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Autore: Emily Kingston    06/09/2012    7 recensioni
Con un mezzo sorriso rassegnato sulle labbra, Annabeth si alzò ed iniziò a riordinare.
C’erano vestiti sparsi ovunque, per non parlare delle attrezzature per l’allenamento.
Stava spostando un paio di pantaloncini da ginnastica quando trovò il corpo del reato.
In un angolo del pavimento, apparentemente innocenti, giacevano un paio di mutandine di pizzo. Ed erano rosse.

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Una stupidaggine, spero che vi faccia fare due risate :)
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Annabeth Chase e lo strano caso delle mutandine misteriose

 

Annabeth non era una fidanzata gelosa.
Lo era stata prima che Rachel diventasse l’Oracolo – perché, sì, insomma, si vedeva lontano un miglio che non aspettava altro che una buona occasione per farsi baciare da Percy – ma adesso che il nemico numero uno era stato escluso dal gioco, Annabeth si sentiva la fidanzata più tranquilla del mondo.
Anche perché, a dirla tutta, Percy non era poi un gran rubacuori. Poteva avere il fascino del marinaio – e okay, Annabeth doveva ammettere che quei suoi occhi blu e la pelle abbronzata erano dei punti a suo favore – ma era troppo imbranato per riuscire a fare colpo su una ragazza.
Perciò, quel pomeriggio entrò nella capanna numero tre in tutta tranquillità. Si mise a sedere sul letto di Percy e dette un’occhiata in giro.
Quel pomeriggio, Chirone aveva convocato Percy nella Casa Grande per discutere di nuove tecniche di allenamento, ed erano rimasti d’accordo che lei l’avrebbe aspettato lì appena avrebbe finito di allenarsi al tiro con l’arco insieme ai figli di Apollo.
Come sempre, la casa di Poseidone era un vero disastro.
Percy, in quanto unico figlio del dio del mare, ci abitava da solo e solo di rado il suo fratellastro Tyson passava per una visita.
Con un mezzo sorriso rassegnato sulle labbra, Annabeth si alzò ed iniziò a riordinare.
C’erano vestiti sparsi ovunque, per non parlare delle attrezzature per l’allenamento.
Stava spostando un paio di pantaloncini da ginnastica quando trovò il corpo del reato.
In un angolo del pavimento, apparentemente innocenti, giacevano un paio di mutandine di pizzo. Ed erano rosse.
Annabeth le osservò, inizialmente con aria dubbiosa.
Ora, dato che lei non indossava cose del genere e che l’ultima volta che era andata a trovare Percy oltre gli orari imposti dal coprifuoco risaliva a parecchi giorni prima, la vista di quelle mutandine le provocò un tic al sopracciglio destro e la voglia di avere in mano il suo bel pugnale di bronzo celeste.
Si chinò con lentezza e raccattò l’indumento. Si portò le mutandine vicino al viso per guardarle meglio, tenendole pinzate tra due dita.
Le scrutò con minuzia, arrivando alla conclusione che, no, non erano sue.
E se non erano sue Percy Jackson avrebbe rimpianto di non essere immortale.
Con tempismo perfetto, la porta della capanna tre si aprì con un cigolio e il suddetto Percy Jackson entrò con aria stanca e si buttò sul materasso.
“Sono sfinito,” gemette, appoggiandosi un braccio sugli occhi.
Annabeth rimase in silenzio, lo sguardo ancora puntato sulle mutandine.
“Annabeth, tutto bene?” domandò il ragazzo, insospettito dal mutismo della fidanzata.
Annabeth non rispose e Percy aprì gli occhi. Quando vide la cosa tra le mani della ragazza per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
“Cosa sono queste, Perseus?” domandò, con voce fin troppo calma.
Quando Annabeth lo chiamava con il suo nome intero c’erano solo due cose che poteva aspettarsi: una ramanzina lunga un’eternità o la morte. E in quel momento, data la scintilla omicida negli occhi grigi della ragazza, Percy era quasi certo che avrebbe dovuto ingaggiare un bravo poeta per il suo epitaffio.
“Po-posso spiegarti tutto,” balbettò, balzando a sedere e mettendo le mani avanti.
Annabeth avanzò di qualche passo, continuando a sventolare in aria la prova inconfutabile del tradimento del suo ragazzo. Se non fosse stata così furiosa con lui sarebbe scoppiata a piangere.
“Di chi sono?” domandò, guardandolo in faccia.
Percy balbettò, ma dalla sua bocca non uscì nessun nome.
“Di chi sono?” ripeté Annabeth e Percy continuò a balbettare. “Voglio il nome, Perseus Jackson, almeno posso andare a strapparle i capelli!”
Annabeth era sempre stata un po’ incline alla violenza, ma Percy non l’aveva mai vista tanto furiosa come in quel momento.
“Dimmi quel nome!” urlò, sventolandogli le mutandine davanti al viso.
“Sono tue!” esclamò il ragazzo, strizzando gli occhi. “Sono tue.”
Annabeth lo guardò come se fosse impazzito.
“Mi prendi in giro?” disse. “Pensi che non sappia riconoscere più la mia roba, Testa d’Alghe?!”
“Non lo sono ancora,” continuò Percy, un po’ più deciso. “Dovevano essere un regalo,” confessò, avvampando.
Annabeth abbassò finalmente il braccio.
“Volevi regalarmi delle mutande?”
Percy, che fino a qualche attimo prima aveva pensato che ci fossero dei limiti al rossore che poteva prendere la pelle di una persona, annuì.
Ci fu un momento in cui pensò che Annabeth l’avrebbe preso a pugni comunque, invece la ragazza scoppiò a ridere, sedendosi sul letto accanto a lui.
“Tu volevi regalarmi delle mutande?!” esclamò, ridendo come una matta. “Che c’è le mie non ti vanno più bene?”
Percy abbassò lo sguardo, imbarazzato come poche altre volte era stato in vita sua.
“Non è quello,” disse. “Me l’hanno consigliato i figli di Afrodite.”
Annabeth gli accarezzò il viso.
“E da quando tu dai retta ai consigli dei figli di Afrodite?”
“La madre è la dea dell’amore!”
La ragazza lo baciò, passandogli le braccia attorno al collo. Percy sorrise, appoggiandole le mani sui fianchi.
“Per un momento ho pensato che mi avresti ucciso,” disse.
“Per un momento ho pensato di farlo,” confessò Annabeth.
Percy ridacchiò.
“Avevi davvero intenzione di andare a strappare i capelli ad una mia potenziale amante?” chiese.
“Ovviamente!” esclamò la ragazza. “Sarai anche un cretino, Testa d’Alghe, ma ti ho visto prima io.”
Percy sorrise, gongolante, e le dette un bacio sul collo, affondando il viso tra i suoi capelli.
“Ehm,” esordì dopo qualche minuto, arrossendo. “Cosa vuoi farci con quelle? Voglio dire, non ci sono speranze che tu le usi?”
Annabeth lo guardò con tenerezza, prima di fargli un mezzo sorriso.
“Magari possiamo trovare un compromesso.”

 








*La storia si svolge qualche anno dopo La Battaglia Finale (Percy e Annabeth hanno tra i 18 e 20 anni), non ho messo l'OOC tra gli avvertimenti, ma se pensate che i personaggi siano particolarmente fuori dai loro schemi fatemelo sapere e l'aggiungerò :)
   
 
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