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Autore: Cali F Jones    20/09/2012    3 recensioni
I miei scleri assurdi sono da considerarsi normali, a questo punto. La storia ricalca il famoso libro di Lewis Carroll "Alice in Wonderland" con i personaggi di Hetalia. Ma quello che per Alice è stato solo un viaggio in un mondo immaginario, per Alfred, il protagonista, sarà un viaggio alla scoperta del proprio Io nascosto, del proprio passato e dei propri errori.
Il rating cambierà nel corso della storia.
Capitoli:
1. Late {Ritardo}
2. Brothers {Fratelli}
3. Opium {Oppio}
4. Intermezzo
5. Tea {Tè}
6. Game {Gioco}
7. Trial {Processo}
8. Home {Casa}
9. Past {Passato}
10. America
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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5. Tea {Tè}


-Sono le cinque e tre minuti. Sei in ritardo.-
Alfred si guardò attorno, cercando di capire dove fosse finito quella volta. Ricordava quel posto, ricordava gli alberi, il sentiero, il fiumiciattolo. Era lì che era arrivato all'inizio del suo viaggio, dove aveva incontrato lo Stregatto. Ma questa volta quel luogo aveva qualcosa di strano, incredibilmente diverso.
Il manto erboso era completamente sparito, come se fosse stato dato alle fiamme, e i piedi toccavano soltanto la nuda terra. Gli alberi erano stati privati delle loro fronde; solo rami secchi dalle forme vagamente inquietanti segnavano il cielo oscurato, coperto da enormi e minacciose nuvole nere. Uno scenario piuttosto terrificante che aveva un che di post-apocalittico.
Ma com'era possibile che fosse tornato indietro? Alle sue spalle aveva appena lasciato la foresta dove aveva inseguito, o perlomeno aveva cercato di inseguire, il Bianconiglio, per perderlo di vista dopo pochi metri. La fitta boscaglia lo aveva fatto perdere e girovagare per diverso tempo; nemmeno lui sapeva ben dire se fossero passati minuti, ore o addirittura giorni. Da quando era capitato in quel posto allucinato, aveva completamente perso la percezione del tempo.
-Sono le cinque, quattro minuti e trentasette secondi. Hai intenzione di sederti a tavola o dobbiamo lasciar trascorrere un altro minuto e tre quarti prima che tu ci onori della tua presenza?-
Oh cavolo! Alfred la conosceva, quella voce. Eccome se la conosceva.
Si voltò nella direzione da cui provenivano quelle parole. Con un tono così amaro, pungente e sarcastico come nessuno, a parte lui, sapeva pronunciare.
E finalmente incontrò i suoi occhi verde smeraldo. Vide i suoi ciuffi biondi scompigliati, coperti in parte da un grosso cappello a cilindro dalle tinte rosse lucenti, e le grosse sopracciglia arruffate in un'espressione accigliata.
-Che cosa stai fissando, idiota? Siediti a tavola.-
-Arthur!- chiamò il giovane americano, avvicinandosi alla tavola. Ma ad un tratto, sentì qualcosa aggrapparsi alla sua gamba e conficcare le unghie acuminate nella sua carne. L'attacco a sorpresa spinse Alfred a lanciare un grido di dolore.
-Salope! Angleterre, il est à moi!-
Quella voce! Dannazione, solo Francia ci mancava! America abbassò la testa, scorgendo infine il suo assalitore. Era un altro coniglio, anzi, a giudicare dalla lunghezza delle orecchie e dalle dimensioni, sembrava quasi più una lepre. Ora che ci pensava bene, quella che accompagnava il Cappellaio Matto in "Alice nel Paese delle Meraviglie" era la Lepre Marzolina, no? Il pelo era marroncino, un poco arruffato. In mezzo alla folta chioma bionda tipica del francese, spuntavano le due lunghe orecchie, di cui una era costantemente piegata in avanti.
Alfred scalciò, fino a quando non si liberò di quel peso che ostinatamente si ancorava alla sua caviglia.
