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Autore: Dira_    20/09/2012    15 recensioni
L'ultimo anno della tua vita scolastica è campale, e Violet Parkinson-Goyle lo sa bene. Fuori dalle mura protettive di Beaux-Batons la attendono le aspettative di sua madre e desideri contro cui non sa e soprattutto, non vuole combattere. Lo sa bene Dominique Weasley che ha deciso di candidarsi per il Torneo Tremaghi ma non sa che dovrà combattere anche fuori da un'arena.
Il Settimo anno di Violet e Dominique. Perchè se calchi il suolo di Hogwarts è ovvio e comprovato, pioveranno casini da tutte le parti.
[Spin-off che segue la linea temporale di Ab Umbra Lumen]
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Dominique Weasley, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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We will run and scream, you will dance with me

We’ll fulfill our dreams and we’ll be free
We will be who we are and we’ll heal our scars
Sadness will be far away
(Learn me right, Mumford&Sons feat. Birdie)



 
 
2 Gennaio 2024
Inghilterra, Londra, Diagon Alley. Pomeriggio.
 
“Ordina un altro caffè.”
“Piggie, se ne ordino un altro o finisci per saltare in aria o corri in bagno. È già il terzo che prendi.”
“Fatti i fatti tuoi!”
“Eh, appunto.”
Violet scoccò un’occhiata incendiaria a Dominique, la quale per tutta risposta si limitò a mostrarle la lingua. “Arriverà.” Le assicurò con certezza irritante. “Vuoi calmarti e smetterla di agitarti come un Billywig?”

“Come posso calmarmi?” Replicò rimestando cupamente con il cucchiaino nella tazza ormai vuota. “Se il Signor Malfoy non trova nulla nella camera blindata dei Goyle sarò ufficialmente nullatenente!”
Dominique bevve l’ultimo sorso della sua burrobirra aromatizzata allo zenzero – il sapore era disgustoso.

