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Autore: Christine_Heart    09/09/2012    5 recensioni
Era sereno, e riusciva a respirare un’aria piacevole e carica d’amore.
“Il mio bellissimo, dolce e speciale Balthazar!”esclamò lei accarezzandolo.
“E il mio piccolo e vivace Salomon!” affermò con un sorriso, fermandosi sull’altro figlio.
Balthazar sorrise, e con quelle ultime parole che gli echeggiavano in testa, tra una carezza e l’altra della madre, e il movimento dolce e attivo del fratellino, chiuse gli occhi e si addormentò.
***
[Contest sfida] [AU]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Due fratelli, un solo cuore'
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“…”: Pensiero del personaggio
“…” Riflessione del personaggio
____ : Cambio scena
 

Una settimana di pace & Primi amori.
 

Anche quella giornata grazie a Dio era finita.
Balthazar aveva terminato il periodo di convalescenza in ospedale, e il dottore  adesso poteva riaccompagnarlo a “casa”.
Le strade erano semi deserte, e Brook non andava di fretta.
La macchina sfrecciava con calma tra un lampione e l'altro.
Balthazar, seduto al suo fianco, si era addormentato da poco.
Stava meglio e si vedeva.
Il colorito del volto, era tornato, e il respiro non era più così forzato come negli ultimi tempi.
Il cuore, per quanto i medicinali facessero il loro dovere, andava tenuto sotto controllo.
Brook mise la freccia, e sorpassò una macchina.
Balthazar si sistemò sul sedile, appoggiando meglio la testa, sulla spalliera.
Il dottore, si voltò a guardarlo.
Gli sorrise.
Riposava così bene.
Ne aveva proprio bisogno.
Gli accarezzò il capo, tornando con gli occhi sulla strada.
Il volante era così delicato.
Brook inserì la marcia e accelerò un po'.
Balthazar si sistemò ancora, coprendosi meglio con il cappotto che aveva addosso.
La notte si faceva sempre più scura.
Brook guardò nello specchietto retrovisore.
Non c'era davvero nessuno per strada.
Sentì Balthazar lamentarsi nel sonno.
Secondi e si svegliò di colpo.
Ebbe giusto il tempo di capire, dove si trovava, dove stava andando.
Afferrò per istinto il braccio di Brook.
“Che cosa succede?” chiese Brook con tono quasi divertito, senza distogliere lo sguardo dal parabrezza.
Il ragazzo si ritrovò con il fiatone, e il volto appena sudato.   
Non era un comune incubo, che perseguitava la mente del giovane.
Strinse i denti.
Qualcosa faceva male.
“Che cosa succede Balthazar?” domandò subito il medico, ora seriamente preoccupato, dalla reazione del piccolo, controllando un po' la strada un po' il giovane che ora, sembrava davvero non stare per niente “meglio” dopo quella maledetta settimana passata in ospedale.
Una mano ferma sul cruscotto, l'altra stretta all'arto del dottore.
“Non ti senti bene?”
Afferrò il petto, stringendo gli occhi.
“Balthazar?”
Anche l'altra mano, si unì a quella già posta sul petto.
“Devo rallentare?” chiese il medico, poggiandogli una mano sulla spalla.
Il dottore ritornò a fissare la strada, sopportando il ragazzo, e guidando con una mano sola.
In tutta risposta, Balthazar, strinse più forte il petto, sbattendo con violenza la testa contro l'apposito appoggio.
“Accosto?”
Una mano di Balthazar dal petto, passò alla fronte.
Brook, non aspettò la sua risposta.
La freccia di destra iniziò a lampeggiare.
Si fermò.
Tirò il freno a mano.
Inserì le quattro frecce.
Rapido si slacciò la cintura, e aprì la portiera.
La richiuse con un tonfo, e veloce, fece il giro della macchina.
Aprì lo sportello del ragazzo.
“Balthazar...”
L'aiutò a sedersi lateralmente.
Le gambe fuori dalla portiera, i piedi sull'asfalto.
Gli sfiorò la fronte.
“Che cos'hai?” domandò in ansia il medico.
“Non lo so...mi ha preso lo stomaco...”
“Andavo troppo veloce?”
Scosse deciso la testa.
“No...non sei stato tu...”
“Forse ti ha dato fastidio la curva...avevi un po' di nausea?”
“ Sì...la sensazione spiacevole...era quella...”
“Ti ha girato un po' la testa?”
Annuì, massaggiandosi lo stomaco.
Il medico gli accarezzò il volto.
“Sicuro che non sia stato il cuore?”
“Sì, questa volta lui...non c'entra...”
Brook sorrise.
“Credo che sia stato solo un po' di stanchezza...” affermò il ragazzo, abbassando gli occhi.
Non lo sopportava davvero.
Sentirsi e dimostrarsi debole davanti agli altri.
Anche se c'era il suo apprensivo tutore, alle volte il panico e lo sconforto erano due sentimenti difficili da controllare.
“Forse ne sono causa anche i medicinali...lo stomaco vuoto...” continuò.
“Hai fame?” domandò buono l'uomo.
“Non voglio mangiare nulla...”
“Sono solo stanco...” insistette di nuovo timido.
“ Vuoi riposare un altro po'?” chiese dolce il medico.
“....”
“Manca ancora molto...ti vuoi stendere dietro?”
“No...va bene qui...”
“D'accordo.” sorrise buono Brook.
Il ragazzo contraccambiò quel tenero affetto.
“Davvero non vuoi dirmi dove stiamo andando?” chiese incuriosito Balthazar.
Il medico scosse il capo:
“Non riuscirai a convincermi...ti ho detto che è una sorpresa!”
“Ti prego!”
“No, niente da fare!”
Il dottore si rimise in piedi e domandò:
“Allora, ci rimettiamo in marcia?”
Il ragazzino annuì.
Brook gli sorrise, e ritornò al suo posto.
Salì in macchina, tolse la quattro frecce, e si sistemò di nuovo la cintura.
Tolse il freno e guardò il piccolo.
Balthazar, aveva chiuso la portiera, e con attenzione aveva appoggiato la testa sul sedile.
Chiuse gli occhi e sospirò.
“Sicuro che vada tutto bene?”
Balthazar li riaprì e li posò sul volto dell'amico:
“Sì, tutto a posto!” esclamò sicuro.
Brook gli accarezzò il capo, poi riaccese la macchina.
Controllò quella “sotto specie di traffico” e ritornò sulla strada.
Fecero un  paio di metri, in un silenzio quasi totale, fin quando...
...Balthazar, scosso da un brivido di freddo, si ricoprì nuovamente con il suo cappotto.
Si strinse sotto il suo calore, soffermando la stoffa fin sopra le spalle.
Contrasse le gambe, per combattere quel gelido improvviso.
“Hai freddo Balthazar?” chiese Brook svoltando a destra.
Il giovanotto, si strinse ancora di più sotto quella coperta improvvisata e si limitò ad annuire.
Brook controllò ancora la strada, prima di abbassare gli occhi sul condizionatore.
L'accese portandolo ad una temperatura adeguata, e subito quell'aria calda, si impegnò nel riscaldare tutto l'abitacolo.
Balthazar si rannicchiò nuovamente.
“Va un po' meglio?”
Non rispose.
“Eppure oggi, non fa tutto questo freddo...forse ti sta tornando la febbre...ti senti accaldato?”
“No, ti ho detto che sto bene!”
“Forse è meglio se ritorniamo a casa!”
“No, ti prego...è tutto a posto...sto già meglio...il freddo sta già passando...per favore, sono sicuro che sia solo stanchezza...” lo supplicò il giovane con voce sicura, ma terribilmente debole.
“Balthazar...è meglio non aggravare la tua situazione!”
“Ti prego Brook...” lo pregò di nuovo.
“Balthazar, dov'è il problema...starai con me lo stesso...soli io e te...a casa mia...”
“Lo so...ma...” iniziò incerto.
“I tuoi genitori sono già partiti...possiamo divertirci anche a casa.” lo rassicurò Brook.
“Non lo metto in dubbio Brook, ma...” riprese indeciso il ragazzino.
“Che cosa vuoi dirmi Balthazar?” domandò semplicemente il medico con voce calda.
“Tu hai bisogno di staccare la spina...Amber ti ha lasciato solo da due settimane...e tu mi sembri così cambiato!”
“Cosa vuoi dire con così cambiato?”
“Non sembri più tu...ti arrabbi con facilità, sembri sempre così triste...Non sei il Brook che io ho sempre conosciuto...”
“Balthazar...” incrociò gli occhi del ragazzino, accarezzandogli il volto.
“Com'è buono e gentile!” pensò con affetto il dottore.
“Se anche fosse, non posso permettermi di pensare a me...qui c'è in ballo la tua salute...”
“Non ti devi preoccupare...non è nulla di grave...” disse Balthazar sorridendogli.
“Mi farai sentire in colpa se ti ammalerai di nuovo!” rispose il dottore riportando la mano sul volante.
“Farò attenzione, te lo giuro...”
“Balthazar...” lo richiamò con dolcezza Brook, ritornando sulla strada.
“....cercherò di non sforzarmi troppo, promesso...ma prendiamoci questa meritata vacanza, per favore...”
Guardò di nuovo il giovane.
“Sei sicuro di farcela...che non sia nulla di grave?” domandò un po' in ansia.
“Per favore.” lo scongiurò il ragazzino.
Il medico guardò di sottecchi il giovane.
Gli sorrise e con dolcezza gli scompigliò i capelli:
“Come farei io senza di te!” esclamò contento il medico.
Balthazar rise allegro, sotto le carezze del medico.
“Ti ringrazio Balthazar!” disse infine Brook.
Balthazar si stupì.
Perchè l'aveva appena ringraziato?
“Perchè mi hai ringraziato?”
Brook rise tra se e se:
“ Perchè malgrado tutto quello che ti è successo,ti preoccupi per chi ti è accanto, è molto saggio e premuroso da parte tua.” gli disse sincero.
“Tu sei sempre stato premuroso e gentile con me...non ho fatto nulla di speciale...”
Brook gli sfiorò di nuovo il viso:
“Che bravo bimbo!” gli disse fiero.
Balthazar sorrise lieto.
Sentiva gli occhi pesanti.
Si li strusciò un po' per convincersi a rimanere sveglio.
“Sei stanco?” domandò il medico.
Balthazar annuì, senza dare peso al gesto.
Chiuse gli occhi.
Si addormentò, vegliato dallo sguardo protettivo del suo tutore.
______
 
