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Autore: Katara Hira    16/09/2012    2 recensioni
-dai lo sai che quella professoressa ti odia…E’ già tanto no?-
-si, ma io ci ho lavorato tutto sabato su questo dannato paesaggio…guarda sembra una foto!-
-delusa vero?- una voce maschile richiamò l’attenzione delle due ragazze e le fece girare. Il foglio cadde di mano ad Aurora che osservava con gli occhi sgranati la figura di quello che pareva un grosso insetto gigante con sembianze vagamente umane. La ragazza tirò la manica della sua amica anche lei incredula.
-ila, dimmi che lo vedi anche tu…-
Ilaria annuì troppo sconvolta per rispondere
-allora dammi un pizzicotto per dimostrarmi che non sto sognando- un dolore al braccio destro le fece capire che quella era la realtà.
L’insetto gigante continuò- anche io sono deluso, quando mi avevano detto che mi aveva riportato in vita una strega e che sarei stato trasportato davanti alla sua scuola avevo pensato come minimo ad una professoressa. Invece mi ritrovo ad avere a che fare con una ragazzina con una scarsa vena artistica.
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Cell
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il trillo di una sveglia interruppe i suoi sogni come ogni mattina. I suoi bellissimi sogni in cui c’era la figura costante di un androide dalla pelle verde e dagli occhi viola. Si stropiccio il viso per allontanare da se gli ultimi residui di sonno e si trascinò pesantemente verso l’armadio IKEA della propria camera alla ricerca di qualcosa da mettersi addosso. I suoi occhi passarono velocemente sui numerosi capi che le ante di legno di betulla celavano per poi posarsi sui soliti pantaloncini jeans pratici e che stavano bene con tutto. Aprì un cassetto dell’armadio e da li estrasse la prima maglietta blu che le capitò sotto mano, poi si diresse a fare colazione. Sul tavolo della cucina c’era un biglietto che le aveva lasciato sua madre avvisandola che per l’intera giornata sarebbe stata a lavoro. Quella domenica sarebbe stata proprio bella: nessun litigio legato all’adolescenza, nessuna voce strillante che ripeteva di ordinare la camera e di svolgere qualche altro servizietto…e poi sarebbe dovuta andare a trovare la sua amica Ilaria. Era la prima volta che avrebbe visitato la casa della sua compagna di classe, e anche la prima volta che ne avrebbe conosciuto la madre. Ilaria non amava parlare della sua vita privata e questo dipendeva dal fatto che si vergognava del lavoro di sua madre che si faceva chiamare Saga Fatum ovvero strega destino. Era una di quelle fattucchiere con molta fantasia che aiutavano le persone a svuotare il loro portandogli solo per sentirsi dire ciò che gli faceva piacere.
Fece una colazione veloce bevendo il succo ACE e andò in bano a cambiarsi e a lavarsi. Una volta pronta si passò un leggero strato di ombretto sugli occhi e ne ridisegnò i contorni con la matita blu. Amava ricoprirsi di quel colore perché si abbinava perfettamente al colore dei suoi occhi azzurri. Una volta fatto riammirò soddisfatta la sua immagine nello specchio e prese le chiavi di casa uscì recandosi verso la casa della sua amica. L’esta purtroppo era giunta al termine e il giorno successivo sarebbero riprese le odiate lezioni. L’intera estate l’aveva passata a vedere le puntate della serie di Cell di dragon ball e a giocare al gioco di ruolo su facebook in cui era fidanzata con l’androide perfetto. Molte volte si sentiva patetica, era innamorata di un personaggio di un cartone animato che sognava ogni notte e per di più un personaggio a forma di insetto.
Giunse davanti al portone di ingresso della casa di Ilaria e dopo aver citofonato aspettò che quest’ultima le venisse ad aprire. Dall’esterno sembrava un normale appartamento ma una volta aperta la porta le si rivelò uno scenario inaspettato grandi teli colorati e enormi tappeti si trovavano in ogni angolo della casa anche sui muri e sui soffitti. Le pareti erano dipinte ognuna di un colore diverso dall’altro e strane statuette o maschere inquietanti erano appoggiati su scaffali e mensole di quella casa.
-Ciao Aurora- mi salutò un sorridente Ilaria. Io ricambia il saluto mentre continuavo ad osservare le stranezze di quella casa.
-mia madre sta leggendo le carte ad un cliente ma appena finisce ti viene a salutare anche lei- continuò nascondendo a stento l’imbarazzo che provava per il lavoro di sua madre. Poi mi prese per mano e mi condusse su per le scale nella sua stanza. Questa era l’unica camera differente dall’ altre. Le pareti erano bianche e sugli scaffali c’erano normali soprammobili o libri da lettura. Sulla scrivania poi c’era uno stereo e un computer. L’unica cosa che non mi piaceva in quella stanza erano i numerosi poster che ritraevano Goku in posizioni gloriose mentre si vantava della sua eroicità. Storsi il naso davanti a quelle immagini- non ti smentisci mai, eh? Come ti fa a piacere quella scimmia rimbambita?-
-parla quella a cui piacciono gli insetti metallici- rispose Ilaria mostrandomi la lingua.
Come al solito avevamo incominciato a sfottere i nostri personaggi preferiti, rituale che orami andava avanti da quando ci conoscevamo.
-a proposito di Cell…come va con il Cell con cui stai su Facebook?- domandò Ilaria curiosa
Aurora alzo le spalle e scosse la testa- va tutto bene ma nessuno di loro è Cell…-
-nel senso che non lo interpretano bene? Non sono abbastanza cattivi?-
-si….è per quello- rispose Aurora mentendo. Il vero motivo per cui non era soddisfatta del suo gioco di ruolo era perché era solo un gioco. Non riusciva ad accontentarsi dei baci virtuali che scambiava con Cell, voleva vedere i suoi occhi dal vivo, voleva sfiorargli la pelle e voleva sentire le sue braccia che la avvolgevano…
I suoi pensieri furono interrotti da un bussare leggero contro la porta che precedette l’entrata di un donnone tutto avvolto da veli color porpora che ricordavano un abito arabo. Quella doveva essere la madre di Ilaria.
-Salve ragazze- la sua voce era calda e profonda e le sue labbra si schiusero in un sorriso dolce. Il suo viso era solcato da una moltitudine di rughe che la facevano apparire più vecchia di quanto non dovesse essere. Un turbante sempre color porpora le incorniciava il volto. La maga allungò una mano verso la sua ospite- io sono Sata Fatum ma tu puoi benissimo chiamarmi Sata-
-il mio nome invece è Aurora- rispose la ragazza stringendole la mano. Nel momento esatto in cui le loro mani si incontrarono e si strinsero per sugellare le loro presentazioni la maga fu cosa da un leggero tremito e sul suo volto si dipinse una strana espressione che Aurora non riuscì a decifrare. Ma fu la questione di un secondo perché poi il sorriso perduto ricomparve.
-ma che bella ragazza che sei. Immagino che avrai molti ragazzi ai tuoi piedi con quei capelli biondi e quegli stupendi occhi azzurri-
Ilaria sbuffò per il fatto che sua madre non si decidesse ancora a portare il suo sederone enorme fuori da quella camera invece di mettere in imbarazzo le sue amiche.
-e dimmi un po’ mi cara, tu credi nella magia?-
-no…sinceramente…-
-basta mamma vattene!- Esplose Ilaria visibilmente irritata-nessuno con un briciolo di sale in zucca crede alle cretinate che dici alla gente che tu spacci per magia!-
-su Ila non fare così…- Aurora non voleva assistere ad un litigio madre-figlia ce n’erano già abbastanza a casa- stavo dicendo che io sinceramente credo solo in quello che vedo-
-beh essendo tu una strega dovresti credere nei tuoi poteri- ammiccò Sata
Aurora lanciò uno sguardo alla sua amica che si stava nascondendo il volto tra le mani trattenendosi dall’imprecare ad alta voce come stava facendo a amente- io sono una strega?-

