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Autore: 365feelings    08/09/2012    6 recensioni
«Non mi ucciderà il sakè, casomai lo farà il lavoro. Vedo già la notizia: giovane alcolizzata muore sotto una pila di documenti».
Shizune, Kakashi, una bottiglia di sakè e tante scartoffie.
Affetta/o da Shipping compulsivo, partecipo all'iniziativa del forum « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Shizune, Tsunade
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Autrice: KumaCla
Titolo: Di sakè, scartoffie, capi schiavisti e momenti imbarazzanti
Pairing: Kakashi/Shizune
Raiting: verde
Avvertimenti: oneshot, het
Genere: commedia, romantico (?)
Prompt: Non mi ucciderà il sakè, casomai lo farà il lavoro. Vedo già la notizia: giovane alcolizzata muore sotto una pila di documenti  slice
Note: non riesco a crederci nemmeno, ma ho davvero scritto una Kakashi/Shizune (credo che dopo aver pubblicato Le ragioni del cuore non ho più freni inibitori con questa coppia). A mia discolpa posso dire che a tentarmi è stato il prompt di slice, non ho saputo resistere. Spero di non aver scritto una totale schifezza, soprattutto spero di non aver fatto un disastro completo con i personaggi (Kakashi non so da che parte pigliarlo e Shizune è…boh). Buona lettura, non linciatemi vi prego, magari ditemi che ve ne pare.
 
 
Di sakè, scartoffie, capi schiavisti e momenti imbarazzanti
 
 
Kakashi sta per portare alle labbra una tazza di the caldo quando sente una voce nota berciare «Ancora sakè!». Aggrotta le sopracciglia e posa il bicchiere, perplesso: gli era parso di sentire Shizune, ma non poteva certo essere lei. Non in quel posto e a quell’ora almeno.
Dà una scrollata di spalle (sarò stanco anch’io, si dice) e riprende la bevanda fumante, ma ancora una volta quella voce si fa strada fino al suo orecchio. Proviene da uno dei tavoli in fondo al locale, uno di quelli con i separé di legno e carta di riso.
Dimenticando il the sul bancone, Kakashi si alza e la cerca.
Non ci sono molti avventori (l’ora è tarda, sono quasi le tre del mattino, è il momento più buio della notte) e molti posti sono vuoti, ma l’ultimo tavolo a destra è occupato.
Shizune ha fatto quello che non le aveva mai visto fare: ha occupato il tavolo con plichi e plichi di fogli, alcuni documenti sono sparsi anche sulle panche, in centro svetta una bottiglia di sakè. Lei ha i gomiti appoggiati sui bordi e sta facendo ondeggiare una barchetta fatta con quella che ad occhio e croce sembra una relazione. Ha i capelli scarmigliati e lo sguardo perso nel vuoto, l’aria di chi vorrebbe tanto dormire ma non può.
Kakashi non sa davvero cosa pensare, abituato a una Shizune precisa e impeccabile, sempre attenta, sempre con la situazione sotto controllo. Ma quella che si trova danti è una donna stanca, sicuramente ubriaca.
Si schiarisce la voce e la vede sobbalzare, con l’aria di chi è stato colto in flagrante e non sa cosa fare per trarsi d’impaccio. Non può fare a meno di notare che è buffa e carina con quelle guance rosse e lo sguardo imbarazzato.
«Che combini?»
«Io? Assolutamente nulla» risponde cercando di darsi un minimo di contegno, ma il sopracciglio alzato di Kakashi le fa comprendere che l’uomo non se ne andrà, non prima di aver compreso la situazione «Oh, insomma. Non vedi anche tu?»
E mentre inizia a spiegare allunga la mano affusolata per prendere la bottiglia.
«Tsunade mi ha mollato tutto il lavoro da fare» illustra indicando le scartoffie e aggiunge un seccato «Come al solito. Mentre lei se sta a divertirsi».
Beve senza esitazioni l’alcolico, il palato ormai abituato al sapore.
«Tocca sempre a me fare il lavoro sporco e non è giusto. Non è per niente giusto».
Nel frattempo il sakè continua a scendere veloce nella sua gola (Kakashi non ha perso una parola, ma la pelle candida del collo, tesa nell’atto del bere, lo affascina).
«Ehi, mi stai ascoltando?» bercia lei assottigliando lo sguardo e l’uomo si riscuote, annuendo.
«Non credi che ti faccia male?» le dice additando la bottiglia che ancora stringe. Lei la guarda (per un attimo si chiede di chi siano quelle mani, poi le riconosce come sue) e scrolla le spalle.
«Non mi ucciderà il sakè, casomai lo farà il lavoro. Vedo già la notizia: giovane alcolizzata muore sotto una pila di documenti».
«Non essere così disfattista. Potresti iniziare con lo smettere di bere».
«E poi? Continuare con queste cose?!» chiede sgranando gli occhi, con aggressività.
«Potrei darti una mano».
«Neanche un esercito potrebbe darmi una mano» borbotta accasciandosi sulla panca; incrocia le braccia sotto il seno e mette il broncio. Kakashi la trova deliziosa e non sa nemmeno lui perché. Improvvisamente, però, Shizune esercita un’attrazione su di lui che non credeva possibile. Forse è la stanchezza, si dice. Ma a differenza di lei, è abituato a quegli orari e ha l’aria fresca, quasi rilassata.
Shizune pensa che non sia giusto che lui sia così bello (brillante  ma forse è solo l’effetto dell’alcol) mentre lei è ridotta ad uno straccio. E tutto per del misero, stupido lavoro che non spetta neanche a lei.
«Ho un capo schiavista» borbotta e «Mi dimetto» strilla poi.
Kakashi la guarda con l’aria di chi non è sicuro di ciò che ha sentito.
«Sì, mi dimetto» ripete, un sorriso (adorabile, ma fuori luogo) si apre sul volto e lo accende di gioia.
«Mi dimetto» inizia a canticchiare, prendendo la bottiglia e alzandosi. È malferma sulle gambe, ma non sembra accorgersene e inizia a dirigersi verso l’uscita. L’uomo guarda prima i fogli sparsi sul tavolo e poi la schiena di Shizune, infine sospira e la segue. Ma prima chiede al cameriere di controllare il posto ed è così persuasivo che il ragazzo non può far altro che balbettare un sì di risposta e correre al tavolo.
Fuori dal locale Shizune si sta allontanando: barcolla e ridacchia, è spensierata. Kakashi la raggiunge in un attimo e le sfiora una spalla, per fermarla.
«Oh» fa lei, stupita, ma poi sulle labbra si disegna un sorriso malandrino «Che fai?»
«Ti porto a casa» spiega sbrigativo l’altro, prendendola in braccio.
Shizune si agita appena, scalcia senza alcuna intenzione di liberarsi dalla presa salda dell’uomo, infine si accoccola tra le sue braccia e posa la testa sull’incavo del collo.
Kakashi si sente riscaldato da quel contatto del tutto inatteso (se gli avessero chiesto come contava di concludere la nottata, non avrebbe certo risposto in questo modo) e sorride.
«Stai sorridendo» bisbiglia Shizune «E ora arrossendo».
«Sei stanca, dormi» cerca di zittirla, senza troppa convinzione (sentirla così morbida e vicina lo distrae più di quanto gli piace ammettere  e continua a davvero a non comprendere il motivo).
«Sei mai stato innamorato?» gli chiede dopo un po’, scrutandolo con quegli occhi scuri e annebbiati dal sakè. 
«Siamo arrivati. Hai le chiavi?» risponde glissando.
«Chiavi? Ah. No, la porta è aperta».
«Non è sicuro».
«Chi vuoi che venga a casa mia?» dice e a Kakashi sembra di notare una nota amara nella voce.
Una volta dentro riesce ad accendere la luce con gomito e farsi strada fino alla camera. L’interno è ordinato e ordinario, il mobilio semplice, le pareti spoglie; nella libreria i libri sono disposti in ordine alfabetico (ci avrebbe scommesso e ci scappa un sorriso), su un tavolo un plico di documenti è posato perfettamente in centro e nell’armadio chiuso Kakashi è sicuro ci siano i vestiti ben piegati e appesi con precisione sulle grucce.
Deposta con delicatezza Shizune sul suo letto, fa per andarsene (ne sono successe di cose quella notte, ha bisogno di fare il punto della situazione), ma la medic ninja lo trattiene ancora per un istante prima di addormentarsi.
«Sei davvero un bell‘uomo, Kakashi».

