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Autore: Hiraedd    13/09/2012    11 recensioni
-questa guerra ci ucciderà. Magari non tutti, ma la maggior parte-.
Le parole di Marlene lo spingevano quasi a reagire.
Voleva farle capire che loro erano diversi, diversi dagli altri. Non avrebbero fatto la fine del topo, loro. E non dovevano preoccuparsi, loro, perché a diciott’anni ti senti un eroe e non puoi morire. E se hai diciotto anni e stai facendo l’amore, allora sei molto più che un eroe: sei un esercito invincibile che polverizza i nemici solamente con il pensiero.
Ma era stato il tono con cui Marlene aveva continuato a parlare, a spiazzarlo veramente.
-io non voglio essere una che resta. Se deve andare così, voglio essere una che muore. Perché se tu, Lily e James moriste, il dolore mi ucciderebbe. Non riuscirei a vivere, dopo. E io non voglio che il dolore mi uccida-.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Marlene McKinnon, Sirius Black | Coppie: Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Durante l'infanzia di Harry
- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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questa One-shot qui è collegata alle long a capitoli "L'amore ai tempi del caos" e "L'amore ai tempi dell'odio". Precisamente, al capitolo "nella crisalide" dell'Amore ai tempi dell'odio.
Secondo il mio modesto parere, può essere letta anche senza aver letto le altre due, ma come one-shot divisa. Certo, leggendo le altre si ha un quadro più completo, quindi se volete leggerle le trovate sul mio profilo. Detto questo, buona lettura a tutti. 

 
 
 
 
 
 

 

RICORDARE: Dal latino re-cordis, ripassare dalle parti del cuore
(Il libro degli abbracci, Eduardo Galeano)

 

 
 
 
Erano otto anni che stava chiuso in quella cella.
 
Ne era abbastanza sicuro, anche se non poteva proprio dire di saperlo con certezza. Non era un uomo con delle certezze, Sirius Black. Non si sentiva nemmeno più tanto uomo, a dire la verità.
 
Ormai si trovava a due spanne dal confine della pazzia, e ogni giorno ci si avvicinava sempre di più, pericolosamente. Sentiva le loro voci, vedeva i loro volti. E pensava, pensava.
 
Non c’era molto da fare, nel bel mezzo del nulla, senza distinguere il giorno dalla notte ed un respiro da un altro. C’era solo da pensare, da ricordare.
 
Erano i ricordi che lo tenevano a galla, che gli permettevano di sottrarsi alla pazzia: ma in alcuni momenti, di questo era quasi certo, era proprio la voce della sua memoria a trascinarlo, sussurro dopo sussurro, verso la follia latente.
 
Si ricordava il volto di James, quel sorriso sicuro e quei momenti in cui erano come fratelli, e la stoccata di dolore arrivava così improvvisa da mozzargli il fiato. O gli occhi di Lily, e le parole con cui lei era solita ricordargli quanto fosse fortunato James ad averlo, o lui ad avere James. A volte, gli sembrava quasi di sentire di nuovo sui polpastrelli la morbidezza della pelle di Marlene, proprio in quell’angolo tra il seno e il braccio, dove era candida come la neve e si arrossava di nulla a contatto con le sue labbra.
 
Era proprio al sopraggiungere di quei ricordi che sentiva, appena fuori dalla cella, il mantello di un dissennatore svolazzare. Erano attratti dalla felicità, quei bastardi, e quell’ultima che a lui rimaneva si nascondeva proprio là, nel calore degli occhi di Lily e tra le pieghe della pelle di Léne.
 
Arrivavano così, i ricordi, veloci come un refolo di vento a portare una brezza fresca in quel succedersi di niente che ancora si ostinava a chiamare vita.
 
La porta si aprì proprio in quel momento, e dita ossute spinsero dentro quel misero insieme di avanzi che costituiva il suo pasto.
 
Per un attimo, quando il dissennatore alzò la testa su di lui, Sirius si vide riportare alla memoria un ricordo in particolare. Due occhi scuri e densi, ancora torbidi di piacere, e parole che se allora gli avevano fatto male, adesso bruciavano come pugnali piantati nella carne.
 
 

Il ricordo è un consolatore molesto
(Søren Kierkegaard)

 

 
Avevano fatto l’amore, quella notte. Due volte.
 
Era la notte dell’attentato in Chamberlain Square, a Birmingham, una notte che di sereno aveva a malapena il cielo.
 
