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Autore: Lila_    06/09/2012    0 recensioni
Aurora, 16 anni e una vita che più ingarbugliata non c'è. Amore, amicizia, tradimenti e pure un viaggio inaspettato per fare i conti con quel passato che non ne vuole sapere di tornare.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Aprì gli occhi e fui investita da un fascio di luce, qualcuno aveva spalancato la finestra. Qualcuno, ovviamente, era sinonimo di Nancy. Ci conoscevamo da sempre e da sempre lei faceva come se niente fosse, a modo suo insomma. Non che fossi una maniaca dell’ordine per carità, è solo che amavo i miei spazi, tutto qua. Mi alzai dal letto con la grazia di un elefante in un negozio di porcellane e nel “lungo” tragitto verso il bagno feci cadere a terra due terzi della tantissima roba che c’era in quella stanza. Mi guardai nello specchio del piccolo bagno, guardai i miei capelli neri in disordine e anche le piccole occhiaie che si erano disegnate sotto i miei occhi azzurro cielo. Era stata una notte terribile, la mia compagna di stanza, la famosa Nancy per capirci, aveva lasciato la finestra aperta e il rumore del vento mi aveva tormentata. Mi lavai il viso, quali a voler cancellare i segni di quella notte insonne, e mi sistemai i capelli ribelli in una treccia. Uscì dal bagno e misi la divisa, quella squallida, brutta e monotona divisa. Era grigia, con una gonna a scacchi cortissima. Guardai Nancy, era bella davvero molto bella e lei ne era consapevole o almeno era quello che pensavo io. Con quei capelli quasi biondo platino e quegli occhi verdi era davvero irresistibile.
-Allora, sei pronta?- La voce squillante della biondina mi risvegliò dai miei pensieri.
-Certo- Afferrai la borsa e uscì dalla stanza, si profilava un'altra comune, inutile giornata.

                                   ∞

-Signorina Parkinson, che piacere rivederla.- Disse con un finto sorriso la professoressa di Matematica,odiavo quella donna, non tanto per la materia che insegnava ma per il suo comportamento distaccato.

-E’ un piacere anche per me-Dissi con un sorriso ancora più finto. Lei lo percepì ma fece finta di nulla. Una mano mi strinse e mi porto via. Era Hope. “Dalla padella alla brace”pensai. Quella ragazza era davvero una palla al piede. Mi odiava o almeno era quello che lasciava intendere.

-Cosa vuoi ancora?- Chiesi con finta indifferenza.

-Ho scoperto una cosa che potrebbe interessarti- Detto questo mi lanciò un foglio e se ne andò. Quella ragazza non mi piaceva, era strana. Aveva i capelli rossi, ovviamente tinti, e gli occhi nocciola che sprigionavano forza, quasi disprezzo.

Mi sedetti al mio posto e iniziai a guardare fuori, mi ero scelta il posto vicino alla finestra apposta. E iniziai a pensare alla vita fuori da quel collegio, si perchè io Aurora Sidney Parkinson, ero rinchiusa in un tetro collegio a Canterbury, periferia di Londra. Le mie origini sono americane, sono nata in Texas, a Dallas. Sono finita qui dopo la morte dei miei genitori, per circa un anno mio fratello è stato con me, poi è stato adottato e io sono rimasta sola. Lui è tutta la mia famiglia e sanno tutti che lo sto cercando, anche se senza risultati, So solo che ha due anni più di me, cioè diciotto e che si chiama Jack.

-La signorina Parkinson alla cattedra-Una voce roca mi risvegliò dai miei pensieri, era il mio professore di Lettere. Alzai gli occhi al cielo e mi avvicinai alla cattedra. Ciò che accadde dopo fu molto banale, avevo studiato e non avevo mai avuto problemi con la scuola, mai. O meglio non volevo averli, volevo e dovevo uscire da lì il prima possibile.

                                                                              ∞

-Come stavo dicendo io e Aurora andiamo molto d’accordo.. Aurora dì anche tu al professore che siamo come migliori amiche, Aurora!-La voce di Nancy mi risvegliò dai miei pensieri, non avevo seguito per niente il discorso quindi mi limitai ad annuire.

-Potete andare ragazze, ah no lei signorina Parkinson dovrebbe rimanere ancora per un po’. Ho una cosa da darle-

Fui trascinata nell’ufficio del preside, l’uomo mi sorrise e mi passò un foglio molto simile a quello che mi aveva dato la folletta dai capelli rossi. Poi mi invitò ad uscire. Mentre richiudevo la porta lessi il mittente: DALLAS.

  
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