“E andare fuori di testa ancor prima di saperlo ti serve a…?”
“La fai facile tu…” Borbottò. Quella mattina a colazione Lord Malfoy le aveva annunciato che avrebbe avuto una risposta circa la sua situazione finanziaria. Avevano quindi fissato un appuntamento per quel pomeriggio nella caffetteria vicino alla Gringott in cui si trovava al momento in compagnia della sciroccata.
Non so quanto Lord Malfoy sarà felice di sapere che mi sono portata dietro Nicky, ma…
Non era riuscita a non chiedere il suo supporto e del resto l’altra non gliel’aveva negato, acconsentendo in un giro stretto di posta Gufica – Vianne, la sua aquila, era veloce come un fulmine. 
Ad un occhio esterno la Weasley poteva sembrare fin troppo rilassata dato che si parlava di una questione tanto importante come il suo futuro. Eppure quell’atteggiamento invece di innervosirla – magari un pochino lo faceva comunque – la distraeva. Chissà se Nicky ne era consapevole?
Dubitava. Era una creatura talmente incurante dell’effetto che faceva sugli altri che non si era neppure accorta di quanti, al Ballo del Ceppo, le erano ronzati attorno finchè, vedendo la MacFusty farsi un po’ troppo ardita nelle chiacchiere, non aveva deciso di requisirla e tenersela accanto per tutta la serata.
Vestita decentemente, con i tatuaggi Disillusi e pettinata sembrava quasi femminile … Quasi perché poi ha rovinato tutto bevendo e mangiando come un Battitore ungherese.
Il Ballo del Ceppo era stata una grata parentesi in quel mare di incertezza e avrebbe ricordato per anni il proprio vestito perfetto, il ballo di apertura con Scorpius e l’atmosfera incantata.
Meglio che me lo marchi a fuoco in mente perchè probabilmente è stato l’ultimo ballo ufficiale a cui ho partecipato.
 “La faccio facile perché lo è.” L’altra la riscosse dai suoi pensieri. “Non finirai in mezzo ad una strada.” Si strinse nelle spalle. “Né io né RaggiodiSole ti lasceremo culo a terra.”
Violet inspirò. “Non è questo il punto.” Raccolse granelli di zucchero sparsi sul tavolo con la punta delle dita. “Non voglio … non voglio pesare sulle spalle di nessuno, tantomeno sulle vostre!”
Dominique sbuffò alzando gli occhi al cielo. “Voi Sang-pur! Ce l’avete dentro l’esser melodrammatici … Pensi che mi peserebbe più aiutarti che saperti nei guai?”
“Nicky, non voglio parlare di questo.” Tagliò corto. Sua madre non si era fatta sentire dal giorno della loro lite. Era passato quasi un mese e si doveva esser sposata come doveva esser ormai prossimo il parto. Aveva tentato di mandarle dei Gufi, ma erano tornati tutti indietro comprensivi di timbro ‘Lettera Rifiutata’. Ogni timbro era stata una pugnalata, ma non aveva smesso di insistere.
È mia madre. Le voglio bene, anche se pare non serva a molto.
Sentì la mano di Dominique chiudersi sulla sua. Alzò lo sguardo e la vide guardarla in silenzio, come al solito parca di parole e rassicurazioni.
È proprio questo che mi piace di lei. Non affoga gli altri nei discorsi inutili.
“Sto bene.” Le sorrise ricambiando la stretta. “Grazie.” Le accarezzò il dorso della mano con il pollice. Sentiva le lacrime premere per uscire ergo era necessario cambiare discorso. “Non mi hai raccontato com’è andata l’intervista al Profeta via camino. Era questa mattina, vero?”
Dominique strinse una risatina trai denti. “Una pila di stronzate. Mi aspettavo mi chiedessero roba tecnica tipo la mia preparazione o le tabelle di marcia, all’intervista per la Prima Prova han fatto così. Invece stavolta metà delle domande sono state da posta del cuore. La giornalista però era diversa, era una vecchiaccia con la permanente.” Sbuffò esasperata. “Pensa che si è fatta un film assurdo, dove io mi impalmavo RaggioDiSole prima che mi tradisse per Rosie. Ti pare?”
Violet sorrise appena di rimando. “E tu cos’hai risposto? Le hai detto di noi?”
Forse un anno fa sarei andata nel panico all’idea. Ma tanto, cosa può succedermi adesso? Che venga ripudiata?
Due volte?
Dominique fece un sorrisetto. “Ho detto che erano cazzi miei. Anche se di quelli qua se ne vedon pochi.”
“Nicky!” Esclamò trattenendo una risata. “Non avrai detto così!”
“Pure di peggio!” Esclamò allegra. “Sono una Campionessa del Tremaghi, che mi chiedano cose inerenti al Torneo, non cosa faccio sotto le lenzuola.”

“Quindi non hai specificato?”
Dominique si strinse nelle spalle. “Avrei dovuto? Non voglio che l’Inghilterra intera si faccia i fatti nostri.”
Insolitamente matura …
Sorrise. “Giusto, ma non hai paura che la fantasia fervida di quella giornalista finisca per accoppiarti con Luzhin?”