Nel frattempo, l'inglese ancora sorseggiava il suo tè. Infilò una mano nel panciotto verde scuro e, da una tasca interna, estrasse un orologio da tasca. Guardò l'ora e stabuzzò gli occhi. Erano le cinque, sette minuti e cinquantotto secondi. E loro dovevano ancora prendere il tè!
-Francis, basta così- ordinò, mentre con la sua tipica posatezza da british gentleman appoggiava la tazza vuota sul piattino, accingendosi a versarsene un'altra.
La lepre lanciò uno sguardo di sfida al giovane americano, indi con rapidi balzi andò a sedersi accanto al Cappellaio.
-Francis, sei davvero un maleducato.-
-Pourquoi?-
-Levati. Voglio che sia Al a sedersi accanto a me.-
Così dicendo, lanciò uno sguardo malizioso al ragazzo che, ancora in piedi, osservava quella scenetta, indeciso sul da farsi.
-Ma questo è sempre stato il mio posto, il posto d'onore.-
-Appunto. Il posto d'onore è riservato agli ospiti. Levati.-
La lepre fulminò ancora una volta l'americano; come si permetteva di rubargli il posto accanto al suo Angleterre?
Alfred si sedette accanto ad Inghilterra, osservando con attenzione i suoi movimenti. Una volta che si fu versato dell'altro tè nella tazza, vi versò del latte. Due zollette di zucchero. Era sempre il solito Inghilterra. Nemmeno in quel mondo così stralunato cambiava le sue maniacali abitudini.
-Non cambi mai, eh, Arthur?-
-Oh, ma tu senti chi parla. Le mie abitudini sono sicuramente migliori delle tue, Al. Cosa ci trovi a correre insistentemente dietro a un coniglio?-
-Quello che ci provi tu a startene qui seduto in questa landa desolata a bere tè con una lepre pervertita.-
A quel punto, l'americano vide qualcosa di diverso negli occhi di Arthur. Qualcosa che non aveva mai visto, qualcosa di nuovo. Che lo spaventò. Il suo sguardo divenne una feroce vampata di fuoco che lo incenerì nel preciso istante in cui glielo puntò addosso. Scattò in piedi, mise entrambi i palmi sotto il piano del tavolo e, con non si sa quale forza, lo rovesciò completamente, facendo precipitare a terra tutti i piatti, le vivande e le innumerevoli teiere di cui era imbandito. Francis afferrò la sua tazza di tè e si allontanò appena in tempo. Alfred, invece, rimase seduto al suo posto, con un'espressione sconvolta stampata sul volto.
-Landa desolata? Ti sembra una landa desolata?- gridò l'inglese, col viso avvampato e una vena che pulsava sul collo. Alfred osservava perplesso il moto d'ira che andava crescendo nel suo interlocutore. Cos'altro era quel posto? Lo ricordava come un paradiso terrestre ed ora...
Si voltò, lanciando un'occhiata al paesaggio. E finalmente li vide. I suoi occhi si riempirono d'orrore. A terra giacevano decine e centinaia di cadaveri. Corpi dilaniati, laghi di sangue, ventri scoperti e lasciati alla mercè dei corvi. I loro occhi, se ancora avevano la fortuna di averli, erano vitrei e si perdevano nel nulla. Le bocche semiaperte sembravano sprofondare alla ricerca di un alito di vento. Qualche arto giaceva lontano alcuni metri dal proprio corpo. Brandelli di carne e vestiti pendevano dai rami degli alberi. L'americano trattenne un conato. Cos'era tutto quell'orrore? Perché prima non l'aveva notato?
-Questa è Londra- commentò il Cappellaio, come se gli avesse letto nella mente -Quel tedesco mi bombarda giorno e notte. Ma io non voglio cedere. Sono il fottuto Impero Britannico, per dio! Con chi crede di avere a che fare?-
Sì, era sempre lui. Il fiero, orgoglioso, testardo Inghilterra. Alfred sospirò; la battaglia d'Inghilterra era stata una delle più grandi sfide che l'Europa aveva dovuto sostenere durante la Seconda Guerra Mondiale. Se non fosse stato per Arthur, per la sua resistenza contro i tedeschi...America scosse la testa. Non voleva nemmeno immaginare un'eventualità in cui a vincere non sarebbero stati loro. Così era andata la storia. Grazie al cielo.
