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Autore: Mirae    05/09/2012    2 recensioni
Dal testo: "Ecco. È fatta. Ora sono ufficialmente la signora Fontana. Vincenzo sorride tronfio, mentre io mi sento morire, ma non intendo deluderlo: questo è il suo giorno.
Giocare al gatto e al topo. Me l'ha insegnato Elide: far credere alla propria vittima che è lei a condurre il gioco e, quando è sicura di avere ormai la vittoria in tasca, colpire. Mortalmente.".
Storia partecipante al contest "Destini: Storia di un Grande Amore" indetto da MissNanna.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nickname Forum: Mirae
Nickname Efp: Mirae
Titolo Storia: AMOR CH'A NULLO AMATO AMOR PERDONA
Avvertimenti: one-shot; introspettivo.
Rating: verde 

Pacchetto: Bagno di un Ristorante - In genere odi frequentare i bagni dei locali,ma questa volta era impossibile evitarlo. Ti avvicini ai lavandini e guardi la tua immagine riflessa nello specchio, una ragazzina troppo semplice per un ristorante così elegante, ma quando al tuo fianco giunge una donna dall'aspetto regale. Il viso perfettamente curato,gli occhi seri che nascondono in sé un vigore che probabilmente nessuno che la conosce ha mai scorto, ti domandi come sia diventata così impeccabile, se le sue mani perfettamente laccate di rosso abbiano toccato o lavorato mai.....e poi...??

 

 

 

 

 

Carissimi Vincenzo e Laura siete venuti insieme nella casa del Padre, perché la vostra decisione di unirvi in matrimonio riceva il suo sigillo e la sua consacrazione davanti al ministro della Chiesa e davanti alla comunità. Voi siete già consacrati mediante il Battesimo: ora Cristo vi benedice e vi rafforza con il sacramento nuziale, perché vi amiate l'un l'altro con amore fedele e inesauribile e assumiate responsabilmente i doveri del matrimonio. Pertanto vi chiedo di esprimere davanti alla Chiesa le vostre intenzioni”.

La voce del prete risuona forte nella piccola chiesa che i miei genitori hanno scelto per il mio matrimonio. Non è bastato loro scegliermi l'uomo. No. Hanno voluto anche scegliermi la chiesa. Beh, almeno non è stata scelta dai miei futuri suoceri. Vincenzo mi ha fatto sapere che dopo la luna di miele ha intenzione di chiedere il trasferimento. Non ce la fa più a vivere lontano dai suoi genitori. Poverino, sente la mancanza di mammà.

Ancora poche parole e sarò la signora Fontana. Basterebbe rispondere “No” alle domande seguenti e fuggire, scappare da lei, che, sono sicura, mi sta aspettando. O forse no.

Vincenzo e Laura siete venuti a contrarre matrimonio, senza alcuna costrizione, in piena libertà e consapevoli del significato della vostra decisione?”
Sì”. “Sì”. La voce di Vincenzo è sicura, come quella di un guerriero che torna vincitore, la mia, invece, è un sussurro.
Siete disposti nella nuova via del matrimonio ad amarvi e onorarvi l'un l'altro per tutta la vita?
Sì”. “Sì”.
Siete disposti ad accogliere con amore i figli che Dio vorrà donarvi e a educarli secondo la legge di Cristo e della sua Chiesa?”
Sì”. “Sì”.

Mi sono appena laureata. Durante gli anni universitari ho giocato a fare la contestatrice. Sì, giocato è la parola giusta perché, pur lottando contro i pregiudizi e le convenzioni, alla fine ho ceduto e ho perso l'unica persona che mi aveva compreso e accettato per come ero veramente.

Se dunque è vostra intenzione di unirvi in matrimonio, datevi la mano destra ed esprimete davanti a Dio e alla sua Chiesa il vostro consenso. Vuoi tu Vincenzo prendere Laura come tua legittima sposa, promettendo di essere sempre fedele, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarvi e onorarvi finché morte non vi separi?”.

Sì”. Sorride, lui, certo di avere vinto.
“E vuoi tu, Laura, prendere Vincenzo, come tuo legittimo sposo, promettendo di essere sempre fedele, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarlo e onorarlo finché morte non vi separi?”.