L’altra fece una smorfia inequivocabilmente schifata. “Lì sarebbe proprio strafarsi di Bevanda della Pace, Piggie. Solo a quella scema della Rossa può piacere un tipo simile.” Si appoggiò con i gomiti al tavolino e si sporse verso di lei. “A me piace roba diversa. Tanto per cominciare, deve essere una rompiboccini di prima qualità.”
Violet la imitò; dava una strana ebbrezza percepire le occhiate delle persone scivolare loro addosso e potersene fregare. “Stai giocando con il fuoco, Weasley. Ti ricordo che ho una bacchetta.” La minacciò, divertendosi a vedere come l’altra ne sembrasse intrigata.
Razza di matta…
“Senza contare che devono assomigliare ad un porcellino d’India.” Continuò imperterrita. “Specie quando si arrabbiano e arricciano il naso.”  
“Hai oltrepassato il segno.” Esultò interiormente al brevissimo, ma presente, lampo allarmato negli occhi dell’altra, che era meno indolente di quanto non dimostrasse all’universo mondo. Poi si sporse e anche se odiò il sapore di Burrobirra sulle labbra dell’altra fu disposta a soprassedere.
Sentì un lieve battere sul legno del tavolo. Nocche. Alzò lo sguardo e con orrore si accorse che Lord Malfoy era di fronte a loro. Sperava non da molto anche se l’aria scocciata era piuttosto indicativa.
“Io … mi scusi. Non…” Balbettò incoerente, tirandosi via da Dominique in tutta fretta.
“Se eri altrimenti impegnata, avresti dovuto avvertire.” Le fece notare, grondando gelo.  
“Ci stavamo baciando, mica facevamo sesso sul tavolino.” Replicò Nicky. “Comunque abbiamo finito.”
Violet sentì l’immediato impulso di affogarsi nella prima superficie liquida disponibile.
Imbecille! Stai parlando con il mago con il sangue più puro d’Inghilterra!
… non che te ne fregherebbe qualcosa, ma comunque…
L’avrebbe presa a ceffoni su quella zucca vuota, ma ormai le parole erano state allegramente pronunciate. Lord Malfoy fece una smorfia, come se si trovasse di fronte ad uno spettacolo del tutto desolante, ma si sedette nella sedia rimasta libera.
“Prende …prende qualcosa?” Aveva sempre provato soggezione verso l’uomo che stava loro di fronte, sin da quando era bambina. Era forse il suo essere alto e avere il viso sempre atteggiato in un cipiglio giudicante, o forse il fatto che sua madre l’avesse terrorizzata a dovere su chi fosse e cosa avesse fatto durante la Seconda Guerra Magica. Forse entrambe le cose.
Questi scosse la testa. “Ho poco tempo. In questi giorni la situazione in ufficio è fin troppo calda per lasciarla nelle mani di conclamati incompetenti.”
“È per via della faccenda dei Dissennatori?” Chiese Dominique. “Dev’essere un bel macello per la Cooperazione Magica Internazionale!”
Lord Malfoy le lanciò una lunga occhiata penetrante alla quale l’altra rispose mantenendo lo sguardo. “Tu devi essere Dominique Weasley.” Pronunciò le parole come se dovesse metterle in guardia da qualche malattia rara ed esotica.  

“Se legge i giornali, lo sa. Io e suo figlio ci siamo ogni tre per due.” Replicò l’altra. “Ma non faccia caso a me, siamo qui per Violet.”
Violet?

Sentirsi chiamare per nome di battesimo dall’altra era sempre strano, ma forse dava la misura di quanto Dominique avesse compreso la serietà di quell’incontro. Era confortante e preoccupante al tempo stesso.
L’uomo non rispose, dandole però nuovamente attenzione. “Oggi ho avuto la risposta dalla Gringott. Non è stato semplice, dato che sulle camere altrui i Folletti sono estremamente riservati.”
“Avrei potuto accompagnarla…” Tentò, prendendo coraggio. “Forse la presenza di un membro della famiglia…”
“Tua madre sarebbe venuta a saperlo nel giro di poche ore e ti avrebbe interdetto l’accesso.” Replicò infastidito, quasi fosse ovvio. Non lo era affatto.

“Può fare … può fare una cosa del genere?”
“Ho avuto modo di visionare il testamento di Gregory, alla sua morte.” Giusto, suo padre si chiamava Gregory. “Una clausola spiegava in modo piuttosto esplicito che tutte le proprietà dei Goyle sarebbero passate sotto la tutela e supervisione della sua vedova. Tu sei solo una co-intestataria.” Di fronte alla sua aria perplessa sospirò. “Significa che per avere accesso alla camera è necessaria la presenza fisica tua e di tua madre. Viceversa, non è necessario.”
“Cioè in pratica la Vedova Nera può mangiarsi il patrimonio tutta da sola e Violet deve chiedere il permesso anche per prendere uno Zellino?” Si inserì Dominique.