“Balthazar!” chiamò piano il dottore.
Il giovane dormiva beato, rannicchiato su sedile.
“Balthazar!” chiamò di nuovo.
“Sveglia.” gli disse accarezzandogli il capo.
“Siamo arrivati?” chiese il giovane ancora assonnato.
Brook annuì, ed indicò davanti a sé.
Un tetto di tegole colore mattone, spiccava solare, tra le foglie del boschetto che stavano attraversando.
Pochi metri, e il sentiero si affacciò su di una casetta in mattone bianco.
Piccole lanterne illuminavano il dintorno donandogli un'atmosfera da favola.
Il bambino rimase meravigliato, gli occhi sognanti e la bocca aperta.
Le mani e il volto, appoggiati contro il finestrino, per vedere meglio.
“Brook, ma dove siamo?” chiese stupito.
Non conosceva quel posto.
Il sentiero in terra che stavano percorrendo non gli era famigliare, gli alberi che circondavano quel paradiso non gli aveva mai visti, e quel laghetto in lontananza, in cui si rispecchiava la luna piena, circondato da un maestoso giardino profumato, non lo conosceva affatto.
Il dottore guardò sereno il giovane che si godeva la scena.
Fermò la macchina. Erano arrivati.
Balthazar si ricordò di colpo:
“La sorpresa...”
“E' questa la sorpresa di cui parlavi?” chiese meravigliato voltandosi verso l'amico.
Brook gli sorrise con affetto e annuì.
“Questa è casa di mio nonno!”
“Tuo nonno?”
“Sì, è la mia eredità...ci vengo a passare i periodi invernali e primaverili....i più belli dell'anno...ci vengo sempre da solo...per riflettere, per godermi un po' di pace...e ho pensato che poteva far bene anche a te...tu sei il suo primo ospite!” disse tranquillo il medico.
Guardò il volto del ragazzino.
Deglutì.
“Lo so, non è un Luna Park...ma è un luogo tranquillo, e l'aria fresca ti farà bene alla salute.”
“Ti aspettavi qualcosa di diverso?”
“No, è perfetto!” disse il ragazzino.
“Quanto disturbo però ti sei preso per me Brook” disse il piccino mortificato.
“Disturbo?” chiese l'altro non capendo il discorso del giovanotto.
“Sì, mi hai accompagnato in ospedale per la mia visita mensile, sei rimasto vicino a me in quei due giorni di convalescenza, e ora mi permetti di dimorare nella casa di tuo nonno, solo perchè può farmi bene alla salute...è davvero tanto...”
A Brook invece sembrava di aver fatto così poco.
“Balthazar, ti sei mai soffermato a pensare che ho fatto tutto questo solo perchè, per me non era un problema e mi fa piacere stare in tua compagnia?!”
“Dici davvero?”
Brook abbassò gli occhi sul volto del piccolo.
Con dolcezza gli sorrise.
“Sì Balthazar...dico sul serio!” affermò il medico sfiorandogli con affetto il volto.
Il giovane sorrise felice.
“Dai vieni...ti devo presentare delle persone!” disse entusiasta il medico.
Scese dalla macchina seguito da Balthazar.
Chiuse l'auto e fece strada al giovane.
La casa era sempre più vicina. Era così bella e ben illuminata.
Si respirava un'aria così serena e tranquilla.
C'era calore e familiarità da per tutto.
Davanti a lui, una bella signora gli stava correndo incontro per aprirgli la porta.
“Dottor Brook...Bentornato!” esclamò felice la donna.
“Signora Izumi...che bella ospitalità!” sorrise felice il medico.
Si avvicinò alla donna, per sfiorargli le guance:
“Mi dispiace, sono mortificato...non era mia intenzione farvi tardare così tanto!” aggiunse dopo l'uomo con un nuovo sorriso solare.
“Non si preoccupi Dottore...fatto buon viaggio?”
“Sì...è stato un viaggio tranquillo.”
Balthazar si avvicinò al tutore.
“Ah, signora Izumi, mi permetta di presentarle il mio piccolo ometto...Balthazar Rayback!” esclamò felice il dottore cingendo le spalle del ragazzo.
Il ragazzino sorrise intimidito e subito aggiunse:
“E' un piacere signora!” esclamò educato.
“Il piacere è tutto mio signorino!” rispose lei chinando appena il capo.
Signorino?
Balthazar non capiva, era confuso.
Perchè signorino?
Alzò gli occhi su Brook stranito.
Quel volto strappo un sorriso al medico.
Si avvicinò al suo orecchio:
“Ti spiego tutto dopo!”
Gli scompiglia con dolcezza i capelli.
“Ma sei da sola?” chiese educato Brook.
“No, ci sono mia madre e mia figlia in casa...ma prego, entrate nella vostra dimora!” disse invitante la donna, accogliendoli gioiosa.
Si fece da parte, per farli entrare.
Balthazar seguì curioso il medico.
La casa era confortevole e spaziosa.
Ben decorata, luminosa e bella.
Balthazar si ritrovò nell'ampio salone.
Brook cordiale e solare come prima, stava salutando una vecchietta arzilla, e una piccola fanciulla.
“Balthazar, ti presento la nonnina Mei...” presentò il medico indicando con un palmo aperto della mano la signora anziana.
“...e la piccola Yoko!” esclamò infine con un sorriso.
Balthazar sorrise cortese:
“Felice di conoscervi!” esclamò educato.
“Il piacere è tutto nostro signorino!” disse la nonna.
La bambina invece in tutta risposta, rise felice e chinò il capo in segno di saluto.
Balthazar rimase affascinato da quella piccolina.
Gli sorrise felice, e imitò il suo gesto.
Chinò il capo e le disse:
“Piacere di conoscerti Yoko!” esclamò educato.
Lei sorrise entusiasta.
Brook si avvicinò al piccolo e gli posò una mano sulla spalla.
Balthazar alzò gli occhi sul medico che tranquillo gli fece l'occhiolino come per dire: ben fatto.
“Ora è meglio se andiamo...sarete stanchi.” disse con gentilezza Izumi.
“Sì...grazie infinite!” rispose educato il medico.
