Fanfic su attori > Andrew Garfield
Ricorda la storia  |      
Autore: miseichan    17/09/2012    19 recensioni
[Andrew Garfield]
- E’ circonciso, signor Garfield? –
Andrew si voltò basito, il commento bloccato a metà:
- Se sono… -
- Ah, sarà uno spasso! – gioì Emma, dandogli giocosamente di gomito.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Intervista col botto'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




Intervista col botto

 

Una vagonata di caffè

 

 

 

 

 

 

“Ommiodio!”
La porta si aprì di scatto e si richiuse con altrettanto slancio. 
“Sono in ritardo, lo so… sono… sono mortificato!” ansimò il giovane, caracollando fino alla poltroncina e accasciandovisi con un respiro tremante. “Mi si è fermata la macchina e ho dovuto correre per qualcosa come cinque isolati prima che…”
“Non è in ritardo.”
Il monologo sconnesso s’interruppe e gli occhi grigi del ragazzo si sollevarono spauriti.
“Non sono in ritardo?” boccheggiò, cercando ancora di riprendere fiato. “Davvero?” 
“E’ in anticipo di cinque minuti,” sorrise l’altro, annuendo con fare sicuro. “Stia tranquillo.” 
“Oh.” 
Si guardò attorno, il cuore che batteva violentemente contro la gabbia toracica. 
“Ad ogni modo…” ansò, porgendo la mano. “Io sono Paul. Paul Mitchell.” 
“Andrew Garfield,” sorrise benevolo l’altro, stringendogli la mano.
Paul annuì con espressione imbarazzata, inumidendosi le labbra.
“Dov’è… dov’è la signorina Stone?” si azzardò a domandare, il respiro che lentamente si regolarizzava. 
“Si è allontanata un attimo.” 
“Ma… tornerà? Cioè… ci sarete entrambi per l’intervista, non è vero, signor Garfield?” 
Andrew aggrottò le sopracciglia, accavallando le gambe e piegandosi in avanti verso il nuovo venuto.
“Si sente bene?” chiese, sinceramente interessato. 
“Io?” scattò quello. “Certo! Solo un po’ stanco, quasi esausto direi, ma è colpa della corsa e poi…” si passò una mano sul viso, sbattendo ripetutamente le palpebre. “… sono nervoso, ecco.” 
“Colpa mia?” 
“No, certo che no!” fece subito. “No, anzi, sì. E’ la situazione in generale, direi… sa com’è: l’intervista e…” 
“Vuole un po’ d’acqua?” 
“Sì, sì… forse è il caso,” annuì, sporgendosi automaticamente verso il tavolino fra di loro e afferrando con dita incerte la bottiglia. “Non vorrei mi capitasse ancora, sa.” 
“Cosa?” 
“Svenire.” 
Andrew schiuse le labbra, studiando il giovane con maggiore attenzione.
“Riempirebbe anche il mio bicchiere?” chiese, avvicinando la sedia al tavolino. 
“Sicuro!” esclamò quello, allungando prontamente il braccio.
“Sviene frequentemente?” 
La domanda lo colse di sorpresa, facendolo sussultare pateticamente: sollevò lo sguardo con espressione allarmata e cercò il modo più appropriato di rispondere, completamente dimentico di ciò che stava facendo.
“Ecco… non così frequentemente come potrebbe sembrare, è solo che mi capita di…” 
“L’acqua! Stia attento che…” 
Andrew scattò in piedi, allontanando la poltrona ormai già bagnata e poggiando delicatamente il bicchiere stracolmo. 
“Ommiodio!” guaì Paul, fissando con occhi sgranati i jeans fradici dell’altro. “Non volevo! Io… mi sono distratto e ho continuato a versare e… ommiodio! Sono… signor Garfield, mi dispiace immensamente! Aspetti che…” 
Cominciò rapidamente a frugare nella borsa che portava a tracolla e ne estrasse una manciata di fazzolettini.
“Ci penso io, ecco! Mi scusi, davvero! Non so cosa mi è preso e…”