 Era così, al tempo, si viveva bene la giornata ma con la notte calava la paura.
 
Avevano fatto l’amore una volta nella doccia, lavandosi via dai corpi il segno di quelle macerie, la loro polvere ma, soprattutto, il loro sangue.
 
Era quasi l’alba, un’alba che sapeva di morte in un mondo che sapeva di guerra.
 
Sirius ricordava con molta chiarezza quasi ogni particolare: Marlene che pretendeva il posto in doccia, lei che si sfilava la maglia con quei movimenti eleganti e furiosi, lei che gettava la maglia dove capitava, sbraitando di collera. Poi le parole ciniche, quegli sguardi sprezzanti e quella risata per niente divertita, quando aveva messo in chiaro tutto.
 
Lei sapeva che sarebbe morta in quella guerra.
 
Più tardi, usciti dalla doccia e con ancora in bocca il sapore di parole brusche, avevano ripreso a litigare. Perché andava così, fra loro, ai tempi. Litigavano per qualsiasi cosa e poi, tra le lenzuola, facevano pace tra risatine e gemiti.
 
Avevano fatto l’amore un’altra volta, più lentamente, e Sirius aveva insistito per aprire la finestra e poterla guardare, perché era bellissima e in quei momenti era solo sua. Voleva vederla, e voleva che lei vedesse lui, che capisse.
 
Lei aveva lasciato che le sfilasse l’asciugamano dai capelli lunghi e ancora bagnati, divisi in piccole ciocche stillanti umidità, e poi la biancheria che lei si era appena cambiata, presa dalle poche cose che lasciava in quel cassetto nell’angolo a destra a casa sua, per ogni evenienza.
 
Adorava vederla muoversi senza alcuna vergogna, sentire il proprio corpo contro il suo e ritrovarsi le sue braccia sul petto, la mano elegante stretta poco sopra la spalla, in un ultimo sforzo per non perdere se stessa, o magari in un pallido tentativo di fondersi con lui, per averlo più vicino.
 
Non si sapeva mai nulla con certezza, quando c’era lei di mezzo.
 
Alla fine, semisdraiati su quel letto, erano rimasti a recuperare il fiato perduto, e riprendersi i pensieri e il cattivo umore che come fumo tornavano a invadere la stanza. Con la testa sul suo petto, lei era rimasta ad ascoltare i battiti del cuore di Sirius, che martellava forte da qualche parte sotto il suo orecchio.
 
-non ho cambiato idea, Sir- aveva mormorato alla fine, alzando appena la testa per guardarlo negli occhi.
 
Sirius aveva pensato a come in quegli attimi, Lène, fosse bella. Talmente bella da fare male. Non era bella per il viso, sicuramente avvenente, o i capelli, che avevano iniziato ad asciugarsi in quelle onde strane e pazzesche che assumevano i riflessi della notte. No, ad essere bella era la luce che la ragazza aveva negli occhi.
 
-non ti ho portato a letto per convincerti a venire a vivere con me, Lène- aveva risposto poi, memore della proposta che le aveva fatto e della sentenza negativa che aveva ricevuto –concordi con me nel dire che non sono così squallido, vero?-.
 
La ragazza aveva sorriso, un po’ insonnolita.
 
-non mi riferivo a quello-
 
-ah-.
 
Era stata una semplice constatazione, quella di Sirius. Aveva capito e il discorso continuava a non piacergli. Il problema era il controllo: quando sentiva Marlene parlare cinicamente, non riusciva a controllarsi. Gli veniva voglia di prenderla, di farle male, di fondersi in lei al punto da farle capire che non era vero, non era per forza la fine. Voleva sentirla tra le sue braccia, gemere e ansimare fino a quando quella lenta litania di suoni non fosse diventata l’armonia di sottofondo di una vita splendida.
 
Voleva farle capire cheloro erano diversi, diversi dagli altri. Non avrebbero fatto la fine del topo, loro. E non dovevano preoccuparsi, loro, perché a diciott’anni ti senti un eroe e non puoi morire. E se hai diciotto anni e stai facendo l’amore, allora sei molto più che un eroe: sei un esercito invincibile che polverizza i nemici solamente con il pensiero.
 
Quello che Marlene voleva fargli capire, invece, lui lo capiva solo adesso, in quella cella buia e umida, più di otto anni dopo la sua morte.
 
A diciott’anni ti senti un eroe, ma in realtà sei solo una formica in un mondo molto più grande e molto più cattivo. Anzi, peggio, in un mondo senza scrupoli.
 
