesa per qualcosa, mi dispiace - provò a dire la chimera, tenendosi logicamente sul vago, dato che ignorava a cosa lei stesse pensando. - In questo momento non mi viene in mente proprio nulla ma, qualunque cosa abbia detto o fatto, non era mia intenzione mancarti di rispetto e…

Senza alcun preavviso, Amelia scattò in piedi e sbatté entrambe le mani sul tavolo, facendo sussultare Zelgadis per la sorpresa.

- Basta così - fece Amelia, puntando gli occhi in quelli confusi dell'altro. - Ne ho veramente abbastanza di questo tuo modo di fare: ogni volta che affronto la questione con te, cerchi sempre di divincolarti, come se la cosa non ti riguardasse… Ebbene adesso mi sono stufata!

Zelgadis sbatté più volte le palpebre.
Evidentemente Amelia non si rendeva conto che, quale che fosse il motivo del suo risentimento, non aveva ancora specificato di che accidenti stesse parlando. Zelgadis già non sopportava gli indovinelli in condizioni normali, figuriamoci poi stanco com’era, eppure quella notte sembrava proprio che non avrebbe riposato tanto presto.

- Posso sapere a quale questione ti riferisci ? - gemette il poverino rassegnato.
- Non far finta di non capire - replicò Amelia, sollevando il pugno davanti a sé. - Lo sai che ti voglio bene, ma è come se la cosa per te non avesse la benché minima importanza: se provo ad avvicinarmi, ti allontani; se muovo un passo avanti, tu ne fai almeno due indietro; e se provo ad abbracciarti… Oh insomma, Zelgadis! Mi vuoi dire una volta per tutte che cosa sono io per te ?!?

Ora Zelgadis cominciava finalmente a capire.
Già da qualche tempo temeva che Amelia avrebbe deciso di affrontare con lui quell’argomento, ma sinceramente avrebbe preferito parlarne non nel cuore della notte. Ora dunque si ritrovava ad affrontare un problema assai delicato, con le membra che gli crollavano dal sonno, e in un modo o nell’altro doveva cavarsi dall’impiccio.
Per Amelia era una questione molto seria, visto che era innamorata cotta di lui; ma Zelgadis la vedeva sotto tutto un altro aspetto e, dal suo punto di vista, vi erano problemi non indifferenti a rendere impossibile un’eventuale relazione tra loro. Il difficile era trovare il modo più adatto per spiegarlo anche ad Amelia, soprattutto considerando la testa dura che aveva quest’ultima.

- Vuoi dirmi qualcosa, almeno? - sbraitò Amelia.

Subito dal piano di sopra e da quello di sotto giunsero colpi soffocati e insulti di ogni genere, segno che gli altri ospiti della locanda non apprezzavano quel genere di sceneggiata.

- Banda di fracassoni, volete finirla una buona volta?
-
Andatevene da un’altra parte, se avete voglia di urlare!
- Figli di buona donna che non siete altro, a quest’ora la gente normale DORME !!!

- Appunto - osservò Zelgadis sottovoce. - La gente “normale”…
- Mi vuoi rispondere, insomma? - gridò ancora Amelia.
- Va bene, va bene, cerca di calmarti però adesso!
- Guarda che non puoi sempre dirmi tu quello che devo o non devo fa… Mmmphhh!

Dal momento che Zelgadis non aveva alcuna voglia di discutere anche con il proprietario della locanda, specie per giustificare il motivo di tutti quegli schiamazzi notturni, l’unico modo per zittire Amelia era quello di tapparle la bocca e aspettare che si calmasse.
Purtroppo invece il goffo tentativo della chimera servì a fare infuriare l’altra ancora di più.

- Lafhiami… Lafhiami… LAFHIAMIII - mugolò la principessa, agitando i pugni stizzita, con Zelgadis che le premeva ancora di più la mano sulla bocca.
- Ssst - fece lui, temendo che arrivasse qualcuno a buttarli fuori entrambi. - La smetti di urlare, per favore? Vuoi farci cacciare via a pedate?

