“Questo
non cambierà nulla, lo sai Inuyasha?” la voce di Sango lo raggiunse alle
spalle, il vento fra i capelli che rendeva la sua figura una sfumata parentesi
nera sulla spiaggia isolata.
Il
mezzo demone si voltò lentamente verso di lei, gettando uno sguardo obliquo
alla lunga barca che dalle terre conosciute di Yarda
lo aveva condotto li, in quelle lande bruciate dal sole e risparmiate dalla
vita. Alcuni le chiamavano Terre Libere, ma Inuyasha temeva che la sola libertà
presente fosse stata il non essere mai state Terre Miyoshi
da che la conquista imperiale era cominciata.
Neanche
con tutto l’impegno del mondo –e decisamente lui non era tipo da arrendersi
alla prima difficoltà- si sarebbe sprecato
ad esprimere anche un solo commento positivo nei confronti di quella brulla
distesa di sabbia e sassi: nemmeno l’immaginazione poteva sopperire alla totale
assenza di fantasia della natura nel modellare quel luogo.
Le
sorrise piano, entrambe le mani ammanettate posate sulla fronte nel vano
tentativo di schermarsi da tutta quella luce e chiarore, uniche fastidiose
presenze in quell’inferno dimenticato da Dio-
“Vuoi
dire che anche da miglia e miglia di distanza non potrai fare a meno di
pensarmi con la medesima intensità e devozione mostrate finora?” nella sua
voce, una traccia sibillina sufficiente ad increspare ancor più l’espressione
della donna.
“Voglio
dire che dovesse ricapitarmi l’occasione un giorno, non esiterò ad infilzarti
da parte a parte come troppo spesso ho mancato di fare, Inuyasha”
“La
parola Esilio è stata inventata per una sola ragione, mia cara: evitare di
rincontrare persone sgradite.” una pausa, giusto il tempo di notare
l’avvicinarsi del notaio di turno ed il suo accomodarsi poco distante da lui,
il corpo incurvato che già trasudava uno sgradevole olezzo di sudore. Poi,
leggero, un incurvarsi delle labbra. “Dubito dunque che si ripresenterà una
così ghiotta occasione in futuro a meno che tu non prenda seriamente in
considerazione l’idea di costringere entrambi ad una frustrante quanto sgradita
rimpatriata”.
Se
possibile, lo sguardo della ragazza si fece ancor più cupo e certamente ella avrebbe
ribattuto con qualche poco raffinata maledizione se proprio allora lo
schiarirsi della voce del vecchio non l’avesse interrotta. Come ogni anziano
che si rispetti –o, per meglio dire, burocrate- egli pareva essere tanto sordo
quanto perfettamente incurante di ogni altra cosa che non fosse la sua
importantissima presenza. Del tutto insensibile all’occhiata malevola che la
ragazza gli scoccò, egli si rivolse quindi ad Inuyasha.
“Per
ordine di Haman Yosei, Sovrano
delle Nuove Terre Libere…” il mezzo demone sospirò “…su approvazione del Concilio dei Nove, dei Nobili Riuniti
e dell’Alto Circolo…” fantastico che con tutta quella gente il signor Yosei
trovasse anche il posto a sedere nella sala del trono di Zaccar…“…E’ stato dunque deciso di condannare il qui presente
Inuyasha Miyoshi, secondogenito di Inutaro Miyoshi, legittimo pretendente….” incontrollabile reazione alla gradevolezza del luogo e di quel forbito
discorso, il mezzo demone avvertì i propri occhi lacrimare. Pregò, poiché le
catene ancora strette ai suoi polsi non gli davano certo molte alternative, che
quell’omino tutto stoffe e pergamene si sbrigasse a decretare ciò che, come sempre,
l’ovvio aveva già da tempo pensato ad esplicitare.
“…all’Esilio a tempo indeterminato.”
Ecco, appunto.
