“ Ci sono state centinaia di diverse
domande, in questo ultimo periodo della loro vita.
Domande banali, complicate, sciocche,
inutili, intricate, incomprensibili, confuse. Domande che a volte non hanno
trovato il loro posto, e si sono perse, trascinate via dal vento; altre volte è
mancato il coraggio di pronunciarle, quelle domane, e sono morte in gola ancora
prima di nascere. Altre ancora sono state poste con forza e determinazione, e
con la presunzione che una risposta ad esse fosse d’obbligo.
Hanno chiesto molto, a molti. E hanno atteso
che qualcuno rispondesse. Ma quelle risposte tanto agognate non sono mai
arrivate. Ed è sceso il silenzio.
Ma
alla fine, ognuno di loro, ha scoperto che bastava riaprire gli occhi.”
Riaprendo
gli occhi.
La
confusione che la circonda è tanta, eppure i suoi occhi non vogliono aprirsi.
Sente le palpebre pesanti, e non desidera altro che lasciarsi scivolare giù,
sempre più giù, fino a sfiorare il fondo; vuole fermarsi un attimo prima,
laddove tutto è ancora etereo ed evanescente, dove i confini si confondono,
dove la realtà è solo un sogno e il sogno è reale.
“ Lasciati
cadere. Abbandonati al ricordo…”
Butta
la testa indietro e socchiude appena gli occhi, lasciando che essi osservino un
piccolo spiraglio di luce. Sì, luce. Perché c’è della luce intorno a lei,
bianca e densa, che assomiglia tanto ad una cortina fumosa. E ci sono delle
immagini, che scorrono rapide, come lampi troppo veloci perché i suoi occhi
stanchi possano distinguerle nitidamente. E non può non chiedersi perché tutto
scorra così velocemente, lì.
“ È la
vita. È il perpetuo corso della vita. A voi umani appare oggi lento oggi
veloce, a seconda dell’attimo che state vivendo. Ma il suo corso non muta mai.”
Spalanca
gli occhi, turbata, sentendo quella voce quasi strascicata pronunciare quelle
parole. E improvvisamente torna lucida, accorgendosi che qualcosa non va per il
verso giusto, che qualcosa di assolutamente anomalo le sta succedendo. E nel
momento in cui alza lo sguardo le immagini che prima correvano come su rotaie
invisibili s’immobilizzano all’istante, riportandola agli ultimi istanti di
vita vissuta, quelli che probabilmente l’hanno condotta a quel momento, in quel
luogo.
“
Ripercorri quegli attimi. Vivili ancora una volta.”
Ci
sono Naruto e Sasuke, con gli abiti laceri, i corpi a pezzi e la terra
squarciata. Ci sono due persone i cui nomi correranno per le pagine della
storia per secoli e secoli, certo accompagnati da chissà quale epiteto e dalle
mille leggende che fioriranno sulle loro imprese. Ci sono due ragazzi quasi
uomini, che hanno rappresentato le stagioni della sua vita, e sono diventati
fondamentali.
“
L’affetto che ti lega a loro è stata la causa della tua confusione.”
O
forse, più probabilmente, è stata Ino con quella domanda quasi casuale,
assurdamente curiosa e terribilmente insidiosa. Quella domanda che lei non hai
mai osato pronunciare, nemmeno nella sua mente, per paura delle parole di
risposta. Perché non si è mai trattato di una semplice domanda, innocente o
ingannevole come le altre: si è trattato di una scelta. O meglio, della scelta
che, presto o tardi, sarebbe stata chiamata a compiere.
“
Pronunciala!”
Le
labbra si aprono e si chiudono, ma non emettono alcun suono. Le parole, una
volta ancora, sembrano non trovare la strada per uscire dalla sua gola; l’aria
non vibra attraverso le corde vocali, e le lettere non prendono forma,
permettendo che un silenzio pesante regni sovrano.
“
Pronuncia la tua domanda!”
Ancora
un tentativo, ancora il silenzio. E allora chiude gli occhi e, semplicemente,
respira a fondo.
“ Chi… Tra Naruto e Sasuke, chi avrei salvato?”
