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Autore: Elpis    11/09/2012    4 recensioni
Pansy Parkinson ha il muso di un canide, il vizio di lisciarsi i vestiti quando è nervosa e l'odiosa voce di sua madre che le ronza nelle orecchie quando fa qualche sciocchezza. È snob, con un pessimo carattere e... ah, sì è anche innamorata. Di lui, ovviamente. Draco Malfoy.
Peccato che Draco stia per convolare a nozze con la sua promessa, la perfetta “principessina” Astoria Greengrass e che di lei non voglia nemmeno sentirne parlare.
La ff ha partecipato al contest "Un amore dal mancato finale" di Trick, classificandosi seconda.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Un velo di menzogne
 

 




 

« È finita ».
Secco, conciso, Malfoy.
Pansy strinse le dita intorno al tavolo in cerca di appoggio. Le sue unghie laccate stridettero a contatto con il mogano.
« È tutto quello che hai da dire? »
La voce le uscì stridula, gracchiante. Occhieggiò la bottiglia di Firewhisky Incendiario sul tavolo con voluttuosa avidità.
Sarebbe così sbagliato se mi attaccassi al bicchiere sotto il suo sguardo? Probabilmente non lo noterebbe nemmeno.
« In effetti reputo questa conversazione superflua. Non c'è mai stato niente fra noi, se non qualche scopata occasionale per ammazzare la noia ».
Le dita bianche spingevano la stoffa della tenda, consentendo alla luce cinerea del giorno di infrangersi sui suoi lineamenti aguzzi. Pansy si sforzò di deglutire il peso improvviso che sentiva all'altezza della gola. Era stato solo quello per lui? Qualche amplesso frettoloso fra lenzuola bianche, un diversivo che lo aiutava a tenere lontano il pensiero della Guerra e del Marchio che gli bruciava sul braccio?
« Sei venuto fin qui per dirmi questo? »
Per quanto patetico non riusciva ancora a spegnere quella fioca speranza che era affiorata nel vedere il suo volto, pallido ed impassibile, apparire fra le fiamme verdi del camino.
Da quando la Guerra era finita, era stata lei a ricomporre i cocci di quello che un tempo era stato Draco Lucius Malfoy.
La prima notte che era venuto a cercarla era un ragazzino dai capelli arruffati che per miracolo era riuscito a sfuggire ad Azkaban e a conservare un quarto delle sue fortune. Non le aveva dato nemmeno il tempo di spogliarsi. Il suo sguardo era talmente folle e allucinato mentre la schiacciava contro il divano che Pansy ne aveva avuto quasi paura. Aveva provato l'impulso di urlare, chiamare a gran voce la sua elfa Nerea e farlo buttare fuori a calci. Erano stati i suoi occhi a frenarla. Grandi, spaventati, grigi come l'asfalto. Draco aveva lo sguardo di chi ha visto troppe cose e troppo in fretta e necessita di poter spegnere il cervello per un po'. Gli aveva offerto il calore delle sue mani, della sua bocca, del suo ventre. Lo aveva lasciato penetrare dentro di sé, più in profondità di qualche semplice strato di pelle.
Dopo quella volta, ne erano seguite molte altre. A volte Draco era paziente e gentile, altre frettoloso come se unirsi a lei fosse un'incombenza come le altre. Ed ogni volta che si staccava con un gemito, le sembrava che si portasse via un pezzetto di lei sempre più grande.
Non c'è mai stato niente fra noi, se non qualche scopata occasionale per ammazzare la noia.
« Come ho detto, non ce ne sarebbe stato nemmeno bisogno ». La sua voce pungeva come tanti piccoli aghi conficcati nelle carni. « Tuttavia ho deciso di farti comunque visita per mettere le cose in chiaro ».
Pansy si lisciò le pieghe del vestito, in quello che poteva passare per un gesto di disinteresse. La sala in cui lo aveva accolto era ampia, con volute barocche rifinite in oro che la rendevano ancora più sfarzosa. Eppure Malfoy riusciva a riempirla tutta, con quella sua presenza ingombrante che rimaneva attaccata alle pareti per giorni, anche dopo che lui se ne andava.
Il suo profumo ha letteralmente imbevuto i cuscini.
Il caffè corretto giaceva in una tazzina sul tavolo, un rimasuglio nerastro che le dava il voltastomaco. Draco aveva acquisito l'abitudine disgustosa di berlo dopo il suo ultimo viaggio in Italia con Zabini e da allora sembrava non essere più in grado di farne a meno. E lei si era piegata a quel nuovo vizio, naturalmente. Aveva iniziato a berlo, anche se ogni sorso era una tortura, in un maldestro tentativo di compiacerlo.
Non c'è mai stato niente fra noi, se non qualche scopata occasionale per ammazzare la noia.
Quella frase le tamburellava le tempie con la forza di una Cruciatus. Se le massaggiò distrattamente, attenta a non rovinare l'acconciatura elaborata, certa che da lì a poco le sarebbe venuto un atroce mal di testa. Osservò la taffettà rossa del vestito, ripensando a quello ben più elaborato che aveva indossato quando lui l'aveva invitato al Ballo del Ceppo, durante il Quarto Anno. Era stata la prima volta che aveva palesato un interesse nei suoi confronti e pareva che fossero trascorsi secoli.
