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Autore: Venenum    13/09/2012    5 recensioni
SEQUEL di "A forza di essere Vento":
I ricordi di un uomo che sta per liberarsi del suo passato e che attende il piccolo miracolo confidandosi con una sua vecchia amica: la pioggia. Draco Malfoy narrerà a suo figlio, Scorpius, gli errori, le paure, le colpe – non dei padri – e alla fine del viaggio ritroverà l’amore perduto, tra le dita, come un disegno su carta.
Questa storia si è classificata prima al contest "Di Obblighi e Libertà" di Eloise_Hawkins, inoltre è vincitrice del Premio Lacrima.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Hermione Granger, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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A chi mi segue da sempre,

chi non ha mai smesso,

chi è appena arrivato.

A Sonia e Chiara,

perché la famiglia è

quella che si sceglie,

che ci aiuta a risollevarci.

Ad Atopika e Ivana,

perché non passeremo mai di moda.

Ad Alex e Piper,

perché Vento ha resistito

grazie a voi.

Infine,

a mia nipote,

Serena.

 Alla fine di ogni ricordo

 

 

È solo che la mia vita non è così interessante.

Vado al lavoro e poi torno a casa,

non so che dire.

Dovresti leggere il mio diario:

è una raccolta di fogli,

bianchi.

Eternal Sunshine Of The Spotless Mind

 

 

Mare.

Orizzonte.

Draco si trovava nel porto Zàkynthos, in Grecia.

Aveva portato con sé solo bottiglie di vetro e fogli bianchi, che durante il suo viaggio aveva riempito con parole e racconti per suo figlio, Scorpius. Aveva narrato – nero su bianco – le sue colpe, i suoi errori, le sue paure. Tremante, ogni mattina, all’alba, ancora avvolto dalla frescura, si era seduto all’ombra del primo sole e aveva stretto tra le mani la sua penna d’oca, quella di Hogwarts, che non aveva mai gettato via.

Aveva attraversato tutte le strade del mondo, da allora. Ne aveva esplorato i contorni, contemplato le magnificenze, cercato il viso delle persone che aveva perso in ogni specchio o anche solo nelle gocce di pioggia. Ma era da solo e solo sarebbe rimasto, fino a che non avesse conosciuto la libertà interiore, confessandosi.

Scrutò dentro di sé, nell’oscurità in cui non era mai entrato, memore di essere ancora troppo poco maturo per lasciare che i ricordi scivolassero via dalle sue dita, come sabbia, ma il momento era arrivato.

Strinse la penna tra le dita e cominciò a scrivere. Un po’ rabbrividì, come sempre, perché la potenza delle sue parole lo lasciava ansimante.

 

Mi ricordo quando stavi per nascere, Scorpius.

La prima cosa che avresti visto sarebbe stato il viso di una sconosciuta; poi avresti pianto, urlato, senza capire perché ti avessero strappato dal ventre di tua madre. Lei stava aspettando solo te. Da quando avevamo saputo che saresti arrivato, avevo cominciato ad avere paura, di nuovo.

La notte in cui tu sei nato pioveva. Mi trovavo in una strada sconosciuta e sfocata di Londra – sembrava una fotografia, il mio piccolo scorcio del mondo – dove l’unica luce eri tu: ancora non ti avevo nemmeno stretto tra le mie braccia, Scorpius, e già eri tutto ciò che mi sarebbe rimasto, fino all’ultimo giorno della mia vita.

Nell’aria c’era odore di terra, di qualcosa di incredibilmente fresco, anche se potresti trovarlo strano. Ero a Londra – la sua città – ed ero in attesa di ricordi con cui rivestirmi; avevo freddo, Scorpius, non perché fosse Dicembre, ma perché ero solo, in quel viaggio.

Giudicami un codardo, ma non sono riuscito a stare al San Mungo, mentre venivi al mondo. Avevo come la sensazione, quella notte, di essere un intruso, un estraneo tra te e tua madre. Vi legava qualcosa di eterno – il cordone ombelicale – e io, per te, ero un’incognita, ero il padre che ti sarebbe stato imposto: la strada che avresti intrapreso, di malavoglia.

Mi sarebbe piaciuto essere lì, guardarti piangere e aggrapparti all’esistenza, a ogni singolo respiro, pretendendo – urlando – di essere amato. Ma non ce l’ho fatta. Quella notte, avevo bisogno di parlarti di me, così come adesso sento di dover mettere tutto su carta e far sì che il mare inghiotta le mie parole.

Devo.

Questo è tuo padre, Scorpius, un uomo che ha violato, distrutto, che vive di ricordi che non ha, di un passato che non è mai esistito – desideri – e che ormai si trascina lento.

Quella notte, in quella strada, c’era odore di terra.

Quasi il suo effluvio mi entrava dentro e mi pugnalava il cuore. In realtà, mi ricordava una persona che non c’era già più allora e che non ha mai smesso di farmi tremare il cuore: quando cammino, c’è lei, in ogni ombra che vedo.

La sento sempre qui, accanto a me, nelle mie memorie più intime. Non potrò mai liberarmi del suo spettro; non riuscirò mai, davvero, a dirle addio, perché un fantasma è come una banale scia di fumo bianco, qualcosa che si dissolve e riappare, dal nulla, dal vento, dalle ombre spoglie di una luna primaverile.

Ti racconterò di come lei – Hermione – sia stata una Strillettera, per me; di come io l’abbia sentita bruciare tra le dita, di come amarla sia stato fonte di umiliazione e imbarazzo. Ho sempre dimenticato o sbagliato qualcosa, quando si trattava di lei: lei, il mio segreto sul fuoco.  

Vorrei poterti dire che ho scordato come si fa ad amarla e che ho sbagliato a odiarla, ma sono un uomo: un uomo che non ha mai dimenticato e che ha sempre sbagliato. Dei miei errori, Hermione sarà sempre quello più grande, e il più bello.