Amelia accettò di calmare i bollenti spiriti, a patto però che l’altro non si mettesse a cercare scuse come al solito e le rispondesse chiaramente. Subito Zelgadis le tolse la mano dalla bocca e si passò un dito sulla fronte, domandandosi “cosa mai avesse fatto di male”, ma allo stesso tempo si rese conto di ritrovarsi con le spalle al muro.
Finora aveva sempre taciuto della questione con Amelia, ritenendola a tutti gli effetti poco più che una bambina, e non poteva certo immaginare quanto lei invece fosse seria al riguardo. Quando si erano conosciuti, ai tempi del sosia di Rezo, la principessa lo aveva definito esattamente come tutti gli altri: “un mostro orribile”… Per fortuna Zelgadis era abituato a quel genere di appellativi, così come era stato costretto ad abituarsi al suo corpo da chimera, e poco tempo dopo Amelia stessa si rese conto di quanto affascinante e straordinario fosse in realtà. Dapprima sviluppò una sorta di gratitudine e deferenza nei suoi confronti, soprattutto quando si adoperava in suo aiuto ogniqualvolta che lei era in seria difficoltà, e solo in seguito si rese conto di volergli bene aldilà del suo aspetto.
Era noto che Zelgadis nutriva una sorta di affetto per Amelia, che lo spingeva a vegliare su di lei e proteggerla quando necessario, ma non si era mai sbilanciato oltre per tutta una serie di motivi: l’aspetto fisico, la posizione sociale e soprattutto la non trascurabile differenza di età.

- Amelia - cominciò dunque Zelgadis, cercando di arrivare subito al punto. - Prima di rispondere alla tua domanda, posso fartene un paio io?
- Beh, certo!
- Bene - fece l’altro, tossicchiando leggermente per schiarirsi la voce. - La prima domanda è questa: tu sei assolutamente sicura, riguardo ai sentimenti che dici di provare per il sottoscritto?

Amelia sbatté gli occhioni perplessa.

- Sì, assolutamente!
- Capisco - sospirò Zelgadis. - E sai anche cosa fanno due persone adulte, quando si amano e si vogliono bene?
- Ovvio - rispose Amelia, con grande sicurezza nella voce. - Vivono il loro amore, fidandosi ciecamente l’uno dell’altra, nel rispetto dei sacri vincoli e del profondo valore della Giustizia che illumina e guida il loro cammino… Non è così, Zelgadis-San?

Il povero Zelgadis ebbe così la conferma dei suoi pensieri.
Oltre a ripetere praticamente a memoria le stesse frasi del padre, ovvero re Phil di Seillune, Amelia era chiaramente troppo ingenua e infantile per comprendere appieno certi discorsi. Era ovvio che per lei “l’amore” fosse ancora circoscritto ai dolci sogni romantici della sua grande sensibilità ( cosa che, per inciso, Zelgadis apprezzava moltissimo di lei ). A giudicare dallo scatto rabbioso di poco prima, era indubbio che Amelia stesse passando dall’adolescenza all’età adulta, ma non poteva certo sostenere una relazione con un uomo più grande di lei.

- Come diavolo faccio a spiegarglielo?

Zelgadis non era affatto insensibile ai sentimenti di Amelia e, per quanto gli fosse difficile ammetterlo, le voleva un gran bene. Ai suoi occhi la principessa era una fonte inesauribile di problemi, testarda, ostinata, e poco propensa a riflettere prima di agire; d’altro canto però aveva anche molti pregi: era coraggiosa e generosa, sognatrice e romantica, tenace e determinata… per questo si era tanto affezionato a lei.
Ma poteva forse vedere la “piccola” Amelia sotto una luce diversa?
Finora si era abituato a considerarla come una specie di sorellina, e come tale la vedeva tuttora, ma era ovvio che per lei non fosse affatto così. Amelia non era una bambina, anche se il suo modo di fare risultava per certi aspetti molto infantile, e non c’era da stupirsi se tutto a un tratto desiderava maggiore chiarezza circa il loro rapporto.

- C’è qualche problema, Zelgadis-San, non ti senti bene?
- No, non si tratta di questo - rispose lui. - E’ solo che…
- Ti prego - sussurrò Amelia, guardandolo seriamente. - Non devi dirmi bugie, solo per paura di farmi male, io voglio sapere la verità!

Zelgadis sollevò il capo guardandola direttamente negli occhi, tanto che Amelia ebbe un leggero sussulto, ma tutto sommato decise che era meglio parlarle francamente.

- D’accordo - esclamò. - La verità è che sei molto carina Amelia e, se devo essere sincero, mi lusinga sapere di essere così importante per te però…
- Però ?!?
- Però, ecco vedi… non è così semplice - aggiunse Zelgadis, traendo un profondo respiro. - Voglio dire: SE io fossi la persona giusta, sarei onorato di ricambiare i tuoi sentimenti; purtroppo però temo che sussista un po’ troppa differenza tra noi…
- E questo che significa?
- Amelia, guardami - fece lui, alzandosi in piedi e allargando le braccia.