Eppure mai una volta, in tutti quegli anni, aveva sentito una singola promessa uscire dalla bocca di Draco. Non che avesse bisogno di esse per illudersi.
Pansy era perfettamente in grado di farlo da sola.
« E che cosa, esattamente, vorresti chiarire? »
Umile e remissiva come una bambola. Forse aveva ragione a vederla come un suppellettile carino da mettere in disparte quando viene a noia. Forse avrebbe dovuto indignarsi, fare la voce grossa, opporsi al modo distaccato con cui la trattava.
Finalmente Draco si girò a fissarla negli occhi e tutti i suoi propositi eversivi evaporarono come neve al sole. Si ritrovò a fissare la linea volitiva del mento e l'acciaio tagliente degli occhi, avendo difficoltà persino a seguire il senso delle sue parole.
« Non ci vedremo più. Smetterai di inviarmi gufi o di accompagnarmi alle feste in società. Questa è l'ultima volta che metto piede in questa stanza ».
Si irrigidì, mentre lo smarrimento colmava le sue iridi scure.
Per avere il cuore di uomo non servono che due cose, Pansy. Sesso ed adulazione. Tienilo bene a mente”.
Non aveva dimenticato le parole di sua madre, anzi, aveva elargito generosamente entrambi a Malfoy. Si morse il labbro inferiore, chiedendosi che cosa quindi nell'equazione di Pamela Parkinson fosse andato storto.
« Non capisco » mormorò sbattendo le ciglia. « Perché non possiamo lasciare le cose come stanno? Se è per la questione del fidanzamento, dimenticatene, sono stata una sciocca a parlartene. Posso aspettare ancora, non è un problema ».
Sorrise, di un sorriso fragile come cristallo.
Non c'è mai stato niente fra noi, se non qualche scopata occasionale per ammazzare la noia.
Non poteva pensarlo veramente. Probabilmente era semplicemente irritato perché l'ultima volta si era lasciata scappare che avrebbe voluto qualcosa di più dalla loro relazione. Sì, doveva essere così. Ma poteva ancora rimediare. Qualche frase melensa, la promessa che non avrebbe sollevato più la questione e un paio di lacrime al momento giusto. Non troppe perché era brutta con gli occhi gonfi e i piagnistei irritano gli uomini. Un paio appena, giusto per lusingare il suo ego.
Agli uomini piace credere di averti in pugno.
Di nuova la voce di sua madre le solleticò le orecchie, come se fosse ad appena due passi di distanza, attenta a controllare l'acconciatura o a rifarsi il trucco.
« Non è possibile ».
Draco aveva distolto lo sguardo, appuntando gli occhi grigi sul prato coperto da grumi di neve biancastra che il sole di marzo non era ancora riuscito del tutto a sciogliere. Pansy non si crucciò: sapeva che era maledettamente testardo e che avrebbe dovuto adularlo a lungo prima di farlo cedere.
Ma torna, torna sempre. Alla fine è questo l'importante, no?
« Mi sposo ».
Le ci volle un po' per recepire il senso della frase appena udita.
« Come scusa? »
« Hai capito bene. Mio padre ha appena firmato un vantaggioso contratto matrimoniale con la famiglia Greengrass ».
« Greengrass? »
Doveva avere un'aria stupida in quel momento, con la bocca spalancata e gli occhi che quasi le uscivano dalle orbite. Ne era consapevole, come era consapevole che se sua madre avesse potuto vederla avrebbe scosso la testa con disapprovazione, ma non riusciva a non ripetere quello che sentiva, in attesa che tutto acquistasse un senso.
Draco le lanciò un'occhiata di sottecchi, prima di annuire di nuovo.
« Mi sposo con la loro figlia minore, Astoria. Per questo non possiamo più vederci ».
Mentre udiva chiaramente il “crack” del suo cuore che andava in frantumi, Pansy intuì in un lampo improvviso che cosa nell'equazione di sua madre era errato.
Per conquistare un uomo non bastava il sesso e l'adulazione, oh no. Serviva anche un patrimonio a sette cifre e una cassaforte stracolma di galeoni.
 
 
***
 
 
Pansy Parkinson osservava il suo riflesso nel perfetto ovale dello specchio dalla elaborata cornice d'argento. Sapeva, senza bisogno che qualcuno indorasse la pillola, che la giovane donna che ricambiava il suo sguardo non era una bellezza. Le sopracciglia erano folte ed aggraziate, simili ad ali di rondini. Anche la forma del viso non era male, un ovale dalla pelle pallida tanto da sembrare traslucida. Ma era tutto lì. Gli occhi erano troppo vicini, il naso troppo schiacciato, gli angoli della bocca piegati all'ingiù, come se fosse sempre imbronciata.
Un carlino.
Fin dai tempi di Hogwarts quello era il soprannome che bisbigliavano alle sue spalle quando credevano che non sentisse. Gettò un'occhiata alla strega riversa ai suoi piedi che si dibatteva inutilmente preda del suo Incarceramus.
