Diario di un mercoledì
Lui è lì.
Come tutti i mercoledì, da tre mesi a questa parte, lui è lì, appoggiato al bancone con la sua Corona Extra in mano a guardare tutti e nessuno.
In compagnia di due amici che parlottano tra loro non sembra far caso alle loro parole e continua a spostare lo sguardo all’interno del pub affollato.
Il suo abbigliamento è casual, come sempre: jeans scuri, maglietta di cotone e, onnipresente, la collana di perline bianche.
Passa con disinvoltura una mano fra i capelli mori e sospira, socchiudendo leggermente le labbra.
A rispondergli vi è un altro sospiro.
Come tutti i mercoledì, da tre mesi a questa parte, lei si siede al mio tavolo e rimane a fissare il giovane con la collana di perline.
I suoi amici sono convinti che sia a casa e nessuno si sognerebbe di cercarla in un posto del genere in una serata infrasettimanale: è stata lei stessa a dirlo a mezza voce, qualche settimana fa.
Arriccia una ciocca bionda intorno al dito e poggia una guancia sulla mano, distogliendo lo sguardo solo quando il cameriere le si avvicina per prendere l’ordinazione.
“Un cocktail alla frutta!” Esclama come sempre, quasi fosse un rito; il ritrovarsi lì, in quel giorno preciso, a bere sempre la stessa cosa, fissando la stessa identica persona.
Non sa nulla di lui a parte dove trascorre i mercoledì sera e questo sembra bastarle; si limita a fissarlo senza accennare minimamente alla mossa successiva ed io rimango testimone dell’invariabile scena.
Il ragazzo continua a guardarsi intorno, come in attesa di qualcuno, e improvvisamente, questa sera, la sua ricerca sembra giunga al termine: viene raggiunto da un giovane dal fisico asciutto a cui riserva un sorriso luminoso prima di porgergli una mano. L’altro l’afferra con disinvoltura e gli sfiora le labbra in un bacio, prima di abbracciarlo.
La ragazza, di fronte a quella scena, sgrana gli occhi, sorpresa, e rimane qualche attimo immobile prima che un sospiro più pesante degli altri non fa agitare vorticosamente la mia piccola fiamma.
Finisce d’un sorso la sua bevanda e fissa le venature del tavolo con aria assente prima che il cameriere le si avvicini nuovamente per prendere il bicchiere vuoto e domandarle se vuol ordinare altro o meno.
“Una Corona Extra, per favore!”
Sorride e allunga una mano verso di me, sfiorando i ghirigori che la cera sciolta ha creato per tutta la mia lunghezza. “Alla tua salute!” mormora mandando giù il contenuto del suo bicchiere.