La fanciulla sbatté ancora le palpebre, sempre più perplessa, e ancora sembrava non capire dove lui volesse arrivare. D’un tratto però, battendo il proprio pugno contro il palmo della mano aperta, gli occhi le si illuminarono come se fosse stata colta da un’improvvisa illuminazione.

- Adesso capisco!

Zelgadis parve rilassarsi.
Certo gli dispiaceva pensare che Amelia avrebbe cominciato a guardarsi attorno, cercando storie d’amore più alla sua portata, ma si consolava al pensiero che fosse la cosa più giusta per lei.

- Che sciocchino - fece Amelia, guardandolo con un sorriso. - Non importa se sei grigio, bitorzoluto, pietroso e coi capelli bianchi… Sì, forse un po’ bruttino lo sei, ma io ti amo lo stesso!

Per Zelgadis fu come se una grossa incudine di tremila tonnellate lo avesse appena schiacciato contro il pavimento.
Il tonfo che aveva prodotto, per giunta lasciando un solco enorme per terra, fece rivoltare per l’ennesima volta i clienti della locanda. Questi si precipitarono rabbiosi davanti alla porta della sua camera, spalancandola e riversandogli addosso una fiumana di imprecazioni.

 

- PIANTATELA DI ROMPERE LE SCATOLE, VOIALTRI !!!

Gli avventori rimasero congelati sulla soglia, incapaci di emettere un altro fiato, e la sola vista della chimera infuriata gli fece scendere addosso un brivido di terrore lungo la schiena. Zelgadis si avvicinò verso di loro, quasi volesse sbranarli, e infatti minacciò di incenerirli se avessero provato ad aggiungere anche solo mezza parola.
Così come erano arrivati, costoro corsero disordinatamente sulle scale, per poi rintanarsi ognuno nella propria stanza e chiudere la porta a chiave. Zelgadis aspettò che cessassero i rumori dei mobili che venivano spostati ( segno che qualcuno aveva pensato bene di barricare l’uscio, prima di nascondersi sotto il letto con le mani giunte in preghiera ), dopodichè si voltò verso Amelia e riprese il discorso da dove era stato appunto interrotto.

- Piantala di dire sciocchezze - scattò lui spazientito. - Non sono un ragazzino ma un uomo adulto, nel caso ti fosse sfuggito questo particolare, e non posso accettare i sentimenti di una persona immatura come te!

Zelgadis si rese conto di ciò che aveva detto solo quando ormai era troppo tardi.
Amelia rimase immobile, come se quelle parole le risuonassero ancora in testa, ma le ci vollero alcuni istanti per comprendere appieno il loro significato. Zelgadis non avrebbe potuto ferirla in modo peggiore, neppure affondandole la spada nel petto, e le sue parole sembravano addirittura più affilate delle zanne di un drago.

- E’… E’ questo che pensi? - singhiozzò Amelia. - Non sono abbastanza per te… E’ questo che pensi veramente?
- Amelia, io non… Ho alzato la voce perché ero arrabbiato, ma non volevo dire che…
- Però lo hai detto!

Ora era Zelgadis ad aver accusato il colpo.
La voce di Amelia era poco più di un sussurro, ma esprimeva chiaramente tutto il dolore e la sofferenza che provava. Se Zelgadis non avesse avuto la pelle di pietra, si sarebbe preso a schiaffi fino a farsi sanguinare le guance. Le ferite di Gaarv non erano niente, paragonate a ciò che stava provando in quel momento.
D’istinto provò a parlarle, spiegarle, ma nulla poteva più aggiustare le cose ormai.

- S… Si è fatto tardi - disse Amelia, il capo chino in avanti e lo sguardo nascosto dai capelli che le ricadevano sulla fronte. - Suppongo… Suppongo di dovermene andare ora… Buonanotte Zelgadis!

Zelgadis ebbe appena il tempo di scorgere le lacrime che le rigavano le guance, prima che lei uscisse dalla stanza chiudendosi la porta dietro di sé. Come lui provò a richiamarla indietro, il secco scatto metallico della serratura gli confermò che era inutile cercare di rimediare adesso.
Entrambi rimasero diverse ore contro la porta: una con le spalle appoggiate fuori nel corridoio e grosse lacrime che gocciolavano a terra, l’altro invece dalla parte opposta con le mani rigide sul legno e le braccia tese. Nessun incantesimo poteva lenire una simile ferita, e Zelgadis sentiva di non aver mai provato così tanta rabbia verso sé stesso. Evidentemente, dopo tanti anni trascorsi con quel corpo di pietra, anche il suo cuore doveva aver assunto la stessa consistenza.

- Non merito il tuo amore, Amelia - mormorò. - Non merito l’amore di nessuno!

FINE ?

   
 
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