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Autore: KeiraY    08/09/2012    3 recensioni
Sì, Susan ama vestiti, creme, rossetti e gran feste. No, Susan non rimpiange la sua scelta.
E' solo spaventata. Spaventata del mondo che all'inizio ammirava, ma che adesso ha svelato tutti i suoi lati più oscuri. Spaventata delle cose orribili che la realtà ci nasconde. Spaventata della decisione che i suoi fratelli, Edmund e Lucy Pevensie, hanno deciso di prendere.
INCEST! Ed/Lu. [- don't like? don't read!]
Dal prologo:
"Susan Pevensie non si era mai ritenuta una ficcanaso e, fino a prova contraria, nemmeno gli altri le avevano mai accennato niente sull’argomento.
[...]
Per questo motivo, quando il problema cominciò a svelarsi silenziosamente di fronte ai suoi occhi assennati non fu l’impressione di intromettersi in qualcosa che non le riguardasse a trascinarla in una profonda sensazione di disagio.
Anzi: ripensandoci, in questo caso, la questione la riguardava benissimo."
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Edmund Pevensie, Lucy Pevensie, Susan Pevensie, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Recensire non fa male alle mani!






- prologue.

 

{just like seasons, people change. not always for the better.}

 
























Susan Pevensie non si era mai ritenuta una ficcanaso e, fino a prova contraria, nemmeno gli altri le avevano mai accennato niente sull’argomento.

Certo, qualche volta le capitava di "spettegolare" segretamente, insieme alle sue amiche del cuore, su quello che era accaduto al caro cugino di Ambrosine o al fratello di Jonette, ma di sicuro non lo faceva per immischiarsi nelle faccende altrui: semplicemente le piaceva sottolineare se il fatto le facesse dispiacere oppure no, ecco tutto.
Al contrario, chi ficcanasava in giro per divertimento era, secondo Susan, solamente una persona molto sgradevole.

Per questo motivo, quando il problema cominciò a svelarsi silenziosamente di fronte ai suoi occhi assennati non fu l’impressione di intromettersi in qualcosa che non le riguardasse a trascinarla in una profonda sensazione di disagio.
Anzi: ripensandoci, in questo caso, la questione la riguardava benissimo.

All’inizio non ci aveva fatto molto caso: insomma, entrare nel salotto di casa Pevensie e ritrovarsi davanti a una bambina di 5 anni e un bambino di 6 che si scambiano un innocente bacetto sulle labbra non le aveva provocato chissà quale sbigottimento.
Erano semplicemente due fratellini intenzionati a dimostrare l’affetto che provavano l’uno per l’altra.
Tuttavia, però, Susan non riusciva ad impedirsi di pensare che comunque Edmund non provava mai così tanto affetto per Lucy, a meno che la sorellina non gli avesse promesso la scatola di biscotti che la nonna puntualmente le regalava una volta al mese.
Ma anche se questo non fosse accaduto, diciamocelo, erano sempre dei bambini: la curiosità dei piccoli di scoprire il mondo intorno a loro avrebbe potuto trascinarli verso qualunque tentativo.

Tutto diventò più sensato quando Edmund, di fronte all’iniziale espressione sbalordita di Susan, aveva cominciato a piagnucolare, gridando che Lucy lo aveva costretto e che la colpa era tutta sua. Allora Susan aveva ridacchiato, scompigliando i capelli al fratellino, e successivamente si era preoccupata solo di spiegargli che gli credeva. Il bambino si era passato con disgusto una mano sulle labbra e poi se ne era andato, sbattendo i piedi con furia. Lucy aveva sogghignato in direzione della sorella maggiore, un guizzo divertito impresso negli occhi, e quest’ultima le aveva solamente raccomandato di non farlo più, tirandole scherzosamente un pizzicotto sulla guancia paffuta. In seguito i due piccoli di casa avevano ricominciato a trattarsi come avevano sempre fatto.
E Susan non aveva più ripensato a ciò che era successo, distratta da successivi avvenimenti che si rivelarono più importanti.