Si inginocchiò di fronte all’altro e prese a tamponargli i jeans, l’espressione costernata.
“Mi deve perdonare, davvero! E’ solo che non so dove diavolo ho la testa e…” 
“Preferite che torni più tardi?” 
Paul si girò rapidamente, incontrando lo sguardo divertito della ragazza ferma sulla porta; cercò invano qualcosa da dire, rendendosi pienamente conto della sua posizione solo in quel momento. Arretrò lentamente, allontanando il volto da quello che era il cavallo dei pantaloni di Andrew Garfield. Sì… il cavallo dei suoi pantaloni. Il cavallo… 
“Hai fatto amicizia, Andy?” domandò raggiante l’ultima arrivata, sedendosi leggiadramente. 
“No!” provò Paul con un filo di voce, tirandosi faticosamente in piedi. “Io… non so cosa sia successo. Ho rovesciato l’acqua e…” 
“Se permette preferirei continuare da solo,” lo interruppe Andrew, prendendogli i fazzoletti dalla mano. 
“Certo. Certo, certo… io…” scosse il capo, affranto. “Se volete me ne vado.” 
Andrew fece per annuire, ma fu prontamente interrotto.
“No, no. Perché mai?” sorrise Emma. “Non abbiamo ancora cominciato l’intervista, in fin dei conti. Lei è…?” 
“Paul,” biascicò incredulo lui. “Paul Mitchell. Tutti, però, mi chiamano Pop.”
“Pop,” ripeté lei. “Come mai, Pop?”
“Io…” cominciò Paul, carezzandosi la testa con fare imbarazzato. “Ecco…” 
“Mi presta la sua poltrona, almeno?” intervenne Andrew, leggermente burbero.
“Certo!” rispose lui, affrettandosi a porgergliela. “E mi scusi ancora, non so come…” 
“E’ sempre così nervoso?” domandò Emma, inclinando il capo di lato. 
“Prima ha anche accennato a uno svenimento,” borbottò Andrew, accomodandosi con espressione contrariata. 
“Non essere scortese, tu,” lo riprese lei. “E’ un cucciolo, poverino.” 
“Io non… come…” 
“Quanti anni ha?” s’informò divertita lei, arricciando le labbra. 
“Di… diciannove, ma…” 
“Ed è già un giornalista? Non è un po’ presto?” 
“Io non… è una storia lunga, ecco.” 
“Perché è così nervoso?” 
“Io non…” 
“Non sarà la sua prima intervista?” chiese a quel punto Andrew, sgranando leggermente gli occhi scuri. 
Paul chiuse le labbra, accasciandosi sul pavimento e incrociando le gambe: frugò nuovamente nella borsa e ne estrasse un registratore vecchio modello, ricoperto di nastro adesivo colorato. Si schiarì la gola e fissò entrambi con finta sicurezza.
“Dunque,” mormorò. “Cominciamo?”
“Non ha risposto,” fece Andrew, poggiando i gomiti sulle ginocchia e piegandosi in avanti.
“E non la dai a bere a nessuno con quell’espressione dura,” ridacchiò Emma. “Sei un cucciolo.” 
“Ascoltate, io…” scosse il capo, soffiando in alto per allontanare un ciuffo di capelli biondi. “Ammettiamo anche che questa sia la mia prima intervista, okay? Io… ce la posso fare. Vero?” 
“Lo sta chiedendo a noi?” 
“Non essere duro con lui, Andy,” sorrise Emma. 
“Cos’è, vuoi adottarlo, per caso?” ridacchiò lui, pizzicandole un fianco. 
“Possiamo… possiamo cominciare?” balbettò Paul, gli occhi grigi che imploravano aiuto. 
“Certo,” annuirono entrambi. “Siamo pronti.” 
“Okay. Allora…” 
“Non dovrebbe avere una lista di domande?” chiese Andrew, inarcando un sopracciglio e sfregandosi le mani. 
“Io… io l’avevo preparata, sì. Solo che… ricorda l’auto che si è fermata? Ecco, è ancora lì dentro.” 
“Non fa niente,” sbuffò ilare Emma. “Domanda ciò che vuoi.” 
“Em, non credo che dovresti…” cominciò Andrew, nel momento stesso in cui Paul poneva il suo primo quesito.