“Venite, vi accompagno.” propose poi.
“Buona notte signorino.” augurò la nonna.
“'Notte nonnina.” rispose lui senza farsi problemi.
“Su vieni Yoko...andiamo.” disse la madre alla piccola prendendola per mano.
Izumi sorrise lieta al ragazzino.
La piccola invece fece ciao ciao con la manina.
Balthazar concesse un sorriso tenero ad entrambe e le salutò con la mano.
Rimase solo nel salotto.
Senti la porta di “casa” chiudersi.
Balthazar sospirò stanco e si mise a sedere sul divano.
“Allora come ti sembrano?” chiese curioso il medico.
“Sono davvero simpatiche.” rispose solare Balthazar.
“C'è qualcosa che non va?” domandò il dottore sedendosi accanto al ragazzino.
“No, sono solo stanco.”
“Capisco...”
“...beh infondo si è fatto tardi... “ rispose Brook alzandosi.
“...vieni, ti mostro dov'è la tua camera.”
“Brook, perchè mi chiamano signorino?” domandò improvvisamente Balthazar senza muoversi dal divano, obbligando così il medico a ritornare su i suoi passi.
“...io non sono il loro signore.” aggiunse deciso.
“Lo so piccolo, ma vedi...è solo il loro modo per dimostrarti rispetto e affetto.” spiegò senza fretta l'altro.
“Ma è giusto?” chiese Balthazar.
“Io non sono neanche tuo figlio.” aggiunse poi.
“Questo non vuol dire niente.” rispose sicuro il medico.
“Non c'è nulla di male...è solo un onorifico che ti concedono, tutto qui.”
Balthazar annuì poco convinto cercando di nascondere uno sbadiglio.
“Scusa...sono davvero sfinito.” spiegò.
“Dai su...ne parliamo domani...ti accompagno a letto.” sorrise cordiale il medico.
Brook fece strada al ragazzo accompagnandolo su per le scale.
“Brook...” chiamò calmo il ragazzo.
“Sì, dimmi Balthazar.”
“Ma la piccola Yoko, non parla?”
Brook sorrise:
“No, parla e come, solo è molto timida, anche con me le prime volte non proferiva parola.”
“Ah...” esclamò sorpreso.
“E' carina,eh?”
Balthazar arrossì appena:
“Sì...sembra molto dolce.”
“Ed ha la tua stessa età.” notò sarcastico il medico.
“Ma che...!” non riuscì a finire la frase.
“Che cosa vuoi dire con questo?” chiese imbarazzato il giovane.
“Niente...non voglio dire assolutamente niente.” sorrise il medico.
“Come le hai conosciute?” chiese poi il piccolo per cambiare a rgomento.
“Loro si sono occupate di mio nonno, quando io non potevo, e dopo la sua morte, non mi sono sentito di lasciarle andare chissà dove, gli ho permesso di vivere nella vecchia casa sul sentiero, gli ho permesso di arredarla come meglio credevano, infondo quella casa era abbandonata da secoli...ma era ancora in perfetto stato... quando avevo un po' di tempo libero venivo ad aiutarle con il trasloco e la sistemazione... in cambio quelle tre donne si sono prese la briga di pulire e sorvegliare la casa di mio nonno...quando né io né mia sorella ci siamo...così facendo gli ho offerto anche un lavoro onesto e pagato.” spiegò tranquillo come se la cosa fosse successa solo una settimana fa.
“Che uomo buono.” pensò sincero Balthazar.
La rampa di scale finì, e Brook si soffermò vicino ad una porta, a pochi passi dagli ultimi gradini.
“Eccoci qui...questa sarà per un po' la tua stanza.” disse il medico aprendo la porta della stanza.
“Wow...quanto è grande.” rimase sorpreso il piccolo.
“Ti piace?” chiese Brook.
“Non è male.” rispose Balthazar incrociando gli occhi del medico.
Era una modesta camera da letto.
Carta da parati zafferano vivo, con affreschi continui di piccole onde celesti, un letto dal materasso ampio e comodo, nascosto da una trapunta leggera azzurra, una scrivania con “infiniti” cassetti in legno con una lampada in porcellana, un grande armadio, un tappeto che nascondeva quel tanto il parquet su cui “riposa”  un tavolino circolare con due sedie, dal legno fine, rifinito e lucido.
Semplice, dalle sembianze antiche, ma confortevole.
“Questa un tempo era la mia stanza.” spiegò il dottore.
Balthazar spalancò la bocca.
Non se l'aspettava.
“Dici davvero?” domandò.
Il medico annuì come se fosse ovvio.
“Sentiti libero di cambiarla come vuoi.” gli disse solare.
Balthazar rimase ancora un po' a vagare con gli occhi in quella bella camera.
Faceva una certa fatica ad immaginare un Brook della sua stessa età, che passava lì dentro alcuni dei suoi pomeriggi nel periodo estivo.
Era difficile immaginarlo seduto a quella scrivania, o a quel tavolino mentre continuava i suoi studi e le sue lezioni, o ancora sdraiato in quel letto con in mano un buon libro.
Faceva strano, ma la cosa non dispiaceva affatto a Balthazar.
Quanto poteva essere diverso una persona così buona in giovane età?
“Ah...no, va bene così....” rispose in fretta il giovane.
“Se hai bisogno di me, sono nella stanza accanto.” gli disse Brook.
“Va bene Brook.” rispose tranquillo l'altro.
“Puoi utilizzare i pigiami che trovi nell'armadio...” gli disse il medico.
“...poi domani porterò in camera la tua valigia.”
“Va bene...”
Avrebbe indossato i pigiami di Brook?
“Che cosa buffa.” pensò divertito Balthazar.
“Ora è meglio se ti lascio dormire... “
“...ti aspetta una settimana intensa qui.” gli disse divertito il medico.
“Lo so.” rispose felice il ragazzino.
“Buona notte Balthazar.” augurò il medico accarezzandogli la testa.
“Buona notte Brook.” rispose lui contento.
Sorrisero.
Il medico chiuse la porta, con attenzione lasciando solo il ragazzino.
______
 
