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Autore: Lollyware99    19/09/2012    3 recensioni
Feliciano e Ludwig si ritrovano dopo molto tempo insieme nella prima Capitale d'Italia: depressione, tè e cicciose nuvole inzuppate nel tramonto.
(Mon dieu, non potevo scrivere una Intro peggiore neanche con l'impegno. D:)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho voglia di te. 






 
 
Feliciano era alla sua destra, sorridente e iperattivo come al solito, guardava le nuvole e canticchiava accompagnando un piede dietro l'altro sull'ampio terreno di Piazza Vittorio. 
"Veh, Lud, ti piace Torino?"
Ludwig, che davvero non riusciva a distrarsi dai suoi compiti di nazione nemmeno durante le giornate libere, si ridestò dal suo sonno celebrale e scosse leggermente la testa, giusto per riprendere coscienza di se stesso. 
Era rimasto con lo sguardo fisso a terra perso nei suoi pensieri per almeno cinque minuti buoni, perdendo completamente la cognizione del tempo e dello spazio; infatti sembrò accorgersi solo in quel momento di essere all'inizio di Via Po, dove una chiesa molto carina e pittoresca gli si stagliava sulla destra. 
"Oh, be'. Sembra molto grigia." rispose senza pensare troppo "Mi fa quasi sentire a casa." 
Feliciano lo fissò interdetto per qualche secondo, poi scoppiò in una risata allegra e giocosa, tenendosi la pancia per non cadere a terra. 
"E' davvero quello che dicono tutti, Lud!" esclamò, pulendosi una lacrimuccia da un occhio. 
Ludwig accennò appena un sorriso e ritornò ad osservare la grande Via davanti a sè. 
Era davvero lunga, a pensarci, e pareva perfino leggermente in salita.
Era coperta da entrambi i lati dai portici che continuavano fino ad una piazza della quale non ricordava il nome, ed era davvero bella, illuminata dalla tenue luce del tramonto.  
Feliciano cercò con lo sguardo il punto che guardava Ludwig e si strinse affettuosamente al braccio dell'amante sorridendo felice. 
"Sai che quando piove conviene passare dal lato sinistro dei portici? " 
"Come mai?" chiese il tedesco. Era sempre stato curioso di ogni piccola usanza della terra che rappresentava il suo Feliciano. 
"Perchè è l'unico coperto!" Esclamò festante come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Poi, vista la confusione stampata a chiare lettere sulla faccia del tedesco, aggiunse " Sai, al Re non piaceva bagnarsi, così i portici che sono collegati al castello sono completamente coperti, quelli nell'altro lato invece decisamente meno." Spiegò, ricordando tutti gli acquazzoni che si era preso camminando ingenuamente sul lato destro. 
"Oh." Fu il commento di Ludwig che ignorava davvero tale informazione, pur essendo un assiduo frequentatore della penisola. 
 "Certo che è davvero tanto tempo che non vengo qui." disse pensieroso, mentre da una qualche cartella del suo cervello cominciavano ad uscire fuori i ricordi dell'ultima volta che si era trovato nella prima capitale d'Italia. 
Scosse la testa, cercando di scacciare dalla mente i tempi della Repubblica di Salò che erano un tabù vietato per la sua sanità mentale. Fece qualche borioso tentativo, ma più cercava di non rimuginarsi su, più i ricordi di tutti i partigiani che aveva dovuto stanare da quelle maledette montagne che circondavano la città diventavano nitidi. Il suo sguardo si intristì e cominciò a puntare a terra, ancora non riusciva a perdonarsi nulla, non riusciva a concepire l'idea di aver fatto del male a Feliciano e alla sua gente. 
"Nemmeno ricordo come si chiama quella piazza laggiù." disse atono, indicando con un cenno il punto a cui si riferiva per cercare sopratutto di distrarre l'italiano e non dare a vedere il suo stato. 
Feliciano aveva intercettato il filo dei suoi pensieri e lo guardò, triste, poi gli strinse la mano più forte, intrecciando le sue dita a quelle di Ludwig, cercando di rassicurarlo. 
"E' Piazza Castello, Lud. Non lo vedi, il castello?" sussurrò lievemente, poggiando lo sguardo stanco sulla vetrina di un bar. 
Ad un certo punto gli venne un'idea, lasciò la mano che stringeva e il suo proprietario in mezzo alla folla e corse dentro il bar, urlando qualcosa di simile alla frase: "Arrivo subito!". 
Il tedesco rimase spiazzato e immobile come uno stoccafisso al centro del fiume di gente che gli vorticava attorno.  
Ma che diavolo gli prende? Pensò, fissando nervosamente la vetrina decorata che aveva risucchiato il suo fidanzato. 
Dopo pochi secondi dalla stessa spuntò una testa rossiccia e sorridente che stringeva trionfante fra le mani una normalissima bustina di plastica.
"Questo ti farà sicuramente sentire molto meglio, Veh!" urlacchiò gioioso, trascinando l'armadio tedesco in mezzo alla folla accalcata, oltre Via Po, dritto verso il famoso castello. 


