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Autore: Ariacqua    09/09/2012    11 recensioni
-- FAN FICTION SOSPESA --
Peeta è tornato da due settimane. Dorme a casa di Katniss, ed entrambi sono alle prese con il "Libro della memoria". Potrebbero cominciare finalmente ad essere felici, se non fosse per i terribili ricordi che si celano sotto ogni frontiera di forza ostentata. I ricordi uccidono. Peeta non ha mai parlato della sua tortura, di cosa fu costretto a subire, a fare, per tutto quel tempo. Ma ora è tempo di parlare. E' tempo di cacciare tutte quelle lacrime sepolte da mesi. E' tempo di amare, di scegliere.
I don’t want to forget.
PERICOLO SPOILER PER 'CATHING FIRE' E 'MOCKINGJAY'!
Buona lettura, sweethearts.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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...
-  Dove vai, ora?! – panico ormai evidente è celato nella mia voce.


Un Peeta estremamente arrabbiato cammina a passo svelto verso la porta di casa. Per andare via.
Andare via per sempre?
Questo non lo so, ma il solo pensiero provoca fitte dolorose nei pressi del petto.

- All’inferno. – mi urla di rimando mentre esce del tutto.

Senso di nausea ormai si è aggiunto alla mia sgradevole sensazione di panico ed alle mie fitte al petto, quando, improvvisamente, la porta si riapre violentemente, sbattendo contro il muro e provocando un gran tonfo.
Alzo velocemente lo sguardo per trovarmi davanti …
Finnick.
No, qualcosa non quadra.
Sono pazza, ecco ciò che sono ormai diventata. Una stupida pazza.

- Stai mettendo da parte una questione importante, Katniss. - mi sussurra minacciosamente.

- Cosa…? -

- Tu stai mettendo da parte la questione delicata del MIO bambino, per paura di affrontare la situazione, per paura di parlarne con Peeta. - mi sussurra ancor più minacciosamente, avvicinandosi a me.

- Io…io… - io non capisco nulla di quel che sta succedendo. Non può essere una cosa normale. Faccio per parlare ma lui mi interrompe.

- Ti credevo più coraggiosa, Katniss. Ti credevo più sincera. - sussurra ormai al mio orecchio.

Ma prima di capire il senso delle sue frasi, una cosa mi fa sentire letteralmente male, provocandomi vomito e nausea. Il mio viso sbianca, perché ho appena recepito il suo alito. Il suo alito che sa di sangue.
Indietreggio febbrilmente verso le scale. Sento l’odore del sangue ormai dappertutto, sgradevole e minaccioso. E’ come se il mio stesso corpo ne fosse impregnato. Abbasso lo sguardo per controllare che non ci sia davvero del sangue quando, improvvisamente e nel giro di un attimo, sento di nuovo il suo sussurro.

- Vuoi sapere cosa si prova, Katniss? -

Anche questa volta non mi lascia neppure il tempo di assorbire le sue parole, che una fitta si estende lungo tutto il mio braccio. Sangue scorre lento e minaccioso, e lacrime cominciano a graffiare il mio viso, come fossero fatte con lame d’acciaio.
Finnick comincia a staccarmi a morsi, nel vero senso della parola. Sangue denso scorre e sporca tutto e, quando ormai sono in fin di vita, riesco a sussurrargli impercettibilmente

- C-cosa s-si prova a fa-ar c-cosa? -

- Ad essere sbranati. -

E poi?
Poi tutto buio, mentre un’ultima lacrima riga il mio viso.
 
 
- Katniss! Katniss! Svegliati! -

Mani forti mi stringono le spalle, scuotendo il mio corpo.
Riapro gli occhi lentamente.
Era tutto uno stramaledetto incubo. I miei occhi incrociano quelli di Peeta, ansioso e preoccupato.

- Peeta…-  sussurro.
La mia gola è secchissima,mi sento uno straccio e non solo fuori, ma anche dentro. Sensi di colpa colpiscono l’interno delle mie membra a destra e manca, ed io non so più cosa fare.
Sembrava tutto così reale… Finnick che mi parlava del suo bambino… Peeta che se ne andava infuriato, e non ne so neppure la ragione.
Le braccia di Peeta mi circondano improvvisamente.

