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Autore: NiallsUnicorn    17/09/2012    15 recensioni
Per la prima volta nella mia vita ho paura, paura della persona che potrei diventare se uscissi viva da questa arena. Cosa ne rimarrebbe della ragazzina cresciuta nel distretto sette che, oltre ad essere stata allenata per gli hunger games, aveva anche degli amici?
Diventerei una brutale assassina incapace di provare emozioni? Oppure tenterei di affogare il senso di vuoto lasciato dall'omicidio nell'alcool o nella morfamina, come il mentore perennemente ubriaco del distretto dodici o quelli del sei, che si reggono in piedi a stento? Sinceramente delle due opzioni preferisco la prima. Credo sia meglio non provare niente, piuttosto che morire dilaniati dal dolore.
[fanfiction sull'avventura di Johanna Mason nell'arena]
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Johanna Mason
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo dieci,

La verità.
 

Il puma mi fissa con fare minaccioso e muove un passo nella mia direzione, scoprendo una nuova fila di denti affilati come rasoi. Porto una mano alla cintura con lentezza, sperando di riuscire ad afferrare l'ascia e di sorprenderlo con un rapido fendente, ma l'unica cosa che incontro è la lama del pugnale.
Il panico inizia ad invadermi le membra e sposto velocemente la mano lungo il fianco, con il fiato grosso. L'acqua mi arriva alla vita e rallenta i miei movimenti, inoltre la stanchezza non mi permette di agire come vorrei. Abbasso la testa di scatto e, ignorando la nausea, riesco a scorgere il luccichio della spessa lama dell'ascia sott'acqua, accanto ai miei piedi.
Devo riprenderela, assolutamente. Ho gli occhi fissi in quelli dell'animale che, non appena nota che mi sto muovendo, ruggisce con cattiveria.
-Va bene, va bene-dico in un soffio, alzando le braccia in segno di resa. Il puma sembra calmarsi e rilassa i muscoli dell'orribile muso, ma i suoi occhi continuano ad ardere di una furia omicida. Provo a muovere qualche passo verso la riva, ma avanza nella mia direzione, mettendo le zampe in acqua. Estraggo il coltello con stizza, stando attenta a non spaventarlo: probabilmente non servirà a niente, ma è meglio andarsene combattendo piuttosto che sottomettersi a Capitol City.
Non appena scorge la lama scivolare fuori dal fodero inizia a correre, muovendosi nell'acqua con una rapidità impressionante. Sento gli occhi farsi grandi di paura e, senza distogliere lo sguardo dall'animale, arranco verso la riva, consapevole di non avere alcuna possibilità nel caso lo scontro si svolgesse in acqua.
La pioggia mi ferisce gli occhi, e non riesco a vedere dove metto i piedi: avverto solo la presenza di una roccia particolarmente scivolosa, e cado nel punto dove l'acqua è più bassa. Il cranio urta violentemente contro il fondale sassoso, e sento un dolore lancinante alla tempia destra. La vista inizia a farsi appannata, e capisco che sono in procinto di svenire.
Mi mordo l'interno della guancia per cercare di rimanere coscente, e ben presto il sapore ferruginoso del sangue mi invade la bocca. Non adesso, non adesso!
Mi volto verso l'animale, giusto in tempo per vederlo alzare una zampa e lasciarla cadere contro il mio volto. Cerco di ripararmi con le braccia, ma gli arrigli del puma si conficcano nella carne, facendomi urlare di dolore: è come se gli arti superiori stessero andando a fuoco, ed è grottesco, visto che sono immersa nell'acqua. Cerco nuovamente di raggiungere la riva aiutandomi con i gomiti, che urlano di dolore ogni volta che toccano il fondale ormai basso. L'animale ruggisce e, in un gesto disperato, recupero il coltello e miro alla sua gola, spessa e resistente come il tronco di un albero. La lama rimane incastrata nella sua carne dura e muscolosa, ma la ferita non sembra scalfirlo: si limita a scuotere la testa infastidito e a spalancare le fauci, prima di abbassare la testa su di me oscurando la luce del sole.
Allora è così la morte. Vagare per sempre nell'oscurità più totale, con la bruciante consapevolezza di aver fallito,penso. Te ne vai quando capisci di non contare niente, di essere solo una pedina dei loro giochi. Fate solo che sia veloce, per favore.
Deglutisco e serro le palpebre perché, nonostante tutto, non sono abbastanza coraggiosa da guardare la morte in faccia. Rimango solo una stupida ragazzina che pensava di poter cambiare il mondo, e che é morta capendo di non aver combinato nulla.
Aspetto che le sue fauci si chiudano sul mio petto, ma ciò che sento è solamente un rantolo sommesso e dolorante, emesso dall'animale davanti a me. Quando trovo il coraggio di aprire gli occhi, scorgo la lama di una spada di un rosso brillante fuoriuscire dal suo ventre, e una cascata di sangue riversarsi sulle mie gambe. Cerco di alzarmi, o almeno di rotolare di lato per evitare che mi schiacci con la sua mole, ma, non appena sposto il braccio destro, sento le forze venirmi meno.
E, improvvisa come uno schiaffo, sento la voce di mia madre. "Mi hai delusa Johanna, anni e anni passati ad addestrare un'incapace."
No mamma, non è vero!Vorrei dirle che non è stata colpa mia, che mi dispiace, che anche io mi odio per aver fallito, e non c'è niente di peggio che saperla delusa.
Invece svengo, e la dolcezza dell'oscurità ha la meglio sulle mie pallide giustificazioni, che vengono cancellate da un soffio di vento come orme sulla sabbia.
 