Eccola
là: la sua domanda! Quella che le ha impedito di dormire la notte, di
concentrarsi appieno nel suo ruolo di medico durante la Guerra; la domanda che
le ha portato via la serenità, e l’ha fatta precipitare nel baratro della
confusione. Fino a quel momento…
“ Ora
conosci la risposta…”
È
come riemergere quando si sente di annegare, e la pressione dell’acqua crea
difficoltà nel raggiungere la superficie. Come prendere una boccata d’aria dopo
un lungo periodo di apnea, e spalancare lo sguardo su un mondo che prima era
completamente nero. E occhi e polmoni bruciano, attraversati dalla troppa luce
e dalla troppa aria. E la testa gira, vorticosamente, facendo salire la nausea
alla gola, creando l’impellente istinto di vomitare. E la pelle tira, prude e
provoca dolore, lì, nei punti in cui si era aperta ed era stata richiusa.
Sakura
socchiude gli occhi e sbatte le palpebre un paio di volte, giusto il tempo di
far abituare gli occhi. Respira a fondo, alla ricerca di aria, e un intenso
odore di sangue, sudore e disinfettante le entra prepotente nelle narici,
facendole salire un conato di vomito. D’istinto si porta una mano alla bocca e
il tubicino di una flebo che parte dal suo braccio per arrivare chissà dove
entra nel suo capo visivo; solo allora si accorge dei cerotti, delle fasciature
e dei tubicini che percorrono il suo corpo.
Sei stata curata.
Sei viva.
Sei al sicuro.
Sono
le prime cose che la sua mente avvolta dalle nebbie della confusione riesce ad
elaborare. Poi arriva anche il resto. Violento, impietoso, devastante. E i suoi
occhi si spalancano immediatamente mentre si mette seduta con uno scatto. Ora
ricorda…
Ha
dato la sua risposta a quella domanda. Ha trovato la risposta giusta per lei;
poco importa, ormai, se qualcuno la prenderà per folle, masochista, egoista ed
ipocrita. Lei ha trovato la sua risposta, quella che per lei vale. Più
semplicemente, tra le due vie, ha scelto la terza. Tra i loro due nomi, ha
scelto il proprio. E tra le loro due vite, ha scelto entrambe.
Sakura
sposta di poco lo sguardo ora placido. Su un lettino identico al suo, posto
solo a mezzo metro da lei, c’è Ino. Ha i capelli sciolti che le incorniciano il
volto diafano, il corpo fasciato in più punti e un’espressione serena sul
volto, di chi sta semplicemente dormendo dopo una lunga fatica. Eppure Sakura è
certa che non sia così, perché anche Ino, al pari suo, aveva una domanda a
tormentarla.
Ino
non lo sa, ma nella sua mente sta accadendo la stessa cosa successa alla sua
migliore amico solo pochi istanti prima. C’è la medesima luce, la medesima
cortina fumosa; ci sono anche le immagini che corrono rapide, tuttavia diverse
da quelle viste da Sakura.
E
la bionda Kunoichi della Foglia vede scene di Guerra, appena trascorse, che si
sono impresse a forza nella sua memoria. Come un marchio di fuoco e sangue, che
l’acqua non potrà mai lavare via.
“ A causa
di ciò eri così confusa.”
A
causa della Guerra? Sì, in un certo
senso si. Ma non per quella Quarta Grande Guerra dei Ninja in particolare. Si
trattava di un concetto più generale, più ampio; qualcosa di profondo e
complesso, che molti non avrebbero mai affiancato a Ino.
“ Non sei
un’oca frivola e superficiale.”
Ha
sempre cercato di essere forte. Doveva esserlo. È cresciuta circondata da
maschi, e si è dovuta guadagnare molte più cose di quante i più non credano.
L’indipendenza da un padre fin troppo premuroso, tanto per iniziare. È per
questo che “tiranneggiava”, Ino, con la maschera da dura dal cuore gelido e dal
menefreghismo ai massimo storici.
“ E
piangevi la notte, avvolta nel silenzio, a volte pregando chissà chi.”
Forse
quel Dio in cui la maggior parte delle persone non ha mai creduto, o in cui ha
detto di non credere. E forse nemmeno lei ci crede veramente. Ma quando la
disperazione arriva al limite – come in Guerra! – e il mondo sembra crollare
come un castello di sabbia sotto il più lieve degli aliti di vento, allora
forse non rimane che pregare. Pregare, forse semplicemente, per chiedere.
“
Pronuncia la tua domanda.”
Deglutisce
a vuoto, mordendosi la tenera carne del labbro inferiore. C’è l’indecisione
nelle mani e nelle labbra che tremano.
“
Pronunciala!”