Astoria Greengrass evidentemente non aveva di questi problemi. I suoi capelli, una fine cascata di un castano intenso, non sembravano minimamente scomposti, come se Astoria fosse appena uscita dal parrucchiere e non da una aggressione che l'aveva costretta ad un ammasso mugugnante per terra. Non che avesse bisogno di parlare: i suoi occhi disgustosamente grandi e contornati da ciglia schifosamente lunghe esprimevano al meglio tutta la sua indignazione per il trattamento che le era stato riservato.
Con un sospiro affranto, Pansy pensò che il destino fosse stato abbastanza avaro nei suoi confronti: per alcuni aspetti i loro tratti erano simili, solo che nel suo caso il risultato complessivo assomigliava al muso di un canide ringhiante, mentre in quello di Astoria l'immagine era quella di una giovane donna dall'aria dignitosa, che avrebbe conservato la sua eleganza anche in mezzo ad un porcile.
« Non sarei mai voluta arrivare a questo punto » le disse mentre si chinava su di lei.
La mora provò a ritrarsi, veloce, ma non abbastanza. Quando si rialzò, Pansy stringeva orgogliosa fra le mani una ciocca di capelli lucenti. La inserì rapida dentro alla boccetta che portava legata alla veste. Il liquido incolore al suo interno si agitò in cerchi concentrici prima di virare ad una sfumatura indecisa fra il blu e l'azzurro.
Non sembra tanto male. La principessina, qui, riesce a rendere affascinante anche questa pozione disgustosa.
La inghiottì tutta di un fiato, senza starci troppo a pensare. La sensazione che provò immediatamente dopo fu curiosa. Non aveva mai bevuto una pozione Polisucco, per la verità con le sue scarse conoscenze in materia non sarebbe neanche stata in grado di prepararne una senza che il calderone le esplodesse in faccia. Quella minuscola quantità che portava con sé l'aveva acquistata in nero, dopo una lunga serie di moine a Sinister e dilapidando buona parte della dote per le sue future e sempre più improbabili nozze con chissà quale Purosangue sua madre fosse riuscita ad accalappiare .
Le parve che ogni singola cellula del suo corpo vibrasse e si disfacesse per ricompattarsi in una forma nuova. Quando spalancò gli occhi l'immagine che le rimandò lo specchio la fece sorridere.
Una strega attraente ricambiava il suo sguardo al di là del vetro. Astoria aveva dei denti perfetti e bianchissimi e quando rideva i suoi occhi acquisivano una sfumatura maliziosa. Pansy pensò che avrebbe dovuto farlo più spesso, invece di seppellire il naso dietro a quei tomi polverosi che si portava sempre dietro.
Si gettò un'ultima occhiata critica. Con una smorfia di sconforto notò che visto da vicino il naso della piccola Greengrass era ancora più carino, alla francese, a differenza del suo che assomigliava al grugno di un un porco. Fece un giro su se stessa, prendendo confidenza con quel suo nuovo io. L'abito le cadeva un po' largo sui fianchi più tondi rispetto a quelli della ragazza di cui aveva preso le veci.
Scommetto che non fa nemmeno sport questa stronza. Dovrebbero dichiarare illegale essere così perfette senza sforzo.
Gettò un'occhiata in tralice alla vera Astoria che apriva la bocca ritmicamente, come un pesce preso all'amo. Inutile, visto che era stata silenziata.
Estrasse la bacchetta con un gesto lento, provando appena un briciolo di senso di colpa. In fondo si stava solo riappropriando di qualcosa che le apparteneva di diritto. Aveva avuto Malfoy nel suo letto per anni, prima che la principessina arrivasse e decidesse di portarglielo via.
La schiantò e confuse in rapida successione.
Il suo piano era semplice quanto lineare: quel giorno si era presentata con una scusa a casa dei Greengrass e aveva colto la prima occasione per appartarsi nella camera di Astoria. “Per farle di persona le congratulazioni” aveva detto a un elfo servizievole quanto stupido. Disarmarla era stato facile, quell'ingenua non si aspettava un attacco alle spalle, ed ancora più semplice bloccarla al suolo. Forse non era una strega eccellente, ma un Incarceramus e un Silentio era in grado di pronunciarli persino lei.
Adesso non le restava che la seconda parte del piano, la più difficile.
Nascose il corpo della vera Astoria sotto il letto e uscì dalla stanza avendo cura di chiudersi la porta alle spalle. Comunicò con un sorriso finto alla servitù che lei – alias Astoria – sarebbe uscita con la la signorina Parkinson per un po' di salutare shopping pre-nuziale. Da lì che si fossero accorti di qualcosa avrebbe fatto in tempo a tornare, liberare la principessina e raccontarle che aveva avuto un malore mentre erano fuori e per questo l'aveva riaccompagnata a casa. Con un po' di fortuna e un altro paio di Confundus se la sarebbe bevuta e tutto sarebbe filato liscio.
Scese la scalinata in marmo, cercando di regolarizzare il respiro. Quando fu giunta nel salone principale, si diresse senza esitazione verso il camino. Afferrò una manciata di polvere verde e si posizionò al centro di esso, scandendo con attenzione le due parole:
« Malfoy Manor ».
Mentre tutto turbinava in un nugolo di fuliggine e cenere soffocante, Pansy pensò che per l'ennesima volta sua madre avesse avuto ragione.
Avrei dovuto farmi ingravidare da Draco quando ne avevo la possibilità. Mi sarei risparmiata tutto questo casino.
