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Autore: Storm_    19/09/2012    6 recensioni
Hey mondo di Efp!
Sono abbastanza esaltata perché questa è la prima storia 'comica' che provo a scrivere e perché ho appena scoperto http://www.twitlonger.com , dove in pratica si possono scrivere tweet di lunghezza illimitata. Dato il mio bisogno di sfogarmi su una povera tastiera, quando qualcosa di delirante e troppo complesso per rientrare dei 140 caratteri di Twitter mi passerà per la mente scriverò un tl e pubblicherò la cosa anche qui, giusto per variare un po' da tutte le storie tristi che scrivo di solito.
Spero di riuscire a strapparvi un sorriso, buona lettura :D
Genere: Commedia, Demenziale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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19 settembre 2012

Il 12 settembre ho iniziato le superiori, spaventata come un tacchino alla vigilia del giorno del ringraziamento (a quanto pare lo spavento si è portato via anche la mia capacità di inventare paragoni).
Con mio grande stupore è andato tutto bene: non ho mai perso il pullman, ho fatto anche delle amicizie, insomma, sembrava quasi che io fossi la protagonista di una commedia americana. Solo un po' meno gnocca. 
Non avrei mai dovuto abbassare la guardia, perché la sfiga è sempre in agguato e ti attacca proprio quando stavi iniziando a rilassarti e a goderti le prime settimane di scuola. Volete (che poi penso che nessuno si cagherà questa roba dal momento che ho solo 59 followers, quindi con chi sto parlando?) dicevo, volete le prove? Eccole servite.
Stamattina mi sono svegliata alla solita ora, quindi non avrei mai sospettato che questa giornata andasse così male, perché di solito nei film quando ti svegli presto va tutto bene e ci sono dappertutto unicorni innamorati che cagano arcobaleni (ahia!), mentre quando sei in ritardo i guai ti rotolano addosso come una valanga, di quelle causate dai personaggi stupidi dei cartoni che decidono di starnazzare il loro disappunto sempre ad alta quota, ovviamente vicino al cartello che indica il pericolo di valanghe. 
Già qui si nota la prima differenza tra me e la protagonista di un film. Io ho sfiga anche se arrivo presto.
Inoltre, le protagoniste delle commedie romantiche non sono mai miopi, quindi non devono perdere tempo a mettersi le lenti a contatto causa precedente misteriosa scomparsa degli occhiali da vista.
Dopo la seconda volta che la lente a contatto cadeva per terra per mimetizzarsi con gli aloni di non so che cosa sul pavimento della mia camera, ho buttato nel cesso la sua stupida gemella e la mia pazienza. Prendo gli occhiali (che nel frattempo mia madre aveva sorpreso a condividere lo spazio con una saponetta profumata su una mensolina della doccia) e li caccio in borsa.
La sequenza vestirsi-pettinarsi-truccarsi non mi ha dato particolari problemi, a parte il buco gigante rinvenuto sul retro dei miei jeans preferiti. Questa sì che è una gag da commedia romantica, ci manca solo la bruciatura del ferro da stiro all'ultimo minuto sulla camicia e potete mandarmi con un calcio in culo a Hollywood. Fortunatamente non sono così malata da indossare camicie e soprattutto i vestiti li stira qualcuno la sera.
Usciamo di casa, mia madre va a tirare fuori (con le pinze, ahah) la macchina dal garage mentre io mi metto le scarpe (stranamente le dita non si annodano con i lacci, non che mi sia mai successo) e prima di raggiungerla chiudo la porta a chiave, quadrupla mandata, al volo, e volo anche io verso la mini col tetto a bandiera inglese (poi, per essere esatti, quella è la bandiera della Gran Bretagna).
Siamo in macchina.
Il viaggio procede tranquillo, fortunatamente piove e c'è un po' di nebbia, così per una volta il sole mattutino non mi accecherà.
Arriviamo davanti alla mia scuola, mamma accosta per farmi scendere e prima che io possa mettere un piede fuori dalla macchina (nella pozzanghera), mi chiede di darle le chiavi.
Punto con piglio sicuro alla tasca destra dei miei fashionissimi pantaloni verdi (questo particolare serve a far capire che la protagonista è in realtà un folletto), per poi passare alla sinistra, a quelle posteriori, alla tasca della felpa, ai meandri del sedile. Niente, le chiavi sono sparite.
Lei mi guarda impaziente, "Mamma, le chiavi non le ho io." Da impaziente il suo sguardo si trasforma in assassino. "Forse te le ho già ridate..." Tento l'ultima carta. "No, non le ho io cretina!" Sbuffa.