Per esempio, quando scoprirono Narnia, Susan venne disorientata.
La bellezza di quel posto, la sua maestosità, la sua nobiltà e soprattutto la sua impossibilità la colpirono come una secchiata d’acqua gelida, congelandole la mente.
Coprendo il ruolo della più scettica della famiglia, all’inizio il suo era solo stupore.
Non riusciva a convincersi che tutto quello – tutto quello – potesse essere racchiuso in un semplice armadio. Doveva essere di sicuro un sogno, si ripeteva. Solo un sogno.
Ma col tempo Susan si era resa conto che aprendo l’anta di quell’armadio aveva scoperto il vero mondo.
Il suo mondo.
E si disse che doveva colpire quel mondo proprio come quel mondo aveva colpito lei.
Così fu nominata Susan la Gentile, perché finalmente il lato più dolce della sua persona era fuoriuscito dal guscio di diffidenza dentro il quale la vera Susan era rimasta rinchiusa in tutti quegli anni.
Il suo nuovo atteggiamento verso la vita e la bellezza che con il tempo era fiorita sul suo viso la trasformarono nella più bella Regina che avesse mai regnato a Narnia, e così, in pochi anni, da ogni dove principi e re d’Oltremare sbarcarono sul suo regno per chiederla in sposa.
Era diventata la migliore tra le migliori, la più corteggiata tra le corteggiate.
Finalmente i suoi fratelli la consideravano qualcuno di più importante della pratica secondogenita della famiglia; finalmente veniva apprezzata per qualcosa di più rilevante di un semplice legame di parentela: la bellezza.


Fu così che Susan scoprì trucco e parrucco. Fu così che, dopo aver attraversato per la seconda volta l’anta di quell’armadio, Susan aveva capito che essere bella valeva più del resto.
Certezze, le sue, che teneva ancora rinchiuse dentro sé stessa. Come un fiore, aspettava il momento adatto per sbocciare.
E il momento arrivò un anno dopo, quando i suoi lineamenti da ragazzina ebbero completato la trasformazione, dando vita ad una persona più adulta, più matura. Una vera donna.
Ma qualche speranza di salvezza c’era ancora.
Dopotutto, Susan non aveva dimenticato che Narnia era lì ad aspettarla, che Narnia aveva bisogno anche dei suoi consigli per andare avanti. Susan non aveva superato la barriera dell’età adulta, come credeva.
Susan non aveva ancora dimenticato Narnia.
Susan ci credeva ancora. Poteva ancora entrarci.


Ma quando ci entrò, incontrò Caspian. L’esempio che Susan, involontariamente, aspettava.
E quella fu la fine della vecchia, Gentile, Dolce Susan Pevensie.
Caspian le aveva aperto gli occhi su di un mondo diverso, un mondo superfluo.
Perché una bella ragazza ha bisogno di qualcuno accanto a sé. Ha bisogno di un bel ragazzo.
E Susan aveva cominciato a preoccuparsi di cose futili, di cose senza profondità, per fare in modo di trovarlo.
Vestiti. Scarpe. Creme. Rossetti.
E sebbene continuasse a regnare su Narnia con consapevolezza, adesso era sicura di saper scegliere.
Susan aveva scelto la realtà.
Niente più strani mondi inventati, niente più sciocche fantasie: ormai lei era una donna e doveva comportarsi come tale. Era il momento di camminare con i piedi per terra. Era il momento di smettere di vivere con la testa tra le nuvole. Era il momento di dire addio a Narnia.


E quando la seconda avventura fu terminata, le convinzioni di Susan vennero rafforzate ancor di più dalle parole che Aslan aveva rivolto a lei e a Peter.
“Non potrete più tornare a Narnia. Siete cresciuti, ormai” li aveva informati il leone.
E Susan aveva annuito con sicurezza. Per lei il tempo dei giochetti era finito, anche secondo il parere di Aslan.


Quella scelta le si rivelò fruttuosa.
Non solo perché il suo nuovo “metodo di vita” funzionava magnificamente, riservandole il doppio delle attenzioni che riceveva in passato sia nel contesto familiare sia in quello sociale, ma anche perché la realtà le sembrava molto più nitida sotto quel nuovo punto di vista.
Ora conosceva i suoi obiettivi. Ora capiva che il mondo che la circondava era quello giusto, quello migliore. Ora sapeva di poter partecipare a feste su feste senza mai stancarsi, senza mai annoiarsi, al contrario di come faceva in passato. Ora comprendeva con facilità tutto ciò che la contornava.

Ma poi arrivò il momento in cui non avrebbe voluto più comprendere con tanta dimestichezza.


