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Autore: manicrank    09/09/2012    3 recensioni
Lo vedo mordersi il labbro, poi cambiare posa ed aspettare un altro scatto. I capelli biondi gli scivolano sugli occhi, neri e profondi, e lui assottiglia lo sguardo. Ecco, sono certo che chiunque vedrà questa foto avrà un collasso.
Lui mi lancia un'occhiata serica e poi torna a fissare l'obiettivo, mentre un assistente gli sistema il giacchetto verde. È vestito come un militare, con la divisa dell'esercito, e questa volta sono io a mordermi il labbro.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kai, Reita, Ruki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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                                                           Sugar Pain







 

 

Lo vedo mordersi il labbro, poi cambiare posa ed aspettare un altro scatto. I capelli biondi gli scivolano sugli occhi, neri e profondi, e lui assottiglia lo sguardo. Ecco, sono certo che chiunque vedrà questa foto avrà un collasso.
Lui mi lancia un'occhiata serica e poi torna a fissare l'obiettivo, mentre un assistente gli sistema il giacchetto verde. È vestito come un militare, con la divisa dell'esercito, e questa volta sono io a mordermi il labbro. Mette in risalto i suoi fianchi, le cosce, e le spalle strette. Come il fazzoletto rosso che ha al collo, che volentieri slaccerei ed userei per legargli i polsi.
Poi lo staff di Rock&Read lo informa che deve cambiarsi per fare la fine del photoshoot, quindi il biondino mi sorride e li segue nel camerino dove gli daranno altri abiti di scena.
Mi ha chiesto di accompagnarlo per poi andare a comprare il regalo per il compleanno di Uruha. Ovviamente se ne ricorda con molto ritardo. O molto anticipo a detta sua.
Mi rilasso sulla sedia e caccio dalla tasca il cellulare osservando distratto l'ora. Sono le cinque del pomeriggio, il tempo che finisce sarà l'ora di cena. Fortuna che i negozi sono aperti.
Come fosse un magnete, ed in questo caso io sarei di sicuro il metallo con più attrazione, Reita torna nel mio campo visivo ed i miei occhi si posano sulla sua figura. Mi ritrovo a mordicchiarmi l'interno della guancia mentre studio il giacchetto di pelle bianco che lo fascia alla perfezione ed i jeans neri infilati negli anfibi slacciati. Lo fanno mettere in varie pose, ma quando si inginocchia, con le gambe aperte ed il giacchetto slacciato, allora avvampo.
Sono incapace di mantenere lo sguardo su di lui senza farmi venire in mente pensieri poco casti, e allora mi impongo di pensare ad altro, iniziando a studiare con interesse la piega di un cavo elettrico sul pavimento.
Rimango così per tempo indefinito, perdendomi in pensieri stupidi, cercando di svuotare la mente più che posso. Tanto che non sento il tempo che passa, che mi scivola addosso come fosse vento fresco. E sobbalzo, portandomi una mano al petto per calmare il battito, quando sento una mano fermarsi sulla mia spalla.
“Ehi, tutto bene?” mi chiedi con tono divertito ed io mi giro per risponderti qualcosa. Ma non ci riesco. Hai solo una t-shirt smanicata, nera, che sembra essere scolpita sui tuoi muscoli. Un asciugamano attorno al collo ed i jeans neri, strappati nei punti giusti, con cui sei uscito da casa.
Abbasso gli occhi sentendo le guance imporporarsi e mi mordo la lingua.
“Stai bene?” chiedi più preoccupato, abbassandoti alla mia altezza e poi passandomi una mano sulla fronte. “Sei caldo”.
Io ti scaccio con un vago gesto e poi, raccolto tutto il mio autocontrollo, ti rispondo: “Benissimo, ho solo caldo” poi agito la mano davanti al mio viso per farmi aria. Davvero, che genio. Ho caldo.
“In gennaio?” mi fai, alzando un sopracciglio. Ecco, ora che ti rispondo? Ma tu ghigni e poi ti avvicini a me. Il mio cuore perde un battito sentendo il tuo profumo pungente così vicino, e mi ritrovo il tuo collo scoperto ad un millimetro dalle labbra. Ingollo a vuoto quando sento la tua voce roca, ed il tuo fiato caldo sul mio orecchio. “Ho capito, birichino, ho interrotto qualche conversazione sconcia?” poi ti scosti ed indichi il telefono ancora tra le mie mani.