Dopo 10 minuti di ricerca frenetica sotto ai tappetini e nei dintorni (le mini sono piccole come scatolette di tonno ma quando cerchi qualcosa si trasformano in un autobus a due piani), la madre-drago mi lascia andare, non prima di avermi tirato addosso un ombrello che non si apre. 
Entro in classe dopo aver trucidato almeno quattro persone con la cartelletta dove tengo i disegni, da cui spunta di almeno 30 cm una riga di metallo.
Arrivata in classe, con i capelli tanto accuratamente pettinati spiaccicati in testa, in faccia e sulla nuca, mi accorgo che fa troppo caldo per rimanere con quella felpa addosso tutto il giorno. 
Prima che il mio compagno di banco riesca a battermi il cinque perché indosso la felpa dei Green Day, io me la sono già sfilata e l'ho appallottolata in fondo alla borsa per sostituirla con un maglioncino proveniente dai meandri dal museo anni '80 che è l'armadio di mia mamma.
A mano a mano la classe si riempie, mi sento chiamare da una mia compagna: "Au, hai il maglione al contrario.." proprio nel momento in cui sta per entrare la professoressa. In men che non si dica, veloce come una saetta e sensuale come una volpe mi aggiusto il maglione (scherzo, ci ho messo cinque minuti dei quali tre passati a fare a botte con l'aria). La lezione di inglese rotola via lentamente. Sono così stordita dalla monotonia che mi metto a pasticciare con la penna la terza di copertina del libro, che ovviamente è in comodato. Spero che al primino che avrà tra le mani questo libro l'anno prossimo non venga la malsana idea di chiedere alla prof cosa significhino 'certe parole' (non rendiamo questo tl una cosa troppo volgare).
L'ora di storia passa in un lampo con quel pacioccone del prof che è tanto dolce, simpatico, competente e non mi ha interrogata.
Finalmente suona la campanella dell'intervallo. Io e la mia amica Michela afferriamo i nostri 30 centesimi e corriamo verso le macchinette. Da ormai due giorni abbiamo la tradizione di andare a prenderci una cioccolata calda. Inserisco le mie simpatiche monetine , seleziono la bevanda desiderata (desideratissima, direi, il suo è l'unico pensiero che mi mantiene in vita durante le prime due ore della mattinata) e bzzz!, la macchinetta riempie il mio bicchierino. Nel toglierlo dal supporto di plastica a cui è fissato me ne rovescio un quarto sul polso, ma ci sono abituata, succede sempre. Mentre mi sto leccando il polso (non vedo in giro distributori di tovagliolo e non voglio sprecare neanche un centilitro della bevanda) arrivano due ragazze della nostra classe, che ancora non conosco bene. "Ciao" le saluta Michela sorseggiando con disinvoltura la cioccolata. Mi sto ancora slinguazzando il polso, quindi mi esce un "Fieo".
Finalmente ho la mano pulita, qualcuno dice qualcosa di evidentemente spiritoso dal momento che i viene da ridere. O forse sono solo scema. Fatto sta che nel ridere, tra l'imbarazzo di aver appena pomiciato col mio polso e tante altre cose, sbuffo come Yoshi in un gioco di Super Mario, quando atterra di culo dopo un salto. Yoshi si rialza e ricomincia a ciccioneggiare in giro alla ricerca di stelle e monete, io purtroppo non sono un draghetto verde e il mio sbuffo fa volare mezza cioccolata sul pavimento. Il bello è che non ne avevo ancora bevuto un sorso e la mia faccia era a quindici centimetri almeno dal bicchierino. Questo conferma la teoria che sono una winx, ho il soffio magico. Enchantix! 
Mentre mi dispero cercando un modo di ripulire quella chiazza cioccolatosa, uno stormo di alunni di quarta mi passa vicino, calpestando e portando con sé metà della mia cioccolata. 
Michela: "Oh, Aurora! Sei un caso perso!" 
Io rido e mi sbilancio ancora, versando un'ennesima goccia di cioccolata SULLA MIA CANOTTA BIANCA. E menomale che ho preso solo un bicchierino!
La cosa triste è che sono solo a metà mattinata.
Ora di scienze. Mentre il prof parla di atomi, tiro fuori un vecchio tratto pen e comincio a scarabocchiare sul mio diario. Sento che il prof mi sta osservando, chiudo di scatto il diario e mi fingo concentrata ed enormemente affascinata dalle nuvolette che ha disegnato sulla lavagna. Sono davvero un'attrice da Oscar, mi immedesimo nella parte della studentessa interessata così tanto che mi metto a mordicchiare il culo del tratto pen.
