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Autore: Alexiels    09/09/2012    1 recensioni
Raggiante, ma allo stesso tempo fiero e orgoglioso, quel sorriso, riservato solo a lui, era quanto di più bello gli occhi di Jaime Lannister avessero mai visto, e non c’erano giuramenti o dogmi che non sarebbe stato pronto a rinnegare pur di preservarlo.
Forse è inutile specificarlo, ma questa raccolta di ff è sui due gemelli Lannister.
Figure opinabili sotto molti punti di vista, è vero, ma credo che entrambe agiscano seguendo un’etica precisa, e che, come tutti i personaggi di GoT, siano spinte da motivazioni in grado spiegare (e alle volte giustificare) ogni loro scelta.. ho cercato di analizzare il loro rapporto, filtrando le mie conclusioni attraverso gli occhi di Jaime Lannister.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Cersei Lannister, Jaime Lannister
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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Attraverso le fauci di un leone ringhiante, gli imperscrutabili occhi di Jaime Lannister, l’unica parte del suo volto che non fosse coperta dall’elmo, si guardavano piano attorno, orgogliosi, irruenti, fissando le persone con insistenza, senza mai abbassare lo sguardo.
Di fronte a lui, il fiore della nobiltà sedeva sugli spalti più vicini a quello reale, discutendo ed intrattenendosi cordialmente nell’attesa dell’inizio dello scontro. Nelle ale più laterali, lord minori e, più in oltre ancora, popolani, si scambiavano battute pene d’eccitazione.
Tra tutte le voci, risuonò la risata tonante e sguaiata di Robert.
In quella assolata mattina, il vessillo dei Baratheon era stato innalzato in ogni angolo dei Sette Regni, in onore del venticinquesimo compleanno del re, e il cervo incoronato, nero in campo giallo, sembrava correre un veloce galoppo, tanto forte il vento faceva tremare le bandiere su cui era stato ricamato, poste anche agli angoli del campo dove si sarebbe disputata la gara.
Posando nuovamente lo sguardo sul palco reale, ebbe modo di vedere che anche svariati nobili lì presenti, legati in qualche modo alla casa dei Baratheon, avevano scelto il cervo e i suoi colori per adornare le proprie vesti.
E in mezzo a tutti, spiccavano l’oro e la porpora del leone dei Lannister.
A quella vista, Jaime non poté trattenere un sorriso, a cui rispose una semplice occhiata, silenziosa ed altera, identica alla sua, ma al tempo stesso tanto dissimile.
I loro sguardi rimasero intrecciati per degli attimi che gli parvero infiniti, ma anche dopo che furono trascorsi, né lui né Cersei diedero segno di stare per interrompere il contatto, anzi, continuarono a rimirarsi lentamente, aspettando entrambi che fosse l’altro ad abbassare il proprio.
Quei volti tanto simili, della stessa, abbagliante bellezza, non erano bastati per mantenere legati i loro destini.
A lui era spettato il cavalierato, l’essere stato nominato membro della Guardia reale, ma soprattutto la libertà.
Perché per quante volte Jaime si fosse ritrovato a maledire la propria posizione, imprecare contro quel porco del re, suo padre, i suoi doveri, sapeva che Cersei sarebbe stata disposta a perdere tutto, pur di smetterla di dover trascorrere la sua vita a corte, in una gabbia dorata tanto stretta da farla quasi impazzire, come la moglie devota e passiva che sarebbe dovuta essere.
E in questo, lei era addirittura più forte di lui: mai aveva pensato di accettare l’inevitabilità del suo destino, ed ogni occasione le era buona per rimarcare la sua indipendenza, il suo disappunto, la sua rabbia.
Ne era segno il livido violaceo che, pur coperto dall’ampia manica purpurea della sua veste, Jaime ricordava bene.
Al pensiero di lui che osava alzare le mani su di lei, sentì una collera, impetuosa e inestinguibile propagarsi nelle sue membra.
Forse percependo i sentimenti del suo cavaliere, il purosangue grigio che montava nitrì nervosamente, e, con un movimento quasi istintivo, le sue mani corsero a tirare le briglie, impedendogli di dimenarsi.
Quando si voltò nuovamente alla ricerca della serica chioma bionda di Cersei, seppe che il loro momento era passato.