E
la determinazione ha la meglio sull’indecisione.
“ Se davvero esiste un qualche Dio,
perché permette tutto questo?”
Nel
momento in cui apre gli occhi Ino non è cosciente di quanto successo. Ricorda
solo le esplosioni della Guerra, gli attacchi senza sosta e le tecniche di
questo o quel Ninja, i cui nomi si mescolano agli ordini sbraitati a destra e
manca.
Una
mano si posa lieve sulla sua spalla. È Sakura.
“
È finita.” Le dice solo, prima di spostare lo sguardo dal suo.
Una
lacrima, fuggiasca e imprevista, riga il volto di Ino al suono di quelle parole.
E lei l’asciuga rapidamente, prendendo un grosso respiro. Il sollievo che le
pervade il petto è immenso e bruciante, pari alla lava di un vulcano; se tutto
è finito, se quell’inferno si è concluso, allora lei può sentirsi un po’ più
serena. E la sua domanda può perdersi tra le pieghe di quella furiosa battaglia
appena conclusasi, e piano si potrà perdere tra quelle del tempo.
Non
ha più importanza perché quel Dio
permetta l’esistenza di quanto ha appena vissuto, né tantomeno se quel Dio esista davvero. E sa che non ha
importanza perché, semplicemente, lei è caduta, e si è rialzata più forte di
prima; ha compreso che non ha senso chiedere e pregare quando intorno a sé
tutto precipita, tutto muore e si annichilisce. L’unica cosa che si può fare è
forzare allo stremo il corpo e lo spirito, continuando a combattere per non
morire e per non far morire i propri compagni.
Ino
si mette a sedere un po’ a fatica staccandosi la flebo e i suoi occhi trovano
la figura di Shikamaru, mezzo addormentato su una sedia accanto al suo letto. Vorrebbe
svegliarlo abbracciandolo così forte da soffocarlo, ma le pesanti occhiaie che
gli cerchiano gli occhi sono un chiaro segno di quanto il ragazzo necessiti di
ore di sonno. Per questo lo lascia riposare, limitandosi e sfiorargli
dolcemente il volto, mentre lui sogna.
Merito
del suo quoziente intellettivo pari a 200 Shikamaru è sempre stato considerato
un genio, e merito della sua fredda razionalità e prontezza di spirito uno dei
più talentuosi strateghi, secondo solo a suo padre. Tuttavia, proprio a causa
di queste, ora il ragazzo è certo di stare impazzendo. Perché non c’è logica
che tenga per quanto gli sta succedendo.
“ Freddo,
razionale e logico.”
E
se ci si aggiungesse l’aggettivo pigro o svogliato questo sarebbe il suo
perfetto ritratto. Per questo non si capacita, benché una parte di lui sappia
benissimo – o è convinta di saperlo! – dove si trova.
“ E allora
poni la tua domanda.”
La
sua domanda? Ah, forse quella che dal primo momento sul campo di battaglia gli
ha martellato il cervello come un trapano. Si è trovato persino a discuterne
con Ino, una notte delle tante passate cercando il sonno che sembrava volerli
beffare, nonostante fossero a pezzi. Le ha chiesto cosa la rendesse così
pensierosa, e lei ha risposto: “ Mi
chiedevo se esiste un qualche Dio, e se c’è perché permetta l’esistenza di una
Guerra simile.”. Non ha trovato una risposta per lei, anche perché lui non
ha mai creduto ad un’esistenza divina al di sopra di tutto e tutti. Lui ha
sempre creduto negli Uomini e nella
loro capacità di scrivere la propria storia.
“ E la tua
domanda proprio loro riguarda.”
Già,
perché negando l’esistenza di un ente superiore, allora tutto ciò che resta
sono gli Uomini.
“ Perché gli Uomini sono così stupidi?
Perché non imparano dal passato?”
Qualcosa
di delicato gli sfiora il viso, e Shikamaru si trova ad aprire gli occhi
controvoglia: nemmeno dopo una Guerra lo lasciano riposare?! Ed è sul punto di
scacciare con stizza lo scocciatore di turno, ma è il viso di Ino quello che
occupa il suo campo visivo. La fissa quasi a volerla studiare, e la trova
stanca, ferita nel corpo e nello spirito, ma con qualcosa che sembra
comprensione nello sguardo; sembra che i dubbi che le corrodevano l’animo fino
a poco prima siano scomparsi, scacciati via da una consapevolezza superiore.