Il prof è tornato a discutere con Samu, alle prime file. Ne approfitto per chiedere la gomma a Michela, che quando mi vede sobbalza. "Hai tutta la bocca nera! Oggi non è proprio la tua giornata."
Ecco perché le mie labbra avevano quello strano sapore...
Finalmente, alla quarta e ultima ora della giornata, abbiamo un'ora di disegno. Sfortunatamente è disegno geometrico, mio nemico da quando so della sua esistenza. Sgombero il banco e molto figamente prendo la riga a "T", per chi non lo sapesse (beati voi) è un righello con squadra incorporata. O almeno una specie. Avrete già capito che sono totalmente imbranata. Cosa può combinare una come me maneggiando un righello di metallo di 80 cm? Nulla di buono, ma perlomeno non ho accecato nessuno. 
Sorvoliamo sulla penosità delle linee che traccio a mano libera, non sono inerenti al mio emozionante racconto.
Scommetto che ormai vi sentite un tutt'uno con la protagonista, scommetto che non vedete l'ora di leggere, scommetto che siete dalla sua parte, scommetto che dopo questa frase tutti quelli che non avendo un cazzo da fare si erano messi a leggere mi avranno abbandonata.
Mezzogiorno, finalmente arriva il segnale sonoro (che suona la campanella l'avevo scritto troppe volte) che ci avvisa che possiamo tornarcene a casa. Tutti i miei quaderni sono sparsi per il banco, per non parlare delle matite che giocano a nascondino sotto al calorifero. Mi chino a raccogliere la borsa dopo aver raccattato tutto il mio materiale, ed ecco che arriva la classica zuccata allo spigolo del banco. 
Con le lacrime agli occhi (ma fingo un pallido sorriso, aw proprio come l'eroina di un romanzo. Visto come siamo passati dalla commedia americana al film drammatico mediocre tratto da un libro scritto col culo?), dicevo, con le lacrime agli occhi chiudo la borsa e mi avvio verso il corridoio, con abiti svolazzanti e matite che volano negli occhi delle persone dietro di me. 
Io e Michela arriviamo alle macchinette per rispettare la seconda tradizione che ci siamo inventate ieri: le patatine dopo scuola. Di questo passo in cinque anni diventeremo obese e alla maturità ci sposteremo rotolando in diagonale, ma chissenefrega. 
Mangiare mentre si arranca verso la fermata dell'autobus portandosi dietro un borsone e una cartelletta enorme non è proprio il massimo della vita. Quando poi, a metà strada, ti accorgi di aver dimenticato il cellulare in classe, sotto il banco, ti viene seriamente da chiederti quale sia il tuo scopo in questo pianeta. Penso di esserci arrivata proprio mentre mi scontravo con una bidella su per le scale. La futura Mr. Bean.
Torno indietro di corsa e non faccio neanche in tempo a sedermi che il pullman arriva, con il solito carico di adolescenti poco profumati. Non potrebbero farsela a piedi, invece di occupare spazio così inutilmente? L'unica cosa positiva di essere in così tanti ammassati nel pullman è che non riesco per nulla a muovermi, ergo non arrivo mai all'obliteratrice e oggi è stato il terzo viaggio a scrocco di fila. 
Il problema è, salendo sempre per ultima, che ad ogni fermata le porte ti si chiudono addosso, costringendoti ad aderire ancora di più agli altri passeggeri. Oggi credo di aver castrato un tizio, con la mia cartelletta. Povero.
Non è finita qui, restate altri 5 minuti. Manca il gran finale.
Vorrei poter dire che ero distratta da qualche gran figo, o dal mio penoso riflesso, o da un piede dolorante, ma la verità è che ero perfettamente attenta alla strada ed ho comunque dimenticato di chiamare la mia fermata. Fortunatamente quella successiva era a meno di un chilometro da casa mia, quindi percorrerla a piccoli passi spediti non è stato poi così male.
La ciliegina sulla torta? Tornata a casa ho trovato le chiavi che credevo di aver perso nella tasca interna della mia borsa.
La ciliegina sulla torta ha pure la panna in cima, perché in cucina non ho trovato nulla da mangiare.
Ok, vado a buttarmi dal balcone, cosa che avrei dovuto fare molto tempo fa.

Hei, tu! Sì, proprio tu che ora hai finito di leggere questa 'cosa'! Pensi che io sia solo un'idiota? Pensi che ti abbia fatto perdere tempo prezioso? Pensi che questo 'scritto' (nome molto pomposo che mi fa sentire qualcuno, pardon) non meriti di stare su Efp? Allora insultami in una recensione qui sotto!
Scherzi a parte, se recensite vi dò una caramellina. Love 
  
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