 
 
***
 
 
Quando il mondo smise di turbinare e le orecchie di fischiare, la prima cosa che Pansy notò fu un rumore di passi. Era un suono ritmico che si interrompeva a tratti per rincominciare subito dopo. Come se qualcuno percorresse la stanza avanti ed indietro, senza requie.
Si scrollò di dosso la polvere, arricciando le labbra per il disgusto. Era ancora intenta a ricomporre la sua pettinatura – dimenticando che aveva in prestito il corpo di Astoria e che quindi per una volta poteva fregarsene di come appariva – quando Draco Malfoy apparve sulla scalinata, un'espressione stizzita ad incupirgli i lineamenti.
« Finalmente sei arrivata! » esclamò facendo gli scalini a due a due.
Pansy si esibì in un sorriso incerto, chiedendosi fra sé cosa diavolo avesse voluto dire Malfoy con quella frase.
Quella che nella sua mente aveva soprannominato la “Fase Due” presentava in effetti molte incognite, ma Pansy aveva deciso che valeva la pena rischiare pur di impedire quel dannato matrimonio.
Il motivo per cui aveva sequestrato l'aspetto di Astoria era poter parlare con Malfoy e convincerlo a lasciare la sua adorabile promessa. Avrebbe potuto dirgli che non l'amava, che aveva un altro, persino che voleva chiudersi un monastero Babbano, purché lui si arrabbiasse tanto da non voler più sentir parlare della principessina.
Purché torni da me.
Il modo freddo con cui lui la accolse, però, la disorientò un poco.
« Avanti, vieni con me. Sono venti minuti che ti stiamo aspettando ».
Nessun bacio, nessun “Ciao, come va?”, nessuno sguardo complice. Semplicemente Malfoy le afferrò la mano, tirandola come se fosse un giocattolo. Istintivamente Pansy puntò i piedi, guadagnandosi un'occhiataccia.
« Ne abbiamo già parlato, Astoria, non fare la bambina. Le prove dureranno un'ora al massimo, te lo prometto ».
Non replicò, limitandosi a seguirlo per i corridoi del Manor e ad ammirare i marmi pregiati e gli arazzi dai colori tetri. Nei mesi passati aveva osservato a lungo la piccola Greengrass, prima spinta da una feroce gelosia che le impediva di toglierle gli occhi di dosso, poi per cercare di definire al meglio il suo piano. L'idea che si era fatta era che era una ragazza silenziosa e schiva, che preferiva un buon libro ad una riunione in società. Per questo Pansy si ritrovò a sperare che il suo improvviso mutismo non destasse eccessivamente la preoccupazione di Draco.
Mentre salivano una scalinata e si lasciava trasportare in ale del castello che non aveva mai visto – per forza, l'unica cosa che Malfoy aveva avuto cura di mostrarle era stata la camera da letto - pensò con un sussulto che stava sbagliando tutto di nuovo.
Non sei venuta qui per farti trasportare come un cagnolino al guinzaglio.
La voce nella sua testa aveva il tono insopportabilmente supponente di sua madre.
Ti sei forse dimenticata che hai i minuti contati?
Giusto. Qualunque fossero quelle “prove” alle quali Draco alludeva non aveva il tempo per assecondarlo.
« Ehm... Draco? » lo chiamò interrompendo quello strano silenzio.
Una volta che usciva dalla sua bocca, la voce perdeva il tono deciso che aveva nella sua mente. Perché riesco ad impormi solo nella mia fantasia?
« Sì? » disse quello impassibile senza rallentare il passo.
« Ecco, in realtà avrei bisogno di parlarti... » bisbigliò umettandosi le labbra.
Malfoy le lanciò un'occhiata da sotto in su, per niente preoccupato.
« Ti senti male? » domandò con fredda cortesia.
Pansy parve un po' spaesata.
« No, perché? »
« Mi sembri diversa dal solito » buttò lì mentre svoltava l'angolo di un corridoio male illuminato.
Pansy ridacchiò in modo quasi isterico. Si fermò, stropicciando con le mani le pieghe del vestito. Malfoy gettò un'occhiata infastidita all'orologio per poi appuntare su di lei i suoi occhi cerulei.
« Si può sapere che ti prende, per Salazar? Hai deciso di fare la preziosa tutta insieme? »
Un tono freddo, spinoso.
Se è così che si rivolge alla sua futura sposa forse forse mi conviene tenermelo come amante.
« Ho bisogno di parlare, Draco. Non mi muoverò di qui fino a quando non mi avrai ascoltato ».
Le labbra le avevano tremato un poco e non era riuscita a sostenere il suo sguardo, ma tutto sommato Pansy poteva reputarsi fiera di sé.
In risposta ottenne uno sbuffo, mentre Malfoy si passava una mano sui capelli impomatati.
« Cerca di fare una cosa di giorno ».
Annuì, mentre una stretta improvvisa le occludeva lo stomaco. Il suo futuro dipendeva dalle parole che sarebbero uscite dalla sua bocca.
« I-io... Mi sono accorta che non posso sposarti » esalò alla fine sbirciando curiosa la sua reazione.
