“E’ tutta una merda! Questo gioco del cazzo, questo fetido pub del cazzo e persino questa Guinness” esordì Renton fallendo nel tentativo di mandare la rossa in buca, al tavolo da biliardo.
Tipico di quel rosso del cazzo, pensò Frank Begbie, quando il Rent-Boy non vinceva o non riusciva ad aver ragione mandava affanculo tutto l’argomento. Da quando poi ci si era messa di mezzo l’eroina era tutto più complicato, ognuno faceva a modo suo.
Sick boy stava rimorchiando una ragazzina al bancone del bar ed era uno spettatore silenzioso della disputa tra Begbie e Renton.
Spud, nel frattempo, con quella sua aria da sballo rimaneva seduto in un angolo del pub, era tutto il giorno che beveva birra, che assieme all’eroina lo stava svuotando delle ultime forze rimaste, improvvisamente le sue budella fecero una rapida giravolta e si sentì come se le sue ossa fossero schiacciate in una morsa. No non avrebbe bevuto un’altra birra! Sarebbe stato il caso di una bella aranciata, rifletté Spud. “La finisci o no quella pinta del cazzo?!?” urlò Begbie dal tavolo da biliardo, borbottando poi tra sé, tossico di merda.
Spud e Renton stanno male, peggio di come danno a vedere, decidono di andare a trovare la Madre Superiore, Swanney.
Sick Boy è un paio di giorni che è pulito, insomma che non tocca la roba, si osserva le crosticine sul braccio che stanno cominciando a guarire, ma decide comunque di unirsi ai due per un aperitivo dalla Madre Superiore.
 
Sick boy e Rents sono seduti nel parco, circondato dai palazzi dei rioni popolari, è lì che sono cresciuti, che da adolescenti hanno avuto le prime esperienze con le varie droghe, anche se adesso c’è solo posto per l’eroina, i pensieri di Sick sono interrottì dalle parole di Renton: “La realtà è che la società s’inventa una logica assurda per liquidare quelli come noi, quelli diversi, non ti lascia scelta, devi per forza scegliere la vita, la famiglia, un buon lavoro e il colesterolo basso, se decido di mandare a puttane la mia vita non me lo permettono… perché Sick?”
Sick boy detestava vedere il suo amico Renton aprirsi in quel modo, in quella versione cinica e nichilista che non lasciava spazio per alcune cose, non belle ma buone, tipo il sesso, la musica o il cinema, provò a controbattere ma… “Tutte merdate!” rispose Renton sprezzante “Questo è quello che vuole la società, che ti accalori nel seguire il cinema, la musica o il calcio, fottuti Hibbies, ma la realtà è che ogni giorno sei sempre più vicino alla morte, lascerai questo pianeta e avrai condotto un’esistenza miserabile perché te la sei lasciata sfuggire di mano oppure non ne hai colto l’essenza!”
“Rents sono stufo di stare qua seduto ad ascoltare te che ti lagni perché la vita ti sta sfuggendo di mano, facciamo qualcosa! ”
“Bene! Andiamo a trovare la Madre superiore” replicò Renton alzandosi.
 
Piccola considerazione: Irvine Welsh è uno dei miei scrittori preferiti, Trainspotting, è un cult, sia il libro che il film, dopo averlo visto per l’ennesima volta ho deciso di scrivere questa storia, è stato difficile perché sono stata influenzata dalla scrittura tagliente di Welsh e dal fatto che ormai conosco a memoria passi del libro e del film, la realtà è che odio talmente tanto la società in cui vivo che per me è facile identificarmi con i personaggi, con quella voglia di buttare alle ortiche la propria vita, di schiaffarsi in corpo l’eroina per affermare: il mio corpo mi appartiene! Spero vi sia piaciuta, non dimenticate di lasciare un commento con i vostri suggerimenti e/o opinioni. Se non lo avete ancora fatto vi invito a leggere il libro e guardare il film da cui è tratto!