Attraverso le fauci di un leone
ringhiante, gli
imperscrutabili occhi di Jaime Lannister, l’unica parte del
suo volto che non
fosse coperta dall’elmo, si guardavano piano attorno,
orgogliosi, irruenti,
fissando le persone con insistenza, senza mai abbassare lo sguardo.
Di fronte a lui, il fiore della nobiltà sedeva sugli spalti
più vicini a quello
reale, discutendo ed intrattenendosi cordialmente nell’attesa
dell’inizio dello
scontro. Nelle ale più laterali, lord minori e,
più in oltre ancora, popolani,
si scambiavano battute pene d’eccitazione.
Tra tutte le voci, risuonò la risata tonante e sguaiata di
Robert.
In quella assolata mattina, il vessillo dei Baratheon era stato
innalzato in
ogni angolo dei Sette Regni, in onore del venticinquesimo compleanno
del re, e
il cervo incoronato, nero in campo giallo, sembrava correre un veloce
galoppo,
tanto forte il vento faceva tremare le bandiere su cui era stato
ricamato,
poste anche agli angoli del campo dove si sarebbe disputata la gara.
Posando nuovamente lo sguardo sul palco reale, ebbe modo di vedere che
anche
svariati nobili lì presenti, legati in qualche modo alla
casa dei Baratheon,
avevano scelto il cervo e i suoi colori per adornare le proprie vesti.
E in mezzo a tutti, spiccavano l’oro e la porpora del leone
dei Lannister.
A quella vista, Jaime non poté trattenere un sorriso, a cui
rispose una
semplice occhiata, silenziosa ed altera, identica alla sua, ma al tempo
stesso
tanto dissimile.
I loro sguardi rimasero intrecciati per degli attimi che gli parvero
infiniti,
ma anche dopo che furono trascorsi, né lui né
Cersei diedero segno di stare per
interrompere il contatto, anzi, continuarono a rimirarsi lentamente,
aspettando
entrambi che fosse l’altro ad abbassare il proprio.
Quei volti tanto simili, della stessa, abbagliante bellezza, non erano
bastati
per mantenere legati i loro destini.
A lui era spettato il cavalierato, l’essere stato nominato
membro della Guardia
reale, ma soprattutto la libertà.
Perché per quante volte Jaime si fosse ritrovato a maledire
la propria
posizione, imprecare contro quel porco del re, suo padre, i suoi
doveri, sapeva
che Cersei sarebbe stata disposta a perdere tutto, pur di smetterla di
dover
trascorrere la sua vita a corte, in una gabbia dorata tanto stretta da
farla
quasi impazzire, come la moglie devota e passiva che sarebbe dovuta
essere.
E in questo, lei era addirittura più forte di lui: mai aveva
pensato di
accettare l’inevitabilità del suo destino, ed ogni
occasione le era buona per
rimarcare la sua indipendenza, il suo disappunto, la sua rabbia.
Ne era segno il livido violaceo che, pur coperto dall’ampia
manica purpurea
della sua veste, Jaime ricordava bene.
Al pensiero di lui che osava alzare
le mani su di lei, sentì una collera, impetuosa e
inestinguibile propagarsi
nelle sue membra.
Forse percependo i sentimenti del suo cavaliere, il purosangue grigio
che
montava nitrì nervosamente, e, con un movimento quasi
istintivo, le sue mani
corsero a tirare le briglie, impedendogli di dimenarsi.
Quando si voltò nuovamente alla ricerca della serica chioma
bionda di Cersei,
seppe che il loro momento era passato.
Non se ne era accorto, ma erano rimasti per vari minuti a fissarsi, e
non
dubitò che sua sorella avesse potuto leggere come su un
libro aperto i pensieri
che avevano attraversato la sua mente, il suo odio verso Robert, verso
il quale
lei era legata da un vuoto giuramento, pronunciato al cospetto di dei
incostanti e insofferenti, e al tempo stesso la sua invidia verso
l’uomo che
più di tutti aveva il privilegio d’amarla e che
invece, perso nei tormentati
ricordi del suo passato, continuava a struggersi al pensiero di Lyanna,
la
sorella del giovane lord Stark che, alla sinistra del suo migliore
amico, gli
stava rivolgendo uno dei suoi rari sorrisi, che pure non riuscivano a
sminuire
l’aria greve che adombrava i suoi lineamenti.