Sì”. Lacrime scendono sul mio volto. Ma non sono di commozione.

Il Signore onnipotente e misericordioso confermi il consenso che avete manifestato davanti alla Chiesa e si degni di ricolmarvi della sua benedizione. L'uomo non osi separare, ciò che Dio unisce”.

Si avvicina Giovanni, cugino e testimone di Vincenzo e porge gli anelli, due vere in oro giallo decorate con motivi di greche. “Il Signore benedica questi anelli che vi donate scambievolmente in segno di amore e di fedeltà. Per Cristo nostro Signore”. Il simbolo della mia schiavitù.

Vincenzo prende l'anello più piccolo e me lo avvicina alla mano sinistra: “Laura, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Poi mi porge quello più grande, affinché io glielo infili: “Vincenzo, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.

Ecco. È fatta. Ora sono ufficialmente la signora Fontana. Vincenzo sorride tronfio, mentre io mi sento morire, ma non intendo deluderlo: questo è il suo giorno.

Giocare al gatto e al topo. Me l'ha insegnato Elide: far credere alla propria vittima che è lei a condurre il gioco e, quando è sicura di avere ormai la vittoria in tasca, colpire. Mortalmente.

Elide. Mi credevo più forte delle convenzioni, e invece non ho saputo lottare per il nostro amore.

L'ho conosciuta una sera di marzo del 1968. Non mi ricordo esattamente il giorno, so solo che era un sabato. Per ironia della sorte, era anche il mio primo appuntamento con Vincenzo. Aveva prenotato nel locale più caro della città e si era premurato di ordinare per tutti e due. Forse voleva sembrare galante, come un cavaliere d'altri tempi, ma quella sera io non ero molto propensa all'amor cortese. Di solito cercavo di evitare i bagni dei locali pubblici, ma dopo averlo sentito ordinare senza pensare minimamente a interpellarmi, non potei fare a meno di rifugiarmi nella toilette. Mentre mi sciacquavo il viso, la vidi entrare: fasciata in un elegante abito lungo di seta nera, un filo di perle bianchissime tutte di egual misura che circondavano il collo lungo e sottile, i biondi capelli costretti perfettamente in'elaborata acconciatura, e le mani! Così magnificamente laccate di rosso! Mi domandai scioccamente se una persona così impeccabile avesse mai lavorato, poi la guardai meglio e la riconobbi: era Elide M., la figlia dell'industriale. Di lei, la gente si divertiva a dire tutto il male possibile e immaginabile. Tutta invidia. Elide era bella e ricca e, come scoprii in seguito, anche simpatica.

Incredibilmente diventammo amiche. Io, la figlia di un semplice direttore di filiale e la ricca ereditiera. Davvero una coppia strana, su cui sparlare volentieri.

Vorrei voltarmi e cercarla: ho bisogno, oggi più che mai, di un suo sguardo, un suo gesto di conforto. Ma non oso. Se mi voltassi in questo momento, darei ulteriore motivo alla gente di sparlare di me e a Vincenzo un movente per la sua gelosia e rovinerei il mio piano. No, meglio continuare nel mio ruolo di sposina emoziata, tanto la funzione sta per terminare. Il problema è che dopo mi attende il ristorante... Già, neanche il ristorante ho potuto sceglierlo io: di questa incombenza se ne sono occupati mio padre e il caro Vincenzo, mentre al mio abito ci hanno pensato mia madre e mia nonna! Ovviamente è bianco, col corpetto aderente e il collo alto, come quelli degli anni '10, le maniche lunghe dagli alti polsini, la gonna ambia e un lunghissimo velo di tulle. Insomma, come posso considerare questo come il mio matrimonio? Almeno l'abito avrei voluto sceglierlo io, con la gonna corta e vaporosa e senza spalline! Ma va bene lo stesso, tanto questo è il loro matrimonio!

Finalmente usciamo dalla chiesa, dove veniamo investiti da una pioggia di riso, simbolo di abbondanza e fertilità... Se Vincenzo crede che rinuncerò al lavoro per accudire alla casa, sarà la pima delusione che riceverà: non ho alcuna intenzione di sacrificare l'insegnamento, non dopo aver preso parte al Movimento. Ho lottato tanto per un mondo migliore e l'unico modo per portare avanti il cambiamento è educare le nuove generazioni.

