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Autore: Volk Rossobardo    06/09/2012    2 recensioni
Cari lettori, dimenticatevi le vostre comode poltrone girevoli. Vi trovate in Francia, Anno del Signore 1216. Un brutto periodo per la popolazione: si sente già nell'aria l'odore della guerra, e le tensioni con la storica rivale, l'Inghilterra, non fa che peggiorare le cose. Il tutto sarà osservato dal punto di vista di un gruppo di personaggi particolari, una vera e propria Elite guerriera che, però, non combatte né per la Patria né per soldi. Nessuno sa da dove vengano, nessuno sa cosa cercano, ma sono atrocemente bravi nel loro mestiere.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Un altro disastro alle mura

 

Henry DeChene si fermò un istante in ginocchio, davanti alla sua spada con l’elsa dorata e la lama sporca di sangue profondamente piantata a nel terreno.
Nel cortile del maniero regnava una quiete innaturale, di quelli che neanche nei luoghi più desolati del mondo è possibile trovare.
Per quanto un posto possa essere silenzioso, si potrà sempre udire lo scrosciare dell’acqua di un lontano ruscello, il cinguettio di qualche uccellino oppure il fruscio delle foglie di un albero dalle fronde scosse dal vento. Sono tutti rumori che è naturale, scontato sentire, e che gli uomini quasi ignorano. Ma quando cessano anche i più semplici, l’uomo ne sente subito la mancanza.
L’unico rumore che il vento osava portare era quello delle grida degli uomini di Jaque Adolphe Detroix ,detto LeNoir ,”il nero” per i trattamenti che riservava ai prigionieri e a chiunque disobbedisse ai suoi ordini.
Quel cane traditore era passato dalla parte del suo padrone, Renaul Dammartin ,pochi giorni prima dell’assedio. Ovviamente, pur di compiacere il suo signore, aveva subito messo sotto assedio il castello più vicino, ossia quello del barone Gatien DeChene. Quello scenario devastato era frutto dell’ennesima sanguinosa battaglia per difendere il castello.
In quel momento, Henry, baldo cavaliere al servizio della casata DeChene, avrebbe pagato un uccellino a peso d’oro perché gli concedesse la rassicurante compagnia del suo canto.
Il giovane mormorò una preghiera, quindi si alzò ed estrasse dal suolo la sua spada. Si portò una mano alla fronte e si asciugò il sudore e la terra, che aveva raccolto quando era stato disarcionato, gli cadde sugli occhi. Henry soffocò un’imprecazione e sbatté velocemente le palpebre per calmare il bruciore. Il cavallo giaceva riverso in una pozza di sangue a poche braccia da lui. Si guardò in torno con aria disperata.
Jaque LeNoir e la sua armata avevano fatto un bel macello quel pomeriggio: ovunque erano disseminati cadaveri di uomini armati, ed i pochi superstiti dell’esercito di Chateu-Chene si aggiravano a passo svelto fra i corpi dei compagni caduti, nel vano e disperato tentativo di trovare qualcuno ancora in vita e di soccorrerlo. Le bianche cotte di maglia degli uomini di Gatien DeChene erano macchiate del rosso peggiore che ci sia: quello del sangue. Era troppo per il giovane cavaliere, troppo orrore da sopportare per i suoi giovani ed inesperti occhi di ventenne.
Cercò con lo sguardo il corpo che più di tutti temeva di trovare, e lo vide presso la torre sinistra del barbacane.
Suo fratello Bernard era disteso a faccia in su, dal suo petto spuntavano tre lunghe frecce dalle piume nere sfilacciate.
Henry corse tra le lacrime al corpo morente del gemello. Fu raggiunto dal capitano Eloi, un cavaliere alto e di grande esperienza, il quale aveva avuto l’ordine del Barone in persona di proteggere il figlio Henry.
Bernard aveva un rivolo di sangue che fuoriusciva dalla bocca e le labbra violacee, ma il capitano Eloi riuscì ancora una volta a notare la macabra somiglianza che legava il viso abbronzato ed i capelli castani tagliati corti del ragazzo a terra a quello del giovane Henry. –Monsieur Henry!- disse mentre stringeva le spalle del giovane sconvolto. Henry aveva definitivamente rinunciato a ricacciare indietro le lacrime, che scorrevano copiose sul suo volto. –Bernie!- gemette disperato. Il fratello sorrise a denti stretti e singhiozzando
–Henry! Sto bene! Mai stato meglio, davvero! La nostra terra soffre più di me in questo momento. I fiori sono freschi e leggeri in questa stagione, devi solo promettermi che non permetterai a LeNoir di distruggerli. Lascia loro il tempo di sbocciare, te ne prego.-
rantolò Bernard. Giaceva agonizzante ed era ormai inutile tentare di prestargli un qualsiasi soccorso. Henry continuava a piangere a dirotto e lo supplicava di smettere di parlare, che l’avrebbe salvato, ma alla fine fu costretto a promettere.
–LeNoir non si prenderà il nostro fiore, te lo giuro.-sussurrò.
–Fiore, fiore, fiore…- ripeté Bernard, spirando.
Henry chiuse gli occhi del fratello e appoggiò il capo al suo petto. Gli prese le mani e rialzò la testa. Aprì le mani del fratello e vi trovò un fiore di stoffa colorata. Henry lo piegò con cura e lo ripose nel colletto. Eloi lo tirò su per le spalle e lo abbracciò per rassicurarlo.
–Ora dobbiamo entrare. Gli uomini di LeNoir non attaccheranno fino all’alba.- disse mentre, insieme si ritiravano nel maniero dentro al quale si rifugiavano da quasi un mese.

  
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