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Autore: Eman    17/09/2012    0 recensioni
< Tutto qui? > disse con voce divertita, l'allarme di una macchina suonava lontano.
< Perchè non mi uccidi e basta? > un pugnale le si piantò nel petto quando cercò di riprendere fiato. Strinse i pugni e si costrinse a non gemere.
< E avrei fatto tutto questo solo per ucciderti così velocemente? > allargò le braccia indicando il paesaggio davanti a sé. Morte e dolore era ora la città.
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve, non ero sicura di inserire la storia in questa categoria per il semplice motivo che per ora non appaiono personaggi di Dragonball, nonostante il mondo che ho adottato sia grosso modo lo stesso. Avevo pensato di fare incontrare i miei pesonaggi con alcuni dell'anime, ma per ora sono solo idee che non ho ancora tradotto su carta. Spero che questo non vi dia troppo fastidio. Buona lettura ( spero )




Urlò dal dolore, piegandosi in ginocchio. Le braccia strette attorno al costato. Il calcio era stato forte, probabilmente le aveva rotto due o tre costole. Il terreno era freddo sotto di lei, lo strato d'asfalto era stato quasi tutto svelto dalla furia della lotta. Il suo sguardo era puntato a terra, i capelli rossi le ricadevano sul volto. Intravide delle scarpe che a passi lenti si avvicinavano, i sassolini scricchiolavano sotto il loro peso. Quanto avrebbe resistito ancora? L'uomo si fermò a pochi centimetri da lei.

< Tutto qui? > disse con voce divertita, l'allarme di una macchina suonava lontano.

< Perchè non mi uccidi e basta? > un pugnale le si piantò nel petto quando cercò di riprendere fiato. Strinse i pugni e si costrinse a non gemere.

< E avrei fatto tutto questo solo per ucciderti così velocemente? > allargò le braccia indicando il paesaggio davanti a sé. Morte e dolore era ora la città. Alcuni sopravvissuti si stavano nascondendo dietro le macerie di un edificio, non potevano muoversi senza che l'uomo li vedesse, quindi stavano tutti accucciati tremando e aspettavano la fine di tutto. Fino a poco tempo prima erano estranei, ora si abbracciavano e piangevano insieme, condividendo lo stesso destino. L'unione nella tragedia.

Ariel tossì e macchioline di sangue macchiarono il suolo. Barcollò cercando di rimettersi in piedi, le gambe le tremarono incapaci di reggere il suo peso, la mano dell'uomo come una saetta le si avventò al collo. La alzò con facilità, sorridendo nel sentire i gemiti soffocati della ragazza. Strinse la mano più forte, sentendo la trachea che piano piano cedeva sotto la forza delle sue dita. Il volto della ragazza divenne paonazzo, boccheggiò in cerca d'aria. L'uomo aspettò qualche secondo prima di allentare la presa. Ariel inspirò avidamente l'aria, sentendo il dolore acuto delle costole rotte premere sui polmoni. Nonostante tutto aveva ancora forza, la sentiva dentro di lei, se avesse reagito in quel momento, se si fosse difesa, l'uomo davanti a lei sarebbe morto, ma no, non poteva farlo. Alzò lo sguardo verso uno dei pochi edifici ancora in piedi, un grosso schermo in bianco e nero era posto sulla cima, proiettava l'immagine di due persone, una era legata con spesse corde. Ogni volta che si muoveva sembrava che queste assorbissero parte della sua energia, il prigioniero sembrava esausto. Era per lui che non poteva reagire. L'altra figura era immobile, pronta ad intervenire nel caso che lei o il prigioniero facessero qualcosa di avventato.

< Guardati > il tono dell'uomo era disgustato < stai sacrificando la tua vita e la tua gente per una sola, misera persona. > Con l'altra mano le afferrò il volto, costringendola a guardarlo negli occhi. Si avvicinò, tanto che Ariel potè sentire il calore del suo fiato sulle guance. Ariel si guardò intorno, un piccola folla li stava guardando, i volti erano ricoperti di polvere, aspettavano un qualche miracolo forse, ma Ariel non poteva fare niente. Non rispose alla provocazione di Lmar, continuò a guardare in basso cercando con entrambe le mani di allentare la presa. L'uomo irritato la colpì una lunga serie di pugni sullo stomaco, Ariel non riuscì a trattenersi ed esplose in urla terrificanti. Con gli occhi socchiusi vide che molte delle persone avevano distolto lo sguardo, quasi fossero imbarazzati di non poter fare niente per lei. Passò un'infinità di tempo prima che la serie finì e Lmar con un accennò di fiatone sorrise soddisfatto al volto sofferente di Ariel.

< Nonostante tutto quel sangue sei bellissima > disse scostandogli una ciocca di capelli da davanti alla faccia. Il gesto sarebbe sembrato dolce fuori dal contesto. Fece scendere la mano non occupata lungo la parte del collo libera della ragazza, poi scese ancora, le dita scivolarono dolcemente lungo lo sterno e scesero infine verso la zona addominale. Gli occhi di Ariel si serrarono dalla paura, immaginando quello che sarebbe avvenuto dopo, iniziò a divincolarsi risvegliando la forza che aveva soffocato. Si liberò dalla presa dell'uomo e lo scaraventò a terra, gli mise un piede sullo stomaco in modo che l'uomo non potesse rialzarsi, solo allora realizzò quello che aveva fatto. Un urlò lacerante provenne dallo schermo sopra il grattacielo, Ariel alzò lentamente gli occhi verso la sorgente luminosa e lo vide. Marc ora era svenuto, dove prima c'era la mano ora un mozzicone sgocciolante, sembrava ancora vivo, però le pulsazioni erano deboli, il sangue usciva dalla arterie lacerate a ritmi sempre più lenti. Di fianco la figura sogghignava. Ariel cadde in ginocchio a terra, le mani battevano rabbiosamente sul suolo, creando profondi solchi. Il suo corpo fu scosso da singulti, cercò inutilmente di trattenere le lacrime. Lmar si alzò, anche lui ora barcollava, l'espressione inferocita di trasformò in un ghigno quando vide le lacrime di Ariel.