Negli anni passati al suo fianco Pansy aveva imparato a conoscere Draco. Sapeva che non era il tipo da reazioni esagerate e che il suo spropositato orgoglio se non altro gli avrebbe impedito gesti eclatanti. Per cui non si aspettava che scoppiasse in lacrime o si inginocchiasse ai suoi piedi implorandola di cambiare idea. Però... però nemmeno che non contraesse neanche un singolo muscolo facciale, fissandola con la stessa placida indifferenza di uno a cui era appena stato chiesto che cosa volesse per pranzo.
Malfoy appoggiò la schiena al muro, incrociando le braccia sul petto e scrutandola in un modo strano, che la fece sentire a disagio. Pansy spostò il peso del corpo da un piede all'altro cercando di sostenere il suo sguardo.
« E perché, di grazia, saresti giunta a questa conclusione? »
Era una sua impressione o il tono di Draco grondava una sottile ironia?
Socchiuse gli occhi, inspirando profondamente. Era arrivato il momento di dar fondo a tute le sue dote di attrice: fin da piccola era sempre stata brava a fingere.
Non per niente quel Cappello puzzolente mi ha smistato a Serpeverde non appena mi ha sfiorato il capo.
« Perché ho capito di non essere innamorata di te ».
Perfetto. La giusta traccia di indecisione, come se fosse dispiaciuta e appena riottosa di dire quelle parole a voce alta. Ma anche diretta, per fargli capire di non avere il minimo dubbio.
Per un istante Malfoy la fissò spiazzato, sgranando appena gli occhi. Poi, scoppiò in una fragorosa risata. Rise forte, a lungo, facendo risuonare tutto il Manor della sua ilarità. Pansy lo osservò basita ed offesa, chiedendosi se per caso non fosse impazzito. La sua fidanzata lo mollava una settimana prima delle nozze e lui lo trovava divertente? Quando Draco riprese a parlare, con le spalle ancora scosse da singhiozzi silenziosi, la sua voce era affilata.
« Ma sai che novità, Astoria, non fai che ripetermelo dal primo giorno che ci siamo visti ».
Deglutì a vuoto, dandosi mentalmente della stupida.
Allora davvero non la sposi per amore.
Non avrebbe saputo dire se quel pensiero la confortasse o se ampliasse la voragine nel petto. Da una parte il cuore di Draco non apparteneva a nessun'altra donna. Dall'altra le sembrava sempre più chiaro che non sarebbe mai appartenuto a lei.
« Sì... ehm, naturalmente » cercò di rimediare mangiandosi un po' le parole. Avrebbe voluto aggiungere qualcos'altro ma Malfoy la interruppe di nuovo.
« Si tratta di un contratto matrimoniale. La parola “contratto” non ti dice niente? » sputò fuori velenoso. « Significa che io faccio qualcosa per te e tu ne fai una per me. La fama del nome “Malfoy” riuscirà a lavare via l'onta delle discutibili scelte che hanno fatto i Greengrass quando si trattava di mantenere – o nel vostro caso non mantenere – la purezza del sangue. Per parte mia, con la generosa dote che mi ha promesso il tuo paparino, posso rimpinguare le casse decisamente alleggerite della mia famiglia dopo il pignoramento dei nostri beni. È uno scambio equo, Astoria, tu che sei tanto intelligente doveresti capirlo, no? »
« S-sì » balbettò a corto di fiato.
Era davvero quella la verità? Naturalmente aveva sentito più volte quel pettegolezzo dalle signore che animavano al società, ma si era sempre rifiutata di credere che fosse qualcosa di più di una diceria.
Trovavi più romantica l'idea che ti avesse lasciata per amore piuttosto che per un pugno di galeoni, Pansy?
Nella sua testa la voce di sua madre faceva fatica a trattenere le risa.
« Be' non posso più farlo » cercò di riprendersi prima che la situazione le sfuggisse di mano.
Draco inarcò un sopracciglio.
« E perché? »
« Perché... » esitò, alla ricerca di una motivazione adeguata. « Mi sono innamorata di un altro ».
Questa volta il silenzio si protrasse più a lungo. Pansy scrutò i lineamenti di Draco, cercando di decifrarne la fisionomia.
Aveva contratto i pugni delle mani e gli occhi era di una sfumatura più fredda, metallica. Era geloso? Geloso di lei, di quell'Astoria che forse non gli era così indifferente come voleva far credere? O era solo fastidio per i suoi progetti patrimoniali frustrati?
« Non avevamo avuto modo di parlare anche di questo, mia cara? ». L'appellativo era chiaramente ironico, eppure non riuscì a reprimere il brivido che le attraversò la colonna vertebrale. « Dopo che ci saremmo sposati dovrai darmi un erede. Un erede legittimo. Poi, potrai avere tutti gli amanti che vuoi, non mi interessa chi infili nel tuo letto. Adesso, se non hai altre obiezioni, madame Troussard ci sta aspettando ».
Come in trance, Pansy osservò la sua mano che veniva stretta da quella di Draco e sospinta di nuovo in avanti. Che razza di accordo aveva stretto con Astoria? Forse nemmeno lei sarebbe scesa così in basso...
Certo che lo avresti fatto, Pansy. Ci sono in ballo un sacco di galeoni. L'apparenza prima di tutto, lo sai, è il motto di noi Parkinson.