Ma Hermione è morta, Scorpius.

Mentre ero lì, a farmi avvolgere dalla pioggia – il pianto dei morti – ho capito che, per ogni vita che ci lascia, un’altra giunge, ci abbraccia, ci sommerge con la sua presenza. Da quando ti ho sentito scalciare nel ventre di tua madre, ho compreso che saresti stato il mio artiglio nel mondo, Scorpius, in questo mondo che avanza senza cambi di stagione; avevi già preso il posto ch’era di Hermione, dentro di me: mi stavi costringendo ad amarti senza riserve.

 

Draco si mise una mano in tasca e vi trovò una Cioccorana. Aveva giurato di darla a Scorpius, quando fosse divenuto abbastanza grande da poter capire che esistono diversi tipi di amore e che ognuno è purissimo e incondizionato. Purtroppo, quello era un altro proposito mai realizzato. Erano trascorsi ventidue anni dal parto di Astoria e Draco aveva infranto le promesse fatte a Scorpius ancora prima che lui nascesse.

Mare.

C’era vento, vento che sempre soffiava da nord.

Draco strinse tra le dita la Cioccorana dedicata a Hermione. Recitava: ha contribuito a salvare il Mondo Magico e ha lottato per i diritti degli Elfi Domestici.

Improvvisamente, una lacrima scese sul suo volto. Gli bagnò le labbra d’amaro, un po’ come la vita, un po’ come l’amore cieco che Draco non aveva mai smesso di provare.

Hermione dappertutto.

Alla fine di ogni ricordo.

Hermione per sempre.

 

***

 

Ancora strade sconosciute, sguardi tristi, felici e sereni, persone in movimento, tutte con le loro piccole cicatrici a solcar loro il viso; per le strade erano i passi, la storia, le guerre; per le persone i ricordi, gli amori perduti, i figli mai nati.

La Grecia era un’esplosione di colori, ma anche profumo di sole, di un’estate che non voleva abbandonare quelle terre. Ovunque Draco si fosse girato, avrebbe potuto assistere alla vita vera, ai pescatori che tornavano dal mare, stanchi: con una luce negli occhi che rammentava l’orgoglio. I tratti dei loro volti erano fieri, segnati da piccole rughe che sembravano linee di vita.

Draco era nella Lomvardou, la strada da cui si poteva osservare il Porto. Aveva paura ad attraversare il confine e sedersi lì, quasi in riva, scalzo, coi piedi ad accarezzare le acque cristalline, turchesi. Alcune vecchine, di ritorno dal laiké agorà, lo esaminavano, curiose, stringendo tra le mani buste piene di cibo.

Ti piacerebbe, qui, Scorpius, disse tra sé Draco, contemplando l’infinito e facendosi paralizzare dai rumori frenetici del Porto. C’era così tanta vita, in quel luogo, che lui stesso ne rimaneva estasiato e un po’ impaurito, perché non aveva mai imparato a farsi travolgere da troppe emozioni: solo una alla volta.

Si era sempre trattenuto e ne aveva subito le conseguenze.

Intrappolato in una fotografia, che non invecchia mai.

Come un insetto nell’ambra.

Come se, infine, fosse divenuto un fantasma anche lui; la sua immagine – quella di ogni riflesso, di ogni specchio – adesso, in quel frangente, sembrava riacquisire colore, di fronte al futuro, alle persone che lo avevano salvato con la loro sola esistenza.

Draco camminò un po’. Si lasciò inebriare dalla brezza fresca del mattino, da quella sensazione pungente che dava sulla pelle. Fece ancora qualche passo e poi prese carta e penna dalla tasca dei suoi jeans un po’ sgualciti.

Ormai il giorno era sorto, ma c’era ancora quella traccia di alba a fare da contorno al cielo. Era quello il momento in cui si concedeva di pensare a lei: quando l’orizzonte sembrava solo una brutta riga da cancellare.

 

Qui è diverso dal nostro mondo, Scorpius.

Non è come il posto dove siamo cresciuti noi: anche le persone sono differenti, più gentili, propense ad ascoltarti. Forse perché non hanno sofferto come noi, non hanno rischiato di estinguersi. Mi piacerebbe conoscere la storia di questo luogo. A dirti la verità, mi avrebbe riempito di gioia essere qui con Hermione.

Senza etichette.

Io avrei avuto un nome un po’ strano, quello di una costellazione, e lei il suo solito caratteraccio, quello dei vincenti.

Se potessi vedermi, in questo momento, faticheresti a riconoscermi.

Non mi sto trascurando o lasciando andare. Non sto nemmeno morendo, Scorpius: sto vivendo in ritardo.

Sono molto fortunato, perché sembra quasi che il mio treno sia passato una seconda volta. Ho l’opportunità di salire e di osservare la mia vita da una finestra, senza esserne il protagonista, però mi sembra di avere poco tempo per fare quello che vorrei. Ecco: mi sto per sedere a terra. Qui non è molto sporco e questa è un’azione da Babbani. Dubito che tuo nonno sarebbe fiero di me.

La scorsa volta, in quella bottiglia di vetro, avevo riposto la prima lettera, per te. Ti avevo accennato di Hermione. Forse ti chiederai chi sia questa persona e che cosa abbia fatto per entrare nella mia vita, prepotente, e restarci.

Hai mai avuto un segreto, Scorpius? Qualcosa che non hai mai detto a nessuno, perché ti vergogni, perché quel gesto ti brucia dentro, ti consuma?

Io sì.

(Ho ucciso una persona)

Ho ucciso una persona già morta.

Ho ucciso Hermione.

L’ho scritto, l’ho cancellato.

Credo di averci pianto su. Adesso non si legge bene. L’inchiostro è salato.