Non
che l’essere trattenuto per due interi mesi nell’umida stiva di una nave
maleodorante a pane ed acqua, legato e slegato a seconda delle necessità ed
infine buttato letteralmente sull’arida sponda di una terra sconosciuta avesse
lasciato poi tanti dubbi a riguardo. Se era una esecuzione che voleva Haman Yosei, perché prendersi il
disturbo di scarrozzarlo fino all’altro capo del mondo piuttosto che sbrigare
il tutto proprio sotto casa propria, in onore del sommario funerale toccato al
suo stesso padre?
Anche
se, in effetti, la controversa visita di Kagome aveva
insinuato qualche dubbio in lui. Per certi aspetti, infatti, gli era quasi
sembrato un Addio in grande stile…
Da
dietro le sue cappe nere, Miroku ebbe un lieve
movimento nervoso. Impossibile definire se di gioia o di frustrazione anch’egli
per la forbita sciorinata del vecchio.
“…In presenza di codesti testimoni, membri favoriti del Concilio
e Guardie Personali del Sovrano, accetti dunque la tua pena, Inuyasha Miyoshi?”
Il
mezzo demone sbatté una volta le palpebre, un che di aspro che questa volta
nasceva sul Suo di volto. Ma certo, come
dimenticare la giustizia degli uomini? Abbastanza giusta ed imparziale da
tollerare la sua stessa ipocrisia. Per un folle momento il mezzo demone si
chiese se fosse stato alquanto masochistico rimpiangere le sommarie esecuzioni
demoniache, tanto in voga nei bei tempi del Terrore Miyoshi.
Eppure,
malgrado tutto, la sua unica reazione visibile fu un lungo cenno del capo,
abbastanza marcato perché tanto il vecchio sordo quando i beneamati membri
della Guardia reale potessero notarlo.
“Si.”
Sillabò
atono. Aveva la gola secca per la polvere.
L’anziano
notaio alzò gli occhi dalla pergamena per un istante, incontrando per una
frazione di secondo gli occhi del mezzo demone. Non disse nulla –nulla che non
fosse burocraticamente accettabile meritava di essere detto, evidentemente- limitandosi poi a riabbassare lo sguardo con
fare indifferente. Nella sua mano destra apparve come per magia, o forse il
segreto delle maniche larghe era stupire i condannati a morte con questi trucchi
dell’ultimo momento, una penna d’oca con la quale spuntò qualcosa sulla
pergamena.
Sospirò,
quasi lo sforzo lo avesse impegnato più del previsto per poi riprendere a
leggere.
“Con
il potere conferitomi da Haman Yosei
condanno dunque te, inuyasha Miyoshi,
all’Esilio imperituro. Non ti sarà mai più concesso di fare ritorno nelle terre
Nuove Terre Libere qualunque siano i tuoi intenti, pena la morte per
decapitazione.” una pausa, poi la breve frase di commiato “Che i Numi possano avere pietà della tua
anima, poiché nessun altro l’avrà mai.”
Mentre
il vecchio si prendeva tutto il tempo di suo gradimento per ripiegare la pergamena
e lentamente sigillarla con della ceralacca, Sango e Miroku
si mossero verso di lui. Il primo recante con sé un nero cavallo dall’aspetto
gioviale e l’altra con un fitto mazzo di chiavi in mano, il tintinnio del ferro
a risuonare ad ogni suo passo corrucciato. Mentre ella si chinava per
liberarlo, il mezzo demone piegò appena il capo di lato così da poterla meglio
vedere in volto.
“Suvvia
mia cara” la stuzzicò pacatamente “ Tutta questa inconsolabile disperazione non
ti si addice. Prometto che ti scriverò ogni giorno. E che cospargerò le pergamene
con il mio profumo così che vivido sarà il mio ricordo nell’istante in cui le
aprirai.”
Lo
scattare delle manette ai polsi fu quasi doloroso tale fu la forza con cui lei
girò la chiave. Pareva intenzionata a ficcargli l’intero metallo in gola, più
che nella serratura.
