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Autore: Whiteeyes95j    13/09/2012    2 recensioni
Un Julian totalmente diverso, che non sa niente della sua vera natura, che non sa ancora niente di rune e Mondi diversi. Un Julian che non crede nell'esistenza degli Uomini Ombra. Un Julian che frequenta lo stesso college di un gruppo di amici a noi molto conosciuti. Purtroppo però, primo o poi, ognuno deve fare i conti con la propria natura, le proprie responsabilità e le proprie colpe.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Il meglio di me

CHAPTER 1 - SOLITUDINE

Julian se ne stava seduto in disparte su una panchina vicino alla fermata dell’autobus, l’autobus sarebbe arrivato alle 7:30 e visto che erano solo le 7:00 Julian avrebbe dovuto attendere un altro po’. Non gli dispiaceva però, anzi per lui era ideale, uscire presto per trascorrere meno tempo a casa sua e in questo modo potersi anche sedere sulla sua panchina leggendo il giornale o ripassando qualche argomento per una prossima interrogazione o compito in classe. Era nel mese di novembre, Julian era un ragazzo molto bello e attraente, era alto circa 1,80, quindi davvero molto alto per i suoi sedici anni, aveva i capelli di un biondo quasi bianco, il colore del gelo, della foschia o anche della luna, ma più di tutto i suoi occhi erano meravigliosi, di una tonalità simile al blu elettrico ma ancora più  bello. Insomma aveva l’aspetto del classico principe azzurro che ogni ragazza vorrebbe al suo fianco eppure non aveva mai avuto una ragazza, loro lo tenevano alla larga, tutta la scuola lo temeva. Per la sua famiglia. Lui era un Black. Era risaputo da tutti in quella città che le cinque famiglie Black, Turner, Cole, Briel e Stark erano coinvolte in azioni criminali, avvolte da un’indubbia aria di pericolo e che quindi era meglio stare alla larga da loro. Per questo nessuno voleva avere niente a che fare con lui. Perciò, non aveva amici, non aveva un ragazza e non aveva una vita facile. Però nonostante ciò era un ragazzo estremamente brillante, era sempre stato, sin dai tempi dell’asilo il migliore della classe, il primo ad arrivare in classe, puntuale come un orologio svizzero, anche per quanto riguarda temi e compiti, non andava mai male ne in un’interrogazione o in una verifica e aveva sempre la risposta pronta in ogni domanda, durante le ore di educazione fisica era sempre il più veloce, il più  forte o il più atletico, in fondo in una famiglia come la sua, dove era costretto a difendersi costantemente, queste tre doti non dovevano assolutamente mancare. Infatti ogni volta che aveva tempo libero si allenava con i pesi o correndo. I suoi professori lo ammiravano, si impegnavano a ignorare i lividi o i graffi lungo le sue braccia, cercavano sempre di ostentare un’aria tranquilla anche se senza successo. Tuttavia quella situazione a Julian andava più che bene, non gli era mai importato veramente avere degli amici o una fidanzata, stava meglio solo e senza vincoli. Un giorno se ne sarebbe andato da quella città per sempre, lontano dalla sua famiglia, dove il suo cognome non era altro che un cognome e dove avrebbe potuto vivere veramente. Un soffio di vento li scompigliò leggermente il ciuffo che gli copriva gli occhi e le ciglia folte, era una mattina fredda ma a lui il freddo piaceva. L’autobus arrivò puntualmente alle 7:30 quindi, automaticamente arrivò a scuola alle 8:00. Aveva quindi una buona mezz’ora per passare al suo armadietto e prendere ciò che gli serviva per la prima lezione della mattina, ovvero matematica. Ogni volta che entrava a scuola tutti gli sguardi ricadevano su di lui, come se fosse il sex symbol della scuola e lo sarebbe stato se al posto degli sguardi diffidenti, freddi e in parte disgustati degli altri studenti ci fossero sguardi ricchi di adorazione e malizia. Ma come detto in precedenza lui era un Black e la venerazione non se la poteva proprio permettere. Fortunatamente quasi subito qualcun altro passò dotto i riflettori. Tom Locke e Jenny Thornton. Tom Locke, uno dei ragazzi più