Balthazar si svegliò frastornato.
Il letto era davvero comodo, ma come sempre il suo sonno era stato un po' agitato.
Guardò l'orologio erano solo le otto e mezzo di mattina.
Si alzò dal letto.
Si infilò la maglietta leggera sul pigiama.
E si avvicinò alla finestra.
Scostò le tende.
Il tempo prometteva bene.
Sospirò confortato, e lasciò ricadere il tendaggio.
Scese le scale.
S’incamminò per la cucina.
Si sentiva a casa sua.
“Buongiorno Balthazar.” esclamò solare il medico vedendolo entrare.
“Ciao Brook.” disse piano in risposta l'altro.
Si mise a sedere a capo tavola.
“Vuoi fare colazione.”
Balthazar scosse il capo, triste.
“Come mai niente colazione?” domandò curioso il medico.
“Non hai fame?” chiese ancora.
“Mhm mhm...” rispose vago il ragazzino.
“Tutto a posto?” osò il medico.
Gli sembrava così giù di corda.
“Che succede Balthazar?”
Spostò la tazzina del caffè e attese una sua risposta.
Incrociò le braccia e guardò il piccolo con affetto.
“Che c'è che non va?” chiese Brook.
“Posso uscire oggi?” chiese educato.
“Ma certo... “ rispose il dottore sorseggiando il caffè.
“Dici davvero?” chiese felice.
“Perchè tanto sorpreso Balthazar...?” quasi chiese stupito il medico.
“...ti sei sentito poco bene ultimamente ma non è stato nulla di grave, non sei obbligato a letto, devi solo riposare...” precisò di nuovo il dottore.
Infondo così aveva detto i medici, aveva bisogno di molto riposo, per non agitare troppo e ulteriormente il cuore già sotto sforzo.
“... e infondo sei qui per rilassarti...se oggi vuoi uscire, puoi ben farlo...”
“...basta che fai attenzione e che non ti allontani troppo dalla mia sorveglianza...” disse con un sorriso il medico.
“Va bene Brook...vado subito a cambiarmi.” disse allegro.
Uscì lesto dalla stanza e percosse in fretta le scale.
“Grazie!” sentì risuonare con gioia da metà scala.
Brook sorrise divertito.
_____
 
