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Autore: Steven Uchiha98    15/09/2012    1 recensioni
21/03/2033, siamo alla fine della III Guerra Mondiale tra USA e UIRE (Unione Imperi Russo-Europei). Mark è un soldato che vede la pace come una "mancanza di guerra", ma nonostante questo è più che deciso a raggiungerla, spinto dal desiderio di aiutare l'umanità il più possibile con l'Amore negatogli dall'adolescenza. Durante una delle Battaglie decisive incontrerà la causa di tutto questo, una sorta di reincarnazione dell'Odio, ma giustificata ossessivamente, e forse non inutilmente, dal protagonista...
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente da Ade!

Una Vita all'Amore, una all'Odio...

Finalmente da Ade!

Un portone arruginito, disadorno, che non smentiva la fama del luogo, confermò il nostro arrivo alla stanza dove avremmo finalmente incontrato il Padrone di questo posto: Ade. Tutti e tre facemmo forza e lo aprimmo per ritrovarci nell'ennesima grotta di nuda pietra, stavolta affollata di anime intente per a maggior parte a vagare senza sosta, mentre le rimanenti facevano ciò in cui erano impegnate prima di morire.Tutti umani, ma niente che facesse pensare al Re dell'Oltretomba. Iniziai a guardarmi intorno, Ares e Atena fecero lo stesso, inutilmente:
"Ricorda però" mi avvisò Pallade "Che Ade è detto "invisibile" appunto per il suo elmo che permette di occultarsi; io stessa una volta calzai il suo elmo per il medesimo scopo". Perciò sarebbe potuto essere dovunque...dunque mi avvicinai ad essa e m'informai sugli effetti dei proiettili e delle cose materiali su quelle anime:
"I proiettili colpiscono senza provocare dolore".
Bene, giusto ciò che mi occorreva: estrassi il fucile AEK dalla tracolla dietro la schiena, lo caricai e iniziai a sparare proiettili intorno a me. I proiettili colpirono piano piano le presenze senza però che queste mostrassero mutamenti...nell'animo. Intanto continuavo a far fuoco abbassando e alzando il fucile per essere sicuro di coprire tutto o spazio della caverna. Una volta finito il giro gli unici proiettili  andati a segno erano quelli sulle anime umane, perciò egli non poteva che essere...

Estrassi il coltello di scatto e mi voltai menandolo a mezz'aria: come avevo previsto un proiettile si muoveva per aria come se godesse di vita propria. Il nemico invisibile schivò il colpo e indietreggiò, infine rassegnato annullò il suo potere e si rese visibile. Aveva l'aspetto di un uomo sui vent'anni, dai lunghi capelli che in fronte si aprivano in due lasciando spazio ad un viso puro, oscurato da due occhi neri imperscrutabili che però non davano l'impressione di essere malvagi. Come al solito le apparenze ingannano. L'abbigliamento dava l'impressione di essere appartenuto ad un essere umano: indossava infatti una tunica nera coi bordi solari simile a quella dei sacerdoti cristiani, in un contrasto quasi poetico. L'oscurità dell'elmo era pari solo a quella delle pupille, ma in quel contesto il dio lo lasciò cadere senza provocare rumore.
Sobbalzai sconvolto da quell'apparizione così radicalmente diversa dal il ruolo del dio Ade in questo mondo, mentre i miei compagni non si scomposero. Anche il mio avversario non proferì parola: semplicemente sguainò una spada di cristallo nero, con l'elsa a forma di aquila con una lacrima incastonata nel ventre, poi si mise in guardia. Consapevole di ciò che sarebbe accaduto sfilai dal fodero la mia arma, molto più semplice dell'altra, e lo imitai: sembra che il duello sia una consuetudine in questo mondo, come d'altronde in tutta l'epica antica e, nel caso ancora ne esista, in quella moderna.
La contesa allora ebbe inizio, diventando una delle più impegnative della mia vita: diversamente da Ares, costui era molto più veloce e abile, rispetto al gioco di forza del dio del furore più complicato e provocante. Attaccava con piccole stoccate, fendenti rapidissimi che mi misero presto in difficoltà. Teneva un ritmo preciso che quando compresi le difficoltà diminuirono, ma il problema della velocità restava comunque alquanto serio. Ad un certo punto iniziò addirittura a conversare con me!
"Dunque sei tu, Marco Antonio, colui che mise in subbuglio la terra natale e quella tanto odiata, al punto di scatenare una guerra tra potenze, la quale giunse fino a noi, cosringendoci a prenderne parte patteggiando per l'una o per l'altra. Al solito Zeus e Posidone, gli eterni rivali, parteggiarono per le fazioni opposte, mentre io rimasi neutrale.
 Ma, venendo a te, com'è il tuo soggiorno qui? Sei stato bene?"
Io rimasi allibito ma sempre teso: costui era peggio di Marte! D'un tratto inciampai perdendo il ritmo dei suoi attacchi, aiutandolo a penetrare nelle mie difese; il cristallo nero della sua lama mi feriva la pelle quasi contemporaneamente a destra e a sinistra, disegnando squarci nella mia divisa e nella pelle, colorando entrambi di rosso sangue.