Momenti di incoscienza si alternano ad altri di lucidità, in cui l'unica cosa che riesco a capire è che la ferita alla testa è stata lavata e fasciata. Ogni tanto avverto dell'acqua scivolarmi docile nella gola, e lacrime sgorgare lente lungo le guance.
Volevo morire, perché sono ancora qui?
La vita sa essere crudele, quando ha in serbo per te un destino scritto di sangue.
E poi ci sono gli incubi. Incubi dove sono legata ad un palo e la febbre mi divora, scatenando un terribile rogo. Altri dove vengo lapidata e, nonostante mi copra le orecchie con le mani, non riesco a sfuggire alle accuse della gente.
Assassina,mi chiamano. Vogliono lavare il sangue degli innocenti con quello dei sopravvissuti, ma non si rendono conto che si stanno macchiando a loro volta. E le pietre mi cercano, trovano i punti scoperti, colpiscono. Forte, come le verità non dette.
La prima, che distrugge il cuore con una forza inaudita.
La verità è che niente tornerà come prima nel caso uscissi viva da quest'arena, Johanna.
La seconda, che apre una crepa nella mia anima.
La verità è che tu sei sempre stata diversa dagli altri bambini, più cattiva, più portata per l'omicidio. Credi davvero di essere così diversa da Drake, Johanna?
E la terza, la pietra più pesante, quella che cadeva sempre come un macigno nel silenzio di una perfezione sintetica. Quella che manda tutto in frantumi, e calpesta i pezzi per evitare di farli ricomporre.
La verità è che lui non amava tua madre, l'ha solo usata. Ti ha odiata Johanna, dalla prima volta che ha incrociato il tuo sguardo.Ed è colpa tua, Johanna, solo colpa tua!
-Johanna, Johanna!- questa volta lo schiaffo è reale. Sento chiaramente la guancia andare in fiamme, sotto le lacrime calde e salate. Cerco di sollevarmi e, dopo parecchi tentativi, mi metto seduta, pur non riuscendo ad aprire gli occhi.
-Come sai il mio nome?- domando con voce roca, senza preoccuparmi di controllare chi sia il nuovo nemico che, sicuramente, non riuscirò a battere. Non nelle mie condizioni. Mi prendo la testa tra le mani, massaggiandomi la fronte e cercando di ricordare come sono arrivata in questo posto umido e buio.
Una risata cristallina rompe il silenzio, e mi scatena un mal di testa martellante.
-Ricordo solamente i nomi dei nemici che considero pericolosi-risponde, con fare divertito. La ragazza -dalla voce deduco che sia una femmina- appoggia delicatamente una mano sulla mia fronte, e mi spinge a terra, costringendomi a tornare sdraiata. Non ricevendo risposta, inizia a fischiettare, mentre armeggia con le bende strette attorno alle mie braccia. Dopo qualche secondo sposta la sua attenzione alla ferita sulla tempia, e la sento trasalire. -Senti Johanna... Posso chiamarti Joh?- dice, inginocchiandosi al mio fianco.
-No.-Solo mia madre mi chiama Joh, di certo non una sconosciuta qualsiasi che, per qualche strano motivo, ha deciso di curarmi. La ragazza ride nuovamente, decidendo di ignorare quanto ho appena detto. -Va bene, Joh. Ti dicevo, abbiamo un piccolo problema- deglutisce, tornando improvvisamente seria. Muovo impercettibilmente la testa incitandola a continuare, e mi strofino gli occhi con le mani per convincerli ad aprirsi. -Le bende potrebbero essersi attaccate alla ferita, quindi ti farò un po' male. Cerca di non urlare, altrimenti rischiamo di farci trovare- spiega, con un tono di voce dolce e carezzevole. Annuisco, e per un attimo mi sembra di essere tornata bambina, con mia madre che mi guarisce i calli sulle mani causati dall'ascia e dall'arco.
-Così da brava. Ah, cos'è quella sulla guancia? Le brave bambine non piangono Joh, te l'ho già detto- mi rimproverava, con fare gentile. Io sorridevo tra le lacrime, e mi guardavo le mani insanguinate, che gemevano al contatto con il disinfettante.
Il dolore mi strappa con forza ai ricordi, costringendomi a tornare ad una realtà buia e grigia, a cui non vorrei appartenere. E, ignorando le raccomandazioni, urlo, perché il dolore è insopportabile. È come se mi stessero staccando la pelle viva, come se il fuoco mi stesse divorando il cervello. Mi sollevo di scatto e spalanco gli occhi, che si riabituano lentamente a stare aperti. Il pulviscolo presente nell'aria li ferisce e mi costringe a ridurli a due fessure, ma riesco comunque a vedere la ragazza al mio fianco. Capelli lunghi e ramati, che ricadono dolcemente sulle spalle. Occhi scuri ma stranamente luminosi, che completano un volto pallido e magro.
-Lauren- sussurro, cercando inutilmente l'ascia al mio fianco. Non trovo nemmeno la cintura, di certo deve avermela tolta mentre dormivo. Mi guarda con aria delusa e si gratta le testa, dopodiché lascia ricadere le braccia lungo i fianchi.
-Ti avevo detto di non urlare!-
 