- Va tutto bene. - mi sussurra - Va tutto bene, ora. Ci sono io qui con te, capito? -

“No, non va tutto bene! Non lo capisci?...” penso disperatamente quando invece annuisco appena, il viso affondato nel suo petto.
Rimaniamo così per un po’, ma mai come ora, le sue braccia che mi cingono a sé, i suoi occhi celesti, il suo intero corpo vicino al mio, non mi sortisce alcun effetto consolatorio. Anzi, più lo tengo vicino più mi sento terribilmente in colpa, sia nei suoi confronti che in quelli di Finnick. Sta diventando una situazione più difficile di quanto già non lo sia di per sé e capisco, solo ora, che il mio incubo di poco fa è servito per mettermi in guardia in quanto, più lo continuo a trascurare, più diventerà difficile e grande, sopraffacendomi ed inghiottendomi nella sua oscurità.
Non so come, non so quando, ma oggi devo riuscire a parlare a Peeta.
Un bicchiere colmo d’acqua si para avanti ai miei occhi, ed io, senza pensare a nient’altro, comincio a bere con foga, mentre osservo Peeta che mi sorride tra il metà preoccupato, tra il metà divertito dal mio fare da “maschiaccio”.

-… Vuoi parlarne? -

Mi chiede poco dopo, ed io so bene a cosa si riferisce. Al mio incubo.
Agito febbrilmente il capo, da destra verso sinistra.
Per un attimo mi pare di scorgere un’espressione un po’ delusa dipinta sul suo volto, ed infatti aggiungo

- Io… mi dispiace ma ora.. non me la sento proprio…-

- Oh, no, non preoccuparti Katniss. Lo capisco perfettamente.- e mi sorride di nuovo, mentre una nuova ondata di ansia e senso di colpa mi investe.

E’ straordinario (quanto crudele, in un certo senso) come un incubo possa sconvolgere completamente tutto ciò che provi, tutto il tuo autocontrollo in pochi minuti. E’ decisamente crudele anche il fatto che ogni sogno, come incubo ovviamente, non duri più di cinque minuti ma, nella tua testa, sembra durare, ore, ore ed ore, rendendo i fatti più concreti e brutali possibile e protaendoli nel tempo così subdolamente.

- Ehm… vieni giù con me a fare colazione?-

Le sue parole fanno sì che la mia mente ritorni alla realtà.

- Uhm… sì, ma preferisco prima farmi una doccia.-

Evito accuratamente di guardarlo negli occhi, perché ogni volta che incrociamo i nostri sguardi mi vengono fitte di sensi di colpa, aggiunti ad un senso di ribrezzo che provo per me stessa. E poi, fra l’altro, ogni volta che Peeta cerca il mio sguardo, trovandolo, è come se mi leggesse nel pensiero ed è inevitabile che scopra
che in realtà c’è qualcosa che non và.
Si accorge del mio strano atteggiamento e, guardandolo in tralice, scopro che mi guarda stranito prima di dirmi

- Bene, così avrò il tempo di riscaldare alcune pagnotte e di prepararne qualche altra. -

Mi precipito in bagno senza ulteriori indugi e apro il rubinetto della doccia. Lo scosciare dell’acqua sortisce su di me un effetto calmante, per quanto possibile. Mi ci
tuffo dentro e non faccio altro che pensare, pianificare, programmare, mio malgrado.
Esco dalla doccia, con la convinzione che in un modo e nell’altro, oggi dovrò parlare a Peeta di tutto. Tutto. E liberarmi di questo peso che mi opprime così tanto.
Scendo a fare colazione, quando mi trovo avanti un cestino di vimini particolarmente grande, con dentro le pietanze più buone che siano mai state viste. Biscotti, pagnotte, fette di torte alla frutta ed al cioccolato, succo di frutta e latte. Sospetto che i biscotti siano alla vaniglia ed al limone; i miei preferiti.
Guardo Peeta interrogativa, con una mezzo sorriso stampato sul volto.

- Beh, ho avuto un’idea. Oggi è una giornata particolarmente bella, non c’è neve, e non fa molto freddo. Se andassimo a fare colazione nei boschi? …Insomma, magari per distrarci un po’…-

Sembrava stranamente impacciato. Mai visto così, anche perché quando parlava era sempre molto sicuro, riuscendo a convincere anche il più pazzo dei pazzi a non buttarsi da un ponte, anche quando egli è a un secondo dal farlo. Di sicuro non sono l’unica a nascondere qualcosa, qui dentro.