(Anche le parole lo sono.)

 

Draco socchiuse gli occhi. Il tempo gli stava scorrendo davanti e non poteva fare nulla per fermarlo. Ormai era solo un puntino bianco in tutto quel chiasso; una voce strozzata nel vento; un’immagine sfocata nella bufera.

Gli altri non potevano udirlo, ma a Draco il suono delle sue lacrime sulla carta e sulla pelle sembrava assordante. Dopo un po’, riprese a scrivere, con le mani che gli tremavano e le dita malferme, come la sua anima.

 

Tua nonna, Narcissa, che tu non hai conosciuto perché è volata via troppo presto,

(come una piuma al vento)

mi aveva insegnato che devi essere sempre te stesso e mai qualcuno fatto su misura per gli altri. Non sei un vestito: sei un essere umano. Una notte, mentre stringevo i denti e avevo l’impressione che mi si stesse spezzando il cuore, mi disse: volta le spalle a chi vuole importi una maschera. Di’: non mi servi, nella mia esistenza c’è spazio per chi mi accetta così, anche se ho un difetto di fabbricazione.

Il mio era amare troppo, anche se non lo sapeva ancora nessuno.

Sai, avevo paura che tu un giorno mi chiedessi: “com’è stata la tua vita, papà?”

Quella domanda non è mai arrivata. Ne sono sollevato, perché sarebbe stato difficile risponderti. Come fai a dire a tuo figlio che la tua esistenza non è stata altro che una storia sbagliata?

Tuttavia, dopo la Seconda Guerra Magica e la morte di Hermione, ho deciso di cercare la radice del problema, ma non ho mai avuto successo. Forse è il modo in cui sono cresciuto che mi ha condizionato, ma non sempre è colpa dei genitori o dell’ambiente. Non credo nel destino, anche se è un bell’insegnamento: mi ricorda troppo Divinazione, una materia che a scuola odiavo. Ecco, quella gente non mi piace. Ha bisogno di credere in qualcosa, non sempre Dio. Io invece sono più il tipo che beve finché la bottiglia non è vuota, finché i brividi non finiscono, per farti capire che ho imparato a rischiare, a spezzare l’equilibrio della mia stabilità.

Come vedi, Scorpius, le strade sono l’incognita della vita.

Io, nelle mie, ho sempre incontrato Hermione.

(Alla fine di ogni ricordo)

Oggi è mercoledì.

Prenditi cura di tua madre.

(Sorridi anche per me)

 

Draco ripose la penna sul marciapiede. Era dunque arrivata l’ora di sbarazzarsi delle cose vecchie? Di tutti quegli oggetti che lo legavano, ancora e inesorabilmente, al suo passato, a Hogwarts, a Hermione?

Si alzò per scendere uno scalino e si fermò a osservare il mare. Era calmo, quasi spettrale, nonostante ormai il sole fosse sorto e avesse illuminato coi suoi raggi le acque quasi ferme. Era lui a sentirsi in un’altra dimensione, come se non facesse parte del mondo.

Camminò fino all’orlo della costa, con le mani in tasca, e un sorriso rassegnato sulle labbra. I capelli biondi, striati di qualche filo bianco in alcuni punti, gli ricadevano sul viso, leggiadri, quasi fossero spighe di grano al vento. Gli occhi, invece, erano velati di lacrime salate: così sbiaditi, cinerini, bui.

Rimase in silenzio, senza un solo pensiero a ingombrargli la mente. Restò lì, a contemplare quell’infinito che sapeva di lei. Draco era libero, in quel momento, come avrebbe potuto esserlo un uomo condannato all’ergastolo in una prigione fatta di specchi.

Sempre ad accusare i propri occhi.

 (Da quello che ci vedeva dentro.)

Poi, seguendo il suo istinto, tastò le acque, con le sue dita tremanti, e ne odorò l’effluvio salmastro: quasi si sentì morire.

Ebbe la sensazione di essere avvolto dal Tranello del Diavolo; di essere stritolato dalle memorie.

Immobile.

Impassibile.

Impenetrabile.

Perché Hermione, per lui, era come il richiamo del mare. Il suo ricordo era una conchiglia da avvicinare all’orecchio – per udirne ancora la voce – e al naso, per inspirarne ancora l’odore. Fu solo un attimo: Draco si sedette all’ombra di uno scoglio gelido e ricoperto di alghe. Rimase lì, a fissare l’orizzonte e a contare le onde, che si infrangevano, sorde, sul bagnasciuga; in solitudine, osservò lo spettacolo, quieto, che era stata la sua vita senza Hermione.

Senza il mare.

 

***

 

Draco era in una strada boscosa.

Tu, straniero! Zàkynthos è il fiore di Levante. Non hai mai letto quello che affermavano i poeti sulla nostra isola?

In effetti, Draco l’aveva trovata molto verdeggiante; oltre a recarsi al mare, si era rifugiato nelle viuzze sconosciute che conducevano ai paesini, dove le moderne infrastrutture erano giudicate come delle Americanate.

Da quando era lì, Draco aveva imparato molti termini Babbani. Nonostante l’assurdità della situazione, non gli aveva dato fastidio mescolarsi alla gente del posto, perché in quel modo aveva avuto l’opportunità di svestirsi, ch’era l’obiettivo del suo viaggio.

Voleva essere qualcun altro.

Voleva dimostrare a se stesso di poter convivere con le maschere, perlomeno solo con quelle bellissime, che lo avrebbero aiutato a crescere, a raggiungere quel livello di maturità di cui era provvista Hermione.

Quel viaggio lo aveva premeditato a vent’anni. Solo venticinque anni dopo, Draco aveva trovato il coraggio di affrontarlo. Come un umano – diverso dal modo in cui si era sempre visto – lontano dalla magia, dagli ideali, dai pregiudizi, dagli stereotipi.