“Ed
io prometto che se mai dovessi rivedere la tua faccia sul Continente non
esiterò ad eseguire alla lettera le disposizioni di Haman
Yosei” sillabò lei fra i denti. Inuyasha le regalò un
caldo sorriso –cercando di non pensare al sudore che già minacciava di colargli
dalla fronte- per poi posare una delle mani libere sul caldo collo dello
stallone. Era morbido, malgrado tutto, e la stabilità di quel contatto ebbe l’inaspettata
capacità di distendere per un istante i nervi del mezzo demone.
“E
perché mai dovrei arrischiarmi a tornare?” replicò con naturalezza. Passò per
tutta la sua lunghezza le dita nella criniera del cavallo ”Qui ho tutto quello che
un uomo potrebbe desiderare: clima caldo, ampi orizzonti, terre selvagge e
spiagge a sazietà per condurre una vita da re e, non dimentichiamocelo, una
guardia del corpo di prim’ordine che farà di tutto per tenermi alla larga da
qualunque rischio e pericolo”
Proprio
allora la guardia del corpo in questione fece la sua comparsa poco distante. Anche
lei in groppa ad un fiero stallone nero, anche lei bardata di quella nera tunica
utilizzata nel primo ed ultimo momento della Storia di Zaccar.
Kagome, poiché era così che ella si chiamava, rivolse
un lungo e silenzioso sguardo ai due, apparentemente ignara della discussione
che stavano intrattenendo. Poi, riflesso condizionato, parve abbozzare un
movimento del capo come in segno di saluto.
“Potrei
forse chiedere di meglio?” concluse con un ghigno il mezzo demone. La reazione
di Sango sarebbe stata decisamente poco ortodossa se dall’alto della sua
posizione Kagome non l’avesse proprio allora zittita
con un’occhiata.
“Haman Yosei ha dato disposizioni
affinché nessuno dal Continente sappia della sorte toccata agli eredi Miyoshi. Fate attenzione che nessuno ci abbia seguito” ordinò
gelidamente. Con un breve cenno d’assenso, Sango e molto più indietro Miroku piegarono in contemporanea il capo verso terra.
Ferito mortalmente, il monaco era rimasto azzoppato dall’ultimo scontro con inuyasha. Sarebbe mai
più stato capace di cavalcare con la fierezza mostrata la prima volta? Il
mezzo demone gli scoccò uno sguardo in tralice. A giudicare da come lo guardava
quella mezza iena di Sango, certamente sarebbe bastato a fare a sufficienza.
Nella
luce, gli occhi di Kagome parevano ora quasi bianchi,
il colore della perla a scintillare di una strana luminescenza nivea.
“Fra
quando potrai scriverci?” un breve luccichio fra le ciglia tralucé nel volto di
Sango. Fra le sue dita, il pegno che Kagome le aveva
regalato poco prima sulla nave, nella cabina dove tutti insieme lei e i suoi
amici avevano potuto dirsi addio come era
solito fare fra gli umani. Pianti, risate, non dimenticarmi di qui, non
dimenticarmi di la. In poche parole Inuyasha era stato costretto a salire in
sovraccoperta per non esser colto da uno spasmo di gonorrea.
Infastidito
dal vento, il cavallo della giovane mosse appena il muso da una parte
all’altra, ciocche nere della folta criniera che si scompigliavano nell’are
circostante.
“Quando
nessuna delle cose che potrei raccontarvi desteranno sospetti se messe nelle
mani sbagliate” replicò asciutta Kagome per poi, dopo
un breve cenno di commiato, voltare l’animale in direzione del mezzo demone.
Le
dita di Sango si strinsero d’istinto alla sua gamba, gli occhi ora rossi di
pianto che richiamavano un’ultima volta la sua attenzione. “E’ davvero questo
che vuoi, Kagome?” le chiese in un singhiozzo “Fare
da guardia del corpo a colui che fino a poco tempo fa era il nostro più acerrimo
nemico? Che per poco non ti consegnava personalmente ai Kami?
Persi in una terra sconosciuta, soli in un mondo che poco o nulla ha a che
spartire con le nostre faccende, con le nostre vite?”.
