Fanfic su artisti musicali > Gorillaz
Segui la storia  |      
Autore: DamnedLuna    08/09/2012    7 recensioni
Noodle arriva ai Kong Studios chiusa in uno scatolone, e una volta assoldata dalla band come unica chitarrista, inizia il suo duro cammino coi Gorillaz, che occuperà tutta la sua infanzia e la sua adolescenza, dai tetri Studios alla lugubre Plastic Beach. Durante la sua vita, Noodle scoprirà quant'è difficile mantenere una sana atmosfera tra i membri della band, gestire il caos del mondo della musica e farsi valere in mezzo a tre adulti.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A un mese dal suo arrivo nella band, Noodle costringe 2D (Stuart) a spiegargli in suo arrivo ai Kong Studios. 2D lo fa, sapendo che andrà contro l'ira di Murdoc, davanti a una tazza di caffè fumante. In questo capitolo, Noodle racconta di quella sera, rielaborando tutto il racconto di 2D.
 
Il buio: l'unica cosa con cui entrai in contatto per tre giorni che per me volarono come tre minuti.
Questo ho realizzato,dopo il racconto di Stuart.
Sono stata inscatolata come una sardina per tre giorni, e recapitata in questo posto strano ,tetro, infestato da zombie e fantasmi.
Ormai è un mese che sono qua, e sto bene... Tutti i membri della band mi trattano bene. Soprattutto Murdoc... Forse solo perchè ha trovato una chitarrista buona.
Certo,sballottarmi in uno scatolone per tre giorni non è stato il massimo, ma io non ho sentito nulla. Quando mi sono svegliata però, avevo male un pò dappertutto, ero sudaticcia e avevo una fame da lupi. E l'unica parola in inglese che mi usciva dalla bocca era "Noodle".
Continuavo a dirla, ogni qualvolta che Murdoc, Stuart o Russel si rivolgevano a me parlando in inglese. Quando Murdoc aprì lo scatolone, io ancora dormivo.
Era mattina. Mi svegliai su un vecchio ma morbido divano,e quando tentai di stare in piedi caddi per terra. Il mio tonfo sordo richiamò l'attenzione di Murdoc.
Fu il primo membro della band che incontrai.
Di fronte a me stava un uomo dalla carnagione olivastra e i capelli neri, snello e slanciato, con l'aria da rocker dannato degli anni '80.
Dalla bocca di quell'uomo spuntò un sorriso giallognolo per nulla perfetto.
E gli occhi, gli occhi erano diversi... Uno nero e uno rosso.
Ebbi paura. Mi tirai indietro facendomi piccola piccola nella scatola, portando le mani davanti al viso, strette in due pugni.
Murdoc mi disse tutto contento: "Bene menomale, non sei morto!"
Inglese. Me lo disse in inglese. "Inglese per inglese." pensai io. E allora risposi: "Noodle!"
Lo feci quasi per difesa. Non sapevo che altro fare. In realtà avrei voluto dirgli: "Chi sei? Stami lontano!" E invece mi saltò fuori quella parola. L'unica che conoscevo di tutto il vocabolario inglese.
Murdoc mi guardò malissimo. Una faccia contrariata e al contempo stupida che a mio avviso non prometteva nulla di buono.
"2D!" Chiamò, girando la testa dal verso opposto al mio viso.
Passò qualche secondo, e Murdoc gridò una seconda volta.
"Stuart!Ho bisogno di te, scendi. Che diavolo vuol dire 'Noodle?' Mica sono gli spaghetti della Cina?"
Poi dei passi lenti, disordinati, si fecero strada per ciò che mi parve un corridoio, e che scoprii poi erano delle scale.
"Si, sono gli spaghetti cinesi." Affermò un ragazzo magro sulla ventina con gli arti tremendamente lunghi, dai capelli di uno strano colore blu violetto e gli occhi quasi rotondi e neri come la pece.
A primo impatto mi fece ridere, infatti mi scappò un sorrisetto.
"Che hai da ridere!" Sbottò Murdoc seccato.
Mi nascosi di nuovo nella scatola, e pensai agli struzzi.
Se ti corpi la testa non ti vedono, pensavo.
A mio soccorso intervenne Stuart.
"Murdoc non fare così, guardala poverina, l'hai spaventata..."