Il Cappellaio alzò lo sguardo al cielo plumbeo, indi lo spostò su America con un lampo di malizia negli occhi.
-Lo sai, Al, che hai proprio una bella testa?-
-C-Cosa?!-
-Oh sì, quando la Regina te la taglierà, chiederò di averla io per provare i miei cappelli.-
A quelle parole, un brivido di orrore percorse la schiena dell'americano. Lentamente, ancora sotto lo sguardo ambiguo dell'inglese, si alzò dalla sedia. Doveva andarsene in fretta. Non sapeva bene il perché, ma quell'Arthur in versione Cappellaio Matto lo inquietava non poco.
-Oh, mais non. Hai voluto il mio posto, adesso sarebbe da maleducati andarsene così- esclamò la Lepre, balzando giù dal proprio sgabello ed avvicinandosi agli altri due, mentre ancora nelle zampe reggeva la sua tazza di tè. Anche nei suoi occhi c'era qualcosa di vagamente preoccupante. Una luce diversa dal solito. Perversa. Tremendamente, orribilmente perversa.
Alfred fece qualche passo indietro. I due si avvicinarono ancora. Al che decise di scappare. Si voltò ed iniziò a correre con tutta la forza che aveva nelle gambe. Alle sue spalle, risuonava una risata convulsa e malata. E ad un tratto la sua corsa venne fermata. Qualcosa gli afferrò la caviglia destra, facendolo rovinare a terra. Indi anche la sinistra fu catturata. Alfred cercò di liberarsi, dimenandosi, ma quando vide ciò che lo tratteneva il cuore gli balzò in gola: uno dei cadaveri che infestava quel luogo sinistro lo tratteneva, protendendosi con mani scheletriche e conficcando le lunga dita affusolate nella carne dell'americano. Tutta l'incredibile forza del ragazzo sembrava essere improvvisamente sparita, quando un altro di quei cadaveri lo afferrò per i polsi, tenendoglieli dietro la schiena.
-Chi ti ha insegnato queste maniere?- domandò il Cappellaio con nonchalance, avvicinandosi al ragazzo ormai immobilizzato.
-Non impari mai, non è vero, Al?- continuò per poi chinarsi in avanti e poggiare le sue labbra su quelle dell'americano che, incredulo, cercava invano di sottrarsi a quel bacio. Ma tutti i suoi sforzi erano inutili. Arthur divorava famelicamente le sue labbra, esplorando con la lingua ogni anfratto della sua bocca. Pochi secondi dopo si staccò ed un sorrisetto soddisfatto si dipinse sul suo viso.
-Dolce- commentò.
La Lepre fissava i due con gli occhi che brillavano.
-Ora tocca a me, Angleterre. Je veux une bise. Une bise! Une bise!-
La Lepre chiuse gli occhi, pronto a ricevere il suo bacio. Il Cappellaio chiuse la mano, pronto a sferrare il suo pugno. Francis volò a qualche metro di distanza, ruzzolando nella polvere. La tazza di tè che teneva tra le zampe fece per precipitare al suolo, ma prontamente l'inglese l'afferrò al volo, senza versare nemmeno una goccia.
-Sarebbe un peccato sprecare questo delizioso tè. E tu, Al, ne sai qualcosa a proposito, vero?-
Alfred, ancora intontito da quel bacio improvviso ed apparentemente senza significato, improvvisamente si ridestò. Il tè. Ora ricordava!
L'inglese colse il lampo di luce negli occhi dell'americano e accennò un sorriso sornione. Certo, come poteva non ricordare?
-Ti ho fatto un cappello apposta, tutto per te- disse, mentre alle sue spalle uno degli innumerevoli cadaveri dilaniati si avvicinava reggendo un copricapo indiano ricoperto di piume colorate. Lo posò sulla testa di Alfred e si allontanò.
