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Autore: _Miwako_    09/06/2004    10 recensioni
Ripropongo, in versione più "pulita", una fanfiction che avevo postato sempre su EFP. "Miyu Kozuki, 13 anni. Le viene proposto di andare in America con i genitori, e lei accetta. La storia non si svolge come sarebbe dovuta andare. Ma Miyu Kozuki, a 19 anni, sente che c'è qualcosa che ha dimenticato in Giappone. Dove torna, e dove incontra una persona che le sconvolgerà l'esistenza..."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DON'T LEAVE ME ALONE. BECAUSE I LOVE YOU.

-         M-miyu… che diavolo… che diavolo ci fai qui? –

Miyu si trovava con la pancia a terra e addosso tutti i futon dell’armadio di Kanata, rossa di vergogna. Lanciò un’occhiata a Chris, che sembrava assolutamente incredula. Da tanto stupore, aveva perfino smesso di singhiozzare.

-         M-mi dispiace… posso… posso spiegare… - Miyu si alzò faticosamente in piedi, togliendosi dalla schiena i futon che le erano caduti addosso.

Cadde un disastroso silenzio, mentre lei si ritrovava finalmente in piedi, senza sapere esattamente da dove cominciare. Intanto, si sentirono dei passi di corsa e sulla soglia comparve il signor Osho, con gli occhi lucidi.

-         Kanata! Oh, Kanata, guarda! –

Tutti e tre si voltarono verso l’uomo, che stava sventolando delle fotografie. Kanata lanciò un’occhiataccia a Miyu, poi si affiancò al padre.

-         Cosa…? – si bloccò, fissando le fotografie. A Miyu parve di vedere una luce particolare nei suoi occhi, ma non ne era sicura. Chris la stava fissando e lei nemmeno se ne accorgeva.

-         Papà… dove… dove le hai trovate? –

-         Me le ha date la signorina Kozuki, vedo che vi conoscete già, no? I suoi genitori erano vecchi amici di famiglia. Salve anche a te, signorina Hanakomachi. –

Kanata volse lo sguardo verso Miyu e sembrava che tutto il disappunto di qualche istante prima fosse completamente sparito.

-         Avevamo così poche foto di lei… adesso, guarda quante! E per tutto questo, devi ringraziare Kozuki, che è stata così gentile da consegnarcele.

Cadde nuovamente il silenzio nella stanza e Osho finalmente capì che aveva interrotto qualcosa.

-         B’è… ora… io vado… tu guardale pure con calma, Kanata-

L’uomo sparì trafelato lungo il corridoio, senza nemmeno pensare di chiedere a Miyu come avesse fatto a finire nella camera di Kanata. I tre si guardarono a vicenda.

-         Scusate davvero, ragazzi… - cominciò Miyu, imbarazzata - … ero venuta davvero per consegnare quelle foto e andare all’aeroporto, però poi mi sono persa in casa e quando vi ho sentito arrivare, istintivamente mi sono nascosta. Ma vi giuro che non ho origliato apposta. Anzi, adesso vado all’aeroporto e… -

Kanata la prese per un polso.

-         No. Non ci sono aerei per l’America fino alle sette, per cui puoi aspettare. Ti dispiace aspettare qualche minuto qui fuori? –

Lei, accigliata, scosse la testa e uscì dalla stanza, chiedendosi come facesse Kanata a sapere degli orari degli aerei. Dopo dieci minuti che stava seduta nel grande giardino, vide uscire Kanata e Chris. Lei aveva l’aria molto più allegra di prima, perlomeno non aveva neanche un po’ di rossore negli occhi. Vedendola, la ragazza le fece un cenno con la mano e le sorrise e Miyu rispose sorridendo, sempre più stupita. Poi, le si affacciò nella mente un pensiero terribile… Kanata poteva aver deciso di scaricare lei, non Chris. Forse aveva avuto un ripensamento. Forse, forse, forse…

-         Ah, eccoti qui! – Kanata la sorprese e lei fece un salto per lo spavento, mentre lui rideva sedendosi accanto a lei.

-         Sei proprio strana… -

-         Mi spunti all’improvviso con un urlo nel silenzio più totale, dovrei essere tranquilla?! E poi, non sono affatto strana.

Kanata sorrise.

-         Può darsi. –

Rimasero in silenzio per qualche istante, poi lui riprese la parola.

-         Ho lasciato Christine. –

Miyu abbassò lo sguardo.

-         Lo immaginavo. Però, non ho mai avuto intenzione di farti fare una cosa simile.

-         Lo so, tuttavia sono sempre stato piuttosto insicuro sul nostro rapporto. Eravamo molto più amici che fidanzati e cominciavo a stancarmi… l’avrei fatto comunque. –

-         Mi dispiace, davvero. Non volevo farvi lasciare. Volevo tornare a casa senza rivederti più. –

Kanata la guardò con un sorriso.