Respirava di nuovo.

Ormai, a quell’ora, al calare del sole, Draco aveva il suo solito Diples in mano. Se lo gustava, immobile, mentre era seduto su un tronco o sul primo marciapiede che trovava sulla sua strada. Spesso, lo aveva mangiato davanti al mare, ma quel giorno era diverso. Era venerdì.

E lui odiava il venerdì.

 

“È morta la signorina Granger, padrone. È morta per il suo coraggio. È morta per difendere i più deboli. Oh, povera signorina Granger. Come faremo tutti senza di lei?”

Sorridi, Draco.

Oggi la vita ha bisogno di una delle tue maschere.

 

Draco si pulì il mento e le labbra con un fazzoletto bianco. Poi lo strinse, aggrappandosi a qualcosa di invisibile, mentre tratteneva il respiro e un groppo in gola gli impediva di mandare giù l’ultimo boccone.

Gettò via la pezzuola, lontano da sé, come qualcosa di sudicio da non poter più tenere in mano. Avrebbe voluto piangere, forse, perché sapeva di avere, da qualche parte, dentro di sé, quelle lacrime, quello che non era mai uscito, che era rimasto intrappolato in lui.

Frasi, foto, passato.

Infine si sentì un po’ meglio: il suo respiro era tornato regolare, ma gli occhi no e neppure l’anima. Aveva il corpo indolenzito, come quella notte. La notte in cui aveva riportato in vita Hermione.

Il suo segreto sul fuoco.

 

Oggi, Scorpius, voglio scriverti di tua madre.

Tua nonna mi aveva detto: quando si ama, ci si accontenta sempre un po’.

Aveva ragione: Astoria non mi ha mai chiesto nulla. È sempre rimasta vicina al mio cuore, ma non è mai riuscita a entrarci, nemmeno in punta di piedi, con quel suo sorriso grazioso e i suoi occhi dolcissimi, che infondono sicurezza e amore. Ho avuto come l’impressione che lei volesse sussurrarmi, prima di fare l’amore, potresti imparare ad amarmi di più?

Non l’ha mai fatto.

Solo molto tempo dopo mi sono reso conto che io e tua madre camminavamo su una ferita aperta: dovevamo stare attenti a dove posavamo le parole.

Il nome di Hermione non era mai stato tanto assordante, forte. Il mio amore per lei non si era mai sopito: era rimasto da qualche parte, dentro di me, in attesa, a graffiarmi – a solleticarmi – come ha fatto la pioggia la notte in cui sei nato.

È stato allora che ho ripensato a Hermione, dopo che l’avevo riposta in un cassetto. Non ci entrava, Scorpius: era troppo grande. Erano immensi i momenti che mi legavano a lei: pochi, ma intensi, quasi eterni, come il sapore del nostro amore, che non se ne andrà mai dal mio palato.

In quell’attimo, mi sono ricordato di quando Hermione – quella notte, quando avevo trovato il coraggio di farla diventare un fantasma – mi aveva detto “forse la pioggia non è altro che il pianto dei morti”. Prima della tua nascita, ho provato la sensazione di non essere solo. Ero con chi non c’era più.

(Con i loro ricordi)

Poi una in particolare mi ha bagnato le labbra, all’improvviso.

Era di Hermione.

Che sarebbe sempre stata come un disegno su carta.

Scusa se ho esagerato con le parole, ma, come vedi, per me è difficile percorrere un solo binario. Dentro di me i momenti si affollano e quasi temo di finire l’inchiostro e la pergamena. Di smarrire il tempo.

In passato, ho visto molte volte Astoria imbarazzata con le guance rosse e le labbra secche.

Alcune persone, come tua madre, non si aspettano niente, Scorpius. Decidono di avere un giorno un po’ meno schifoso degli altri, perché se non si aspetta niente, si finisce col morire. Astoria mi aveva confessato di aver scelto il mercoledì per sorridere a ogni ora; serena e paziente, ogni settimana,  diventava più fremente, come dipendente da quel vizio, che oramai era diventato una catena di morte.

L’hai sempre vista felice, il mercoledì, Scorpius, e un giorno tu lei hai chiesto se, prima o poi, avresti potuto provare la stessa serenità. Anch’io l’ho fatto, ma non ho mai ricevuto la risposta, fino al giorno in cui sei venuto al mondo: quando sei nato, ho avvertito, di nuovo, la fiammella della vita, nelle mie viscere, nelle mie ossa, sulla mia lingua. Quel fuoco che mi aveva abbandonato dopo la morte di Hermione e dei miei genitori.

Vedi, Scorpius, un giorno tu mi hai detto: “Non sono mai stato innamorato. Ho un sacco di amore, in attesa, insoluto.”

Ho sempre creduto che a me fosse proibito il sogno d’un amore, perché, per colpa o per destino, le donne le ho perdute. È stato solo con Hermione che ho scoperto che l’ingrediente essenziale per far funzionare un rapporto era battersi, sempre, fino all’ultima goccia di sangue e di sudore. Ho sfidato Voldemort – non avrei mai permesso che uccidesse i miei genitori – e ho tentato di spezzare un atomo e di rinnegare un pregiudizio.

Avrei voluto parlarti solo di tua madre.

Invece ho finito col saturarti la memoria con troppe cose da ricordare.

Perdonami.

 

Draco smise di scrivere. Aveva chiesto al conducente di una macchina di fermarsi. Lui lo aveva guardato storto, un po’ infastidito da quella richiesta.

“Sì, signore?”

“Scusi il disturbo, ma mi servirebbero le indicazioni per il Golfo di Laganas…”

“Conosco, signore. Deve tornare indietro, per il Porto. Da lì noleggi una barca. Ci si può arrivare solo via mare.”

“Grazie.”