“E’ circonciso, signor Garfield?” 
Andrew si voltò basito, il commento bloccato a metà.
“Se sono…” 
“Ah, sarà uno spasso!” gioì Emma, dandogli giocosamente di gomito. 
“E’ ebreo, no?” continuò Paul, la voce ferma. “Mi chiedevo se fosse stato circonciso o se la sua famiglia non segue più…” 
“Non credo sia una domanda che le è permesso fare, signor Mitchell,” biascicò Andrew, ancora stordito dalla sorpresa. 
“Oh, mi chiami Pop,” sorrise quello, annuendo rapidamente. “Senta, è a conoscenza delle storie riguardo a lei e Jesse Eisenberg? Se sì, cosa ne pensa?” 
“Storie? Che storie? Jesse e io?” 
“Signorina Stone, lei naturalmente è bionda, non è vero?” 
La risata le morì sulle labbra non appena si sentì chiamata in causa.
“Io? Sì, sono bionda,” annuì, una mano poggiata sulla spalla di Andrew. “Perché?” 
“E’ vero che il suo primo lo ha ottenuto solo perché si era tinta i capelli? Castani, se non sbaglio. Come mai, secondo lei?” 
“Ecco… non direi che…” 
“Sta meno bene con il biondo, secondo lei?” 
“Non…” 
“A me piaci più rossa,” commentò Andrew, guardandola con espressione assorta. 
“Come sarebbe a dire?” squittì lei, fulminandolo con lo sguardo. 
“Non fraintendermi: mi piaci sempre, certo, rossa però sei più…” 
“Più?” 
“Sexy,” finì per lui Paul. 
E gli sguardi tornarono a puntarsi sul giovane biondo. 
“Le dispiace che tutti la conoscano come Emma quando invece all’anagrafe è registrata come Emily?” 
“Senti, cucciolo… perché non torni a concentrarti su di lui, eh? Era più divertente.” 
“Oh, oh… okay. Signor Garfield… lo sa che il suo accento britannico mi piace un sacco? Scommetto che funziona un sacco con le donne, non è vero? Dice che riuscirei a impararlo? E… oh, mi scusi, sto divagando. Parliamo della sua camicia a fiori, invece.”
“Prima non era così,” fece Andrew, carezzandosi la barba appena cresciuta. 
“Come, scusi?”
“Fino a dieci minuti fa sembrava prossimo allo sfinimento, com’è possibile che adesso sia così?” 
“Così, come?” 
“Così… irrefrenabile.” 
“Sto facendo il mio lavoro, signor Garfield. Sono qui per un’intervista, no?” 
“E’ al corrente del fatto che questa è tutto fuorché una normale intervista?” 
“Sto… sto sbagliando qualcosa?” 
“Oh, no,” scosse la testa Emma, facendogli cenno con la mano di proseguire. “Che dicevi su quella camicia a fiori?” 
“Sì, ecco… la camicia hawaiana che indossava in una scena di The Social Network, con tanto di cappello di paglia. Ha visto il video con lei che balla Kokomo dei Beach Boys?” 
“Kokomo?” intervenne rapida Emma. “Quella che fa… Aruba, Jamaica, ooh, I wanna take ya…” 
Paul annuì, tutto sorridente. 
“E io la ballo?” sbottò Andrew. “Come sarebbe?!” 
“Non lo ha visto, va bene… procediamo: sembra che all’età di tre anni lei si sia…”
“No, no, aspetti! Questo video di cui sta parlando… tu lo hai visto?” fece, girandosi verso Emma. 
“No che non l’ho visto,” piagnucolò lei. “Devo assolutamente vederlo, però. Cioè… non me lo posso perdere! Quand’è che ti sei messo a ballare davanti a una telecamera, si può sapere? Alla festa di Tom, eh? Vi siete ubriacati, sì?”
“Io non ho mai ballato davanti a una telecamera!” scandì perentorio Andrew, scuotendo alacremente il capo. 
“Eri in un mutande?”
“Oh, signore!” gemette, allargando le braccia con fare esasperato. 
“Ehm…” si schiarì la voce Paul. “Dicevo: all’età di tre anni si è mascherato da Spiderman e vent’anni dopo si è ritrovato a interpretarlo per davvero. Vede l’ironia della cosa o…”