Eppure è ancora agitata, ansiosa e impaurita – lo legge nei suoi occhi ormai
non più limpidi, la cui innocenza è stata sporcata ed estirpata con violenza. E
quando lei gli si butta addosso, abbracciandolo stretto per il busto e
affondando il viso nel suo petto, allora Shikamaru è certo di non essersi
sbagliato in quella sua rapida analisi. La sente tremare contro di sé, fragile
come mai lo è stata, e l’unica cosa che può fare è stringerla con forza,
avvolgendola nel calore di un abbraccio di cui entrambi necessitano.
“
Choji?” Chiede Ino, la voce leggermente incrinata da un pianto che ha nascosto
contro il petto di Shikamaru.
“
Sta riposando in un’altra tenda del campo. Sta bene. Stanno tutti bene.”
Aggiunge poi il ragazzo, rispondendo ad una domanda che lei non ha trovato il
coraggio di porre, troppo spaventata da una possibile risposta annunciatrice di
morte. E anche se quel “stanno tutti bene” è un po’ riduttivo, ad Ino va bene;
se nessuno è morto il suo cuore può calmarsi, e lasciarsi cullare dal caldo
abbraccio di Shikamaru.
Sakura
osserva con silenziosa delicatezza Ino e Shikamaru, e un barlume di dolcezza le
attraversa gli occhi verdi. Ed è strano, terribilmente strano, che quello
sguardo vivo possa ancora esistere sul suo volto stremato e pallido; le pare
impossibile riuscire a provare una qualche sensazione che non sia pena, o
rimorso, o rammarico o compassione. E ancora più impossibile le sembra la
felicità che piano s’insinua nel suo animo alla vista della sua migliore amica
con quel ragazzo – quell’uomo! – che più di tutti ha sempre saputo prendersi
cura di lei.
Esce
dalla tenda e zoppicando visibilmente s’avvia attraverso il campo base
allestito in tutta fretta; le tende mediche e non svettano innaturalmente in
mezzo a quella radura vuota, bruciata, la cui vita è stata estirpata dalla
violenza della battaglia. Vede sorrisi e lacrime su volti conosciuti e
sconosciuti. C’è chi abbraccia amici e compagni ritrovati dopo ore di angoscia,
chi piange coloro che non ci sono più, chi si stringe la mano con Ninja di
altri Villaggi, il cui legame andatosi a creare è qualcosa che ancora rasenta
l’incredulità, e chi, silenziosamente, rimane seduto, con gli occhi chiusi e le
labbra che tremano. La Guerra rimane un concetto difficile da capire,
soprattutto se si è appena tornati dalle sue fauci.
Si
ferma un attimo e nota due figure, lontane dal fermento del campo, sedute ad
osservare chissà cosa. Dovrebbe arrabbiarsi con loro: feriti come sono
dovrebbero starsene distesi a letto, e non in giro! Ma è conscia di non poter
dire niente visto che le sue condizioni sono peggiori delle loro, e anche lei
sta gironzolando. Si limita a scrollare le spalle – stronzata totale! La fitta
che le attraversa il petto le mozza il fiato! – e si avvicina a loro; si siede
in mezzo, le gambe raccolte al petto e li prende entrambi a braccetto.
È
la mano di Naruto la prima a scattare, intrecciando le proprie dita con quelle
della ragazza e poggiando la testa fasciata sulla spalla di lei, chiudendo gli
occhi. E lei lo lascia fare, imitandolo, e nascondendo per un attimo il viso in
quella massa di capelli biondi e scompigliati.
Naruto
non sa se si è addormentato o cosa, è solo consapevole di aver chiuso gli occhi,
cullato dal calore di Sakura e dal lieve profumo della sua pelle, appena
percettibile sotto l’odore di sangue e disinfettante. E ora, nello stato di
semi coscienza in cui si trova, dubbi e domande si affollano nella sua mente, e
una in particolare svetta sopra tutte le altre.
“ È stato
il suo comportamento a metterti in crisi.”
Assai
probabile. Perché fino ad un attimo prima era convinto di quanto stava facendo
– come sempre lo è stato dacché quella storia ha avuto inizio! – e un attimo
dopo non lo era più. E non lo era più perché lei si è messa in mezzo.
“ Come in
una scena già vissuta.”