Draco gli fece un cenno e la macchina ripartì. Avrebbe voluto utilizzare la Smaterializzazione, ma aveva come la sensazione di essere vincolato alla sua promessa, al suo patto. Il suo intento era quello di arrivare alla fine del viaggio e di stare bene con se stesso; di liberarsi dell’eccesso, dell’inchiostro che aveva ricoperto la sua anima e non un pezzo di carta.

Ripose la lettera nel taschino dei suoi jeans e pensò che l’avrebbe gettata in pasto al mare, il giorno dopo, davanti a uno degli spettacoli più belli che il mondo avesse da offrire. Lì, dove c’era bellezza ovunque.

Per un attimo, pensò che gli dovesse essere proibito contaminare tanta magnificenza. Che a quelli come lui fosse dovuto solo il brutto della vita, delle cose, persino dei respiri. C’era stata una signora, giù al Paese, che gli aveva detto: “tutti pensiamo di essere buoni, ma poi uccidiamo le mosche”.

Lei lo aveva inquadrato subito, perché tra ribelli e schiavi ci si riconosce.

“Sì, quella gente che si mette in catene da sola. In realtà sono dei sadici. Pensano che, purificandosi, il passato finisca. Anche tu devi vomitare te stesso. E il tuo segreto continuerà a bruciare. Finirai risucchiato da ciò che hai vissuto, se non cominci a capire che puoi essere libero. Basta fare una cosa…”

Stava tornando indietro per inventarsi un addio.

Doveva semplicemente scegliere una strada, senza avere paura che questa continuasse.

 

***

 

Draco avrebbe descritto quel luogo, a suo figlio, come un’insenatura a mezzaluna, ricoperta da una fitta vegetazione; la sabbia era di una tenue gradazione di ocra e le acque così terse da sembrare quasi trasparenti. Quando ci si era tuffato, aveva avvertito la corrente sotto i suoi piedi. Ne era deliziato e aveva deciso di gustarsi quel momento immergendosi fino a fondo, per osservare meglio l’immensità che si stagliava davanti a lui.

Colse ogni sfumatura possibile; quasi pensò di non essere più umano.

Addio, Hermione, passato, fantasmi.

Addio a quelle catene che mi stringono i polsi, dilaniandomi. A quelle scie di un sole apparente, velato da nuvole che sempre portano piovaschi fastidiosi. A quei mezzi sorrisi che nascondono solo la voglia di urlare e piangere. A te, Hermione. Che piovi sempre su di me.

Lo mormorò sott’acqua, udendo quelle parole solo nella sua testa. Non aveva più voce e non voleva riaverla. Avrebbe voluto stare per sempre lì, a farsi cullare dall’infinito, da un tempo che non tocca l’uomo.

Quando tornò in superficie, si rese conto che aveva sbagliato a bramare l’eternità, di nuovo, di essere intrappolato in una fotografia. Questo perché, a volte, Draco non sapeva nemmeno scegliere una strada. Ne percorreva una e si fermava a fare paragoni con quello ch’era stato e in ogni viso che incontrava ritrovava Hermione.

Solo di rado, quando riusciva a vedere, sapeva cogliere la totalità tra cielo e terra. Un abbraccio naturale, in un incontro casuale.

Carta, penna e un arrivederci a fargli compagnia.

 

Voglio raccontarti di quella volta in cui mi sono ubriacato.

Pioveva – sì, piove sempre, nella mia vita – e io ero a un passo dal baratro. Dopo la morte di Hermione, si spense anche mia madre e lentamente fui partecipe all’addio doloroso e violento di mio padre. Ero rimasto meno che solo. Se c’è mai stata una volta in cui ho dubitato del mio futuro, è stata sicuramente quella.

Mi aggiravo nel Manor, con un bicchiere di Fire Whiskey tra le dita, aspettando qualcosa che non sarebbe mai giunto.

Ripensavo all’eternità, a quello che mi era stato strappato. La vita ha molte cose da offrirti, Scorpius: sta a te decidere se approfondirle o lasciare che macerino sotto il peso delle tue accuse, della tua indecisione. Non arrenderti mai, nemmeno quando il destino sembra prendersi cura di te in modo speciale, e ti ritrovi davanti a nuovi ostacoli, barriere. Ricordati che il mare riesce sempre a superare lo scoglio, prima o poi, con una piccola spinta.

Hermione è stata questo per me; ho il dubbio, insinuante e desolante, di non esserlo mai stato per te. Ho assistito ai tuoi primi passi, alla prima volta in cui caduto, ma tu hai pianto in un modo diverso dal mio. Nelle tue lacrime non c’erano ancora i volti delle persone che ti mancavano di più. Erano pure e ignare del mondo.

Hai continuato a esserlo, puro e ignaro.

(Sono fiero di te)

Perdonami, di nuovo, se ho cambiato discorso.

Verso l’alba, quando ormai avevo capito che mai sarei riuscito ad addormentarmi, ho deciso di guardarmi allo specchio.

Potrà sembrarti strano, Scorpius, ma ho visto tutta la mia famiglia e Hermione sorridermi, come fossero un disegno su carta. Apparivano orgogliosi di me e un po’ rassegnati.

Avevo l’impressione che fossero il mosaico della mia vita, maschere falsate dai miei desideri. Ero affamato di sentimenti e di ricordi; in quell’attimo, avrei fatto di tutto per stordirmi ancora, per subire altre allucinazioni e vivere di illusioni.

È stato come se la terra avesse ripreso a tremare, di nuovo, e il mondo avesse ricominciato a girare un po’ più velocemente, come mi aveva promesso Hermione.