Il sole era veramente caldo e Balthazar voleva solo godere del suo calore.
Lasciò scorrere la porta che dava sul giardino.
Rimase un po' sotto la tettoia di legno a godersi il panorama.
Un ampio giardino, vivo e colmo di verde.
Una leggera fragranza di fiori, trasportata da un leggero vento.
Scese il gradone, e s'incamminò sul sentiero.
Continuava a stringere sotto il braccio il volume che aveva deciso di iniziare a leggere.
Quel posto gli piaceva molto.
Era così tranquillo.
Attraversò il piccolo ponte in pietra.
Si ritrovò sull'altra parte del giardino.
Respirò a fondo l'aria buona.
Guardò di fronte a sé.
Sorrise.
Lì a due passi da lui tra i giochi dei raggi del sole, tra il verde chiaro che si mischia allo scuro, tra i colori dei fiori, riposava un lago.
Le sue acque limpide e fresche, rilassarono il cuore malato del giovane.
Si sdraiò su quell'erba morbida.
Lasciò al suo fianco il libro.
Poggiò la testa con attenzione su di un sasso abbastanza grande riscaldato dal sole.
Sospirò sereno, osservando le soffici nuvole che si spostavano lente.
La camicia bianca svolazzava in quell'area di pura pace.
Incrociò le braccia e le poggiò dietro la nuca.
Chiuse gli occhi.
“Quanta pace.” disse tra se.
Senza volere poggiò una mano sul cuore.
Massaggiò il petto.
Non gli dava fastidio da due giorni.
Era una cosa positiva.
Si lasciò accarezzare ancora dal sole.
“Vi piace qui signorino?” si sentì chiedere.
E quella domanda improvvisa non l'aveva spaventato, come spesso accadeva.
Balthazar alzò il capo, per guardare indietro.
“Yoko...ciao.” salutò felice il giovane.
Si mise seduto senza fatica e incrociò gli occhi della ragazza.
Lei gli sorrise con simpatia.
“Sì, mi piace molto stare qui...”
“...è molto piacevole.” rise lui.
“E a te piace vivere qui?” domandò poi Balthazar.
La piccola Yoko si avvicinò al lago.
Tolse le sue scarpette nere, e le lasciò sul prato.
“Io amo vivere qui...” disse lei avvicinandosi all'acqua.
Alzò un pochino lo yukata rosa, ornato da piccole orchidee blu.
“...Il dottor Brook è stato tanto gentile con noi... e io ho sempre sentito questo luogo come casa mia!” sorrise lei.
Immerse i piedi in quell'acqua fresca.
“Non c'è posto più bello di questo.” disse sincera.
Balthazar rimase affascinato.
Era così bella e semplice.
Capelli neri legati sulla testa, decorati da due bacchette, occhi fini ed estremamente chiari, pelle bianca, e labbra rosse come una ciliegia.
Baciata dai raggi del sole, riflessa nelle acqua cristalline di quel lago.
“Parlo troppo è vero?” chiese lei quasi imbarazzata.
“Mia madre me lo dice sempre.” scherzò poi.
Balthazar scosse il capo, sorpreso dalla domanda.
“Yoko...lascia stare il signorino...e vieni ad aiutare la nonna.” la riprese la madre tranquilla.
“Sì mamma...arrivo subito.” rispose lei svelta.
Abbandonò le rive, si rimise le scarpette e corse via.
“Buona giornata” disse lei chinando appena il capo.
Balthazar le sorrise e:
“Grazie per la chiacchierata.”  la ringraziò cortese.
Lei in tutta risposta, divertita, gli fece l'occhiolino e gli mandò un baciotto.
Balthazar cercò di nascondere il suo lieve rossore.
Cosa che molto probabilmente lei non notò...era già lontana.
Salì svelta il gradone e rimase lì ferma a capo chino ad ascoltare “la ramanzina” della madre che la riprendeva con sguardo dolce e dito alzato.
Poi sparì dentro casa.
Balthazar sorrise divertito.
Come se qualcuno gli avesse appena detto una barzelletta.
Sospirò e calmo si rimise giù.
Osservò ancora un po' l'incanto della natura.
Si lasciò sfiorare ancora dal sole.
Poi prese il libro, e in quel paradiso iniziò a leggere.
_____
 