La maga annuì ma non ebbe il tempo di rispondere perché sua figlia le si precipitò contro e la spinse di peso fuori dalla stanza e poi poggiare le spalle contro la porta chiusa-Perdonala…-


Ormai aveva perso il conto di quanto tempo fosse rimasto chiuso negli inferi, potevano essere mesi, anni, o forse anche secoli. Fatto sta non vedeva la luce del sole che con il suo calore gli riscaldava la pelle da troppo tempo. Odiava quella situazione di prigionia e odiava ancora di più dover essere rinchiuso con quegli esseri spregevoli. Lui l’androide perfetto non poteva tollerare l’affronto di trovarsi insieme a quelle creature senza cervello e con un infimo livello di combattimento. Stare con loro voleva dire essere paragonato a loro e di sicuro il frutto di anni di lavoro del Dottor Gero non era paragonabile alle persone che lo circondavano.
-ehi, mister perfezione non penso che la meditazione ti porterà lontano di qui-
Cell aprì le palpebre viola e fissò gli occhi di Freezer senza rispondergli. Non voleva aprire bocca perché avrebbe rischiato di essere volgare e di sicuro non si poteva permettere di cadere così in basso. L’unica cosa era attaccarlo…assestargli un pugno sul quella orribile faccia e farla finita una volta per tutte. Ma pesanti catene lo tenevano legato saldamente ad una roccia non consentendogli movimento alcuno.

Freezer gli si avvicinò e gli lecco il collo bianco come la luna lasciandolo bagnato della sua lurida saliva. Lui strinse i pugni e chiuse gli occhi per resistere al profondo disgusto che lo aveva invaso. Perché a quell’essere doveva piacere proprio lui che non poteva far niente per difendersi? Perché non poteva andare a ricoprire di saliva e a toccare la pelle di quei cinque incapaci di assistenti che gli sbavavano dietro tra una coreografia ed un'altra? Freezer risalì con la bocca e posò le proprie labbra nere su quelle bianchissime di Cell baciandolo. A differenza di Freezer a Cell non piacevano gli uomini, ma non gli piacevano nemmeno le donne. Non gli era mai piaciuto nessuno. Odiava tutti e tutto: odiava quegli esseri, odiava quel posto, odiava i saiyan, odiava l’universo ed era arrivato ad odiare anche se stesso perché aveva fallito e aveva infangato la sua perfezione.
metto il nuovo capitolo solo se ricevo come minimo una recensione. mi vanno bene di qualsiasi tipo soprattutto se mi aiutano a migliorare la storia
  
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