-Vedi che, se lo vuoi, sei un ragazzo sveglio, Al? Ti ricordi, non è vero? Quel giorno, a Boston...-
America sollevò lo sguardo. Come avrebbe potuto dimenticare? Quel giorno, il giorno in cui tutto ebbe inizio. Quel 16 dicembre del 1773.
Arthur alzò il braccio che ancora reggeva la tazzina. Lentamente girò il polso. L'odore dolce del tè invase l'aria circostante. Il liquido giallastro scivolò dalla tazza, sino a cadere tra le piume del copricapo. Le gocce presero a seguire i tratti facciali dell'americano. Un rigolo di tè gli percorse la rima buccale. Con la lingua, il ragazzo assaggiò la bevanda. Poi sorrise. Aveva capito cosa stava succedendo. Quella era la vendetta di Inghilterra. Ancora non aveva superato la sua Indipendenza.
Alfred puntò gli occhi celesti su quelli smeraldini dell'altro. Infine li vide colmarsi di lacrime. Sempre il solito, vecchio Inghilterra.
Ma ora basta. Quella pagliacciata era andata ben oltre l'accettabile.
Con un paio di strattoni decisi liberò sia mani che piedi e si rialzò. Al contrario, il Cappellaio cadde in ginocchio, ancora in lacrime. Quella scena...dannazione! Perché il suo passato lo perseguitava a quel modo? Ora capiva perché era legato. Ora capiva anche il bacio. Inghilterra non voleva lasciarlo andare.
-No, Arthur,- disse America, togliendosi il copricapo e lasciandolo cadere nella polvere -non ti chiederò mai scusa per ciò che ho fatto, per l'Indipendenza. Sono ancora convinto che quella sia stata la decisione più giusta che abbia mai preso in vita mia e non me ne pentirò mai. Non sono più una tua colonia.-
Indi diede le spalle all'inglese che ancora singhiozzava convulsamente.
-Al! Al!- chiamò. Ma lui non si girò.
-Al! Torna indietro! Torna da me! Merda! Perché sta accadendo di nuovo? Bastardo! Al! Tu eri mio! MIO!-
Il giovane si allontanò, ignorando il pianto di Arthur. Doveva proseguire quello strampalato viaggio, doveva far luce su molte cose, soprattutto sul suo passato. Si avviò verso un sentiero che si districava ancora una volta in una fitta boscaglia. Ma, prima di immergervisi, si bloccò e, senza voltarsi, disse: -Arthur, ti prego, smettila di vivere nel passato.-
Il pianto dell'inglese si interruppe. Abbassò lo sguardò ed un nuovo sorriso sarcastico e carico d'odio si formò sul suo viso.
-Corri, Al, corri. Tanto perderai la testa. Vogliamo scommettere?-



*Angolo dell'autrice*
Ooook, allora, scusate se questo capitolo ci ha messo così tanto ad essere pubblicato. È che al momento mi sto dedicando ad altre storie ed avendo iniziato anche l'università il tempo e la voglia scarseggiano. Ma come vedete non mi sono dimenticata! Purtroppo sono indietro anche a rispondere a tutte le recensioni. Per questo spero non me ne vogliate çAç Portate pazienza, oltre agli impegni, sono una persona terribilimente pigra, sappiatelo. Perciò ne approfitto qui e ringrazio tutti per le recensioni che avete lasciato, non sapete quanto mi fa piacere sapere che questa storia è apprezzata! *w*
In questo capitolo ho inserito un bacio UkUs che, a conti fatti, ci stava. Con un Arthur così malizioso cosa volevate a suggellare il "legame" tra i due? Per i fan non-UsUk, tranquilli, questa è la prima e ultima scena simile che troverete in questa fic. Quindi da ora in poi, leggete in pace xD
Vi ringrazio ancora tantissimo per le recensioni *_* Anche se non vi rispondo o se ci impiego una vita per farlo, sappiate che le leggo sempre e mi rendono felicissima! Grazie <3
Alla prossima
Cali ~

  
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