Non se ne era accorto, ma erano rimasti per vari minuti a fissarsi, e non dubitò che sua sorella avesse potuto leggere come su un libro aperto i pensieri che avevano attraversato la sua mente, il suo odio verso Robert, verso il quale lei era legata da un vuoto giuramento, pronunciato al cospetto di dei incostanti e insofferenti, e al tempo stesso la sua invidia verso l’uomo che più di tutti aveva il privilegio d’amarla e che invece, perso nei tormentati ricordi del suo passato, continuava a struggersi al pensiero di Lyanna, la sorella del giovane lord Stark che, alla sinistra del suo migliore amico, gli stava rivolgendo uno dei suoi rari sorrisi, che pure non riuscivano a sminuire l’aria greve che adombrava i suoi lineamenti.
Sotto le sopracciglia aggrottate, lanciò loro uno sguardo sfacciatamente sprezzante.
Non vedeva nulla di rispettabile nei cavalieri che, appesantiti dalle loro armature, si muovevano sgraziati ai bordi del campo, nulla di nobile in quei giovani lord.
Nulla, non vedeva nulla di giusto o imparziale, nelle sentenze saccenti dei loro sacerdoti, né nelle loro leggi, pesanti catene che a lungo aveva permesso si stringessero attorno a lui.
E nessuno di loro l’avrebbe mai potuto capire come lei, l’unica per cui avrebbe immolato la sua vita senza esitazioni o rimpianti.
Sua sorella, la sua regina, la sua amante.
Tutte le figure femminili più importanti della sua vita erano impersonificate in un’unica persona, quella ragazza appena ventenne dai capelli come oro, gli occhi come smeraldi pieni di una impiegabile fierezza,  che ogni volta che si posavano su lui sembravano come illuminarsi, ora intenta a parlare con lady Selyse, la sgradevole moglie di lord Stannis, le labbra arricciate in una espressione infastidita, una mano posata a sfiorare il ventre appena prominente, che lui sapeva gravido per la prima volta.
A questo pensiero, gli angoli delle sue labbra accennarono un sorriso.
Nessuno avrebbe mai scoperto il loro segreto, questo loro amore, sbagliato agli occhi di tutti, ma in grado di legarlo alla vita molto più dei vuoti giuramenti che aveva pronunciato.
Sarebbe stata una grande madre, Cersei: protettiva, e disposta a giocarsi tutto pur di proteggere ciò che amava. Lo sarebbe stata anche senza un esempio da seguire se non lo sbiadito ricordo che ancora preservavano della loro madre, morta costringendoli ad aggrapparsi furiosamente, disperatamente l’uno all’altra per non essere travolti dal corso delle loro stesse vite.
Ascoltò solo distrattamente l’annuncio che era arrivato il suo momento di battersi contro ser Yohn Royce, che sarebbe riuscito a riconoscere in ogni caso grazie agli abbaglianti riflessi bronzei della sua armatura.
Mise il cavallo in posizione, accettò lo scudo portogli dal suo scudiero, si accertò che la lunga, pesante cappa nivea posata sulle sue spalle cadesse bene sulla sua armatura dorata.
Poi, impugnata la lancia, si lanciò a un veloce galoppo.
Quando pochi metri li separarono, puntò la sua lancia contro il lato sinistro dell’uomo che fu immediatamente sbalzato dalla sella, senza che Jaime quasi percepisse il contraccolpo dovuto all’urto.
A lui ne seguirono molti altri, lord o cavalieri, non aveva importanza. Li disarcionò uno ad uno, compreso l’avvenente fratello minore del re, che, forte dei suoi diciassette anni, aveva insistito per partecipare alla competizione.
A questo pensiero, si ritrovò a sorridere amaramente: quando lui aveva la sua stessa età, la guerra non aveva bisogno d’essere emulata nei giochi, non era un ricordo, un’epoca di forti cavalieri e belle dame, racchiusa nei versi di una poesia; allora era ancora una cruda realtà, la guerra che lui aveva concluso tranciando la gola di Aegon con la sua affilata spada a due mani.
Che gli altri parlassero, si ricoprissero di onori e titoli: la verità è che era stato lui, sgozzando quel vecchio come se fosse stato un maiale da macello, a concludere tutto.