Successe in una strana serata. Inizialmente era convinta che fosse stata solo una sua sensazione, ma non riusciva a dimenticare il modo in cui le guance dell’ormai diciassettenne Edmund Pevensie si erano imporporate. E guardare Edmund che arrossiva era come ricevere una macchina del tempo per Natale.
In pratica, era impossibile.
Stava entrando in camera di Lucy. Doveva chiamare la sorella per la cena e soprattutto chiederle dove si trovasse suo fratello, dato che la stanza del terzogenito era completamente vuota e che Peter aveva affermato di non averlo visto in giro.
Quando attraversò la piccola porta in legno dolce si accorse che Edmund si trovava lì, in compagnia della sedicenne. Ultimamente, si disse, passavano davvero molto tempo insieme.
Non aveva neanche terminato di formulare questo semplice pensiero che un rumore improvviso perforò le pareti della camera. In seguito la scena le passò davanti agli occhi così velocemente che Susan non fu mai del tutto sicura di aver capito per bene come realmente erano andate le cose.
Sapeva solo che Lucy era in qualche modo caduta all’indietro, le spalle sane e salve sul morbido materasso ma la schiena sulla parte in legno del letto, provocando un assordante rumore e, di sicuro, anche un assordante dolore. “Ohi…” aveva guaito la più piccola della famiglia, sofferente.
Nello stesso momento, Susan aveva visto Edmund lanciarsi da una distanza tutt’altro che irrilevante per afferrare i fianchi della sorella e fermare la caduta. Lucy era scivolata sul legno liscio per poi finire sul pavimento mentre Edmund, ormai sdraiato col torace sopra di lei, aveva sbattuto la testa contro la gamba del letto. Strizzando gli occhi si era portato una mano alla fronte, massaggiandosi il punto doloroso, e istintivamente aveva abbassato la testa verso il basso, pronunciando un “Ahi…” .
O almeno, provando a pronunciarlo.
Susan avrebbe giurato di non aver mai visto un luccichio simile negli occhi della sorellina minore.
Una mano sotto la schiena per il dolore, l’altra appesa al materasso per colpa della caduta, Lucy Pevensie si era ritrovata sul pavimento, un peso smisurato sulla pancia, le labbra leggermente appoggiate a quelle del fratello. E quando queste ultime si erano schiuse sulle sue per articolare la parola “Ahi…”, la piccola di famiglia si era come congelata, un’espressione esterrefatta scolpita sul volto rossastro, mentre osservava gli occhi del fratello spalancarsi per aver compreso l’accaduto e le sue guance avvampare per la prima volta sotto il suo sguardo.
Niente fu paragonabile all’atmosfera di quella scena che, anche se all’inizio aveva solo divertito la secondogenita di famiglia, dopo un po’ si era trasformata in una grave preoccupazione.
Certo, era stato solo un incidente, all’apparenza, ma la nuova, intuitiva Susan sapeva come comprendere i più piccoli, soprattutto i suoi fratelli. Grazie ai suoi nuovi contatti con il mondo reale, la sua dote migliore era diventata quella di riuscire a comprendere il modo di sentirsi degli altri. E così, in poco tempo, Susan aveva cominciato a sospettare che quegli sguardi impacciati non contenessero solo del semplice, disorientato imbarazzo.

Si intenerì dopo questo assurdo pensiero? Certo che no! Chi lo avrebbe mai fatto, dopotutto?
Scuotendo la testa, l’inquietudine in cui Susan era stata velocemente trascinata prese il sopravvento.
Doveva agire. E anche alla svelta.
Si schiarì rumorosamente la gola, portandosi una mano al collo. Una mossa azzardata, architettata sul momento, ma efficace.
Emh emh…”