Sotto le sopracciglia aggrottate, lanciò loro uno sguardo sfacciatamente sprezzante.
Non vedeva nulla di rispettabile nei cavalieri che, appesantiti dalle
loro
armature, si muovevano sgraziati ai bordi del campo, nulla di nobile in
quei
giovani lord.
Nulla, non vedeva nulla di giusto o imparziale, nelle sentenze saccenti
dei
loro sacerdoti, né nelle loro leggi, pesanti catene che a
lungo aveva permesso si
stringessero attorno a lui.
E nessuno di loro l’avrebbe mai potuto capire come lei,
l’unica per cui avrebbe
immolato la sua vita senza esitazioni o rimpianti.
Sua sorella, la sua regina, la sua amante.
Tutte le figure femminili più importanti della sua vita
erano impersonificate
in un’unica persona, quella ragazza appena ventenne dai
capelli come oro, gli
occhi come smeraldi pieni di una impiegabile fierezza, che ogni volta che si
posavano su lui sembravano
come illuminarsi, ora intenta a parlare con lady Selyse, la sgradevole
moglie
di lord Stannis, le labbra arricciate in una espressione infastidita,
una mano
posata a sfiorare il ventre appena prominente, che lui sapeva gravido
per la
prima volta.
A questo pensiero, gli angoli delle sue labbra accennarono un sorriso.
Nessuno avrebbe mai scoperto il loro segreto, questo loro amore,
sbagliato agli
occhi di tutti, ma in grado di legarlo alla vita molto più
dei vuoti giuramenti
che aveva pronunciato.
Sarebbe stata una grande madre, Cersei: protettiva, e disposta a
giocarsi tutto
pur di proteggere ciò che amava. Lo sarebbe stata anche
senza un esempio da
seguire se non lo sbiadito ricordo che ancora preservavano della loro
madre,
morta costringendoli ad aggrapparsi furiosamente, disperatamente
l’uno all’altra
per non essere travolti dal corso delle loro stesse vite.
Ascoltò solo distrattamente l’annuncio che era
arrivato il suo momento di
battersi contro ser Yohn Royce, che sarebbe riuscito a riconoscere in
ogni caso
grazie agli abbaglianti riflessi bronzei della sua armatura.
Mise il cavallo in posizione, accettò lo scudo portogli dal
suo scudiero, si
accertò che la lunga, pesante cappa nivea posata sulle sue
spalle cadesse bene
sulla sua armatura dorata.
Poi, impugnata la lancia, si lanciò a un veloce galoppo.
Quando pochi metri li separarono, puntò la sua lancia contro
il lato sinistro
dell’uomo che fu immediatamente sbalzato dalla sella, senza
che Jaime quasi
percepisse il contraccolpo dovuto all’urto.
A lui ne seguirono molti altri, lord o cavalieri, non aveva importanza.
Li
disarcionò uno ad uno, compreso l’avvenente
fratello minore del re, che, forte
dei suoi diciassette anni, aveva insistito per partecipare alla
competizione.
A questo pensiero, si ritrovò a sorridere amaramente: quando
lui aveva la sua
stessa età, la guerra non aveva bisogno d’essere
emulata nei giochi, non era un
ricordo, un’epoca di forti cavalieri e belle dame, racchiusa
nei versi di una
poesia; allora era ancora una cruda realtà, la guerra che
lui aveva concluso
tranciando la gola di Aegon con la sua affilata spada a due mani.
Che gli altri parlassero, si ricoprissero di onori e titoli: la
verità è che
era stato lui, sgozzando quel vecchio come se fosse stato un maiale da
macello,
a concludere tutto.
Che lo sussurrassero pure quel nome alle sue spalle, Sterminatore di re.
Con forza, colpì la spalla destra un anonimo lord, munito di
un ampio scudo su
cui era stato intagliato lo stemma degli Hightower, sbalzandolo forse
più
violentemente di quanto non avrebbe dovuto.