Aveva letto quasi metà libro, quando iniziò a fargli male la testa.
Sospirò e lasciò il libro aperto.
L'appoggiò sull'erba soffice.
Si strusciò gli occhi.
Era stata una mattinata così tranquilla e serena.
Una mattinata di certo diversa dalle altre.
Priva di “strani incidenti” e “assurdi rimproveri”.
Una giornata tranquilla per un tranquillo mago malato di cuore.
Balthazar sentiva gli occhi farsi pesanti.
Provò a resistere all'impulso di addormentarsi, ma non ci fu niente da fare.
Chiuse gli occhi e il sonno prese il sopravento.
____
 
“Miao.”
Balthazar stava ancora riposando, tant'è che credeva di aver solo sognato quel miagolio.
“Miao...” sentì di nuovo.
Ma questa volta qualcosa di soffice e peloso, si strusciò vicino alla sua gamba.
Aprì gli occhi senza agitarsi troppo, cosa che di norma non succedeva.
Guardò verso il basso e:
“Ciao piccolino!” esclamò stanco.
Si massaggiò un po' gli occhi e si mise a sedere.
“Ciao miciotto.” disse ancora allungando la mano verso il micetto.
Il piccino si mise a sedere, osservando curioso “la strana cosa color pelle”.
“Vieni qui piccolo...non ti faccio niente.” lo incoraggiò Balthazar allungando di più la mano.
Il piccolo micetto si buttò per terra, tirò fuori i piccoli artigli e iniziò a giocare con le dita del giovane, che davanti a quella scena rise tra se.
“No così piccino...finirai con lo sporcarti tutto.” gli disse.
Gli accarezzò la testa, e sembrava non dispiacere alla piccolo batuffoletto di pelo bianco.
Balthazar lo vide scodinzolare festoso.
“Ah, allora ti piace...?” chiese il giovane grattandogli dietro l'orecchio.
“Miao!” miagolò lui allegro in risposta.
Senza troppa fatica Balthazar lo raccolse da terra.
Era così leggero da non sembrare vero.
Si sdraiò di nuovo, rannicchiandosi un po'.
Piegò le gambe, e questa volta poggiò le spalle contro il sasso, così da tenere la testa appena sollevata, in modo tale da non sforzare il collo.
Il piccolo gattino si acciambellò sul suo petto, vicino al cuore.
“Sì sta bene, eh?” gli chiese poi, accarezzandogli sotto il mento.
Il micetto non disse nulla.
Si limitò a chiudere gli occhi e a godersi le coccole.
Balthazar  continuava a stuzzicargli il mento.
Gli piaceva a tal punto che iniziò a fare le fusa.
Balthazar sorrise intenerito.
Non aveva mai avuto un animale.
Lui avrebbe tanto voluto avere un cane.
Il micetto miagolò di nuovo.
“Hai fame?” gli chiese con dolcezza Balthazar.
Il piccoletto miagolò infastidito.
“Che succede?” chiese il giovane.
Sentì una goccia di pioggia sfiorargli la mano.
Il ragazzo alzò il capo.
Un'altra goccia gli toccò la punta del naso.
“Sta iniziando a piovere.” osservò con tristezza Balthazar.
“Meglio se rientro in casa.” disse alzandosi.
Prese in braccio il gattino e nascose il libro, per evitare che si bagnasse.
Non ebbe neanche il tempo necessario di fare un passo, che il cielo si oscurò e una pioggia battente  sorprese il giovane mago, che in meno di un secondo rischiava di essere bagnato fino all'osso.
Rapido, percosse il giardino, cercando di evitare le pozze di fango già formatesi.
“Balthazar!” si sentì chiamare.
Alzò lo sguardo.
“Brook!” chiamò forte il ragazzo.
Il medico corse da lui.
Aveva una giacca come riparo.
Si avvicinò al ragazzino.
“Su, presto...torniamo a casa.” gli disse accogliendolo sotto la giacca nera.
Il giovane annuì, e rapido seguì il passo del medico.
Quando finalmente furono sotto la tettoia in legno, i due si fermarono a riprendere fiato.
Brook lasciò cadere a terra la giacca zuppa.
Si avvicinò al piccolo.
“Tutto bene?” chiese sedendosi al suo fianco.
Balthazar annuì, cercando ancora di riprendesi.
Alzò gli occhi sul medico.
Si guardarono per un paio di secondi...
...poi scoppiarono a ridere.
“Che cosa strana!” esclamò Balthazar meravigliato.
“E' iniziato a piovere senza una precisa ragione.” disse divertito.
Rise di nuovo accompagnato dal medico.
Brook con affetto gli passò una mano tra i capelli bagnati:
“Ti piace stare qui?” gli chiese con dolcezza.
“Sì, Brook...è tutto meraviglioso.”
“Ti stai divertendo?”
“Come mai prima d'ora!” confessò il piccolo.
Il medico sorrise solare di fronte alla spontaneità del giovane.
“Mi fa piacere.”
Brook notò il volume che Balthazar aveva lasciato scivolare per primo.
“Hai iniziato a leggere.” disse sfiorando la copertina.
“Sì, ho trovato la biblioteca di tuo nonno...mi dispiace, non ho chiesto il tuo permesso per il libro...scusa!” disse mortificato il giovane.
“No, figurati...va bene.” gli sorrise affettuoso il medico.
“Sì è bagnato?” chiese preoccupato il piccolo.
“No...è intatto.”
“Meno male...è un libro meraviglioso.”
“Già, il mago di Oz...è incantevole.”
Sentirono miagolare.
Abbassarono gli occhi.
La piccola palla di pelo bianca dagli occhi verde acqua, li stava guardando.
Era appena uscito con difficoltà da sotto la giacca.
Era zuppo esattamente come loro.
I due risero di nuovo.
“E tu chi sei?” domandò Brook, avvicinando il gattino.
Brook accarezzò la testa del cucciolotto.
“E' tuo Balthazar?” chiese incrociando gli occhi del giovane.
“No, è venuto da me, quando ero in giardino...” spiegò tranquillo.
“...credo che sia di Yoko...”
“Ah, beh...” iniziò Brook alzandosi.
“...in ogni caso non possiamo lasciarlo qui da solo.” disse Brook prendendolo in braccio.
“Coraggio andiamo dentro a riscaldarci.” affermò Brook, allungando una mano verso Balthazar.
“Ci facciamo una cioccolata calda?” chiese Brook al suo giovane amico.
Balthazar si alzò in piedi, e strinse la mano del dottore.
Gli sorrise.
“Mi piacerebbe tanto.”
_____
 