Dio perché sei così stupido? Penso, annuendo. “Eh sai com'è” ma almeno ho una scusa. Tu continui a sghignazzare e ti allontani, scuotendo la bottiglietta d'acqua che hai tra le mani, bevendone un sorso. Osservo con estrema minuzia le tue labbra schiudersi attorno al collo trasparente, poi il liquido ti scivola sulla lingua. Qualche goccia sfugge, finendoti sul mento e sgocciolando sul collo. Vedo il tuo pomo d'Adamo sussultare quando ingoi, hai gli occhi schiusi, e con due dita ti levi le goccioline. Dio, vorrei alzarmi adesso e leccarle via.
Distolgo lo sguardo un attimo prima che tu torni a posarlo su di me, spero non ti sia accorto di niente, ma tu non mi fai intuire nulla. Solo riattappi la boccetta e prendi il tuo giacchetto di pelle.
“Andiamo?” mi chiedi, sfilando l'asciugamanetto e gettandolo nella borsa che ti metti in spalla. Io scatto quasi avessi una molla ed estremamente rigido prendo le mie cose.
Salutiamo educatamente tutti e poi usciamo dal set di Rock&Read, trovandoci sul marciapiede buio di Shibuya. Apprezzo l'aria fresca a contatto con il mio corpo, che sembra volermi aiutare, raffreddandomi le guance ancora bollenti, e mi lascio sfuggire un lieve sospiro quando faccio un passo e la stoffa nera dei jeans mi struscia sul membro. Non sono davvero eccitato, è solo un fastidio, ma tutto questo sfregamento non mi è d'aiuto.
“Eto... dove andiamo?” fai, tornando per qualche istante un bambino. Il tuo viso subisce una trasformazione, mentre spalanchi gli occhi curioso e gonfi poco le guance. Ma dura tutto un istante e se non fossi così abituato a fissarti, a studiare ogni piccolo particolare, allora forse non me ne sarei nemmeno reso conto. Sbatto le palpebre e poi mi guardo intorno, cercando magari qualche negozio in cui dare un'occhiata. “Dipende da cosa gli vuoi regalare... vestiti, gioielli o magari attrezzature per la chitarra, anche se credo le abbia tutte” spiego atono, mentre lui mi guarda come fossi il messia.
“Oh, non ne ho idea... dici che se gli regalo una maglietta si offende?”
“Sempre meglio della rivista porno dell'anno scorso”
“Giusto”.
Finalmente sembro averlo convinto e quindi ci dirigiamo verso un negozio d'abbigliamento. È un piccolo buco in una viuzza laterale che il biondo conosceva perché ci era già stato, e che vendeva accessori visual kei. Già l'insegna: Vizualizm doveva indicarmelo, ma ovviamente ero così preso dall'osservare il fondoschiena di Reita davanti a me che non l'ho notata finché lui non ha inchiodato e me l'ha indicata.
“Che ne pensi?” fa, osservando la vetrina. È piena di felpe griffate, alcune sono evidentemente contraffatte, mentre altre sono di qualche sottomarca sconosciuta. Ma sembrano belle. Soprattutto una, con una serie di graffiti tribali rossi sul braccio, in netto contrasto con il bianco della stoffa. È stretta e lunga, a Reita starebbe da dio. Continuo a studiare le cose in vetrina, notando catene e ciondoli che avrebbero fatto impazzire Aoi.
“Direi che troveremo di sicuro qualcosa” faccio spallucce e lo seguo dentro il negozio, sentendomi a disagio per via delle strette dimensioni della stanza e la quantità di cose accatastate. Reita mi è vicino e, sotto gli occhi del proprietario al telefono, iniziamo a dare un'occhiata. Le nostre spalle si strusciano quando giriamo per gli scaffali, e mi ritrovo a pregare in tutte le lingue del mondo che il biondo non si renda conto che sto tremando.
Finalmente sotto le mani mi capita una maglietta, è nera e c'è stampata sopra una croce gotica. Per essere un falso della – controllo l'etichetta – Chrome Hearts è fatta benissimo. “Akira-kun” mi giro e lui mi guarda quando gli passo la maglia. Sembra incuriosito ma poi storce il naso.