Mentre cercavo disperatamente una via d'uscita, il Re dell'Oltretomba mi ferì entrambe le gambe facendomi crollare in ginocchio. Il dolore era immenso, ma ancora riuscivo a sopportarlo. Dopo aver passato a fil di spada il mio corpo mirò al collo ma stavolta sventai il suo attacco probabilmente mortale e ritrovando il ritmo dei suoi assalti iniziai a rimettere in discussione l'esito dello scontro, nonostante il corpo martoriato dai numerosi tagli.
Effettivamente lentamente le mie forze venivano meno, così come la potenza dei miei attacchi (nei pochi momenti quando potevo portare a termine un assalto). Così durante uno di essi Ade con la sua spada venne alla mia mano recidendomi una vena, come usano i giovani depressi per farla finita. Quella mano lasciò immediatamente la spada mentre il mio nemico con un calcio mi fece crollare a pancia in alto. Poi con la mia lama e il coltello mi immobilizzò piantandomele ai bracci, e con la propria lama nera cominciò a segnarmi le coscie di rosso, come volesse torturarmi: il suo piacere era tale che poco ci mancò per toccarlo con mano. A quel punto arrivò la solita azione del destino che salva gli eroi dei libri e dei film.

Mentre Ade si preparò per il colpo di grazia, uno scudo argenteo si parò ancora davanti al mio corpo, mentre Ares si parò davanti a quest'altro per fronteggiare il comune nemico; intanto Atena levò le armi dai miei arti e provò a fasciarli strappandosi progressivamente dal peplo che la vestiva stracci di seta. I risultati non furono soddisfacenti, un po' per le sue scarse capacità mediche, un po' per la gravità delle mie ferite, ma lei continuò. Improvvisamente si precipitò in ginocchio continuando i suoi disperati tentativi di medicazione, mentre io perdevo coscienza di me stesso e ne prendevo di lei:
"Uh-ah! Ares!" escamò Ade "Mi sorprendi: attacchi uno dei pochi dei che ti considera tale, per di più proteggendo un mortale! Che ha di tanto importante?"
"Fosse per me, caro dio" rispose l'interpellato "Quello sarebbe a far compagnia a tutte le anime morte, quelle gagliarde morte per la guerra. Evidentemente egli è speciale, come lo è per la mia cara sorella Atena; anzi, per lei è anche peggio"
Ella effettivamente continuava ossessivamente a tentare di fermare la mia emorragia, senza successo: ormai la vena era recisa, erano arrivati tardi, eppure lei inseguiva una speranza vana, fallace. D'improvviso le sfuggì una lacrima dall'occhio destro, mentre la sua armatura si ossidò: era il momento.
Cercai di mormorare qualcosa, ma sembrava che anche la mia gola fosse stata recisa:
"E basta...fermati..non..non vedi che stai male....anche tu...? Per un mortale...umano..." provai a prenderle la mano, lei la accolse e la strinse forte, senza però che io avvertissi dolore. Poi arrivò ciò che temevo: anche Ares fu battuto da Ade, essendo troppo rapido per il mio compagno. Intanto Atena venne assalita da una fitta allo stomaco, tale da farle sputare sangue, che si riversò sui brandelli di peplo della divinità e sulla vena recisa che lentamente si riunì all'altra metà nel polso destro. Essa non vide molto, mentre io rimasi paralizzato dallo stupore; poi cercai di prendere parola sempre con voce spezzata, sussurrando poche parole alla volta:
"Mia dea, il vostro sangue..." alzai lo sguardo sul suo viso e lo vidi lacrimare, davvero, ma non fu una sorpresa: per me era già capitato di vederla così. La sua voce, ferma e al contempo dolce, spezzò tutte le mie difese:
"Marco...! Io..." sì, ormai avevo capito, pur non capacitandomene. A questo punto nulla era più utile, se non ciò che seguì: con un grande sforzo e col poco sangue rimastomi mi alzai alla sua altezza e finalmente avvicinai le mie labbra a quelle della dea ancora sporche di vermiglio, trovando finalmente la pace.