Prima che potesse riaversi dalla sorpresa, si ritrovò davanti ad una porta, l'espressione ansiosa di Draco che le puntellava le spalle.
« Vedi di comportarti bene » le soffiò sulla nuca prima di girare la maniglia.
Se fosse stata veramente Astoria Greengrass, la prima cosa che avrebbe notato sarebbe stata l'aspetto curioso di quella che doveva evidentemente essere Madame Troussard. Sembrava un gigantesco bignè alla crema: un donnone di cento e passa chili distribuiti in forme morbide e con un ciuffo di capelli platino che spuntava dalla sommità del cranio. Oppure si sarebbe focalizzata sulla stanza dalla pianta tonda, le cui pareti sembravano essere state interamente ricoperte di specchi.
Ma era Pansy Parkinson e la prima cosa che attrasse i suoi occhietti scuri fu il lungo e sontuoso vestito di avorio che si stagliava di fronte a lei. Si avvicinò ad esso senza parole, sfiorando la seta impalpabile della veste e il corpetto ricamato con motivi sinuosi.
Si accorse di sfuggita che Madame la osservava con un sorrisetto compiaciuto.
« C'est magnificque, c'est vrai? Il velo è lavorato con una stoffa intrecciata a peli di unicorno, per renderlo più brillante. Suo padre non ha davvero badato a spese, per rendere tutto perfetto » chiocciò con voce profonda. « Avanti, ma petite, va' a cambiarti! » aggiunse indicando con l'indice grassoccio un camerino improvvisato.
Non fece nemmeno in tempo a dire “ma” che si ritrovò con quella seta scintillante fra le dita, mentre Madame la sospingeva con dolcezza. Pansy palpò perplessa la stoffa dell'abito, rabbrividendo di piacere.
Merlino è così morbido... sembra spuma di mare. Che male può fare provarlo solo per una volta? Non indosserò mai qualcosa di così bello, nemmeno se campassi mille anni.
Si liberò velocemente dell'abito semplice, quasi spartano, che indossava e scivolò dentro quella delizia d'avorio. Quando uscì dal camerino, Madame Troussard le si precipitò addosso, schioccando la lingua e fissandola con sguardo critico. La fissò da ogni possibile angolazione, sventolando in aria ago e spille che le appuntava in ordine apparentemente causale. Le allungò un paio di meravigliosi decoltè, poi fece qualche passo indietro per ammirare l'opera.
« Con un filo di trucco, una bella pettinatura e quella collana di perle che il signor Malfoy mi ha fatto vedere prima... Sarai uno splendore, tesoro! Ti piacciono le perle, c'est vrai? » esclamò squillante prima di spostarsi e lasciarla specchiare in pace.
Nel fissare la giovane donna che ricambiava il suo sguardo, Pansy si ritrovò il cuore in gola. Non c'erano parole per descrivere l'immagine che lo specchio le restituiva se non “perfezione”. L'abito era perfetto e cadeva sul suo corpo evidenziandone ogni curva, semplice e al contempo sensuale. Ed era perfetta lei, con le gote accese per l'emozione e le mani che tremavano leggermente...
Sussultò, come se qualcuno l'avesse colpita a tradimento con una secchiata d'acqua, quando i suoi occhi si appuntarono sul riflesso nello specchio di Draco. Gli occhi grigi di lui erano appuntati sulla sua figura e il suo sguardo la abbracciava con un brillio di insolita attenzione. Istintivamente, cercò di coprirsi il corpo con le braccia.
« Santo Salazar, che ci fai tu, qui? » chiese con voce stridula.
Malfoy alzò in risposta un sopracciglio, fissandola con educato stupore.
« Non dovrei? »
« Certo che no! » esclamò agitata, provando a nascondersi dietro la stazza ingombrante di Madame. « Non sai che porta sfortuna vedere il vestito della sposa prima delle nozze? »
Per un istante Draco la fissò senza emettere fiato. Poi emise un verso a metà fra un singhiozzo e uno scoppio di tosse. Solo quando la risata di Madame Troussard gli fece eco, Pansy intuì che si trattava del tentativo maldestro di celare l'ilarità.
E adesso che ho detto di strano?
« Ah, ma petite, che dolce che sei! » esclamò Madame in uno svolazzo di stoffa. « Ma non devi preoccuparti: sono sicura che il tuo matrimonio andrà a gonfie vele anche se abbiamo infranto questa piccola tradizione » aggiunse strizzandole complice l'occhio.
Pansy rimase in silenzio, girando la testa confusa tra Malfoy e la sarta.
« Ma visto che oggi sei così di buon umore, ne approfitto e vado a prendere anche il vestito per il ricevimento, quello per la festa post-nuziale, per la luna di miele... »
L'elenco sembrava non avere più fine. Avrebbe voluto interromperla perché non aveva di certo tutto quel tempo a disposizione, ma Madame non le diede modo di ribattere, appoggiandole l'indice sulle labbra.
« Shh, ma petite! Sarò di ritorno in un baleno! » disse prima di dileguarsi oltre la porta.
In che razza di casino mi sono cacciata?
Abbassò la testa a fissare il pavimento in marmo, sperando con tutta se stessa che la terra si aprisse sotto i suoi piedi e la risucchiasse.