-         Ehi, non fare così! Sei tanto sciocca quanto buona. –

-         E con questo cosa vorresti dire?!

-         Insomma, chiunque al tuo posto farebbe i salti di gioia, dopo quello che è successo a noi. Però tu ti preoccupi davvero per Christine, nonostante la conosca da tre giorni al massimo.

Miyu sospirò e poi si alzò. Kanata la guardò aggrottando le sopracciglia.

-         Cosa fai?

-         Vado all’aeroporto. Ho chiamato un taxi mentre tu stavi parlando con Hanakomachi-

Kanata scattò in piedi, incredulo.

-         Cos’hai fatto? Hai ancora intenzione di partire? –

Miyu deglutì a fatica, mentre si incamminava in fretta verso la scalinata di pietra.

-         Mi è stato chiesto di tornare e l’ho fatto. Sin dall’inizio, la mia intenzione era di sparire senza rivederti. –

-         Ma scusa, sei ancora di quell’idea nonostante io ti abbia detto tutto questo?

Miyu sospirò nuovamente, mentre scendeva sempre più in fretta la scalinata e un taxi frenava in fondo alla strada, in attesa.

-         Perdonami. Però, ho bisogno di riordinare delle idee.

-         Io non riesco a capirti, Miyu. Quali idee devi riordinare? –

Lei si fermò, sull’ultimo gradino e lo guardò negli occhi, mordendosi il labbro inferiore. Non doveva piangere, non davanti a lui. Non piangere, non piangere…

-         Cosa… cosa credi di fare? – disse, respirando a fatica – credi di poter entrare nella mia vita, quando meno me lo aspetto e poterla sconvolgere così? Credi che sia facile per me, che ho sempre vissuto delle storie molto platoniche, senza amare mai davvero? Non so… io non so se ne sono capace, di dare tutta me stessa, Kanata. E poi… mi pesa così tanto il fatto di averti fatto lasciare con quella ragazza. So cosa prova, perché l’ho provato anch’io e questo mi fa star male quanto lei. Perciò, per favore, te lo chiedo per favore, fammi riflettere su tutto questo.

Kanata la fissò, con sguardo serio.

-         Ne sei sicura? Ricorda che non puoi tornare indietro. –

-         Lo so… e adesso, te lo giuro, salirò su quel taxi e tu mi guarderai andare via, poi mentre io salirò sul mio aereo, tu sarai dentro al tempio, come se non fosse successo nulla. Accadrà tutto questo, però, Kanata, nonostante questo, devi ricordarti che… in realtà… io… -

-         … ti amo. – conclusero entrambi all’unisono e questo la fece sentire ancora peggio. Ma salutò Kanata con un cenno della mano e un mezzo sorriso e salì su quel taxi. E davvero lui la guardò andarsene, davvero le salì sul suo aereo e davvero Kanata era dentro al tempio, da solo. C’era solo una cosa che Miyu non aveva previsto: in quei momenti, entrambi avevano la testa tra le mani e il rimpianto nel cuore. //

Successivamente, Miyu scoprì che la notizia importantissima di cui i genitori volevano parlare altro non era che un annuncio di ritorno in Giappone. Si erano stancati della frenetica vita americana e gli mancava la loro casa a Tokyo. Miyu, titubante, acconsentì a tornare ma fu irremovibile: lasciò partire Miki e Yu a Gennaio, mentre lei avrebbe dato gli esami d’ammissione all’università di Tokyo in America, giusto per non perdere i contatti con il suo vecchio liceo. In realtà, non aveva minimamente voglia di ritrovarsi a guardarsi intorno ogni dieci secondi per paura di incrociare Kanata ed era meglio aspettare un po’. Nemmeno lei sapeva perché l’avesse lasciato in quel modo, però aveva avuto una paura tremenda all’ultimo minuto, come una sferzata d’acqua gelida. Non si era mai ritrovata ad amare così intensamente e aveva paura di rimanere, in qualche modo, delusa. A forza di sentirsi indecisa, aveva deciso di fuggire. Ma a luglio dell’anno successivo lei era di nuovo lì, all’aeroporto di Tokyo, sempre con il suo cappello di paglia posato sui lunghi capelli biondi e un vestito bianco lungo fino alle ginocchia, a guardare il cielo terso del suo paese. Era felice di essere tornato, ma nonostante questo si sentiva estremamente malinconica: chissà se Kanata si ricordava di lei? Probabilmente no. Anzi, probabilmente la odiava per ciò che gli aveva fatto. E poi, di sicuro non avrebbe più avuto occasione di incontrarlo, abitavano in quartiere troppo lontani l’uno dall’altro. Cercò di non pensarci più e si ricordò che i genitori non potevano passare a prenderla e avevano lasciato davanti all’aeroporto la loro vecchia auto, che aveva l’aria di essere uscita dal garage dopo sei anni solo per quella occasione. Diffidente, Miyu posò sul sedile posteriore le valige e si mise alla guida, sempre più preoccupata sentendo il suono sospetto del motore che partiva lentamente. Ma partì comunque con tranquillità, e tutto sembrava andare liscio. Miyu si guardò intorno: non sapeva di essersi spinta così in periferia. Era nel bel mezzo della campagna, in un interminabile viale alberato. Non c’era nessuna casa intorno e questo non avrebbe suscitato un problema, anche se era soprappensiero, se l’auto non avesse cominciato a sbuffare…