“No, se devo fargli una maglietta tanto vale prenderne una originale... cercavo qualcosa di particolare... ma non sembra... oh” poi, mentre cerca, fa un leggero sobbalzo e mi prende la mano. Sento le guance imporporarsi di nuovo. Mi trascina verso il fondo e si ferma davanti ad una teca di vetro con vari gioielli. Rimango colpito quando riconosco le scatole della Gem Cerey, la marca degli anelli di Aoi.
“È strano vero? Però li ha anche qui” fa Reita studiandoli a lungo, poi il proprietario si avvicina costringendomi ad appiattirmi contro uno scaffale.
“Avete deciso cosa comprare?”.
Reita annuisce e gli chiede un portachiavi con una specie di tentacolo nero e viola. È molto bello. L'uomo lo prende e lo porta fino al bancone, mentre il bassista esulta guardandomi.
“In ritardo, ma non me ne sono scordato” dice, ed io ridacchio un poco. Poi lo seguo per pagare ed usciamo fuori all'aria fresca. Dentro quel negozio sembrava esserci l'inferno e posso rifiatare, così faccio una grande boccata d'aria e mi appoggio con la schiena contro il muro, prendendo le sigarette dalla tasca.
“Non dovresti fumare” mi fa Reita, posandomi una mano sulla spalla. Automaticamente mi irrigidisco e ripongo il pacchetto al sicuro. “O-Okay” faccio una pausa e riprendo fiato, dicendo: “Dove andiamo? Non ho voglia di tornare a casa”.
Il biondo si appoggia accanto a me, al muro: “Devo andare da Takanori stasera” e lo dice con il sorriso. Tanto che anche i suoi occhi sembrano accendersi. Io cerco di rispondere alla sua allegria ma non ci riesco, perché fa male.
“Abita qui vicino no? Andiamoci a piedi... poi prenderò la metro”
“Va bene” Reita si stringe nel giacchetto e si sistema meglio la borsa a tracolla, incamminandosi, ed io lo affianco. Voglio godere di ogni attimo, ancora, in sua compagnia. Voglio assaporare a lungo questi ultimi cinquecento metri, non voglio finiscano.
Questa passeggiata mi infligge uno strano dolore. Ho lui accanto, e la sua presenza mi rassicura, ma so che lo sto portando a casa del suo ragazzo. E allora sento una fitta tremenda all'altezza del petto.
Perché voglio solo poterglielo dire, girarmi, adesso, e prendergli la mano e confessargli tutto.
Ma non lo faccio, perché non voglio rovinare il nostro rapporto.
Magari posso chiedergli di andare a bere qualcosa... annuisco convinto e mi giro per chiederglielo quando lo vedo completamente in estasi. Reita ha il viso trasformato, ancora, ed un gigantesco sorriso gli piega le guance. È fermo immobile e guarda il marciapiede, così sbircio anche io da sopra la sua spalla e storco il naso. Takanori-kun sta venendoci incontro, con un paio di pantaloni di pelle ed una felpa più larga di lui. Ci saluta agitando la mano e Reita ricambia, sempre più allegro.
Con che coraggio posso rovinare il loro rapporto? Con che coraggio mi guarderei poi in faccia? Mi chiedo, e allora giro sui tacchi, dandogli le spalle. Caccio le mani in tasca ed abbasso lo sguardo. Sento a malapena il piccolo vocalist che mi urla: “Kai-kun dove vai?” ma quello che mi spezza, quello che mi distrugge del tutto, è Reita.
“Non importa adesso Taka-chan, pensiamo a noi”.
Lo dice senza cattiveria, lo sento, ma mi spacca in due quella sua frase. Sento il cuore fermarsi. Perché forse ci avevo sperato. Volevo si girasse e mi chiedesse dove me ne stessi andando. Ma io non gli importo. È naturale.
Un genuino sorriso mi sale alle labbra, così come le lacrime. Ma non piango, perché comunque lui è felice, e questo dolore è almeno un po' piacevole. Un dolore... dolce.






















Oddio sto invadendo questo fandom, me ne rendo conto .-. 
beh che ne pensate? Diciamo che questa fic è molto autobiografica... Beh, fatemi sapere con un commentino OwO 
vi amo **
come al solito, cercatemi su twitter, sotto il nome @RukiLoves_

a presto meringhette 
MR

   
 
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