“Da piccolo se non sbaglio ti sei travestito anche da Pippi Calzelunghe, se ti offrissero il ruolo dici che accetteresti?” lo interruppe Emma, sbattendo le ciglia in direzione del ragazzo. 
“Sei arrabbiata, adesso?” 
“Mi da fastidio che…”
“Non mi sembra il momento, Em,” sussurrò fra i denti Andrew, scoccando una rapida occhiata a Paul. 
“Oh, no, si figuri… se vuole mi tappo le orecchie,” sorrise quello, focalizzando immediatamente tutta la sua attenzione sulle scarpette che indossava. 
“Visto che cucciolo che è?” fece lei. “Si può sapere perché prima lo trattavi male?”
“Non lo trattavo male! Ed è stato lui a cominciare! Mi stava palpeggiando, per l’amor del Cielo!” 
“Volevo solo asciugare, lo giuro!” 
“Non si doveva tappare le orecchie, lei?” 
“Non vorrei che mi denunciasse per molestie, signor Garfield…”
“Uh, ma che molestie e molestie! Andy, chiedigli subito scusa!” 
“Per cosa?!” 
“Perdonalo, Paul. E’ un po’ nervoso, ultimamente… è che sta provando a smettere di bere caffè, capisce?” 
“Io non sono nervoso ultimamente,” scandì Andrew. “Siete voialtri che…” 
“Vuole una tazza di caffè?” si offrì Paul, alzandosi rapidamente in piedi e avvicinandosi alla macchinetta nell’angolo. 
“No… io non posso, ma grazie e…” 
“Fra l’isterismo e la dipendenza da caffeina preferisco la seconda, tesoro.” 
“Stai dicendo che devo riprendere a bere il caffè? Sei stata tu a dirmi che esageravo e…”
“Vedi? L’isterismo di cui ti parlavo.” 
“Oh, mi dia quel caffè!”
Paul si stava già avvicinando con la tazza piena: rallentò quando si trovò a pochi passi dall’altro e gliela porse con estrema cautela, timoroso di versargli addosso anche quella. Non appena il caffè fu al sicuro fra le mani di Andrew sospirò e tornò a sedersi sul tappeto, sorridente come prima.
“Buono?” domandò, inumidendosi ancora una volta le labbra. 
Andrew rispose con un verso gutturale di puro piacere. 
“Visto? Bastava il caffè,” si strinse nelle spalle Emma, puntando gli occhi al soffitto. 
“Okay, tornando a noi…” tentò Paul. “… è vera la storia di Pippi Calzelunghe?” 
“Non per lei,” risposero insieme i due, sorridendo affabilmente. 
“Perfetto,” annuì lui. “Basta essere chiari. Ora… sembra che per prepararsi al film The Amazing Spiderman, lei abbia fatto un sacco di palestra, non è vero, signor Garfield?” 
“Io sì, ma…”
“E i muscoli? Voglio dire, dopo tanto allenamento non dovrebbe assomigliare tipo a Dwayne Johnson?”
“Lo sai che hai ragione, Em?” ridacchiò Andrew, stringendo amorevolmente la sua tazza di caffè. “E’ proprio simpatico il ragazzino.” 
“Non sono un ragazzino, io,” saltò su Paul. “E poi… qual è il suo segreto, eh?” 
Andrew inarcò un sopracciglio, attendendo che continuasse. 
“Niente muscoli, aspetto da nerd, eppure stuoli di ragazze che le cadono ai piedi… neanche io ho i muscoli, no? Le donna che ha lei, però, io me le sogno soltanto. Per non parlare del fatto che esce con la signorina Stone e…”
“Forse è l’accento inglese, sai…” ponderò l’altro, bevendo placidamente un altro sorso. 
“Allora devo necessariamente impararlo,” annuì Paul, rivolgendosi subito dopo a Emma.
“Cos’è che la attrae del signor Garfield?” chiese. “Sono i cappucci, per caso?”
“A quali cappucci ti riferisci, Paul?” ribatté lei, sorridendo maliziosamente. 
Paul arrossì vistosamente, la risatina di Andrew che invadeva soffusamente la stanza.