 
(La mattina dopo)

 
Il mattino la coglie del tutto impreparata, come mai era accaduto.
Apre gli occhi sul soffitto bianco, inondato dalla luce, e un forte mal di testa, accompagnato da una nausea diffusa, la travolge. Non serve essere un medico per comprendere che quelli sono i sintomi di una sbornia e che cinque minuti non bastano per rimettersi in sesto.
Alzarsi dal letto si rivela uno sforzo immane e tutto ciò che vorrebbe fare è sprofondare tra i cuscini e non aprire più gli occhi. Ma la sveglia segna le dieci del mattino, un orario che lei non ha mai osato provare e che le stampa sul volto un’espressione di orrore: è in ritardo.
Mentre mette a bollire l’acqua per una tisana, corre in bagno trattenendo i conati e cerca di darsi una sistemata, ma c’è ben poco da fare, si vede lontano un miglio che ha passato la notte in compagnia dell’alcol. E di Kakashi.
Il bollitore fischia e lei pensa «un problema alla volta», massaggiandosi le tempie.
Bevuto l’intruglio di cui le aveva parlato una volta Tsunade (all’epoca non avrebbe mai creduto che le sarebbe servito) si catapulta in strada, trattenendo la nausea e richiamando i ricordi.
Ma nel locale i documenti non ci sono e non le resta che presentarsi al cospetto dell’Hokage, sperando non aver dato sul serio le dimissioni (qualcosa se lo ricorda, come di aver detto qualcosa di imbarazzante a Kakashi).
Tsunade sembra più sorpresa di vederla lì che vederla senza cartelle e fogli tra le braccia.
«Oh Shizune, credevo ti saresti presa un giorno libero».
Vedendo che l’allieva non comprende aggiunge, con aria maliziosa «Kakashi mi ha spiegato tutto. Fossi in te penserei ad un modo per ringraziarlo».
 
 
  
Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
  
   
 
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