Credo di aver adorato l’alcool, quella notte, perché mi aveva mostrato tutto ciò che stava dormendo in me. Batteri, tarli, impiantati da qualche parte, tra il cuore e l’anima. In attesa di essere osservati a occhio nudo. Ho avvertito tutto il dolore del mondo, mi sono sentito come il Vaso di Pandora. Erano tutti dentro di me – tutti quelli che avevo ferito, deluso, ucciso con le parole, con gli addii, che avevo tenuto stretti a me anche solo per un attimo.

Ricordavo tutto e speravo di dimenticare.

Ho vomitato circostanze, momenti, odio, amore, rabbia, rancore, rimorsi, successi. Mi sono svuotato: ero pronto per un nuovo inizio, perché quella di prima aveva le parvenze di una vita, costellata dalla ricerca estenuante della felicità, di un momento intrappolato in una fotografia.

Quando ho smesso di liberarmi di tutti i miei demoni e degli spettri, ho alzato gli occhi e nello specchio c’era ancora Hermione.

Avrei voluto dirle: tu sei come una Strillettera per me, (mi bruci tra le dita, ma non sei tu a consumarti) divento cenere al posto tuo. Carta e lacrime.

 

Quando ebbe finito, tornò in strada. Camminò sotto il sole ardente della Grecia, mentre il sudore gli imperlava la fronte. Aveva una borsa a tracolla e pochi soldi in tasca. Osservò le colline, si fermò a contemplare la bellezza dell’infinito. Gli piaceva passeggiare ai bordi, quasi in bilico, come un rischio; l’ebbrezza di fare parte del mondo, ormai, gli aveva saturato l’anima.

 

***

 

Un sospiro.

L’inchiostro stava terminando. La sua scrittura era ormai del tutto illeggibile, ma doveva finire di narrare i suoi segreti. L’ultimo, quello sul fuoco, ormai era diventato troppo scomodo persino per il suo stomaco. Di notte, gli tornava sempre in mente, asfissiante, e lo destava dal sonno, che ormai era libero dagli incubi.

Presto lo sarebbe stata anche la sua esistenza. In modo diverso, certo – sempre macchiata – ma più consapevole di averci provato, a scrostare la patina rugginosa dei suoi errori.

 

Siamo alla fine, Scorpius.

Sono giunto in quello che dovrebbe essere l’inizio di una nuova vita. Come mi sento? Non lo so. A volte, ho provato a immaginare come sarebbe stato questo giorno, che per me è importante. Nelle mie scorse lettere, ho scritto che ti avrei confessato il mio segreto.

Da dove devo iniziare? Forse dal fatto che tutti fingiamo, Scorpius, in un modo o nell’altro. È un po’ come il giorno felice e sereno di tua madre. Astoria recita, ma lo fa talmente bene da farti dimenticare che è una farsa, una carnevalata, che sulla pelle del suo viso ci sono quintali di trucco, che pesano, come errori, come accuse.

Hermione è morta giovane, con pochi rimpianti, perché lei sapeva vivere e ridere della vita; voleva salvarmi, evitare che io diventassi un’anima dannata. Non ha mai avuto bisogno di simulare l’allegria; io sì, invece - come tua madre, del resto - per questo sono povero, un miserabile nell’animo.

Mi mancava così pazzamente, all’inizio, che ho fatto di tutto per rivederla.

L’ho riportata in vita, utilizzando la Pietra della Resurrezione e ignorando le leggi della natura e della morte stessa. Ho dissacrato il suo ricordo, forse anche il suo corpo. Sono stato un folle e, per un po’ di tempo, la linea della pazzia mi ha accecato, devastato.

Mentre aspettavo che arrivasse, ero immobile, impassibile, impenetrabile, e saggiavo emozioni sempre nuove e diverse; sembravo un pezzente, con gli stracci che mi coprivano appena la pelle, le ferite che me la squarciavano: avevo già visto così tanto sangue, Scorpius, durante la Battaglia di Hogwarts, ma era crudele perdere il mio, perché l’ho sempre reputato prezioso.

Spero che tua madre ti abbia insegnato – perché io non sono mai stato un buon insegnante, Scorpius, solo teoria e mai pratica – che un Mago deve meritare la Bacchetta Magica non per il suo sangue, ma perché è in gamba, per i suoi progressi e i suoi obiettivi e anche per i suoi sogni.

Perché io, tuo padre, ho dubitato di me, dopo quella notte in riva al risonante mare: ho dubitato di meritare la magia che scorre nelle mie vene. Avrei dovuto spezzare la mia Bacchetta Magica, ma non ce l’ho fatta. C’è ancora, Scorpius, quella traccia di codardo, in me: ho sempre avuto paura delle conseguenze, e per questo ho sempre incolpato gli altri e mai i miei errori.

Quando l’ho vista, quella notte, pensai che Hermione fosse bella e che fosse vento, in ogni mio organo, vento capace di fare tremare la terra sotto ai miei piedi.

Ricordo ancora i graffi di quella notte – Hermione sarà sempre la mia seconda pelle, il mio vestito più bello, e quando mi abbraccerai, la sentirai un po’ parte di te – e il silenzio, ch’era come un sassolino nella scarpa per entrambi. Mi è rimasto qualcosa tra le dita, Scorpius, e non un ricordo: ci sono così tanti segreti nelle linee del palmo delle mie mani che adesso mi paiono piccole cicatrici.

Spero che tu sarai un uomo migliore di me; che riuscirai a perdonare, a non cadere nella trappola che è un’idea, una convinzione che poi diventa ossessione. Sarò sempre lì, a stringerti la mano, a ricordarti che non abbiamo condiviso il cordone ombelicale, ma che ti ho desiderato tanto quanto tua madre: voglio costruire un nuovo futuro, con te, una nuova vita. Magari iniziare un viaggio insieme e finirlo in solitudine, ognuno con i suoi stracci addosso.