-Niente, te l'ho già detto- mi assicura per l'ennesima volta, porgendomi un panino caldo e morbido, che sembra essere appena sfornato. Tendo il braccio destro e, non senza fatica, riesco ad afferrarlo e portarlo alla bocca. È ancora più buono di quanto non sembrasse, forse perché non mangio qualcosa del genere da quando sono entrata nell'arena.
-Nemmeno sott'acqua?-domando speranzosa. Non può essere sparita...
Lauren alza le spalle, estraendo da uno zainetto un contenitore pieno di carne dall'aria succulenta. -Pioveva troppo per mettersi a cercare in giro gli oggetti che avevi seminato. E poi avevo altre priorità, piuttosto che cercare un'ascia- ribatte, accennando alle mie braccia fasciate e alla tempia ferita. Fantastico, adesso sono disarmata e ferita nella tana del nemico. Potrebbe andare peggio?
Abbasso lo sguardo sulle mie gambe strette in una coperta di lana, e inizio ad accarezzarne un lembo. Quando sollevo la testa e torno a guardare Lauren, ho finalmente trovato il coraggio di fare la domanda che mi preme sulle labbra da quando mi sono svegliata. -Perché non mi hai lasciata morire?-
Le mie parole cadono nel silenzio di quella grotta piuttosto angusta, ubicata chissà dove. Lei si limita a sorridere, senza smettere di mangiare. -Se la vita ti offre un dono, non credi sia meglio accettarlo senza troppi perché, piuttosto che attendere una spiegazione che forse non arriverà mai?- dice con fare retorico, sollevando con cura il coperchio del contenitore di plastica. -Mi risulta che il dono in questione non me l'abbia fatto la vita, ma una perfetta sconosciuta che in teoria dovrebbe uccidermi- la correggo, inarcando un sopracciglio. Insomma, potrei anche capirla se avesse ucciso il puma e poi mi avesse abbandonata sulla riva, per evitare che mi sbranasse. Sarebbe stato comunque un bel gesto, dettato dalla pietà. Ma portarmi nel suo nascondiglio, curarmi e poi sfamarmi, non ha davvero senso.
Appoggia a terra il contenitore e si inginocchia di fronte a me, arrivando alla mia altezza. -La verità è che mi piaci, Joh. E poi direi che è meglio stare dalla stessa parte di una ragazza in grado di scagliare l'ascia contro il tuo collo e staccarti di netto la testa- spiega, aggiungendo una delle sue solite risate. Trasalgo, mentre si mette a fare un elenco delle abilità che non ho mai mostrato. La interrompo dopo qualche secondo, cercando di capire su cosa si basino le sue scoperte.
-Per favore. Ti ho visto uccidere un ragazzo più alto e muscoloso di te con un coltello da lancio dalla lama sottilissima, non penserai di darmi a bere la storiella della pazza del distretto sette!- dice con un gesto di noncuranza. Deglutisco. -Intendi quello del quattro?- domando, intimorita dal suo arsenale di informazioni sul mio conto. Lauren annuisce, infilandosi in bocca un pezzo di carne e allungandomi il contenitore.-A proposito del coltello, sarebbe mio e mi piacerebbe riaverlo- dice mentre fisso con interesse morboso la carne. Alzo lo sguardo e la guardo con aria interrogativa, confusa. L'ho trovato assieme a quella ragazzina ferita, ed è con quello che ho ucciso per la prima volta.
In risposta alla mia domanda silenziosa, si sbottona una specie di gilet allacciato sul petto e mi mostra l'interno, che presenta una marea di coltelli da lancio di varie dimensioni, tutti affilati e letali. Indica uno spazio vuoto che stona tra le lame brillanti e sorride della mia aria sorpresa.-Non so nemmeno dove sia finito...- obbietto.
-Ho messo la tua roba in un angolo, non ho toccato niente-mi tranquillizza, mostrandomi lo zaino vede con un coltello rosso di sangue appoggiatovi sopra. Poi si alza di colpo, facendomi sobbalzare, e sparisce nel buio addentrandosi nella grotta. Per qualche minuto mi giunge un cozzare indistinto di lame, poi un tonfo sordo seguito da un silenzio che mi fa credere di essere rimasta sola. Magari è caduta su un coltello ed è morta, mi dico.
Sono quasi tentata di andare a controllare, quando Lauren ricompare brandendo un'ascia enorme, con il manico lungo poco meno del suo braccio. -Visto che hai perso la tua ascia, direi che puoi prendere questa- dice, tornando a sedersi accanto a me. Me la piazza tra le mani e sento subito le mie braccia ferite piegarsi sotto il suo peso, ma mi sforzo di non farla cadere. -Tu sei pazza- dico intimorita. -Salvi il tuo nemico, lo curi, lo sfami e, in ultimo lo armi. Cosa speri di ottenere?- domando sinceramente preoccupata, guardandola negli occhi.
Sorride, questa volta con freddezza. -Oh, ma noi non siamo nemiche. Alleate, giusto?- dice, con un tono di voce spietato così diverso dal solito, che non ammette repliche. Mi costringo ad annuire, consapevole del fatto che potrebbe uccidermi da un momento all'altro se solo le venisse voglia. Sul suo viso compare di nuovo un sorriso radioso, e mi porge per l'ennesima volta il contenitore. -Un po' di carne di puma?-
 