Sì,
perché lei aveva già fatto la stessa cosa, anni prima. Tra un Rasengan e un
Chidori… Unica, sottile differenza, era stata la presenza di Kakashi,
all’epoca; Kakashi che, invece, non c’era questa volta. E nessuno l’avrebbe
salvata dall’impatto. Ed è stato dopo questo che un dubbio si è insinuato in
lui. È stato vedere il suo corpo coperto di sangue, i suoi occhi velati e,
soprattutto, quel sorriso.
“ Ha
accettato la propria morte, ma non la vostra.”
In
fondo è questo che ha sempre significato essere il Team 7. Essere una squadra,
un gruppo, sostenersi a vicenda e non abbandonare mai i propri compagni. Ma
quando ha visto Sakura in quelle condizioni, quando ha capito che era a causa
dei loro colpi, delle loro battaglie, se lei aveva osato quel
gesto estremo ogni cosa è parsa sparire.
“ La tua
domanda. Il tuo dubbio.”
Deglutisce
a vuoto, stringendo con forza i pugni. Ha pronunciato quella domanda mille e
più volte nella sua mente, ma dirla ad alta voce è difficile. Perché
spezzerebbe ogni cosa, e ridisegnerebbe confini che non è sicuro di voler
cambiare.
“
Pronuncia la tua domanda!”
Serra
gli occhi, respira a fondo e stringe con forza il ciondolo di Tsunade.
“ Esiste ancora il Team 7?”
E
potrebbe sembrare una domanda sciocca ed inutile. Certo che esiste il Team 7!, potrebbe rispondere qualcuno –
qualcuno che non sa! Non ci hai forse
fatto missioni su missioni fino a poco tempo fa?!
Ma
chi sa, chi conosce gli avvenimenti e i componenti di quella squadra, potrebbe
non trovare una risposta da dare. Perché quando parla del Team 7, Naruto pensa
a quello originale. Pensa a se stesso, a Sakura, a Sasuke e a Kakashi. E
pensandola così quella domanda pare davvero crudele.
Sono
il calore e la stretta della mano di Sakura a riportarlo alla realtà. Socchiude
gli occhi, piano, osservando il cielo grigio che si staglia all’orizzonte. Alza
la testa dalla spalla della ragazza e si volta ad osservarla per un attimo. C’è
qualcosa, in lei, di irrimediabilmente diverso. E proprio questo sembra
rispondere alla sua domanda.
Il
Team 7 non esiste più! Non esiste nella maniera e nella dimensione in cui lo
intende lui, in cui lo intende Sakura. Esiste in un altro modo. Esiste in
un’altra dimensione. E Sasuke e Kakashi devono saperlo, devono averlo capito.
Solo lui e Sakura sono sempre, irrimediabilmente rimasti attaccati al passato,
e hanno inseguito il fantasma di un legame che era stato reciso con estrema
facilità, nonostante tutte le loro belle parole. Tutto quello che il Team 7 è
stato rimarrà, come ricordo e come insegnamento, ma è arrivato il momento di
guardare avanti.
Sorride
mestamente, Naruto, e stringe con più forza la mano di Sakura; quando lei lo
guarda capisce a cosa lui stia pensando, e non può fare a meno di sorridere a
sua volta. Sono arrivati alla medesima conclusione, anche se troppo tardi
forse. Se l’avessero capito prima molti dolori sarebbero stati evitati, ma forse
loro non sarebbero le persone che sono adesso.
Si
voltano entrambi verso Sasuke, e aspettano. Aspettano perché lui ha gli occhi
chiusi. Aspettano che lui li riapra.
Il
calore della pelle di Sakura è l’unica cosa di cui è certo, Sasuke. È l’unica
cosa che lo tiene ancorato al mondo, che non gli permette di scappare come ha
fatto fino a quel momento. Sì, perché lui è scappato, sempre e comunque.
“ Sei
fuggito da tutto quello che conoscevi.”
È
scappato dal ricordo della sua famiglia, dal ricordo dell’affetto di Itachi. È
scappato dalla sua debolezza, dalla paura di non essere forte. È scappato da
coloro che erano diventati la sua famiglia, dal suo Villaggio. È scappato dalla
verità, qualunque essa fosse, negandola. Sì, in tutta la sua vita non ha fatto
altro che scappare.
“ E sei
incappato nella vendetta.”