- Sì! Bella idea. -

E mi piace veramente, quest’idea. Certo, stravolge un po’ i miei piani, ma dopotutto da cosa nasce cosa, e può darsi che lì riuscirò a parlargli. Devo ammettere che il solo pensarci mi mette ansia, tristezza. Ma dove s’è mai visto che io reagisco così?!
Ora anche rabbia mista ad un senso di delusione si aggiunge a tutti gli altri sentimenti che sto provando, mentre io e Peeta ci avviamo nei boschi.
Poco dopo, troviamo una posto per accamparci, sotto alcuni alberi sempreverdi. C’è aria fresca che mi accarezza il viso, ma non è insistente.
Dopo aver mangiato quelle squisitezze, Peeta appare più impacciato nei movimenti, cosa che non sfugge ai miei occhi vigili.

- Insomma, Peeta… C’è qualcosa che non va?- gli chiedo con un sospiro.

Lui sospira a sua volta.

- Beh, ecco… E’ da un po’ che ci penso Katniss… Ma non volevo mai parlartene, perché in reltà non ero sicuro neppure io.-

Gli rivolgo uno sguardo interrogativo, come per incitarlo ad andare avanti.

- Ecco… Io stavo ripensando di riaprire la panetteria. Devo iniziare a lavorare, per il mio… il nostro futuro. Ora che il Distretto 12 si sta ricostruendo, credo che ne valga la pena.-

Si guarda i piedi, trovando le sue scarpe particolarmente interessanti. Mi stupisco di tanto imbarazzo; insomma, a me sembra un’ottima idea. Con i soldi della vincita potremmo, pian piano, lavorarci su.
Gli prendo il volto fra le mani, e gli sorrido, mentre l’ennesima ondata di senso di colpa mi travolge ma, questa volta, non ci bado minimamente.

- Credo sia un’ottima idea, sai? Insomma, è un segno di ripresa in tutto e per tutto, no?-

Lui mi sorride gentile di rimando.

- Bene! Sai… per il nostro futuro può essere molto utile riaprirla. E poi - e qui arrossisce appena- non mi dispiacerebbe mica vedere dei marmocchi che
scorrazzano qui e lì durante la ripresa, no? -

Mi sorride un po’ imbarazzato ed un po’ sollevato.
Ora capisco perfettamente a cosa voleva arrivare, e cosa nascondeva, ma le mie reazioni, purtroppo, sono evidenti anche al più cieco.
Sbianco, mi irrigidisco e cambio totalmente espressione. Neppure il tempo di pensare a nasconderli, come ho sempre fatto, che eccoli lì. In bella vista.

- C-cosa c’è? … Io scherzavo! Cioè, sì, insomma mi piacerebbe sul serio.. però… Cioè, so bene che è presto.-

- M-ma io non capisco…-  sospiro lievemente.

- Non capisci? … Cosa?- mi risponde.

- Io non vorrò mai dei bambini! T-tu non puoi dire sul serio! Pensavo lo sapessi! -

 Parlo molto più furiosamente di come avevo intenzione di fare, ma la mia mente ed il mio tono di voce sono effetto della grande pressione a cui sono sottoposta, soprattutto riguardo questo cruciale argomento. E’ come se quella innocente frase pronunciata da Peeta mi avesse tratto in inganno, del tutto di sorpresa.
La sua espressione cambia a distanza di un secondo, ed io mi mordo la lingua talmente forte da sentire il sapore più da me odiato; quello del sangue.

- C-cosa?! Non capisco,sul serio. Perché non vorresti averli? E poi come, di grazia, avrei fatto a saperlo se tu non me ne hai neppure lontanamente parlato?! -

- Beh, è così che stanno le cose. Io non ho mai voluti, non vorrò, e non voglio tutt’ora avere dei bambini. Cosa gli diremo quando sentiranno la madre urlare nel sonno, la fronte imperlata di sudore, o quando il padre avrà uno dei suoi attacchi e rimarrà per ore aggrappato ad una sedia, guardando il vuoto avanti a sé?! -

Come fa a non capirmi?! Rabbia ora occupa la maggior parte di me.
Ma appena i nostri guardi si incrociano, non vedo il suo volto segnato da rabbia, ma da vuoto, che è peggio.