-         No… bella, non puoi farmi questo… - scongiurò Miyu all’auto, premendo l’acceleratore. Ma cominciò ad arrancare sempre di più, minuto per minuto, finché non si fermò definitivamente con una folata di fumo che usciva dal motore. Miyu si accasciò sullo schienale della poltroncina, incredula. Sapeva che quella vecchia carretta era sgangherata, ma non aveva mai fatto scherzi del genere. Sospirò e uscì dall’auto stringendo gli occhi a causa della luce fortissima del sole. Si guardò intorno, cercando di abituarsi a tutta quella luce: la strada era deserta e non c’erano case, come aveva notato prima. Dette una pacca alla portiera dell’auto.

-         Maledizione… -

Vide sempre più fumo uscire dal motore e cercò il pulsante per aprirlo e guardare che tipo di guasto c’era, ma non lo trovò e si sedette per terra, sconsolata. Perché dovevano capitare tutte a lei? Aspettò lì per un tempo interminabile, senza il cellulare, a girarsi i pollici mentre per la strada non passava nessuno. Il sole attraversò lentamente il cielo fino a quando non fu quasi il tramonto. A quel punto, Miyu si chiese se mai qualcuno sarebbe venuto a cercarla, dannati genitori. Si era alzato il vento. Si guardò intorno nuovamente, convinta che anche questa volta nella strada avrebbe visto il nulla, quando vide un auto dirigersi velocemente verso di lei, in lontananza. Scattò in piedi, raggiante e cominciò a sbracciarsi.

-         Ehi, si fermi, si fermi! – disse e nell’euforia quello stupido cappello le sfuggì di nuovo e andò a piazzarsi in mezzo alla strada, proprio mentre l’auto frenava davanti ad esso. Miyu non ci fece nemmeno caso e si mise una mano sugli occhi, cercando di vedere qualcosa a causa del sole che stava tramontando.

-         La ringrazio… mi è partito il motore e non sapevo proprio come fare… -

Qualcuno scese dall’auto sbattendo la portiera e andò a raccogliere il cappello. Miyu strinse di più gli occhi, cercando di vederlo in viso. Quando la persona glielo porse, lei riuscì a guardarlo negli occhi e rimase a bocca aperta.

-         Ah… tu… tu… tu… -

-         Sei come al solito, un telefono che squilla a vuoto… -

Era un ragazzo alto, dagli occhi e capelli scurissimi ed era…

-         Kanata… - (cosa posso dire? Ma che coincidenza! NdMiyuchan)

-         Che ci fai sul ciglio della strada? Possibile che ogni volta che ti incontro combini qualche guaio? –

Tutta la magia dell’atmosfera finì quando Miyu gli tirò un pugno.

-         Ma insomma, la smetti?! Dovresti essere più gentile! –

Kanata rise e lanciò un’occhiataccia all’auto.

-         Come hai potuto anche solo sperare di fare dieci metri con quel catorcio? –

-         Non offenderla! E’ la mia auto da quando ero una ragazzina! Cioè, dei miei genitori… -

Kanata alzò un sopracciglio e sorrise.

-         A questo punto, ti conviene venire su con me e chiamare domani il carro attrezzi. Solo a te possono capitare cose simili… -

Miyu sbuffò e a fatica prese i suoi bagagli per poi salire sull’auto di Kanata. Quando lui mise in moto lei finalmente si rese conto che era una situazione assurda.

-         Senti, non mi chiedi perché sono tornata in Giappone? Non mi chiedi se sono tornata a vivere a casa mia? Cosa ci facevi in mezzo alla campagna? Perché sei sempre dove sono io e fai queste apparizioni incredibili?

Kanata rise di fronte alla raffica di domande.

-         Risponderò una per volta: so benissimo perché sei in Giappone e quanto ci resti, perché ogni giorno di ogni mese dall’anno scorso sono stato davanti a casa tua e un bel giorno ci ho visto traslocare i tuoi genitori, che mi hanno raccontato tutto. Ci vado spesso, per questo non mi sono preoccupato di telefonarti, se no l’avrei fatto… -

Miyu sospirò, guardando fuori dal finestrino. Cosa significava? Le avrebbe telefonato per riallacciare i rapporti, davvero…?