"Spaventata?" Puntualizzò quasi incredulo Murdoc. "Non è un ragazzino?"
"Oh no, è una signorina." Sorrise Stuart.
Mi trovai faccia a faccia con lui.
"Ciao piccola. Sono contento che ti sei svegliata."
Che faccia da scemo, fu la prima cosa che pensai.
Ma il tono dolce della sua voce mi rassicurò, anche se non capii una sola di quelle parole in inglese.
"Chi sei? Dove sono?" Gli dissi in giapponese.
Murdoc sospirò.
"E' cinese questa qua, oppure coreana, tailandese, che ne so..!"
"No non penso sia nessuna di queste... Comunque ce l'hai su con questa Cina." Replicò Stuart.
"Noodle." Ripetei allora.
Murdoc si voltò di nuovo verso l'amico.
"Non è che ha fame?" Chiese.
"Non ne ho idea... Ma credo proprio che l'inglese non lo parla." Rispose Stuart.
"Aspetta, chiamo Russ."
Dopo altre veloci parole in inglese, Murdoc se ne andò dalla stanza.
"Ehm... Stai bene? Vuoi qualcosa?"
Altre parole incomprensibili. La voce era sempre dolce e gentile. Risposi in giapponese.
"Io non ti capisco!"
"Credo che tu sia giapponese..." Disse Stuart alzando lo sguardo a soffitto.
Chiuse gli occhi, come per concentrarsi.
"Io sono Stuart." Concluse. Lo disse in giapponese, piuttosto convinto delle sue parole. Certo, la pronuncia fu orrida, ma perlomeno era riuscito a parlare in giapponese.
"Io non ti capisco. Aiutami Stuart, per favore!" Gridai.
"Non ho capito,parla più piano..." Mi rispose lui, in inglese.
Non comprendevo un'acca.
"Noodle!" Dissi ancora, stavolta tra le lacrime, che avevano cominciato a sgorgarmi velocissime inondando il mio viso arrossato.
Vidi il volto di Stuart cambiare espressione. Divenne triste, dispiaciuto.
Tentai di farmi forza e di trattenere lacrime e moccio.
Poi Stu infilò le sue lunghe mani affusolate nella scatola, mi prese in braccio e mi portò al suo petto.
"Non piangere, dai..." Mi implorò lui guardandosi intorno, cercando qualcuno con lo sguardo.
Ancora quella voce calda.
"Io non so chi sono." Sussurrai. Credevo che Stuart non mi capisse, e invece mi sorprese.
"Sei Noodle." Dichiarò.
"Io sono Noodle?" Domandai.
"Ti chiamerò così." L'ultima frase la disse in inglese.
"Io sono Noodle, io sono Noodle.." Ripetei questa frase nella mia mente per cinque minuti buoni, finchè il buio non mi divorò.
 
La sera stessa mi svegliai in un letto bianco, fresco e candido, che odorava di sapone. Un grosso letto matrimoniale.
Di fronte a me stava un uomo corpulento di colore, pelato.
"Stuart!" Gridai, sprofondando nel materasso.
L'uomo si voltò.
"Ciao scricciolo, io sono Russel!" Si rivolse a me l'omone, in tono allegro.
Il suo era un sorriso sincero, dall'aria buona. Mi fidai.
"Noodle." Risposi.
"Che nome buffo!" Continuò Russel. Subito dopo si mise a ridere.
Risi anche io, benché non capissi niente di quel discorso inglese, ridemmo tutti e due...
Mi sentivo bene, stavo ridendo per un nome e delle sconosciute parole inglesi. Fermai le risa non appena vidi Murdoc alla porta.
"Ciao tesoro, io sono Murdoc Niccals, padrone indiscusso di questo posto e di quel letto." Disse Murdc indicando col dito le lenzuola.
"Noodle..." Ribattei a voce bassa.
"E ho capito!" Sbottò lui. "Ma che razza di lingua parli?!"
Mi venne da ridere.
Quell'uomo di cui avevo tanta paura la sera prima, sui trentacinque anni, in mutande, con gli occhi diversi e i denti giallastri, in quel momento mi sembrò buffo.
"E ride. E chi la capisce!" Dopo altre parole urlate in inglese, mi fece un sorriso. Lo ricambiai.
"Ecco guarda quanto sei carina con questi bei dentini bianchi." Mi disse Murdoc a bassa voce, avvicinandosi a me.