- Glielo spiegheremo a tempo debito, Katniss. Loro non potranno vivere nell’ignoranza per sempre, dovranno sapere, dovranno essere a conoscenza di tutte le crudeltà avvenute proprio dove loro vivranno poi. Ne dovranno essere a conoscenza proprio per evitare che tutto ciò ricapiti, in un modo o nell’altro. Non capisci? -

La sua voce suona quasi calma alle mie orecchie.
Scuoto la testa a destra e sinistra, lentamente.

- Quella che non capisce qui non sono affatto io. E se gli Hunger Games venissero ri-istituiti, Peeta?! Cosa gli succederebbe?! -

- Beh ma queste sono paure ed incertezze infondate, Katniss! Non vedi?! E’ come dire “Che senso ha continuare a vivere? E se fra poco venissero dei
Pacificatori nuovi ad ucciderci?” nella vita tutto è imprevedibile, ed io pensavi che l’avessi capito. E poi, insieme possiamo farcela! - guarda un attimo a terra, pensieroso, mentre io lo gurado, spazientita, arrabbiata e stanca. - o, forse… forse… tu non vuoi farli con me. Probabilmente tu non mi ami con io ti amo. -

La sua espressione appare improvvisamente pervasa da un senso di tristezza disumano.

- Cosa?! Sei impazzito? Ascolta. Ti sbagli. Io ho sempre rifiutato di avere figli, e tu non c’entri niente. Niente e nessuno mi farà cambiare idea, ma ciò non vuol dire che io non ti ami.-

Ma l’espressione di Peeta era divenuta, se possibile, ancora più delusa, arrabbiata e triste.
Com’è possibile che fraintenda in questo modo?!

- Mi dispiace per te, sai?! Ti neghi una delle cose più meravigliose che la vita ci offre, solo per un’incertezza.-

Neppure il tempo di assorbire le sue parole, che già arranca dei passi, verso l’uscita dei boschi.

- Peeta!- gli urlo. - Peeta! Non è possibile che tu la pensi così!-

Silenzio. Vuoto, ed interminabile silenzio.

- Dove vai, ora?! -  panico ormai evidente è celato nella mia voce.

- All’inferno.- mi urla di rimando, uscendo del tutto dalla zona dove abbiamo mangiato.

Un senso di tristezza m’invade.

-No… no…- sussurro a me stessa.

Stringo i pugni, tanto da lasciare che le unghie mi graffino a sangue i palmi delle mani.
Poi, una strana certezza si fa strada dentro me. Le stesse, identiche parole, ce le siamo scambiate anche nel mio incubo. Com’è possibile?! La stranezza di questa cosa mi lascia l’amaro in bocca. Davvero non riesco a capire. Ma, in questo momento, non posso proprio occuparmene.
Racimolo le poche cose rimaste e mi avvio verso casa.
Il ragazzo del pane, l’unico che mi sia stata vicina, l’unico con cui condividevo tutto, è andato via.
Ma lui davvero non capisce. Io lo amo con tutta me stessa, ma è inevitabile; se c’è una cosa di certo in questa vita è che nessun bambino sarà mai ospite nel mio grembo.
E, con questa convinzione, torno a casa trovandola irrimediabilmente vuota. Non che mi aspettassi altro. Trascorro il resto della giornata cercando di non pensare a quanto accaduto, per quanto questo mi sia impossibile. Ceno con poche cose avanzate e, con assoluta certezza di passare una notte insonne, mi dirigo in camera.
 
Le 3:25.
Non ho chiuso occhio neppure per la miserabilità di cinque minuti. I sensi di colpa continuano a sopraffarmi. Tristezza, rabbia e delusione impregnano ogni parte di me e, in tutto questo, una sola frase mi aleggia continuamente nei pressi del cervello:
Perché è tutto così difficile?
 
Inaspettatamente, però, riesco improvvisamente ad abbandonarmi alla bellezza del sonno. Sì.
Bellezza. Se solo non fosse che anche se per due miseri minuti, gli incubi non fanno che assalirmi.
 