Brook entrò piano nella stanza di Balthazar.
Era notte fonda, e voleva controllare come stava.
Fece cenno al piccolo micetto di fare silenzio.
Si avvicinò al letto del ragazzino.
Sembrava dormire tranquillo.
Sorrise.
“Mi raccomando micetto pensaci tu a fargli compagnia,capito?” disse rivolto al gattino.
Lui miagolò felice in risposta.
Il medico sorrise di nuovo.
Accarezzò la testa di Balthazar:
“Buona notte, mio piccolo mago!” gli disse con dolcezza.
Gli baciò la fronte.
Lo coprì meglio.
Strizzò l'occhio al micetto.
E uscì dalla stanza.
______
 
La notte era passata in un soffio.
O almeno così parve a Balthazar.
Che appena sveglio sentiva ancora il grande bisogno di dormire un altro po'.
Si rigirò nel letto, e sospirò affaticato.
Sentiva le ossa fargli un po' male, come quando il corpo rimane fermo per troppo lungo nella stessa posizione.
“Miao!” arrivò quel miagolio felice al suo orecchio.
Sentiva quattro piccole zampette farsi strada sulla trapunta.
“Miao!” salutò felice, quando “avvisto” il volto di Balthazar.
Balthazar gli sorrise con affetto, malgrado la stanchezza.
Iniziò a strusciarsi accanto al suo collo in cerca di coccole.
“Non ora micetto.” gli disse con calma.
Lo prese con attenzione, e l'appoggiò al suo fianco.
Si rannicchiò con cura su di un lato, permettendo alle coperte di imitare il suo gesto.
Nascose dietro la mano, il suono sinistro, di una tosse sommessa.
Qualcosa di morbido, si accoccolò contro il suo petto contratto.
“Miao...miao...miao...” disse il micetto con un che di preoccupato.
_____
 
“Balthazar posso entrare?” chiese il medico l'indomani.
Aprì la porta senza aspettare risposta.
Il suo giovane amico, era ancora a letto.
Sulle spalle solo la sua maglietta per ripararlo dal freddo.
“Buongiorno Balthazar.” salutò solare il medico.
Guardava fuori dalla finestra, fermo sotto le coperte, con il micetto acciambellato sullo stomaco, che accettava le sue carezze.
“Buongiorno Brook.” salutò lui triste, quando si rese conto della presenza dell'amico.
“ Che cosa succede? Come mai non sei ancora andato in giardino?”.
“....”
“Non ti senti bene?” gli chiese subito il medico.
“Credo che quel poco d'acqua presa ieri non mi sia stata d'aiuto.”
“Allora è meglio se oggi rimani a riposo.”
“Vuoi che chiami Yoko per farti compagnia?” domandò subito Brook.
“No, lascia stare...tanto c'è Ai con me.” rispose svelto Balthazar accarezzando la testa del piccolo micetto.
Già, avevano scoperto che il micetto era effettivamente di Yoko, e il piccoletto era scappato dalla sua cuccetta perchè si “sentiva solo”.
Ai, questo era il suo nome, è in giapponese voleva dire Amore.
E ora il piccoletto “vagabondava” da una casa all'altra in cerca di coccole.
Brook sorrise, e gli sfiorò la fronte:
“Niente febbre, è già un bene.” disse fiducioso il medico.
“Già...ma lo stesso per il momento preferirei rimanere a letto.”
“Puoi scendere un po' in salotto, se te la senti.”
“Magari più tardi...”
“Brook...” chiamò poi il ragazzino.
“Sì Balthazar...?” chiese il medico incrociando i suoi occhi.
“Non posso scendere neanche un pochino, per andare al lago a leggere...?”
“Forse questo pomeriggio, se il tempo migliora.”  precisò il medico annuendo.
“Ma Brook...mi piace tanto stare lì...è così piacevole...anche al mio cuore non dispiace...”
“Balthazar...” lo riprese con dolcezza il medico, ma con un tono che non ammetteva repliche.
“Ho capito...” affermò Balthazar sospirando sconfortato.
Il medico gli accarezzò testa con affetto:
“Sai che lo dico per il tuo bene.”
“Lo so...” disse onesto e grato Balthazar.
Il medico gli sorrise con affetto:
“D'accordo...ti lascio riposare.” concluse il medico.
Gli baciò la guancia e aggiunse:
“Sono di sotto, se hai bisogno di me.”
“Va bene.” annuì il ragazzino, fermandosi ad osservare il medico, mentre giocava con l'orecchio destro del piccolo micetto.
“Ci vediamo dopo.” affermò il medico chiudendo la porta.
Balthazar gli sorrise e lo salutò con la mano.
Con dolcezza posò Ai, accanto a se, e tranquillo aprì il primo cassetto del suo comodino, per prendere la copia del “Il mago di Oz”.
La lettura era così piacevole in quella casa.
______
 