« Dovresti stare attenta a quello che dici, ma petite ». La voce bassa e derisoria di Draco le fece venire la pelle d'oca sulle braccia. Aveva ridotto la distanza senza che lei se ne accorgesse e quelle parole gliele aveva mormorate all'orecchio, cogliendola impreparata. « Altrimenti potrei pensare che in fondo ti importa qualcosa di me e di questo fottuto matrimonio... »
Pansy deglutì a vuoto, smarrendosi nei suoi occhi così freddi. La smorfia sul viso di Malfoy era sprezzante, il suo tono offensivo, eppure, proprio lei che non rimaneva mai in silenzio di fronte a una frecciatina senza rispondere raddoppiando il veleno, si trovò inerme contro il suo pungente sarcasmo.
« È così, infatti. Mi importa di questo matrimonio, più di quanto immagini » confessò mentre la voce le si spegneva sulle ultime parole.
Per una volta, era sicura di aver lasciato Draco senza parole. Lo vide sgranare gli occhi e aprire la bocca in una smorfia sorpresa, prima che la solita maschera di diffidenza gli scivolasse di nuovo sul viso.
Rimirò il suo riflesso per un'ultima volta, a fianco del suo promesso sposo. Draco la superava di tutta la testa e nonostante l'aspetto rigido e il viso appuntito, trasudava eleganza e sicurezza da tutti i pori.
« Siamo una bella coppia, non è vero? »
Quasi non si accorse di aver pronunciato quelle parole a voce alta. Il nodo alla gola stava diventando insopportabile. Distolse lo sguardo da quella visione che le faceva venire voglia di piangere e la appuntò sugli occhi di Draco. Era ancora diffidente, come se si aspettasse un brutto tiro da un momento all'altro, sempre più sconvolto da queste sue uscite. Da quello che aveva capito, il rapporto fra lui ed Astoria tutto si poteva definire meno che romantico.
Era scostante, dunque. E bellissimo. Con il volto troppo pallido, i capelli impomatati, gli occhi taglienti come rasoi. Le mani che aveva accarezzato il suo corpo così tante volte da perdere il conto, il torace glabro su cui appoggiava sempre la testa dopo che avevano fatto l'amore, l'odore di menta e tabacco che impregnava i suoi tessuti costosi. Era bellissimo e probabilmente quella era l'ultima volta che poteva osservarlo così da vicino. Si chiese se le emozioni turbolente che le agitavano l'animo trovassero sbocco anche in minima parte nei suoi occhi. Per una volta in vita sua decise che non le importava.
« Sei diversa, oggi ».
Un piccolo sorriso le incurvò le labbra.
« Questo me lo hai già detto » mormorò lieve.
La sua mano si mosse, animata di vita propria, appoggiandosi sulla spalla di Malfoy e lisciandogli la piega di un veste. Prima quasi che potesse toccarlo, lui la scacciò con un gesto brusco.
« Non so a che gioco stai giocando, ma sappi che non mi piace essere preso in giro » la informò fulminandola con lo sguardo.
Pansy abbassò gli occhi, un'improvvisa vampata di calore che le colorava il volto.
« N-nessun gioco... » balbettò a corto d'aria.
« Ma davvero? » le alzò il mento con un dito, costringendola di nuovo a fissarlo negli occhi. « E quindi tieni davvero alle nostre nozze e pensi che stiamo bene insieme? » la sfotté assottigliando lo sguardo.
I suoi occhi vagarono confusi, in cerca di qualche risposta.
Che sto facendo?
Era sicura che se sua madre l'avesse vista in quella situazione, l'avrebbe prontamente diseredata.
Ma è troppo vicino, maledizione. Non riesco ad essere lucida, se mi sta così addosso...
« S-sì » mugolò alla fine, con il rombo assordante del suo cuore nelle orecchie.
« Mmm » rispose Malfoy fingendosi pensieroso. « Se le cose stanno così, non ti dispiacerà se faccio questo » affermò mentre con il braccio sinistro le circondava il bacino, schiacciandola contro di lui.
Poi, si chinò per baciarla.
Se il gesto di Draco voleva essere un metterla alla prova per sbugiardare i suoi sentimenti, lei lo stupì di nuovo. Non appena le sue labbra si adagiarono sulle sue, si ritrovò a sospirare e ad agganciare le braccia intorno al suo collo, famelica. Era come se dal momento in cui lo aveva visto non avesse atteso altro, come se fosse venuta fin lì, avesse raccontato tutte quelle bugie, con il preciso scopo di poterlo baciare per l'ultima volta.
Per un istante Malfoy si irrigidì, forse sorpreso da quella risposta così inaspettatamente calorosa. Ma dopo poco tornò a rilassarsi e iniziò a baciarla con trasporto e un'insospettata dolcezza, una dolcezza che non aveva mai sperimentato prima.
« Astoria...» le soffiò all'orecchio mentre si chinava a sfiorarle il collo.
Fu quel nome, pronunciato a fior di labbra, a far crollare tutte le sue difese.
Astoria, Astoria, Astoria.
Era un eco sottile e doloroso. Perché anche in quel momento, nel loro ultimo momento, lui pensava ad un altra, baciava un'altra, perché in fondo lei per lui non era mai stata niente di più di una scopata per ammazzare la noia. Non si accorse neanche di quando le lacrime iniziarono a colarle dagli occhi, bagnandole le guance e il vestito.