Quando tornerò a casa, ti stringerò tra le mie dita una seconda volta – come quando eri venuto al mondo – e ritroverò l’amore, quello che avevo creduto perso, dimenticato, cristallizzato nella fotografia di Hermione e dei miei genitori, nel mosaico che avevo visto quella notte.

Grazie a te – che mi hai salvato, quando ero soltanto un marinaio in balia di un naufragio, silenzioso ascoltatore dei miei segreti e rumoroso spettatore della mia vita – forse riuscirò a riavere il sole, laddove ormai c’erano solo spettri e nebulose.

(Hermione dappertutto)

Alla fine di ogni ricordo

(Hermione per sempre)

Ti lascio con lo stralcio di una lettera che ti scrissi poco dopo la tua nascita.

In fede,

 

tuo padre.

 

Quando ti stringo tra le mie braccia, Scorpius, sembriamo racchiusi in una bolla di fuoco iridescente. Ci guardiamo e tu mi sorridi, complice. Forse mi hai ascoltato davvero, prima, mentre camminavo nel mio universo in bianco e nero, mentre provavo a ricordare come fossero i colori: e li vedo davvero, guardando te, e quasi ne posso assaporare ogni sfumatura. Sei così piccolo e così vivo che quasi mi fa male il cuore: mi ferisci gli occhi.

Ti avvicino al mio petto, lì, dove c’è anche Hermione. Dove c’è il ricordo di tutti quelli che non se ne sono mai andati, compresa tua madre, che mi guarda, felice, spettatrice silenziosa del mio infinito amore per te.

Entrambi pensiamo: la tua vita, Scorpius, non avrà mai bisogno di maschere.

E questa è la promessa di due genitori.

 

***

 

Remedios en todos partes

y

Remedios para siempre

Cent’anni di Solitudine

 

Draco stava scavando. Attorno al suo passato si era formata una piccola crosta; dopo venticinque anni, non si era ancora rimarginata. Draco avrebbe dovuto toglierla, tirarla via, e il dolore sarebbe stato immane e insopportabile.

Via.

Posò la mano sul suo cuore.

Toglierla.

 

Questa sarà la lettera più breve, Scorpius.

Forse perché ho compreso. Come alla fine di ogni viaggio, di ogni avventura, si arriva a un finale. Cala il sipario; l’orizzonte che si tinge di nero, di un cielo blu pieno di stelle, è proprio la fine che ho sempre sperato.

Ho fatto sì che Hermione morisse due volte.

Lei era troppo giovane per morire.

Volevo riportarla in vita, stare con lei, dirle finalmente ciò che avevo sempre provato. Il problema è che, in ogni mio singolo giorno, mi sono chiesto se ho fatto bene a evocarla, quella notte, usando la Pietra della Resurrezione.

La risposta è arrivata tardi. Solo oggi.

Il mio è stato un gesto egoista e, come tale, è servito a farmi stare bene. A farmi andare avanti. Con il rimorso, certo, di non avere fatto abbastanza.

Ma i treni passano di nuovo per un motivo, Scorpius.

Per darci la possibilità di redimerci. Di perdonare e di essere perdonati.

 

Una colpa, un errore.

La sua paura.

 

Con gli anni, ho imparato a convivere con ognuna delle mie cicatrici. Davanti al mare, Scorpius – che nel frattempo mi ha saturato la memoria con troppe cose da ricordare – ho ripetuto la mia promessa:

Hermione dappertutto.

(Alla fine di ogni ricordo.)

Hermione per sempre.

È stata tua madre a ridarmi la forza. È appena arrivato un suo messaggio, con il tuo gufo. Immagino che tu sia tornato dal tirocinio al San Mungo.

Non voglio più perdermi un solo istante della vostra – la nostra – vita insieme. Saremo una famiglia. Forse un po’ strana, difficile, ognuno coi propri sofismi, con il proprio giorno in cui essere felice.

E, magari, arriverà davvero, quel giorno, in cui non fingeremo. Ci guarderemo negli occhi e scopriremo nuove sfumature; nelle labbra avremo nuove parole. In fondo, dentro di noi, siamo nati per sopravvivere.

E sopravviveremo a questa tempesta, Scorpius, facendo scorta di pane e di respiri e di ricordi.

Sono quelli che ci salvano.

(E l’amore.)

 

Draco prese la lettera che conteneva il messaggio di Astoria. La carta era un po’ bagnata. Si chiese se fossero lacrime o pioggia. In ogni caso, era qualcosa da non perdere.

Qualcosa di prezioso.

Lo strinse tra le mani, respirando forse per la prima volta, dopo la morte di Hermione. Forse fu il destino, ma c’era odore di terra.

Terra che trema,

che mai s’assesta.

Lesse.

 

Draco,

promesse.

Astoria

(Oggi è mercoledì)

 

Agguantò entrambi i fogli, li imbucò in una bottiglia e li gettò nel mare.

Sorrise, immaginando di aver perduto un segreto. Dopotutto, da quel giorno, l’orizzonte non sarebbe più stato come una brutta riga da cancellare.

 

 

Forse io sono un’innata ottimista

ma penso che ci sia sempre

qualcuno che ci salva.

Rita Levi Montalcini

 

Prima classificata

Alla fine di ogni ricordo, di Venenum91

Vincitrice del Premio Lacrima

 

Grammatica, ortografia e punteggiatura: 9,85/10

 

Cioccorada (-0,05)

 

Si lasciò inebriare dalla brezza fresca del mattino, di quella sensazione pungente che dava sulla pelle (-0,05)

da quella sensazione                                                                       

 

alla prima volta in cui sei caduto (-0,05)

 

, qui non ho nulla da dirti, sei stata bravissima. Ti sei lasciata sfuggire solo qualche piccolissimo errore da nulla.