La folla esplose in un’ovazione improvvisa, lui
alzò una mano in segno di
saluto, poi si girò senza nemmeno curarsi di vedere se il
suo avversario si
fosse alzato o meno dalla dura terra sabbiosa contro cui
l’aveva scagliato.
Passando vicino al palco reale, molte lady lo guardarono in visibilio,
forse
aspettando che lui consegnasse loro un fiore o le intrattenesse con una
battuta
gentile.
Ancora una volta, passò avanti, altero ed indifferente: quel
giorno era troppo
nervoso, come divorato da una inspiegabile foga, per mantenere la
facciata di
cortesia che solitamente riusciva a mantenere senza troppi sforzi.
Si riavvicinò al palco reale solo dopo essere stato
proclamato campione del
torneo e, sceso da cavallo e posizionatosi alla destra del re, proprio
davanti
alla sua regina, si inchinò rispettosamente e tese verso di
lei un giglio
bianco, dal profumo delicato e i petali come seta.
E allora Cersei, divertita, forse compiaciuta
dall’impertinenza del suo gesto,
si protese verso di lui, afferrando il fiore con
un’espressione divertita e
incantata.
Da quanto non vedeva quello sguardo?
Fu come ritornare bambini, nei pomeriggi in cui, scappando dai loro
impegni, si
incontravano di nascosto tra gli alberi in fiore nella foresta di
Castel
Granito.
E rispondendole con lo stesso sguardo complice che le aveva rivolto
allora, si
ritrovò a pensare una volta di più che quel
sorriso, raggiante, ma allo stesso
tempo fiero e orgoglioso, riservato solo a lui, era quanto di
più bello i suoi
occhi avessero mai visto, e non c’erano giuramenti o dogmi
che non sarebbe
stato pronto a rinnegare pur di preservarlo.
Allora,
che dire?
Ho scritto questa ff cercando di chiarire prima di tutto a me stessa
cosa ne
pensassi di Jaime e Cersei.. perché anche se è
vero che i Lannister sono un casato
in cui sono presenti personaggi profondamente differenti gli uni dagli
altri, e
dove eclatanti sfoggi di vizi e virtù sembrano essere
all’ordine del giorno, sono
sempre riuscita a inquadrarli abbastanza chiaramente, fin dalla loro
prima
apparizione nel cortile di Grande Inverno: Tyrion, astuto e sardonico,
quel
deficiente di suo nipote il re Joffrey, i suoi fratelli –
verso i quali provo
una naturale simpatia.. ammetto che mi piacerebbe molto leggere
ciò che sta
succedendo a Dorne dal punto di vista di Myrcella – e poi
lord Tywin,
protettore dell’Est e personaggio che la visione della serie
televisiva mi ha
indotto a rivalutare non di poco, e quel marasma di personaggi
secondari, su
cui non mi dilungo a parlare.
Erano piuttosto Jaime e sua sorella la regina a lasciarmi perplessa: la
loro
relazione incestuosa, l’aver buttato Bran giù da
quella torre..
Ammetto che all’inizio, schierandomi decisamente dalla parte
degli Stark, li
avevo condannati sotto ogni punto di vista, ma andando avanti con la
lettura
dei libri (anche se alla fine sono ancora al quarto v.v) e la visione
della
serie (in cui –tra parentesi– il fatto che Cersei
fosse interpretata da quel
mito di Lena Heady ha influito molto positivamente
xD) mi sono ritrovata a rivedere la mia posizione, e ammettere che in
fondo non
tutto era così semplice come mi sarebbe piaciuto pensare:
trovo che i due
gemelli Lannister siano dei personaggi sorprendentemente complessi, i
quali si
sono ritrovati bloccati fin da bambini in situazioni e circostanze in
grado di
giustificare le loro scelte.. ma alla fine immagino che con questa ff io
abbia spiegato
abbastanza chiaramente cosa penso di loro.. (o almeno spero
^^”)
Ok,
complimenti a chi è
riuscito ad arrivare alla fine di questo mio soliloquio xD e grazie a
tutti
quelli che hanno letto questa storia ( mi farebbe davvero piacere
ricevere
delle recensioni, anche per capire cosa potrei migliorare ;)