 

 

My space:
Ok, no. Io faccio schifo. Ma schifo schifo D:
Lo so, ci ho messo una vita ad aggiornare, ma... Oggi ho iniziato la scuola, e speravo di ricevere qualche commento per tirarmi su!
Che sceeeema. Vabbeh, spero che il capitolo vi piaccia! Scommetto che avevate già capito che la "salvatrice" era Lauren :'D
É un po' strana, lo ammetto, lol. Ma vedrete che non è poi troppo male... Insomma, a me piace *u* ma mi sembra normale, visto che l'ho creata io :')
Uff, ho anche sonno. (?).

Comunque! Volevo pubblicizzare questa ff che ho iniziato a leggere poco tempo fa, si intitola “while your lips are still red” ed è un “what if?” che parla dei 100esimi hunger games. Io la trovo molto interessante e ben scritta, inoltre i personaggi sono caratterizzati benissimo, sembra quasi di vederli! Davvero, io la adoro.

E secondo me merita più recensioni cwc spero di avervi incurisite, nel caso vi lascio il banner (che ho appena terminato, lool) e potete arrivare alla storia cliccandoci sopra :)

  
 
Basta, è meglio che me ne vada! Spero di riuscire ad aggiornare presto, nonostante la scuola e la stanchezza lool 
fatemi sapere se la "sorpresa" vi è piaciuta :D
Grazie per aver letto il capitolo ( che è lungo luuungo )  ♥
Bascii, medusina c: 




Ps. Buooona la carne di puma, vero Joh? (?)
   
 
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