Credeva
che fosse la strada giusta da seguire, credeva fosse quello il senso delle
parole di Itachi. Non ha mai compreso, se non alla fine, quanto suo fratello
abbia cercato di renderlo forte, e quanto gli ha affidato. Lo ha compreso
tardi, e non è riuscito a fermarsi.
“ Ti ha
fermato lei.”
Pazza!
Lanciarsi in mezzo alla battaglia! Lanciarsi in mezzo alla loro battaglia!
“ Lei
aveva già capito.”
Lui
no. Lui ha capito quando l’ha vista a terra, quando ha visto il volto di Naruto
deformato dal terrore e dalla disperazione; quando il dobe ha raccolto da terra la ragazza, ed è corso via. L’ha lasciato lì, immobile, confuso. È corso
via per salvarle la vita, per trovare qualcuno la salvasse. E per lui s’è
spento tutto. Ha capito che tutto era finito.
“ Poni la
tua domanda.”
Quella
che lo torturava da tempo. Quella che non ha mai voluto pronunciare, perché
avrebbe significato che aveva sbagliato tutto, che ancora una volta non aveva
fatto altro che scappare. Eppure glielo avevano detto tutti. E lui, troppo
orgoglioso e cocciuto, si è fatto sordo.
“
Pronunciala.”
Non
ce la fa. La voce non vuole uscire, e lui rimane in silenzio.
Un
bilancio della sua vita? Un cesso! E forse proprio questa consapevolezza fa
scattare la molla.
“ Che cosa sto facendo?”
Una
cazzata! Un’immensa cazzata!
È
la prima cosa che riesce a pensare quando riapre gli occhi. Sakura e Naruto
sono ancora accanto a lui, le dita intrecciate, e lo fissano aspettando in
silenzio. Strano, per uno come Naruto!
Stanno
aspettando! Non lo hanno forzato, chiamato o scosso. Sono semplicemente rimasti
in silenzio e hanno atteso. E sembra un simbolo, il segnale dell’inizio di
qualcosa di nuovo. Niente più battaglie tra di loro, niente più grida e
richiami andati a vuoto. Non lo rincorreranno più. E lui non si farà più
rincorrere.
Sente
qualcosa sfiorargli la gamba e vede la mano di Sakura, ora aperta in attesa. Sa
cosa vuole. Gli sta solo chiedendo se lui
lo vuole. E intreccia le dita con quelle della ragazza, con remore e paura
– lui! Paura!
Sakura
gli sorride, serena. E i suoi occhi lo ringraziano. Quegli occhi verdi che lo
hanno sempre osservato, con ammirazione e amore, ora lo fissano con semplice
gratitudine. È cambiato, il suo sguardo, com’è cambiata lei.
Sorride
anche Naruto, per una volta privo di parole. Sa che non servono: i gesti
valgono molto di più!
Potrebbero
sembrare il Team 7, in questo momento. Potrebbero sembrare quelli di una volta.
Ma i loro occhi parlano chiaro, e dicono che ciò che è stato è stato, ed è nel
ricordo che deve vivere. Nessuno di loro rincorrerà più quello che era, ma
cercheranno di costruire quello che sarà. E non importa se non risponderanno
più al nome di Team 7, saranno sempre Naruto, Sakura e Sasuke. E Kakashi.
Il
biondo si riscuote dai suoi pensieri nel momento in cui sente la testa di
Sakura appoggiarsi alla sua spalla, leggera. E allora scioglie le loro dita
intrecciate, e le cinge la vita con un braccio, attento a non toccare punti
dolorosi per lei. Lei che sorride, cullata da quel calore che da sempre
appartiene a Naruto, che da senza mai chiedere nulla. Lei che stringe con più
forza la mano di Sasuke, e poi scioglie le loro dita.
Va dove vuoi! Fai quello che ti senti
di fare! Noi ci saremo comunque!
Sì,
Sakura gli sta dicendo questo.
E
Sasuke si alza, fissando gli occhi dei suoi compagni.
Ci sono ancora cose che deve fare, persone con cui deve parlare e a cui deve
chiedere scusa.
“ Ci vediamo a casa.”
The end!!!!
Ok, lo ammetto: è stato un parto
questa storia! Non facile da scrivere, proprio per niente. Ma diciamo che sono abbastanza
soddisfatta di com’è venuta infine.
Mi fate sapere che ne pensate??
Anche le critiche vanno benissimo (anzi, sarebbero d’obbligo, così posso
migliorarmi!!!)!!!
ByeBye