Lei glielo aveva detto, a modo suo, davanti a quell’alba di luce e parole sussurrate.
 
Gli aveva detto:
 
-noi moriremo in questa guerra, Sirius. Forse non tutti, ma la maggior parte-.
 
Lui aveva sentito la stessa sensazione di poco più di un’ora prima. E le aveva risposto nello stesso tono.
 
-non dirlo-.
 
La risata, questa volta, era rimasta nell’aria un po’ di più, condiscendente e amorevole come quella di una madre.
 
-non ne ho paura- aveva finito per mormorare, stanca –non ne ho paura. Anzi. Se ci penso, credo che preferirei essere una tra quelli che muoiono, piuttosto che una di quelli che restano. È a chi resta che tocca la parte più dura-.
 
-sei una vigliacca, McKinnon- le aveva risposto lui, un sorriso aspro ad inarcargli le labbra.
 
-si, hai ragione- la voce di Lène aveva un retrogusto sinceramente divertito, quasi allegro –non è colpa mia, dovevo essere a Corvonero. Però è vero, di quello avrei paura- aveva poi detto tornando seria -io non voglio essere una che resta. Se deve andare così, voglio essere una che muore. Perché se tu, Lily e James moriste, il dolore mi ucciderebbe. Non riuscirei a vivere senza di voi, dopo. E io non voglio che il dolore mi uccida-.
 
Erano le parole più sentimentali che gli avesse mai rivolto, fino ad allora. E avevano il sapore di una confessione.
 
Non riuscirei a vivere senza di voi. In quel voi, era incluso anchelui.
 
Si erano addormentati così, abbracciati, e quando si era risvegliato lei era accanto alla finestra, nuda e bagnata dalla luce del giorno pieno. Per lui, quella era stata la felicità, e non si era sentito in colpa nemmeno un attimino al pensiero che quella mattina per lui tanto felice rappresentava invece la fine di ben quarantasette vite, e il dolore di quelli che fino a quel momento le avevano condivise.

 
 
Andavo di fantasia, e di ricordi[…]
                           Un trucco da poveri, ma funziona sempre
(Novecento, un monologo, Alessandro Baricco)

 
 
 
Ora, al buio di quella cella, comprendeva meglio.
 
Aveva quasi ventinove anni e aveva perso tutta la sua bellezza, quella fisica ma, di più, quella sentimentale. Non si sentiva più in grado di amare, e la felicità era per lui qualcosa di astruso, talmente lontano da appartenere ad un altro mondo.
 
Quando il dissennatore tornò di nuovo a chinare la testa, forse avvertendo il dolore implicito nel ricordo, e a ritrarsi oltre la porta e verso il corridoio, Sirius vide sparire quegli occhi scuri che per un solo attimo erano tornati a fargli compagnia.
 
Con un sorriso aspro e venato di spasimo, si alzò per andare a prendere il proprio cibo.
 
Era andato tutto come Marlene aveva pronosticato.
 
Non erano morti tutti, ma la maggior parte. E la parte peggiore, era toccata a chi fra loro era rimasto, impotente, a guardare la sofferenza e a bramare la pace di chi invece se ne andava. Ripensando ai vivi, storse lievemente le labbra.
 
Su una cosa Marlene si era sbagliata, mentre lui, forse, aveva visto più nel giusto.
 
-ti sbagli, McKinnon- mormorò al buio della cella, quasi lei fosse stata ancora lì davanti a quella finestra, una diciottenne nuda e bella, con una vita davanti –a vivere ci si riesce lo stesso; quel bastardo del dolore ti prende in giro fino in fondo, e non ti uccide nemmeno quando lo implori-.
 
 
 
 

Il tempo è molte delle cose che la gente attribuisce a Dio[…]
E se il tempo è in qualche modo affine a Dio,
suppongo che la memoria debba essere il Demonio.
(Nevi Infuocate, Diana Gabaldon)

 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE: 
questa storia è ambientata otto anni e mezzo dopo la morte di Marlene, otto anni dopo la morte di Lily e James. Mi piace, nonostante la tristezza, e quando scrivendo il capitolo dell'amore ai tempi dell'odio mi è venuta in mente questa scena, ho pensato di scriverla a parte, perché può anche essere letta senza tutta la manfrina dell’amore ai tempi del caos e dell’odio.
Ovviamente mi farà piacere sapere cosa ne pensate,
sperando che vi sia piaciuta,
Hir





   
 
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