belli della scuola, frequentava il terzo anno ed era in classe con lui, alto circa 1:78, un po’ più basso di lui, capelli e occhi scuri, molto popolare e amato dai suoi compagni di classe e di squadra. Jenny Thornton invece era conosciuta come la venere del dio, una ragazza molto carina, dolce e solare, aveva dei meravigliosi occhi verdi come aghi di pino, capelli color ambra liquida e un fisico mozzafiato. Julian aveva avuto una cotta per lei per un po’ ma poi aveva riconosciuto subito la questione sulla proprietà privata, lei era fidanzata e provarci con lei sarebbe stato assai sconveniente e poi tornando sempre al discorso di prima lui era un Black. A seguito della Grande Coppia arrivarono Deirdre dette Dee Eliade, Audrey Myers e Michael Colen, Summer Parker-Pearson e Zach Thornton. Ecco il clan dei ragazzi più popolari, non della scuola ma quasi. Julian sinceramente, a parte Jenny, non aveva mai visto niente di straordinario in loro, Tom a parte un certo talento per lo sport non aveva una grande intelligenza e poi a scuola aveva una media buona ma non eccellente, Deirdre la stessa cosa, muscoli a non finire, pelle olivastra con dei graziosi occhi a mandorla, le gambe lunghe e slanciate e era alta all’incirca 1,77, ma aveva una D in matematica, e una E in filosofia, per non parlare della F in francese. Si diceva anche che non avesse alcuna intenzione di andare al college. Audrey poi la vedeva una ragazza parecchio superficiale, poco interessata alla vita, interessata solo alla shopping e ai bei ragazzi, ma d’altronde poteva permettersi di fantasticare su queste cose a suo dire frivole, era ricca, aveva dei lisci capelli ramati che però teneva sempre legati e gli occhi scuri, pelle chiara ma non troppo e in fin dei conti, dovette ammettere, era davvero una ragazza molto carina. Michael Colen, un ragazzo non molto alto, dagli occhi da spaniel e i capelli scuri, era fidanzato con Audrey anche se si diceva in giro che lei si era messa con lui in attesa di una relazione più soddisfacente, infatti si diceva anche che lei aveva un’idea tutta sua su come doveva essere il suo ragazzo ideale, lei voleva un ragazzo alto 1,80, biondo e che fa surf. Purtroppo Michael Colen era tutto l’opposto, lui era alto circa 1,76, non era molto atletico, in effetti era l’unico voto passabile che aveva, era risaputo da tutti che lui era un secchione, aveva A in tutte la materie eccetto educazione fisica con cui se la cavava con una B- solo grazie alle interrogazioni orali. Julian sapeva anche che era per questo motivo che alle elementari e alle medie era stato deriso da tutti i bulli. Poi c’era Zach Thornton, il cugino di secondo grado di Jenny, la madre di Zach e quella di Jenny erano sorellastre e si diceva in giro che lui avesse avuto per un certo periodo una cotta per lei. Ma nessuno ne era mai stato sicuro al 100%, Zach era un tipo cupo e sempre silenzioso, preferiva la fotografia alle ragazze, era sempre distratto e preferiva stare in un mondo tutto suo. Era difficile con lui capire anche se lui ti sopportasse o meno. Anche il suo aspetto fisico rispecchiava la sua strana personalità, era biondo e con dei freddi e vuoti occhi grigi in cui non avresti mai voluto rifletterti. E in fine c’era Summer Parker-Pearson, lui l’aveva sempre ritenuta molto graziosa, era minuta ma anche magra, la carnagione non troppo chiara e la guance rosa, gli occhi azzurri e i capelli di un biondo chiaro e con i boccoli poi la rendevano una vera bambola di porcellana. Quando sorrideva poi comparivano delle fossette sul suo viso in cui avresti voluto infilare le dita. Non era una ragazza molto sveglia ma la sua solarità e la sua vivacità riuscivano sempre a farla brillare. Tuttavia Julian, nonostante la reputasse graziosa, non aveva mai provato interesse a conoscerla, era una persona troppo allegra per i suoi gusti, era un libro aperto di cui potevi capite tutto e subito. Julian dopo aver lanciato al gruppo una rapida occhiata si voltò verso il suo armadietto e cominciò a deporre i libri. Dietro di lui sentì delle voci:

<< Wow, tra un po’ ci sarà la festa di compleanno per i sedici anni di Tom Locke. La festa è organizzata da Jenny Thornton quindi di sicuro sarà strepitosa, le sue feste sono state sempre straordinarie. >> disse una ragazza alla sua destra

<< Si hai proprio ragione Cathy. Non vedo l’ora >>

Poi ci fu un attimo di silenzio e Julian in cuor suo sperò che se ne fossero andate via ma purtroppo…

<< Secondo te lui verrà invitato ? >> chiese l’altra ragazza e Julian non ci mise molto a capire che stessero parlando di lui

<< Annie, non dire stupidaggini ! Lui è un Black e stiamo parlando del compleanno di Tom Locke non di uno scolaretto qualsiasi. Figuriamoci se verrà invitato, insomma nessuno l’ha fatto fino ad adesso e non credo che la tradizione verrà cambiata tutta a un tratto >>

<< Ma Cathy lui non ha mai fatto niente di sbagliato, insomma è il primo della classe, gli insegnanti lo venerano, vince sempre tutte le competizioni sportive di velocità e di forza e anche di logica. Insomma non mi sembra un criminale >>

<< Non importa Annie. La sua famiglia non piace a nessuno in questa città, fa parte del pentagono delle famiglie criminali e poi adesso è il primo della classe ma chi ci dice in futuro chi o che cosa diventerà ? Meglio tenerlo alla larga dal principio >> disse Cathy con sicurezza

A quel punto Julian non ce la fece più. Chiuse l’armadietto con forza e se ne andò in classe. Cathy e Annie si voltarono verso di lui, la prima con lo sguardo che diceva “se ha sentito non me ne può fregar di meno. Ho detto solo la verità”, la seconda “Mi dispiace tanto per lui”. Julian non aveva mai sopportato le pettegole, sono sempre pronte a sparare giudizi sulla vita degli altri prima di giudicare la propria. A un certo punto l’aria della scuola gli sembrò soffocante, cominciava ad avere caldo. Strano, visto che stava per piovere e che quel giorno indossava solo un paio di jeans, con una maglietta grigia a maniche corte e una felpa blu. Comunque si tolse la felpa per il caldo improvviso lasciando scoperte le bianche braccia muscolose ma anche coperte di lividi e graffi. Girando l’angolo urtò per sbaglio una ragazza. O meglio la ragazza. Jenny Thornton era vicino al suo armadietto in compagnia di Audrey e Summer e stavano parlando della festa di compleanno per Tom Locke. Merda, pensò con ira. Tuttavia si diede un contegno e dopo averle sussurrato un flebile “scusa” continuò a dirigersi verso la classe.

IN CLASSE…

Julian non aveva mai gradito particolarmente la matematica, ritenendola una materia troppo precisa con cui non puoi neanche lavorare di fantasia e spontaneità. Tuttavia le dedicava lo stesso impegno che dedicava alle altre. Oggi era giorno d’interrogazione, poiché lui era già stato interrogato si era preso la libertà di nascondere un pacchetto di Kit-Kat nel borsello per ammazzare un po’ la noia. Anche se a sua detta era inutile celare il cioccolato nel suo borsello, l’aula era ampia abbastanza per quattro file di studenti, lui era alla terza fila vicino al muro alla sua destra, abbastanza lontano per non essere beccato a mangiare dal professore, ma anche se fosse stato beccato i suoi professori in generale non ne avrebbero fatto un problema per i suoi ottimi voti. Ne aveva avuto la prova la prima volta che decise di mangiare del cioccolato il classe. Ovvero il mese scorso…

Stava mangiando del cioccolato in classe, anche quella volta un pacchetto di Kit-Kat, e anche in modo svogliato. La lezione era davvero pesante, Julian ricordava che fosse l’ora di religione e che a malapena riuscisse a tenere gli occhi aperti. Così portò alla bocca un kit-kat e cominciò a mangiarlo quando all’improvviso Catherine (Cathy) Brighton vedendolo mangiare avvertì il professore con la sua voce fastidiosa e acuta. All’istante tutti i suoi compagni si voltarono verso di lui ma fortunatamente fu abbastanza rapido da nascondere nuovamente il pezzo di kit-kat nel suo astuccio.

Il professo con mal celata irritazione disse << Signorina Brighton la prego di non interrompere la lezione per certe frivolezze e la prego di stare attenta. Da quel che ho capito dalla sua affermazione ho intuito che lei non stava seguendo la lezione, bensì che lei fosse girata verso il signor Black che a differenza sua può permettersi di distrarsi per i suoi voti. Con questo non dico che il signor Black è autorizzato distrarsi, sia ben chiaro >>

Inutile descrivere l’espressione compiaciuta e soddisfatta che apparve sul volto di Julian che si accentuò quando Cathy si voltò verso di lui imbronciata e lui per farle dispetto si portò alla bocca un Kit-kat e mangiandolo davanti ai suoi occhi per farle dispetto. Da quel giorno tutti lo lasciarono in pace, almeno durante le lezioni.