 


-  Dove vai, ora?! – panico ormai evidente è celato nella mia voce.
Un Peeta estremamente arrabbiato cammina a passo svelto verso la porta di casa. Per andare via. 
Andare via per sempre?
Questo non lo so, ma il solo pensiero provoca fitte dolorose nei pressi del petto.
- All’inferno. – mi urla di rimando mentre esce del tutto.
Senso di nausea ormai si è aggiunto alla mia sgradevole sensazione di panico ed alle mie fitte al petto, quando, improvvisamente, la porta si riapre violentemente, sbattendo contro il muro e provocando un gran tonfo.
Alzo velocemente lo sguardo per trovarmi davanti …
Finnick.
No, qualcosa non quadra.
Sono pazza, ecco ciò che sono ormai diventata. Una stupida pazza.
- Stai mettendo da parte una questione importante, Katniss. - mi sussurra minacciosamente.
- Cosa…? - 
- Tu stai mettendo da parte la questione delicata del MIO bambino, per paura di affrontare la situazione, per paura di parlarne con Peeta. - mi sussurra ancor più minacciosamente, avvicinandosi a me.
- Io…io… - io non capisco nulla di quel che sta succedendo. Non può essere una cosa normale. Faccio per parlare ma lui mi interrompe.
- Ti credevo più coraggiosa, Katniss. Ti credevo più sincera. - sussurra ormai al mio orecchio.
Ma prima di capire il senso delle sue frasi, una cosa mi fa sentire letteralmente male, provocandomi vomito e nausea. Il mio viso sbianca, perché ho appena recepito il suo alito. Il suo alito che sa di sangue.
Indietreggio febbrilmente verso le scale. Sento l’odore del sangue ormai dappertutto, sgradevole e minaccioso. E’ come se il mio stesso corpo ne fosse impregnato. Abbasso lo sguardo per controllare che non ci sia davvero del sangue quando, improvvisamente e nel giro di un attimo, sento di nuovo il suo sussurro.
- Vuoi sapere cosa si prova, Katniss? - 
Anche questa volta non mi lascia neppure il tempo di assorbire le sue parole, che una fitta si estende lungo tutto il mio braccio. Sangue scorre lento e minaccioso, e lacrime cominciano a graffiare il mio viso, come fossero fatte con lame d’acciaio.
Finnick comincia a staccarmi a morsi, nel vero senso della parola. Sangue denso scorre e sporca tutto e, quando ormai sono in fin di vita, riesco a sussurrargli impercettibilmente 
- C-cosa s-si prova a fa-ar c-cosa? - 
- Ad essere sbranati. - 
E poi vedo solo rosso. Rosso sangue.
 



Spalanco gli occhi nella fredda notte.
Le orribili visioni del mio incubo sono ancora impresse nella mia mente. Ingoio a fatica.
Ora, mai come ora, necessito di quel mio rifugio.
Le braccia di Peeta. Anzi, no,non solo le braccia, calcolato il livello del mio terrore, ma lui. Peeta.
Tutto se stesso, i suoi occhi celesti, i suoi capelli biondi, la sua voce calmante, le sue braccia forti.
Senza neanche pensare a ciò che faccio mi dirigo verso il comodino.
Apro l’ultimo cassetto.
Una piccola cosa sferica scintilla dall’aria quasi sinistra al bagliore della luna.
La perla.
La prendo fra le mie mani.
Dove sei? Dove sei, ragazzo del pane?
La stringo più forte che posso al mio petto, mentre una minuscola lacrime fugge dal mio controllo.

Ho bisogno di te. Ora più che mai.





Angolino fatto per metà d'aria, per metà d'acqua.
L'ANGOLO DI ARIACQUA.

 

Tadàààààààà, capitolo otto servito, dopo tanto, ma tanto tempo di pausa. Non preoccupatevi, ora gli aggiornamenti saranno più frequenti ovviamente.
Che dire, spero che questo capitolo vi sia piaciuto. 
Ringrazio infinitamente le 50 persone che SEGUONO questa storia, le 21 persone che la PREFERISCONO, le 8 che la RICORDANO e, specialmente, un grazie immenso va alle 39 persone che la RECENSISCONO. 
Grazie, davvero, ad ognuno di voi.
Ma mi sento in dovere di ringraziare particolarmente le mie recensitrici veterane, come:

Jack Burton - Karen Adnimel - arimo - missZoeBrown - amicafelice.
Un grazie davvero speciale va a voi, che sopportate da un po' più di tempo di altri questi piccoli scritti.
Spero vivamente che questo capitolo arrivi almeno alle dieci recensioni, così almeno la mia autostima potrebbe raggiungere un livello che si avvicina alla decenza. :')
Alla prossima, 
La vostra Ariacqua. (EX Rosie_posy). 

Ah, se vi va, venite a leggere la mia nuova shot. Mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate!

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1254582&i=1 
  
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