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Autore: sheishardtohold    18/09/2012    8 recensioni
E' una rivisitazione della storia di Callie ed Arizona dopo la fine della storia tra Callie ed Erica. Callie ed Arizona si incontreranno si al bar di Joe, ma la loro storia proseguirà in modo diverso. Inoltre Arizona non è neanche un medico (si scoprirà più avanti il suo lavoro). I personaggi, il loro modo di reagire è diverso rispetto a quello a cui siamo abituati.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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Un sospiro di vento aveva travolto Arizona che restava immobile davanti all’ingresso dell’aeroporto nel suo vestito blu a pois bianchi, coperto da un enorme borsone marrone che reggeva in mano. Il caldo afoso di agosto si stagliava sulla fronte di Arizona come fanno le onde contro gli scogli e il collo imperlato di sudore brillava toccato dalla luce del giorno. Sorrise di un sorriso luminoso quasi a fare a gara col sole, invidioso di tanta bellezza. Invidioso del suo bagliore.
Lo sguardo di Callie si perse sulla scollatura del vestito data dai bottoni slacciati e dal colletto bianco appoggiato sulle spalle di Arizona, poi sulla sua bocca e infine nei suoi occhi.
“A quanto pare non riusciamo proprio a dirci addio” aveva esordito Arizona con una delle sue solite frasi, come se quello fosse effettivamente un saluto. Callie si sentì completamente catturata da quella voce che la teneva sospesa, in aria, come fosse impigliata in una ragnatela. Dolcemente imprigionata, stordita, persa in quel suono.
“A quanto pare” era l’unica cosa che le era uscita. Aveva avuto il coraggio di risponderle in quel modo, come se fosse l’unico che conoscesse, come se non ce ne fosse un altro e poi si era ritirata nel suo silenzio. Si avvicinò ad Arizona lasciando dondolare avanti e indietro la mano che si apriva e si richiudeva su se stessa in un pugno. Sembrava presa da uno spasmo, sembrava che nemmeno il suo cervello fosse in grado di controllarla, di suggerirle la mossa esatta. La punta delle dita di Callie sfiorarono appena il braccio di Arizona. Callie restò a fissare la pelle di Arizona rabbrividire poi sorrise. Sorrise compiaciuta per aver fatto la cosa giusta, sorrise di tenerezza nel vedere Arizona così piccola stringere un borsone così grande. Le sembrò di rivivere un dejà-vu, le sembrò di rivivere una sera di marzo sotto le stelle a scambiarsi pezzi d’anima e ad affezionarsi. Callie sentì un vuoto crescerle dentro, un’enorme bolla di petrolio scoppiarle nello stomaco fino a renderla pesante –nei gesti, nei respiri. Per la prima volta sentì il bisogno di colmare quella mancanza che cresceva prepotente dentro di lei. Per la prima volta capì che solo Arizona poteva colmare quel vuoto. Quel contatto apparentemente casuale si trasformò in una morsa. Callie strinse le sue dita attorno al braccio di Arizona, inchiodando i suoi occhi in quelli dell’altra. Arizona istintivamente lasciò scorrere la sua mano tra i capelli di Callie e sulla sua guancia, lasciandosi andare ad un gesto dolce e rassicurante, mentre lo sguardo di Callie si dipingeva di incertezza e tremava sotto quello di Arizona. Callie, come sempre fragile. Arizona, come sempre a ricordarle che le sue braccia avrebbe potuto chiamarle casa, che i suoi occhi avrebbe potuto chiamarli cielo e le sue mani e la sua bocca lo scotch e la colla per rimettere insieme i pezzi e sanare le sue cicatrici, e sanare le sue mancanze -voragini di mancanze. In ogni caso, avrebbe potuto chiamare suo tutto ciò che apparteneva ad Arizona. Callie si abbandonò a quel gesto, strofinando con insistenza una sola volta la sua guancia contro la mano di Arizona.
“A cosa stai pensando, Calliope?” il tono dolce di Arizona la risvegliò come da un lungo sonno profondo. Anzi, il suo nome detto in modo così serio, detto ad alta voce, la riportò alla realtà. Lesse nella voce di Arizona una nota di serietà, come quando l’aveva chiamata col suo nome, come quando le aveva chiesto di fare l’amore.
“Voglio le tue parole, Arizona” e per la prima volta era Callie a pregare qualcuno di interrompere il silenzio. Lei, che aveva sempre vissuto in ombra con le sue parole mute, aveva deciso di rimettere l’audio al mondo, con la voce di Arizona. “Ti prego, ho bisogno delle tue parole”.
Arizona tentennò. Chiuse gli occhi e restò immobile ad ascoltare il mondo muoversi a rallentatore attorno a lei. Sentì l’annuncio del ritardo del suo volo per Parigi, sentì i passi veloci di un bambino che correva, la voce alta della madre che gli urlava dietro, ma sopra ogni cosa, sopra qualsiasi rumore assordante che le penetrava nel cervello e le assordava le orecchie e la mente, sentì il respiro affannato di Callie, il suo cuore battere, il sangue scorrerle nelle vene. Come quella volta, come nel suo posto felice. Inspirò lentamente, giusto per non far notare a Callie come cercasse la sua essenza e come l’avesse riconosciuta tra le altre mille che la colpivano in faccia, prepotenti, pronte a distogliere la sua attenzione dal profumo di Callie. L’odore di una brioche calda, l’odore di pelle bruciata, l’odore di mare che si portava appresso l’uomo che le era passato accanto, ma nessuno di questi le sembrò così forte da attrarla. Nessuno di questi le sembrò Callie. Solo quando ebbe la certezza di essere invasa da lei, scelse con cura le parole nella sua mente, poi, quando aprì nuovamente gli occhi incrociando lo sguardo di Callie, tutto le fu chiaro.