Adesso era la stessa identica cosa. Lui stava tranquillamente mangiando i suoi kit-kat cercando comunque di non farsi beccare dal professore. E nel frattempo rifletteva. Guardando i suoi compagni si rendeva conto che per loro la vita era alquanto facile, la loro famiglia li amava, pagava loro le gite, le feste, i libri nuovi, non come lui che doveva accontentarsi dei libri usati, che non andava nemmeno alle gite e che gli unici abiti che poteva permettersi erano i jeans, felpe e maglie comprate al mercato. Non perché la sua “famiglia” fosse povera ma perché gli davano giusto i soldi indispensabili per le piccole spese. Loro gli dicevano sempre “Anche noi siamo partiti da niente, ma vedrai, che arriverà un giorno in cui avrai tutto ciò che desideri, dove tutti ti temeranno e avrai il potere più grande che sia mai esistito”. Julian non aveva mai capito appieno il significato di quella strana affermazione. Era vero che la sua famiglia apparteneva al Pentagono, ma non aveva mai visto droga o soldi illeciti in casa sua. Anzi la sua era una casa davvero particolare. Ogni volta che entrava gli dava l’impressione di entrare in un mondo fantasioso, c’erano giochi ovunque. I suoi preferiti erano “La casa degli orrori”, “L’Inseguimento” e “La caccia al tesoro”. Il primo perché era divertente scoprire le paure degli altri, lo divertiva e o considerava anche il “passo avanti a loro”, “L’inseguimento” anche, di solito riusciva sempre a vincere e poi era piuttosto bravo a scegliere la base, ma il terzo lo amava davvero, era il gioco in cui poteva imbrogliare di più. Prendeva le cose di nascosto e le nascondeva ma, quelle che lui desiderava davvero le prendeva e basta e non le dava più indietro. Il bello era che i suoi parenti più grandi (lui era il più giovane in assoluto) rimanevano soddisfatti, compiaciuti, forse perché credevano che lui sarebbe diventato come loro un giorno. Ma Julian aveva seri dubbi al riguardo. Per quanto gli piacesse vincere, per quanto quella situazione di sottomissione gli stesse sulle scatole lui era consapevole di essere il qualche modo diverso da loro, un qualcosa che lo avrebbe reso più forte o più debole, solo il tempo glielo avrebbe detto.

<< Signor Black, lei sa rispondere a questa domanda ? >> la voce del professore lo ridestò dai suoi pensieri.

Un ultimo lancio di dadi, pensò. Era la sua frase tipica, ogni volta che era arrivato o all’ultima domanda di un interrogazione, all’ultima domanda di un compito, o all’ultima mossa di una partita. Non sapeva perché quella frase gli piacesse tanto. Forse perché era circondato da persone a cui il Gioco piaceva molto. Così si voltò verso il professore e disse << Naturalmente >>

DOPO LA SCUOLA…  

Julian dopo la scuola aveva l’abitudine di fermarsi a un bar a prendere un muffin. Di solito non faceva colazione, anzi mai, e dato che non mangiava mai in mensa con gli altri preferiva fare un piccolo spuntino dopo la scuola per poi tornare a casa a piedi. Gli piaceva camminare soprattutto dopo essere stato seduto dopo molto tempo. L’aria poi era fresca e c’era un leggero vento che gli scompigliava i capelli, in quel momento era davvero rilassato. Arrivò a casa poco più tardi e aveva anche già finito il suo muffin. Non era una coincidenza sul perché si dicesse che la sua famiglia appartenesse a un pentagono. Le cinque case erano state costruite in modo da formare un pentagono in mezzo. Infatti le abitazioni avevano un grande giardino in comune a forma di pentagono. Ancora non capiva cosa la gente trovasse di losco nella sua abitazione, l’esterno era di un colore simile al giallo dorato e le finestre in blu elettrico, la porta era verde e poi sui balconi c’erano vasi di molti fiori. Non aveva di certo un aspetto lugubre e triste. Tuttavia a lui questo non importava, aveva un tetto e un posto in cui vivere e tanto bastava. Prese le chiavi che erano anch’esse strane, l’estremità era a forma di una runa, o almeno così gli avevano detto, una runa che sembrava una U, un toro e si chiamava Uruz e a quanto aveva capito gli antichi credevano che essa potesse squarciare il velo che separava il mondo degli esseri umani dagli altri nove. Ovviamente lui non aveva creduto a quella stupidaggine. Aveva smesso di credere alle storie di fantasmi e lupi mannari da un po’. Aprì la porta di casa e si guardò in torno in cerca di qualcuno, ovviamente i suoi parenti erano andati a trovare i vicini e a casa non c’era nessuno. Entrò nell’atrio chiudendosi la porta alle spalle. L’atrio era abbastanza grande c’era il soggiorno a sinistra, con le pareti gialle con degli strani disegni, le tende rosso arancio, i mobili in legno e una grande libreria. Nel suo soggiorno non c’era il televisore, i suoi parenti avevano un idea tutta loro sulla modernità e quegli “aggeggi elettronici ammazza- cervello” o almeno così dicevano, ma in compenso avevano scaffali pieni di ogni tipo di giochi, a quelli per due, per quattro e per più persone. Ma non solo giochi di società ma anche giochi tipo la corda o pennarelli e disegni. I giochi era l’unica cosa su cui i suoi parenti lo avevano veramente viziato ma anche questo non l’aveva mai capito. Ma non sapeva neanche che lo avrebbe scoperto presto.

 

  
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