< Dev'essere stato doloroso > non specificò a chi si riferiva

< Uccidmi e falla finita >

< Pregami > . Si avvicinò arrivando di fronte a lei.

Ariel strinse i pugni, tagliandosi i palmi delle mani con le unghie.

< Ti prego, basta >

Una grossa risata di gioia pura uscì dalla bocca di Lmar

< Quasi non ci credo. Tu mi stai pregando di ucciderti. Avrei dovuto registrarlo, non molti ci crederanno, pensavano che il mio viaggio fosse solo una pazzia > Gli occhi azzurri di Lmar brillavano di eccitazione.

Ariel guardò per un' ultima volta lo schermo, il sangue aveva smesso zampillare, ora il corpo di Marc pendeva inerme ancora legato alle corde. Di fianco la guardia si guardava intorno agitata, probabilmente cercava un modo per comunicare con Lmar, solo che lui era troppo occupato per accorgersene. Marc era morto, lo aveva ucciso lei? La rabbia iniziò a montarle, il sangue a ribollire nelle vene, sentì come una scarica elettrica su tutto il corpo quando finalmente si rialzò. Lmar indietreggiò

< Cosa vuoi fare? > il tono arrogante era incrinato, un accennò di paura oscurò i suoi occhi, si girò a guardare lo schermo e impallidì all'istante.

< è... è morto > farfugliò

< Si sono ribaltate le parti adesso > ora era lei che sorrideva, un sorriso sinistro. Malvagio l'avrebbe descritto che non conosce Ariel.

La ragazza avanzava a pelo sul terreno, le scariche elettriche sul suo corpo producevano profondi solchi. Si fermò a pochi centimetri da lui, tutto il dolore era scomparso. C'era solo rabbia.

< S...se solo avessi fatto quello che volevo > quelle che luccicavano negli occhi di Lmar sembravano lacrime

< Tutto questo non sarebbe successo >

< Perchè volevi uccidermi? >

< Se te lo dicessi mi lasceresti vivere? >

< No >

< Immaginavo > abbassò gli occhi, come accecato da una luce proveniente dalle spalle di Ariel. Seguì un lungo istante di silenzio. Lmar sembrava stare combattendo qualche demone interno, si morse le labbra e scosse più volte la testa. Poi parlò

< Vengo da un pianeta chiamato Gorick > Ariel si accigliò, non aveva mai sentito parlarne < La mia famiglia aveva qualcosa che destò le attenzioni di molti personaggi importanti: una gemma capace di trattenere e conservare energia, grandi quantità di energia. Se gli scienziati avessero scoperto la sua struttura e se fossero riusciti a costruirne artificialmente delle altre, allora il mio pianete avrebbe colonizzato l'intero universo. Il problema era che la mia famiglia non voleva vendere l'oggetto, ci furono molte offerte, ma nessuna suscitò il loro interesse. Allora entrai in gioco io. Mi misi d'accordo col supremo del mio pianeta e insieme decidemmo di rubargliela, loro mi avrebbero dato i soldi promessi alla mia famiglia e io gli avrei condotti nel posto in cui la gemma era nascosta. Tutto filò liscio e in breve il supremo si trovò tra le mani l'oggetto più potente di tutto l'universo. Il problema eravamo noi, io e la mia famiglia eravamo un pericolo per il nostro pianeta, se solo avessimo detto in giro i poteri della gemma, avremmo potuto attirare orde di nemici da tutti gli angoli dell'universo, prima ancora che il supremo capisse come fare funzionare l'oggetto. Ci rinchiuse in una strettissima cella, i miei due fratellini più piccoli morirono in poche settimane per le terribili condizioni igieniche e mia madre li seguì poco dopo. Per burlarsi ulteriormente di noi mi spedirono sulla terra, dicendo che se fossi riuscito ad ucciderti allora ci avrebbero lasciato andare. Il resto della storia la conosci. >

Ariel si accigliò a quella storia e la sua determinazione vacillò per un istante solo. No, non meritava compassione, aveva tradito la sua famiglia per soldi e ucciso innocenti per divertimento. Non meritava più niente.

< Ti hanno spedito da tuo pianeta per uccidere me? > quella era la parte del racconto che più non quadrava, come facevano a conoscerla? Perchè la volevano morta?

< Sì >

< Perchè? >

< Perchè dovrei dirtelo, cosa ci guadagno? > Nel volto di Lmar ora c'era un accenno di sorriso, la trappola era stata tesa

< Niente, non ci guadagneresti niente. Facciamola finita > il volto di Ariel riassunse quella tinta crudele, poco prima di partire all'attacco, negli stessi istanti si potè vedere una smorfia di profonda delusione disegnarsi nel volto di Lmar.

Quello che accadde dopo si presentò come una serie di flash. Gli occhi degli spettatori non erano abituati a tali velocità e quello che videro furono solo strisce di colore scontrarsi e mischiarsi. Nessuno seppe dare un senso a quello che successe in quegli istanti, ma tutti videro il grosso lampo di luce che scaraventò il corpo di Lmar a terra. Ariel fluttuava, nel punto esatto da cui era partito il fascio, scese sul suolo lentamente. I cittadini, prima esitanti, si riversarono sulle strade sempre più numerosi. L'ultima memoria di Ariel di quel giorno fu uno scroscio di applausi.

  
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