Sorrisi ancora. Però il mio sorriso fu interrotto dal brontolio assordante del mio stomaco affamato.
Abbassai lo sguardo imbarazzata, poggiando gli occhi alle morbide pieghe delle lenzuola.
"Stuart! Te l'avevo detto io che la mocciosa è affamata!"
Gli stessi passi disordinati del giorno prima spezzarono le parole di Murdoc.
"Andrò a far da mangiare.." Disse la calda voce di Stuart.
E la sagoma magra e dondolante del ragazzo violetto apparve e sparì in pochi secondi.
Feci per alzarmi dal letto, ma ero debole, e per poco non caddi a terra.
Murdoc mi tenne in piedi prontamente.
"Dove vuoi andare piccola?" Mi chiese Murdoc,prendendomi in braccio.
Io non capivo nulla. Lo abbracciai con tutta la forza che mi era rimasta in corpo. "Ho fame..." Dissi.
Murdoc, disorientato, mi portò in bagno.
Fece segno di spogliarmi e poi indicò la doccia. Compresi che dovevo lavarmi. Con un cenno della mano feci capire a Murdoc di uscire, e lui andò. Poi io mi spogliai e mi infilai sotto la doccia. Non era proprio quelo che desideravo ma mi andò bene lo stesso, una doccia calda servì a svegliarmi, oltre che a tirarmi su il morale.
Uscii molto rilassata dalla doccia. Agguantai il primo asciugamano che vidi vicino a me, mi asciugai con calma e con cura e mi rivestii.
Aprii la porta del bagno e mi guardai intorno spaesata, ma determinata.
"Se questa è una casa, deve esserci una cucina..." Pensavo, mentre vagavo per quelle mura sconosciute.
Imboccai un corridoio poco illuminato,che terminava con uno stanzino pieno di strumenti musicali. Per me fu come entrare in paradiso.
All'interno di quello stanzino grigio e fresco, con la moquette diventata fuxia scuro probabilmente per lo sporco, stavano tre bassi, due chitarre elettriche e una acustica, una batteria e due tastiere, costeggiate da scatoloni aperti dai quali sporgevano svariati strumenti come una tromba,dei tamburelli, un paio di maracas coloratissime...
Contai anche tre amplificatori.
Il mio sguardo si fossilizzò su una delle chitarre elettriche.
La raggiunsi e la presi in mano. Accorciai la cinghia e la indossai.
Era impolverata, ma in buone condizioni. Una Fender Telecaster di un bel giallo acceso. Cercai un amplificatore a cui collegarla, e una volta fatto impugnai il manico e cominciai a provare qualche accordo.
Il volume era quasi assordante, ma non lo abbassai. Sentivo la musica entrarmi nelle vene e percorrermi la spina dorsale. Che sensazione stupenda era quella...
Poco dopo, mentre strimpellavo, arrivarono di corsa Murdoc e Stuart.
Murdoc cominciò a sbraitare in inglese mentre Stuart cercava di zittirlo senza mettere in pericolo il piatto di patatine fritte che aveva in mano.
Io continuai a suonare imperterrita e Murdoc stette in silenzio.
Mi fermai e poggiai la chitarra. Murdoc mi scompigliò i capelli e si complimentò con me, mentre Stuart mi prese per mano e mi condusse in cucina.
Lì, Russel lavava i piatti (probabilmente quelli della sera prima) canticchiando, mentre Stuart riprese a cucinare.
Io e Murdoc ci dividemmo le patate senza fiatare, scambiandoci qualche occhiata.
Una volta finito di mangiare le patate, mi alzai e tornai al letto immacolato.
Mi ci infilai e chiusi gli occhi.
 
Così è passato il mio primo mese nella band, ed è passato in fretta.
In questo mese ho imparato tante cose, a cominciare dall'inglese.
Ho imparato che Russel è un tipo permaloso, che Murdoc sclera spesso e volentieri e che Stuart è lo zerbino pacifista del mondo intero che cerca di tenere in piedi l'armonia di casa. Ho imparato che con tutti questi tre strani individui basta chiedere se ho bisogno di qualcosa, e che di loro mi posso fidare, ora come ora...
Basta poco per stare bene con tutti loro.
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Gorillaz / Vai alla pagina dell'autore: DamnedLuna