Che lo sussurrassero pure quel nome alle sue spalle, Sterminatore di re.
Con forza, colpì la spalla destra un anonimo lord, munito di un ampio scudo su cui era stato intagliato lo stemma degli Hightower, sbalzandolo forse più violentemente di quanto non avrebbe dovuto.
La folla esplose in un’ovazione improvvisa, lui alzò una mano in segno di saluto, poi si girò senza nemmeno curarsi di vedere se il suo avversario si fosse alzato o meno dalla dura terra sabbiosa contro cui l’aveva scagliato.
Passando vicino al palco reale, molte lady lo guardarono in visibilio, forse aspettando che lui consegnasse loro un fiore o le intrattenesse con una battuta gentile.
Ancora una volta, passò avanti, altero ed indifferente: quel giorno era troppo nervoso, come divorato da una inspiegabile foga, per mantenere la facciata di cortesia che solitamente riusciva a mantenere senza troppi sforzi.
Si riavvicinò al palco reale solo dopo essere stato proclamato campione del torneo e, sceso da cavallo e posizionatosi alla destra del re, proprio davanti alla sua regina, si inchinò rispettosamente e tese verso di lei un giglio bianco, dal profumo delicato e i petali come seta.
E allora Cersei, divertita, forse compiaciuta dall’impertinenza del suo gesto, si protese verso di lui, afferrando il fiore con un’espressione divertita e incantata.
Da quanto non vedeva quello sguardo?
Fu come ritornare bambini, nei pomeriggi in cui, scappando dai loro impegni, si incontravano di nascosto tra gli alberi in fiore nella foresta di Castel Granito.
E rispondendole con lo stesso sguardo complice che le aveva rivolto allora, si ritrovò a pensare una volta di più che quel sorriso, raggiante, ma allo stesso tempo fiero e orgoglioso, riservato solo a lui, era quanto di più bello i suoi occhi avessero mai visto, e non c’erano giuramenti o dogmi che non sarebbe stato pronto a rinnegare pur di preservarlo.

Allora, che dire?
Ho scritto questa ff cercando di chiarire prima di tutto a me stessa cosa ne pensassi di Jaime e Cersei.. perché anche se è vero che i Lannister sono un casato in cui sono presenti personaggi profondamente differenti gli uni dagli altri, e dove eclatanti sfoggi di vizi e virtù sembrano essere all’ordine del giorno, sono sempre riuscita a inquadrarli abbastanza chiaramente, fin dalla loro prima apparizione nel cortile di Grande Inverno: Tyrion, astuto e sardonico, quel deficiente di suo nipote il re Joffrey, i suoi fratelli – verso i quali provo una naturale simpatia.. ammetto che mi piacerebbe molto leggere ciò che sta succedendo a Dorne dal punto di vista di Myrcella – e poi lord Tywin, protettore dell’Est e personaggio che la visione della serie televisiva mi ha indotto a rivalutare non di poco, e quel marasma di personaggi secondari, su cui non mi dilungo a parlare.
Erano piuttosto Jaime e sua sorella la regina a lasciarmi perplessa: la loro relazione incestuosa, l’aver buttato Bran giù da quella torre..
Ammetto che all’inizio, schierandomi decisamente dalla parte degli Stark, li avevo condannati sotto ogni punto di vista, ma andando avanti con la lettura dei libri (anche se alla fine sono ancora al quarto v.v) e la visione della serie (in cui –tra parentesi– il fatto che Cersei fosse interpretata da quel mito di Lena Heady ha influito molto positivamente xD) mi sono ritrovata a rivedere la mia posizione, e ammettere che in fondo non tutto era così semplice come mi sarebbe piaciuto pensare: trovo che i due gemelli Lannister siano dei personaggi sorprendentemente complessi, i quali si sono ritrovati bloccati fin da bambini in situazioni e circostanze in grado di giustificare le loro scelte.. ma alla fine immagino che con questa ff io abbia spiegato abbastanza chiaramente cosa penso di loro.. (o almeno spero ^^”)

Ok, complimenti a chi è riuscito ad arrivare alla fine di questo mio soliloquio xD e grazie a tutti quelli che hanno letto questa storia ( mi farebbe davvero piacere ricevere delle recensioni, anche per capire cosa potrei migliorare ;)

  
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