 
L'italiano, dopo un paio di minuti di corsa sfrenata, si fermò improvvisamente e svoltò un angolo. 
Ludwig si impose autocontrollo e lo seguì, con lo sguardo ancora basso e stralunato per l'improvvisa corsa.  
Quella che doveva essere Piazza castello era completamente immersa nella luce degli ultimi raggi di sole della giornata.
Palazzo madama e il Palazzo reale scintillavano come perle bianche sotto gli occhi stupiti del tedesco e le fontane situate al centro della grande area sembravano finire direttamente nel cielo per poi ricadere sulla pavimentazione, creando scintillanti giochi di luce. 
Il cielo, poi, era a dir poco meraviglioso. 
Grandi nuvole tinte d'arancio giocavano a nascondino con il cielo celeste che si stagliava alle loro spalle; ai lati, verso l'orizzonte, si intravedevano le montagne violette che sembravano tenere lontano la notte con la loro gentile imponenza. 
Feliciano si beò dell'espressione stupita e meravigliata di Ludwig, gli occhi gli brillavano di gioia nel vederlo così tranquillo e senza preoccupazioni. 
Forse, anche il suo Lud era un po' come Torino. Tutti erano pronti a dire quanto fosse grigio, piovoso e scostante, ignorando il fatto che osservando un po' meglio era in grado di donare tutti i colori che uno potesse desiderare e non solo: anche gli odori, le sensazioni e tutti i sentimenti possibili; era un po' come un arcobaleno personale da percorrere, sicuri di trovare la famosa pentola d'oro, prima o poi.
E ne valeva davvero la pena di attraversare anche i colori più grigi per percorrerlo, quell'arcobaleno. 
Ludwig abbassò gli occhi verso Feliciano, ritrovandosi immerso in due occhi ambrati che lo fissavano pregni d'amore. L'italiano gli fece cenno di sedersi a terra, ai piedi di Palazzo Madama, poi gli porse silenziosamente una lattina di un giallo opaco e gli sorrise in uno di quei modi che sapevano farti correre i brividi sulla schiena e salire il groppo in gola in tempo da record. 
Il biondo scivolò lungo il palazzo, la mano tremolante e malferma, gli occhi puntati in quelli di Feliciano. 
Insintivamente aprì la lattina, senza neanche soffermarsi su cosa fosse -in quel momento poteva anche essere cianuro puro, non gli sarebbe per niente importato- e ne bevve un sorso abbondante, giusto per cercare di darsi una calmata interna. 
"Mh." Mormorò pensoso  "E' buono! ...Cos'è?"
Feliciano scoppiò in una risata fragorosa, solo il suo Lud poteva chiedere una cosa simile in un tale momento. 
"E' Estathè, veh, te l'ho preso al limone, secondo me si potrebbe adattare ai tuoi gusti! 
Io l'ho preso alla pesca, il mio preferito, veh! Mi tira sempre su il morale quando sono un po' giù ed è davvero buonissimo sia alla pesca che al limone, veh!" esclamò gesticolando eccitato, era entusiasta come un cane che vede dopo molte ore il suo padrone. 
"E' davvero buono." Sussurrò, fissando la lattina interessato. "Non l'avevo mai sentito..."
Feliciano sbarrò gli occhi, realmente sconvolto, e chiese di rimando: "Non avete l'Estathè da voi?! E come fate a sopravvivere?!"
Ludwig gli sorrise un poco, perso in chissà che pensiero.
 L'italiano ci aveva visto giusto, quell'Estas-- Estathè, sì,  al limone si adattava davvero ai suoi gusti: aveva un gusto deciso -che non sembrava sapere per niente di tè al limone, per quanto ne sapesse lui in materia- ma era davvero gustoso, fragrante e rinfrescante. Gli metteva il buon umore, e lo sfondo magnifico, il sole tiepido che gli batteva sulle palpebre e Feliciano a fianco non facevano che migliorare la situazione. 
Le sue labbra si tirarono in un sorriso dolce per la seconda volta in un paio di minuti e si girò lentamente verso il moro al suo fianco che sorseggiava tranquillo la sua lattina. 
"Quindi...il tuo è alla pesca?"
Il suo interlocutore si girò verso di lui e gli porse candidamente la lattina: "Assaggialo, Lud!"
Il tedesco rivolse un'ultimo sguardo allo scenario che andava via via scemando per dare spazio alla notte stellata prima di tuffarsi in quello sguardo delizioso e dolcemente stupito. 
Afferrò il braccio e di Feliciano e se lo tirò addosso, affondando le sue labbra in quelle del suo amore e sentendo tutto il gusto dolce della pesca mischiato all'aroma vanigliato che il moro portava su di sè naturalmente. 
Anche la pesca si adattava perfettamente all'italiano: dolce e rinfrescante, una vera e propria droga per l'organimo e per la mente. Inebriante e allegro, con i suoi colori caldi e raggianti. Decisamente qualcosa di cui non era ancora pronto a fare a meno. 
 
 
 
 
 
 
*Liebes Tagebuch,
Nota importante per me: prima di tornare a casa riempire almeno due valigie di Esth Estathè. 
 





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* Dovrebbe voler dire "Caro diario" in Tetesko, ma non assicuro nulla, Google translate è una brutta besshhhtia. 
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo inno all'Estathè e a Torino, due cose che se unite al tramonto sono davvero...JDKNIDVNPDV. 
Provare per credere.  

P.s.
La cosa è nata dal fatto che una mia amica che è andata per le vacanze in cruccolandia ha scoperto che lì non esiste l'Estathè ( almeno dove è andata lei) e si stava letteralmente strappando i capelli dalla disperazione. 

Un bacione,
Lollyware. :)
  
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