Tutto sprofondò in secondo piano: la guerra, Ade, persino Minerva. Per una volta, solo io e lei. Nonostante la voluta verginità, essa si volle offrire a me, essere umano, mentre io le diedi tutto me stesso ; se prima pregandola e parlandole le consegnavo la mia anima, ora era toccato al corpo. L'armatura si ravvivò splendendo come appena uscita dalla fucina, in tutto il suo argento puro. Dopo qualche istante la dea mi portò giù sdraiandomi, non opposi resistenza: il dolore piano piano si affievoliva lasciando spazio ad una gioia e ad una passione che, per quanto illusoria, mi piaceva, finché sarebbe durata ne avrei goduto. Era così calda, delicata fino alla bocca, dove un rivolo di sangue passò alla mia, facendomi comprendere finalmente il mio compito:
farmi carico.
Ade provò ad attaccarmi nuovamente, ma Ares lo contrastò maggiormente, mentre diceva:
"Di solito non parlo così, ma cazzo, finalmente!"
Mi sembrava così fuori luogo, che stesse succedendo mentre un dio si sacrificava per lasciarmi fare, ma il dio della guerra sembrava divertirsi e compiacersi del suo e del mio ruolo con sua sorella, alla quale teneva alquanto. Per una volta lasciai finalmente perdere le riflessioni e mi lasciai trasportare dai miei sentimenti: Atena piano piano sfiorava con le sue candide mani le braccia, guarendomi le ferite e insinuandomi un'agitazione non del tutto associata al dolore, della quale però non mi vergognai. Non mi sarei mai stancato di avvertire quel leggero tocco sulle braccia, tale da provocarmi quasi uno spasmo di piacere, per poi passare dopo le braccia ai graffi sul petto e all'addome allenato e stancato. I suoi lunghi capelli mi avvolgevano a mezz'aria, mi sentivo catturato da essi, la dea avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, senza incontrare ostacoli. In eterno sarei rimasto assaporandone le labbra ormai prive di sangue residuo, un sentimento così divino e al contempo umano che mi possedeva, ma destinato a non durare in eterno...per ora.
Infatti l'idillio dovette rompersi, poiché Ares, per quanto contento, non riuscì completamente a sostenere l'assalto del nemico, perciò Atena si staccò da me, afferrò la spada e andò a dargli manforte, Gli stridii e le scintille che scaturivano dalle lame metalliche iniziavano ad entrarmi nella testa come gessi strisciati alla lavagna, ossessionandomi come in una sala di torture americana o cinese, rumori e immagini da fermare, ora.
Ero sconvolto.
Da ormai più di mezz'ora gli dei combattevano con me o contro di me, per me, ma i miei stavano per avere la peggio: mentre il dio guerriero era inaspettatamente stanco, Ade non sembrava aver combattuto a giudicare dalla forma fisica. Così corsi con la mano alla pistola M1911, senza successo, scorgendola subito dopo nel lago di sangue e brandelli di tessuto di Atena. Prima di mirare diedi uno sguardo alle fascie ai polsi, poi feci fuoco.
   
 
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