“I cappucci delle felpe, ecco… non li indossava solo nel ruolo di Peter Parker, no? Anche nel film Boy A portava sempre il cappuccio calcato in testa e… oh, ma lo sa che indossiamo le stesse scarpe, signor Garfield?” 
“Davvero?” sorrise Emma, sporgendosi a guardare. “Che carini che siete!” 
“Me le autograferebbe, signor Garfield?” 
“Certo,” annuì lui, afferrando la penna che Paul gli porgeva e piegandosi in direzione della scarpetta da ginnastica. 
“Ha mai notato di chiamarsi come il gatto?”
Andrew sollevò a malapena lo sguardo, terminando di scrivere il proprio nome.
“Che gatto?”
“Garfield!” esclamò Paul, riprendendosi la penna e porgendola poi a Emma senza parlare. “L’enorme gattone arancione, ha presente?” continuò, allungando il piede verso la ragazza. “Quello che dorme sempre e… non firma, lei?” 
Emma ridacchiò, affrettandosi a stringere la scarpetta fra le mani.
“Subito,” approvò. “E poi, Andy, me lo ricordi parecchio il gatto, sai?”
“Oh, che simpatica!” sorrise ironico lui. “Puoi dire quel che vuoi, tesoro: ho il mio caffè, non mi tange più nulla ora.” 
“Avete sentito?” sussurrò Paul, guardandosi attorno e ritirando il piede. 
“Cosa?” 
“Il trillo… come una campanella.”
“Ah, sì,” annuì Emma. “E’ il segnale.” 
“Che segnale?”
“La fine dell’intervista.”
“Oh… no, no, no. Io non ho ancora finito le domande!” 
“Ma se non ha neanche la lista con lei!” lo riprese divertito Andrew. 
“Mi venivano in mente sul momento, però!” si lamentò Paul, fissandoli con aria speranzosa. 
“Sai cosa, Paul?” intervenne Emma. “Credo di aver capito perché ti chiamano Pop.” 
“Ah, sì?” 
“Sei un ragazzo col botto, tu,” sorrise lei.
“Come le sue interviste,” mugugnò Andrew, arricciando le labbra e finendo il caffè. 
“Io… vi ringrazio immensamente,” si alzò in piedi Paul, lanciando una rapida occhiata alla scarpa destra. “E grazie per le firme, e grazie per non denunciarmi per molestie sessuali e…” 
“Ora vada, Pop,” sogghignò Andrew, accennandogli la porta. “Non mi faccia cambiare idea.” 
“Oh, certo. Grazie ancora e arrivederci!” esclamò, afferrando rapidamente il registratore e fiondandosi fuori. 
“Paul,” gli giunse la voce di Andrew prima che sparisse. “Se dovesse ricapitare, di incontrarci, intendo… porti con sé una vagonata di caffè, mi raccomando.”
Si chiuse la porta alle spalle e con un sospiro vi si accasciò contro, esausto. Si guardò le mani tremanti e gli occhi si bloccarono sul registratore che stringeva tra le dita. Lo fissò con aria assente, non riuscendo a capacitarsi della cosa. 
Possibile? Possibile che fosse davvero spento?
Oh, cazzo. 

 

 

 

 

 

 

 

§§§

 

 

 

 

* Pop in inglese significa, appunto, anche botto. 

** Molte delle cose dette durante il colloquio sono state inventate di sana pianta. 

 

Allora.
Cosa ve ne pare?

Scemo, che più scemo non si può, vero?
Probabilmente è così, ma non mi vergogno ad ammettere di essermi divertita immensamente a scriverla. 
Questa qui è completa, ma il lavoro di Paul continuerà: ho intenzione di scrivere una serie di interviste, ognuna incentrata su un attore|attrice diverso. 
Niente di serio, per carità… si fa per ridere. ^^
Se volete seguire, a breve metterò qui sotto il link della serie.
Un bacione e alla prossima intervista col botto, 
Sara 

 






 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 19 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Andrew Garfield / Vai alla pagina dell'autore: miseichan