Kagome stessa aveva richiesto di essere assegnata a
lui come “scorta personale” per assicurarsi che “non tentasse di tornare sul
Continente”. Ma questo Sango evitò di dirlo.
Per un secondo, Inuyasha ebbe timore dello
sguardo che le due si scambiarono. Un’occhiata silenziosa, limpida e commossa
come solo quella di due esseri umani avrebbe potuto essere. Uno sguardo velato
dal pianto ed al contempo talmente sincero, talmente intenso da stringersi nel
petto del mezzo demone in una morsa ansiosa.
Lui e Sesshoumaru si
erano mai scambiati sguardi così? Si erano mai parlati in quel modo?
Ed
al contempo, quante possibilità c’erano che Kagome
improvvisamente capisse di stare facendo il più grande sbaglio della sua vita e
si tirasse indietro?
Per
un secondo fu come vederla, quella scena. Lei che dopo un istante si girava
verso di lui e, scrollando le spalle, sillabava con tono incerto “In effetti,
Sango ha ragione. Perché diamine dovrei lasciare una vita di onori e ricchezze
al fianco del nuovo Sovrano Tal dei Tali
per arrancare come un’idiota insieme a te nel deserto del-morto-e-sepolto?” una smorfia
stupita “Mica sono così tanto innamorata di te, io. Davvero.”
Ed
ecco così, in due frasi dalla leggendaria brutalità, il farsi friggere di un’intera
storia di premesse ed anticipazioni. E del suo cuore, ovviamente –ammesso che
ne avesse avuto uno, ora-. Ma del resto, non era forse questa la fine che fanno
i cattivi?
Li
si salva, poveretti, ma certo non gli si da una vita felice da spendere in
compagnia della donna che amano in un posto dalla shockante bellezza
naturalistica.
Fortunatamente
però, poiché non sempre le cose vanno per come le si prefigura, abbacinante
riflesso sulla sua pelle, il sorriso di Kagome spuntò
proprio allora su quel suo volto candido.
Spuntò
e si schiuse con la semplicità di un sospiro laddove nessuno –Sango medesima- avrebbe
mai potuto indovinare vi si potesse nascondere ancora Qualcosa.
Ancora
un Niente. E di certo un alcunché per lui, Inuyasha, che meno di tutti pareva
meritarselo.
Ma
si sa, fin dalla prima volta –a modo suo- Kagome era
stata buona con lui. Buona come, malgrado tutto, solo una vera Eroina avrebbe
potuto essere.
Ciao a tutti!
Finalmente ecco a voi l’ultimo capitolo, l’ultimo di questa storia*___*
Mi sento incredibilmente stupida ma sono davvero emozionatissima! Alla fine non ho proprio potuto resistere alla Happy Ending, specie perché dopo la sua conversione ad animo buono, mi si spezzava il cuore a far fare una brutta fine ad Inuyashaç_ç Ok. Forse l’esilio eterno in un deserto dei Tartari non è proprio quello che i più definirebbero –felici e contenti- ma a me bastava che Inuyasha e Kagome restassero insieme. Si, sono una romanticona senza speranza.
Che dire, dunque?
Questa storia è andata avanti fra alti e bassi – e con tempi lunghissimi- ma alla fin fine posso dire di essere felice per la sua conclusione. Spero che anche per coloro che hanno faticosamente letto ognuno dei capitoli questa storia non sia stata uno spreco di tempo/spazio su internet ma che, in fin dei conti, io sia riuscita a tirar fuori qualcosa di buono.
Sfacciatamente, posso chiedervi di sprecare un momento per un commento? Anche solo due righe, anche solo un “orrido” o “bello” o anche per qualche consiglio o correzione. Ora che la storia è conclusa, vorrei davvero capire se tutto ciò che ho scritto vi sia piaciuto o meno e se sia il caso di avventurarmi verso un’altra storia –magari non di Inuyasha- oppure di lasciar perdere a darmi alla cosiddetta “ippica”X’’D
Consigli?^__^’’
In ogni caso, grazie davvero a tutti quanti per l’attenzione.
Un bacio,
Elendil