Balthazar scese con calma le scale.
Ai lo seguiva felice.
Di tanto in tanto si intrometteva tra le gambe del giovane, obbligandolo a fermarsi per non cadere.
Ma per quanto volesse non riusciva a rimproverarlo di stare attento a non farlo inciampare.
Ogni volta Balthazar si fermava, lo lasciava passare avanti concedendogli un lieve sorriso.
Si avvicinò al salotto, e alla porta che dava sul giardino.
La lasciò scorrere.
Ai si precipitò fuori.
Ma si fermò sotto la tettoia.
Miagolò triste.
Balthazar uscì per avvicinarsi al gattino.
“Lo so Ai, piove...oggi niente giardino.” gli disse accarezzandogli la testolina.
Lo prese in braccio, e si soffermò ad osservare la pioggia.
Per quanto potesse essere fastidiosa in quella giornata, aveva il suo fascino.
Non aveva lo stesso “peso” e la stessa “tristezza” che aveva quando era a casa sua.
Lì era diversa, era quasi piacevole e di compagnia.
Non gli dava fastidio.
Era ipnotica e rilassate.
Era perfetta come quel posto di pace.
“Balthazar, rientra dentro, questo tempo è veleno per il tuo corpo.” si sentì dire.
“Arrivo Brook.” rispose voltandosi verso il medico, che l'attendeva appoggiato alla cornice della porta.
Ritornò sulla pioggia.
“Adesso Balthazar.” lo riprese con tenerezza il medico.
“Sì.” rispose il piccolo un po' triste.
“Mi dispiace Balthazar...ma bisogna essere prudenti.” gli spiegò con cura il medico, cingendogli le spalle, per aiutarlo ad entrare in casa.
Richiuse la porta.
“Lo so Brook.” rispose tranquillo il ragazzino.
Gli sorrise.
E il medico non riuscì a capire.
Gli aveva appena detto che non doveva fare una precisa cosa.
Ogni ragazzo della sua età si sarebbe “offeso”.
Lui invece gli aveva sorriso.
E non era un sorriso qualunque.
Era così carico di vita e d'affetto.
Ed era rivolto proprio a Brook.
“Vedrai...ci divertiremo anche in casa.” gli disse sicuro il medico.
“Con te...per forza.” rispose solare il piccolo, mettendosi a sedere sul divano.
“Con te tutto è sempre divertente.”
 
Quella è stata una delle poche volte, l'unica settimana in cui sono stato, veramente felice.
 
 
 
Note dell’autrice:
Vi prego, mettete giù quelle mazze!
Non è stata colpa mia, mi hanno richiesto questa ff, io non volevo mettere questo obbrobrio!
Ma cercate di mettervi nei miei panni…voi sareste mai stati capaci di resistere di fronte a due faccine minacciose e terrificanti?!
No, appunto!
Comunque se c’è qualche buona anima, che ha apprezzato la storia, mi permetto di spiegare alcuni punti:
-Istinto: Utilizzo questa parola all’inizio solo perché Balthazar di norma, non si affida d’istinto agli altri, è molto sulle sue.
-Brook ogni qual volta Balthazar affronta una crisi della sua malattia autoimmune, si sente in colpa, perché vorrebbe fare di più per lui. Ç_ç
-Balthazar è convinto di essere un disturbo vivente per colpa del padre.
-Izumi: Vuol dire Primavera in giapponese.
-Mei: Vuol dire Germoglio di vita in giapponese.
-Yoko: Significa Bambina dell'oceano in giapponese. Yoko deve rappresentare la prima cotta di Balthazar, la prima fidanzatina a cui lui non riesce a dichiararsi, ecco perché spesso imbarazzato e timido di fronte a lei.
Cosa che in verità non è mai. :D
-Pace: Ho utilizzato proprio questa parola, perché è il primo periodo in cui Bryan da di matto. La pace per Balthazar, sia mentale che fisica, è solo un utopia.
-Yukata: Tipico abito giapponese utilizzato in questo caso per la casa.
- La descrizione della casa e del giardino sono un omaggio al film Arrietty di Miyazaki.
 
Ah, Mi ero ripromessa di creare un Brook meno ansioso…mi è venuto l’effetto opposto. -__- La prossima volta uso il pensiero inverso.
In ogni modo un grazie di cuore a tutti quelli che leggeranno e recensiranno.
Bacio ^3^
Chris.
 
 

  
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