-         e poi, oggi i tuoi genitori mi hanno detto che non ti eri fatta ancora vedere e che probabilmente ti si era fermata l’auto e mi hanno chiesto se potevo venirti incontro. Conoscendo le strade dell’aeroporto, ma soprattutto conoscendo te, ho ricomposto il puzzle di quello che la tua mente potrebbe aver pensato, nonostante non lo faccia quasi mai. Così, dopo un giorno di ricerca, come sospettavo eri qui. –

-         Di un po’, perché non la finisci di prendermi in giro? –

-         Visto che me lo chiedi, no, non la finisco. Se no, come mi diverto?

-         Non hai risposto all’ultima domanda… lo dico solo per evitare di esplodere dalla rabbia… -

Kanata fece spallucce.

-         Non lo faccio apposta ad essere dove sei tu. Prima di chiederlo a me, dovresti chiedere a te stessa perché ci inseguiamo inconsapevolmente, no? –

Miyu lo guardò con un sorriso. La rabbia le era già svanita ed era completamente persa.

-         Me lo sono già chiesto. E so anche la risposta… -

Kanata frenò all’improvviso, svoltando all’interno di uno spiazzo vicino alla strada.

-         E quale sarebbe? – disse, voltandosi finalmente verso di lei. Miyu notò che era già diventato buio e poteva vedere Kanata a malapena, grazie alla luce di un lampione. Cercò di rimanere calma e di non farsi venire il batticuore troppo forte.

-         Perché… io… ti… -

Kanata la interruppe con un bacio poi la guardò negli occhi.

-         Ti amo… -

-         Cosa diavolo stai dicendo, stupida?

Miyu spalancò gli occhi e una luce fortissima le entrò negli occhi. La prima cosa che vide fu la faccia di Kanata che la fissava con aria indifferente.

-         AAAAAAAAH!!!! –

Scattò in piedi e si guardò allo specchio. Aveva una strana sensazione, come se dovesse ricordare qualcosa, ma non sapeva cosa. Ad ogni modo, si era quasi dimenticata chi era, tanto aveva dormito profondamente: Miyu, 14 anni, terza media. Cercò di darsi una calmata e si voltò infuriata verso Kanata.

-         Tu… cosa ti salta in mente? Mi hai fatto prendere un colpo! –

Kanata fece una smorfia.

-         Ma si può sapere cosa stavi sognando? Prima hai detto una cosa incredibile, detta da te… -

Miyu arrossì, anche se non ne sapeva il reale motivo. Poi pensò che quella strana sensazione che aveva addosso doveva essere dovuta a un sogno che aveva fatto.

-         Perché, cosa ho detto?

Kanata la fissò per qualche istante e poi si diresse verso il corridoio.

-         E’ tardi, se non ti vesti e fai colazione in cinque minuti, vado a scuola da solo. –

Miyu sbuffò e fece ciò che doveva fare.

-         Buona giornata, signorina Miyu, signorino Kanata! – disse Baumiau, con il piccolo Lou in braccio che lanciava gridolini di gioia.

-         Grazie, Baumiau! – Miyu corse dietro a Kanata e mentre correvano entrambi verso la scuola gli chiese:

-         Mi vuoi dire cosa ho detto nel sonno? –

-         Perché ti importa tanto?

-         Così, magari me lo ricordo. Mi sembra che fosse molto bello, ma non posso dirlo con certezza perché non so nemmeno cosa ho sognato. Dimmelo! –

-         Doveva essere un sogno molto sdolcinato. –

-         Perché?

-         Conoscendoti, probabilmente fai sempre dei sogni da romanzo rosa! –

Miyu arrossì e fece la linguaccia.

-         E tu che ne sai? Ti prego, dimmelo! –

Kanata sorrise e Miyu rimase interdetta per un attimo.

-         Che hai da sorridere?

-         Niente, non ho mica sorriso. –

-         Cosa sono tutti questi segreti?

Mentre correvano proprio mentre il cancello della scuola stava per chiudersi, Kanata scoppiò a ridere.

-         Non è un segreto, questo proprio no… -

Miyu non capì quella frase, però non chiese più ciò che aveva mormorato nel sonno, perché quel giorno Kanata era più felice del solito e non voleva assillarlo. Però, le rimase quel cruccio nella mente, senza riuscire a ricordare quel sogno… che probabilmente non ricorderà mai, ma… quello che quella mattina mormorò nel sonno, un giorno Kanata glielo dirà… forse in un altro modo, ma glielo dirà…

 

 

  
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