Edmund fece un balzo fulmineo all’indietro, alzandosi in piedi, e voltò la testa verso la porta, incontrando il cipiglio atterrito della sorella maggiore. Lucy sobbalzò e con un guizzo spostò uno sguardo allarmato ed intimorito nella stessa direzione.
Quindi Susan si sforzò di mettere in scena il suo più caldo ed ingenuo sorriso, nonostante il suo viso stesse lottando con forza contro la sua volontà per mantenere l’espressione sconcertata di qualche secondo prima.
“Che cosa state facendo?” chiese, innocua.
Il diciassettenne si girò verso il lato opposto della stanza, portando le mani nelle tasche dei pantaloni.
Tipico di Edmund. In situazioni come queste, tentava sempre di nascondere le proprie emozioni.
Lucy, al contrario, mostrava senza problemi di essere il panico tramutato persona. Per non dare troppo nell’occhio aveva preso a strofinare la mano destra dietro la schiena.
“Sono solo inciampata sulla mattonella rotta” mugolò. “Ho sbattuto la schiena contro il letto.”
“Sarebbe ora che la mamma la facesse aggiustare” sospirò Susan. “Ti sei fatta molto male?”
“No, non è niente, passerà in fretta” rispose l’altra, così rapidamente da far quasi sobbalzare la sorella.
Dopodiché fece pressione con la mano sul materasso e si rialzò. Lanciando un’occhiata in direzione di Edmund, prese a stendere le pieghe della gonna. Il fratello, però, non sembrava dare segni di vita, lo sguardo fisso sulla scrivania, il corpo immobile. Lucy sembrò rinunciarci e, sostenendosi le braccia, inchiodò gli occhi al pavimento.
“Come mai sei qui?” chiese alla sorella con una voce spezzata che non assomigliava per niente alla sua.
“Ero venuta a dirvi che la cena è pronta” la informò Susan, con il tono più naturale che riuscisse a simulare.
“Bene, arriviamo” rispose subito Lucy, e senza emettere un fiato sorpassò la sorella a capo chino, uscendo in un batter d’occhio dalla stanza.
Edmund aspettò qualche secondo, dipingendo un silenzio spinoso nell’aria. Poi seguì l’esempio della più piccola ed uscì, nascondendo i suoi pensieri sotto una maschera d’indifferenza.
Ma invano.
Il rossore sulle sue guance si sarebbe notato anche lontano mille miglia.


Più tardi, sdraiata sul suo letto morbido e piacevolmente fresco, Susan si rese conto di aver reagito un po’ scioccamente di fronte a quella situazione. Fu allibita di notare, però, che la stessa angosciante impressione provata qualche ora prima non l’aveva ancora abbandonata.
Da quel giorno la sua mente prese spesso a viaggiare in modo irrequieto, attraversando pensieri illogici e sconclusionati, e per quanto Susan cercasse di fermarla non riuscì mai a vietarle di rivolgersi sempre la stessa domanda.
Cosa stava succedendo tra Lucy ed Edmund?
Che ultimamente passassero molto tempo da soli e senza di lei e di Peter era una cosa naturale, almeno a quanto le aveva detto Peter. Secondo il suo parere, Edmund e Lucy si trovavano meglio insieme perché i loro fratelli maggiori erano ormai troppo grandi; i quattro non potevano condividere più gli stessi pensieri come accadeva una volta: una ventenne ed un ventiduenne potevano essere di pareri più giudiziosi rispetto a quelli di una sedicenne e di un diciassettenne. E su questo Susan non aveva dubbi.
Ma per quanto i piccoli di famiglia potessero andare d’accordo ultimamente e per quanto potessero essersi conosciuti meglio, Susan proprio non riusciva ad abituarsi al luccichio nei loro occhi quando incrociavano lo sguardo, oppure al modo in cui, quella sera, a cena, si erano evitati silenziosamente, guardando solo e soltanto il fondo bianco o carico di pietanze del proprio piatto. E ancora, non poteva spiegarsi come il color pomodoro che aveva tinteggiato il loro viso dopo l’incidente in camera si fosse schiarito così difficilmente, o il perché del tremolio della spalla di Lucy, seduta al fianco di Susan, le braccia che si sfioravano, nel toccare le dita di Edmund, serrate sulla stessa fetta di pane che lei aveva intenzione di agguantare.

Certo, riflettendoci bene, forse una soluzione c’era.
E, ovviamente, non era la prima volta che Susan la prendeva in considerazione.
Ma era così folle, così insensata, una tale idiozia che Susan non avrebbe mai neanche voluto ammettere di averla pensata.


E se Edmund e Lucy si fossero… innamorati?


























 

Angolo dell'autrice.

Era da tanto che volevo scrivere qualcosa su Le Cronache di Narnia, perché è il mio libro preferito di sempre e l'ho letto una decina di volte. Quest'idea mi è venuta in mente qualche anno fa, ma non ho mai avuto il tempo di pubblicarla. Susan è il mio personaggio preferito e non mi andava giù il fatto che abbandonasse Narnia solo per trucchi e festicciole, quindi ho aggiunto un motivo in più, anche perché ADORO la LucyxEdmund ed ero indecisa se scrivere su di loro o su Susan. Alla fine ho trovato il modo di parlare di entrambi! ^.^

Oh, voglio anche aggiungere che la soprastante è la mia prima fanfiction su questo account! u_u Una volta ne avevo un altro, ma per qualche motivo si è come dissolto nel nulla... xD

Non mi resta che augurare una buona lettura a tutti! =D
Ci vediamo al prossimo capitolo!

  
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