“Io ti conosco. Per quanto ti rifiuti di ammetterlo, per quanto tu non ci creda, io ti conosco e so che appena comincerò a parlare –intendo seriamente- tu avrai un’irrefrenabile voglia di scappare” Arizona fece una breve pausa cercando il coraggio che sembrava mancarle. Callie sentì i secondi passare lenti, come se le stessero logorando l’anima. “Io ti amo” e come previsto, a Callie prese il panico. Arizona glielo lesse ovunque –nel suo respiro, nei suoi occhi, nei suoi gesti frenetici e in quel modo che aveva nel cercare una via di fuga. “Non scappare, Callie!” ad Arizona quella frase uscì naturale, come un ruggito, mentre la sua mano teneva quella di Callie in una stretta che andò ad addolcirsi insieme al suo tono di voce, mentre ripeteva “Non scappare”.
“Lo so che non posso convincerti a parole, lo so che non credi nelle promesse e nelle persone, ma ti prego, prova a fidarti –a fidarti di me. Ci conosciamo da sempre, Callie. Mi conosci dalla prima volta che mi hai chiesto di restare in quel bar” Arizona lasciò andare il borsone e la mano di Callie per indicarsi. “Questa, sono io, Callie. Nulla di più, nulla di meno di quel che hai visto” e la guardò con gli occhi di una che chiede “Vedi me, ti prego. Vedimi dentro, vedi la mia anima, vedi la mia essenza, vedi quel che vuoi, ma ti prego, vedi me”.
“Non voglio riempirti di parole vuote, non voglio farti promesse che non posso mantenere. Non ti voglio sposare, non voglio dei figli, non voglio un per sempre. Io ti voglio ora, io ti voglio adesso. Ecco, questo si che posso promettertelo –l’adesso. Io voglio una notte da te e una da me, o addirittura intere settimane, come se vivessimo insieme –fisicamente insieme quando si sta bene, ognuno nel proprio appartamento per evitare le liti. Io voglio le tue mani tra i cassetti della mia scrivania –tra i cassetti che non devi toccare, ma che tocchi comunque, perché sei curiosa come una bambina. E voglio litigare con te, per cazzate, perché sei gelosa –non ha importanza. Voglio litigare con te per chiederti scusa e fare pace. Voglio lottare per te, adesso, domani, sempre –e per sempre intendo finché non smetterò di amarti. Io ora non mi aspetto un ti amo anch’io, una frase ad effetto, un qualche cliché. Spero solo tu decida di restare. La speranza è l’unica cosa che rimane”.
“Allora chiedimelo, Arizona” Callie sussurrò piano quelle parole.
Arizona abbassò la testa di lato, come se stesse per incassare un pugno nello stomaco e strizzò gli occhi lasciandoli aperti in una fessura per guardare le labbra di Callie rispondere al suo “Arrivi o te ne vai?”
“Arrivo” pausa “Tu?”
Arizona lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Immobile, restò ad immaginare il biglietto per Parigi nella tasca del suo borsone –un biglietto spiegazzato, mai timbrato. Immobile, restò a sentire l’annuncio del suo volo.
“Arrivo, Callie. Arrivo sempre quando si tratta di te” e Callie l’aveva attirata a sé e l’aveva baciata, sollevandola appena da terra. Come una fiaba, come un lieto fine, c’erano solo loro e le loro anime e le loro cellule che si mischiavano e il battito del loro cuore che diventava uno solo, come il canto delle rondini a primavera –un coro di uccelli che cantavano all’unisono. Sarebbe stato impossibile dividerle, sarebbe stato doloroso, come strappare l’una la pelle dell’altra –la pelle viva. Ora che si erano affezionate.
Si presero per mano. Non fu Callie, non fu Arizona a farlo –si presero per mano insieme e basta. Callie si caricò il borsone di Arizona su una spalla, Arizona la lasciò fare tirando indietro la testa e scoppiando a ridere senza alcun motivo apparente. Rideva innocente di una risata limpida. Rideva di gioia sotto lo sguardo estasiato di Callie che più la guardava e più pensava “È mia. È la mia felicità, è il mio lieto fine”. Forse fu proprio quello il momento esatto –quando Arizona scoppiò a ridere- in cui Callie capì che poteva fidarsi ancora di qualcuno –di Arizona.
“Per caso hai visto il mio ciondolo?” Arizona aveva interrotto i suoi pensieri. “Non lo trovo più dall’ultima volta che ci siamo viste”.
Callie scosse la testa lasciandosi andare ad un sorriso, contagiata dalla gioia di quegli occhi e di quella bocca che le parlavano e la cullavano ad ogni parola. Arizona la lasciò fare, la lasciò mentire, felice di sapere che Callie l’aveva sempre portata con sé. Felice di sapere che qualcosa di suo, ormai, apparteneva a Callie –qualcosa che non fosse la sua anima o la sua vita, s’intende.
Si lasciarono alle spalle l’aeroporto, Callie e Arizona –il ciondolo nascosto sotto la maglia, un biglietto mai timbrato per Parigi.
  
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