 

Stile e lessico: 10/10

 

Sono stata indecisa fino all’ultimo se assegnarti come premio speciale il premio Stile o il Premio Lacrima; alla fine ho optato per il secondo perché, in fondo, li conteneva tutti e due. Hai un lessico molto accurato, ricchissimo, vario in ogni sua parte, che si sa adattare alla perfezione ad ogni fase del racconto. Sei in grado di utilizzare i termini giusti al momento giusto, hai una varietà lessicale davvero invidiabile.

E scrivi divinamente. Non si tratta solo di mettere in fila qualche parola, di trovare armonia tra le frasi, di scrivere periodi più o meno lunghi o più o meno articolati. Parlo del sentimento che traspare da ogni tua parola, da ogni tua frase, da tutta la tua storia. Parlo del tuo modo di rendere qualsiasi parola una magia, della tua capacità di trasformare la storia in lacrime, in emozioni, in battiti del cuore. Questa storia mi ha fatto venire un groppo in gola, e sono sincera quando dico che ho persino versato qualche lacrima. È quando ti rendi conto che, una volta finita la storia, ti senti vuota, che capisci quanto quella storia ti è rimasta dentro. A questo effetto concorre senza dubbio la trama articolata e originale ma anche, e soprattutto, il modo in cui sei riuscita a scrivere questa storia. C’è sentimento in ogni tua parola, un sentimento intenso e profondo.

 

Caratterizzazione dei personaggi: 8,5/10

 

Inizialmente ho trovato il tuo Draco troppo distante dall’originale: troppo malinconico, troppo sentimentale. Ma andando avanti nella lettura mi sono resa conto che era un modo di fare pienamente giustificato: il tuo è un Draco maturo, adulto, che ha dovuto compiere le sue scelte, ha avuto la sua dose di dolori. Non può essere uguale a quello della Rowling, non deve esserlo. L’hai tratteggiato superbamente, in ogni sua sfaccettatura. Ho provato tantissima empatia, sei riuscita a farmi entrare dentro la storia e dentro il personaggio. Probabilmente il personaggio è un po’ OOC, ma è un OOC giustificato e comunque piacevole.

Non ti ho assegnato il punteggio pieno perché la storia doveva essere incentrata su Draco e Hermione. La presenza di Hermione è vivida, si sente, si avverte, ma la sua caratterizzazione non lo è altrettanto. Di tanto in tanto salta fuori qualcosa, quella Hermione così forte e dinamica che noi abbiamo conosciuto. Mi rendo conto che per esigenze di trama non potevi inserirla, ma purtroppo ho dovuto considerare anche questo aspetto.

 

Utilizzo dei pacchetti: 13,75/15 (Così suddivisi: 5 punti per ogni pacchetto. Pacchetti prompt: 2,5 punti per ogni prompt inserito; Pacchetti oggetti: 1,25 punti per ogni oggetto inserito)

 

Pacchetti personaggi: Draco è senza dubbio il personaggio principale di questa storia. La storia doveva essere incentrata sul pairing Draco/Hermione e, anche se la tua non è una trama tradizionale, sei riuscita a rendere protagonista la coppia pur senza farla mai comparire insieme. Mi domando ancora come tu ci sia riuscita. Hermione era presente nella storia, anche se non lo era davvero. (+5)

 

Pacchetti prompt: I prompt sono entrambi presenti, a fasi alterne e in modo ben bilanciato. Le lacrime percorrono tutta la storia, così come la carta è il mezzo attraverso il quale Draco vomita la sua anima e confessa il suo segreto al figlio. (+5)

 

Pacchetti oggetti:

- Torta (+0)

- Specchio (+1,25)

- Strillettera (+1,20)

- Bacchetta magica (+1,25)

Non ti sei solo limitata a citarli ma li hai fatti diventare fondamentali, quasi fossero dei veri e propri prompt. Il punteggio mancante alla Strillettera è dovuto al fatto che gli oggetti andavano usati fisicamente, e non in senso figurato.

Peccato per la torta, sarebbe bastata citarla di sfuggita per ottenere il punteggio pieno.

 

Originalità: 5/5

 

Non si può certo dire che la tua sia una storia comune. A partire dall’ambientazione, per continuare con la caratterizzazione minuziosa del personaggio principale, per finire con la trama in sé, che di banale e scontato non ha proprio nulla, la tua fanfiction è una perla rara. Hai sviluppato in modo innovativo ogni aspetto di questa storia, e sei riuscita a imprimere forza e intensità ad ogni parola.

 

Punti bonus (elementi facoltativi inseriti): 2/2

 

La strada era presente in ogni momento fondamentale di questa storia (+1)

La citazione, anche se non parte integrante nel testo, è visibile. È come se essa stessa fosse un prompt a sé stante: la storia è la frase (+1)

 

Gradimento personale: 4,8/5

 

Non è una storia comune, e penso che tu abbia capito che ho adorato la tua storia in ogni sua parte. Tuttavia l’ho trovata, talvolta, un po’ difficile da seguire: alcune parti erano un po’ lente, difficili da seguire. Probabilmente la “colpa” è da imputare al genere: c’è tanta malinconia in questa storia, tanto dolore, e questo da un lato aiuta il lettore, che simpatizza con il protagonista e diventa partecipe delle sue vicende, ma dall’altro lo allontana perché si trova a vivere una situazione inquieta, altrettanto dolorosa. Ho avuto un groppo in gola per tutta la durata della storia, in alcune parti gli occhi mi sono addirittura diventati lucidi, e mentre leggevo avevo il cuore pesante. Sei stata in grado di emozionarmi in un modo che non credevo possibile, solo che la sensazione che ho avuto non è stata di pace e serenità, e questo ha contribuito ad abbassare un po’ il punteggio finale in questo campo.

Resta il fatto che mi hai lasciata davvero a bocca aperta con questa storia, e ti sei pienamente meritata la prima posizione.

 

Per un totale di 53,85/57.

   
 
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