Non è ironico, Greegrass? Il tuo vestito sarà letteralmente imbevuto del mio pianto.
« Astoria? Perché stai piangendo? »
Le sollevò il viso, stringendolo fra le mani e scrutandolo attentamente. La maschera di riserbo ed indifferenza era svanita, mostrandolo seriamente interessato ad una risposta.
La tua gentilezza è come un pugnale ben affilato.
La tua gentilezza per lei, mi dà il voltastomaco.
« Ma cosa... »
La lasciò andare di scatto, ritraendosi come disgustato. A Pansy bastò un'occhiata veloce allo specchio per calarsi nuovamente alla realtà. E questo perché il perfetto naso alla france di Astoria di stava allungando, i suoi capelli si arricciavano, il vestito iniziava a tirare sui fianchi.
Agì d'istinto, appellando i suoi vestiti e precipitandosi fuori dalla porta. Mentre faceva le scale di corsa e si liberava del velo e di quel corpetto troppo stretto, si chiese come avrebbe fatto a sopravvivere a un'umiliazione del genere.
 
 
***
 
 
Quando il giorno delle sue nozze, Draco Malfoy vide Pansy Parkinson in chiesa, seduta in prima fila con una faccia ancora più bianca del solito, non riuscì a trattenersi dallo spalancare la bocca per lo stupore.
Credeva che dopo quello che era successo, nemmeno lei avrebbe avuto la faccia tosta di presentarsi.
Nonostante non avessero più avuto modo di parlare dall'ultimo, disastroso, non gli era servito poi molto per ricostruire gli eventi. Quella sciroccata della Parkinson doveva aver bevuto del Polisucco per sostituirsi alla sua fidanzata.
Un tempo una cosa del genere lo avrebbe fatto letteralmente uscire dai gangheri.
Invece, passata la rabbia iniziale, Draco si era limitato a versarsi un generosa dose di Firewhisy Incendiario, svuotato di ogni energia. Forse era vero che la Guerra lo aveva cambiato.
Aveva impiegato mezz'ora a rabbonire un'indignata Madama Troussard che aveva rinvenuto il suo vestito tutto spiegazzato in mezzo alle scale, dopodiché aveva infilato la testa nel camino di casa Greengrass per assicurasi che la vera Astoria stesse bene. L'aveva trovata confusa e con un brutto vuoto di memoria che però non aveva avuto interesse a colmare. Con un sorriso stanco aveva pensato che dopotutto avrebbe dovuto capire che la vera Greengrass non si sarebbe lasciata stringere fra le sue braccia con quell'abbandono.
Mentre i suoi occhi abbracciavano pigramente la chiesa addobbata a festa, uno strano formicolio gli annodò lo stomaco nel ripensare alle labbra morbide di Astoria su di lui. Certo, in realtà si era trattato di quelle della Parkinson, ma per un momento... per un solo momento aveva creduto, si era illuso che... ed era dai tempi prima della Guerra che non provava un benessere anche solo lontanamente paragonabile.
Sbirciò di sottecchi nella direzione della sua promessa, che rigida ed altera come uno statua di marmo, attendeva al suo fianco che l'officiante iniziasse il rito. Era bella, anche con quella smorfia tirata e le labbra contratte. Con un pizzico di divertimento Malfoy pensò che fosse veramente assurdo che fosse stata proprio la sua ex ad aprirgli gli occhi e schiaffargli in faccia l'interesse che provava per la piccola Greengrass.
Una ex con una faccia tosta, invidiabile, per davvero.
Per tutto il tempo della celebrazione avvertì il suo sguardo su di sé, ancorato alla sua nuca. Mentre pronunciava il fatidico “sì” e Astoria masticava quel monosillabo a sua volta con acredine, non riuscì ad impedirsi di rivolgerle un ultimo sguardo. La vide incassare le spalle ed intrecciare le mani sul grembo ma non un guizzo facciale tradì il suo stato d'animo. Pansy Parkinson si dileguò subito dopo lo scambio dei voti, senza trattenersi per la festa che gli parve assurdamente lunga e stancante.
Negli anni successivi, capitò spesso che i loro sguardi si incrociassero in qualche festa di élite o in stupidi ritrovi per la beneficenza.
Non era particolarmente bella, Pansy, con quegli occhi troppo vicini e il naso schiacciato. Non era neanche particolarmente intelligente o brillante. Tutte le volte che aveva cercato conforto nel suo ventre, Draco non aveva mai pensato, neanche per una volta, che la loro relazione fosse destinata a durare.
Eppure ogni volta che i loro occhi si incrociavano, era sempre lui a distogliere lo sguardo per primo. Non era bella né desiderabile, eppure lo sguardo di Pansy Parkinson bruciava dannatamente come il fuoco.
 
 
 

Ciao a tutti,
come indicato nell'introduzione, questa ff ha partecipato al contest di Trick, "Un amore dal mancato finale", classificandosi seconda. Colgo l'occasione per ringraziare di nuovo la giudicia per la risposta celere ed accurata.
Ringrazio anche chi ha letto la ff, ogni commento o critica è ben accetto :D
un saluto e un bacio
Ely


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

  
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