Quante volte ne abbiamo parlato con Elide! Ricordo la prima volta che le dissi cosa studiavo: “Lo so, per qualcuno il fatto che una ragazza studi Lettere e filosofia è una scelta ovvia, in linea con quanto la società si aspetta da lei”, ma lei mi rassicurò: “Nessuna scelta è mai scontata, ricordalo. Non permettere mai a nessuno di convincerti del contrario”.

“Sono fiero di te, figlio”. Parenti e amici ci stanno porgendo i loro auguri personali e i miei genitori si sono rivolti per primo a Vincenzo, il figlio maschio tanto desiderato e mai arrivato!

Lo guardo in volto, a mio marito, per la prima volta in questo giorno: è alto, con i corti capelli castani tirati indietro con l'irrinunciabile brillantina, gli occhi castani nascosti dietro gli occhiali dalla spessa montatura in tartaruga. Sul volto, un sorriso sardonico.

Mi manca il sorriso di Elide, così spontaneo e comunicativo, una goccia di luce per il mio cuore!

Dicono che il matrimonio è il giorno più importante per una donna, ma allora perché io mi sento morire dentro? Vorrei tanto poter dire che in fondo Vincenzo l'ho scelto io, nessuno mi ha obbligato, ma non è vero. Vincenzo è entrato nella mia vita quando il mio cuore era già occupato da Davide! I miei genitori hanno fatto in modo che conoscessi Vincenzo perché pensavano che così lo avrei dimenticato e sono sicura che è quello che pensano oggi. Hanno vinto! Davide il contestatore, colui che stava conducendo la loro adorata figliola sulla cattiva strada, la strada della protesta al sistema, il loro sistema, è stato messo all'angolo dal loro pupillo e la loro bambina sarà ora una moglie e madre devota! Sorrido, a questo pensiero, per la prima volta nella giornata. Liberi di credere quello che vogliono. Non sarò certo io a smentirli. Non oggi, almeno. In realtà, Davide è stato eclissato da Elide. E in questo momento, mentre sono in posa davanti al fotografo, insieme a mio marito, capisco che in realtà Davide non era affatto diverso da Vincenzo: entrambi mi consideravano una marionetta nelle loro mani, solo Elide mi spronava a essere me stessa e ad agire pensando unicamente a cosa fosse meglio per me.

Dicono che il matrimonio sia il giorno più importante per una donna e che deve essere condiviso con le persone a lei più care: dove sei, Elide?

Un muto grido che conosce già la risposta. In fondo l'ho tradita tradendo me stessa con questo matrimonio, anche se sapevamo entrambe che la nostra relazione non aveva sbocchi: io non sarei mai potuta essere sua, così come lei non sarebbe mai potuta essere mia, eppure... “Amor, ch'a nullo amato, amor perdona!”

Se è vero che per la saggezza popolare, oggi, 27 marzo 1970 è il giorno più importante della mia vita, per me la data più importante resta il 13 aprile 1968, la mia prima volta con Elide.

Eccoci arrivati nella camera d'albergo. Vincenzo si chiude la porta alle spalle. Un tonfo secco, e noi due restiamo separati dal resto del mondo.

Ora non c'è più nessuno che può aiutarmi: siamo solo io e lui. Chi sarà il gatto? E chi il topo?

Si avvicina a me, con quel suo odioso sorrisetto beffardo, lancia il cappello sul letto e si avvinghia a me, obbligandomi, con la sua lingua a dischiudere le mie labbra. Per una frazione di secondo, ho la tentazione di mordergli le sue, di labbra, poi, però cedo, e rispondo al suo bacio. Forse con troppo ardore, ma in quella stanza non ci samo più io e Vincenzo, bensì io e Elide. Sue sono le mani che scorrono lungo la mia schiena e maneggiano per liberare il mio corpo dal casto vestito nuziale, suoi i i capelli nei quali le mie mani affondano...

Mi risveglio a notte fonda. Non è Elide che giace di fianco a me in questo letto sconosciuto.

Lacrime solcano il mio viso.

Ora comincia la mia nuova vita. Una vita senza Elide.

Davvero?



   
 
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