Lord Malfoy le scoccò un’occhiataccia, ma poi annuì. “Precisamente.”
Violet serrò le labbra. Era così dunque. Anche se era rimasto qualcosa non poteva avervi accesso. Era desolante, ma al tempo stesso sentiva una rabbia cocente scaldarle lo stomaco e il viso. Sua madre aveva sempre controllato la sua vita, e quella era l’ennesima prova del fatto che la considerasse parte delle sue proprietà.
Ad una proprietà non serve certo avere il controllo…
Sentì la mano di Dominique toccarle la gamba. Non si era accorta che durante la conversazione si fosse spostata vicino a lei. Gliene fu grata. “Quindi cosa è rimasto?”  
“Non molto, ma abbastanza da poter essere utilizzato per condurre una vita dignitosa. Sfortunatamente tua madre ha sempre avuto talento nello sperpero. Non so quanto quella somma rimarrà invariata, nei prossimo anni … o mesi.”  
“Non c’è proprio modo per avervi accesso?” Insistette. Non poteva arrendersi al primo ostacolo. Non con la Weasley che la guardava perlomeno. “Sono una Goyle, mi sembra impossibile…”
“Non ho detto che è impossibile.” La interruppe quasi trovasse la sua mancanza di ricettività insopportabile. “Tua madre non prevedeva di doverti ripudiare.” Doveva proprio sembrargli ottusa a giudicare dallo sbuffo impaziente. “Se perdi il cognome Parkinson e tutto ciò che comporta anche a livello legale, divieni solo una Goyle, come tu stessa hai detto. Non rimane più nessuno di quel ramo della tua famiglia. È esatto?” Violet si limitò ad annuire. “Bene. Questo significa che avrai un diritto di prelazione sulla somma in quanto ultima erede dei Goyle. È una scappatoia, e neppure delle più geniali, ma bloccherà le pretese di tua madre in maniera irreversibile.”

“Ma non mi ha ancora ripudiato…” Mormorò. “Credo che dovrebbe arrivarmi notifica…”
Ne aveva parlato con Lady Andromeda. Con lei perché alla fine aveva scoperto il motivo di tanta empatia.

È stata ripudiata dalla sua famiglia, i Black. Per questo ci tiene tanto a dire che è una Tonks. Una Tonks come l’uomo che ha sposato attirandosi le ire della sua intera Casata.
Le aveva spiegato in modo dettagliato cosa sarebbe successo e le era stata grata per non aver tentato di indorare la pillola.
 
“Non è la fine del mondo, ragazzina. O meglio, è la fine del mondo per come l’hai conosciuto fin’ora. Farà schifo all’inizio, ti sentirai togliere la terra sotto ai piedi ad ogni passo, ma poi migliorerà. Se hai accanto delle persone fidate sarà ancora meglio. Fanne tesoro, perché adesso sono loro la tua famiglia. E credimi, possono essere tanto meglio.”
 
Lo sono.
Guardò verso Dominique che ricambiò l’occhiata con un mezzo sorriso dei suoi.
“Se vuoi avere quella somma, tua madre deve ripudiarti.” Il mago la scrutò come un ragazzino viziato avrebbe dissezionato un Vermicolo. “Credo che tu non voglia passare il resto della tua vita a piangere dietro le gonne di mia moglie, o mi sbaglio?”
Violet avvampò, ma l’umiliazione fu breve perché dovette afferrare per un polso alla propria ragazza prima che scattasse in piedi, bacchetta alla mano. “Nicky!” Sibilò. “Giù!”
Lord Malfoy stirò un sorrisetto inequivocabilmente maligno. “Una cosa che non si può contestare ad uno Weasley è la sua fedeltà animale.”
“Stronzo…” Borbottò Dominique, incerta tra lo scattare o lasciar correre. “Se ti fa tanto schifo prenderti cura di Violet dillo. Ci penso io, a lei!”

Violet sentì le guance scottare di un sentimento tutto diverso da quello precedente. Strinse il polso dell’altra con forza. “Non voglio approfittarmi della gentilezza della vostra famiglia ancora a lungo, no.” Replicò sostenendo lo sguardo dell’uomo come meglio poté.
“Bene, perché hai preso una decisione quando hai rifiutato il volere di tua madre.” Si alzò in piedi, aggiustandosi il ricco mantello. “Mio figlio e mia moglie hanno simpatia per la tua caparbietà. Ti chiederei dunque di non deludere le loro aspettative e continuare per la strada che ti sei scelta. Le mezze decisioni sono sempre pessime consigliere.”
Violet anche stavolta lesse le intenzioni dietro le parole. Sembrava che Lord Malfoy si esprimesse solo in quella maniera. “Grazie.” Inspirò. “Le farò sapere se ci saranno aggiornamenti sulla mia situazione. Posso ritenere di poter contare sul suo aiuto dunque?”

L’uomo arricciò le labbra. “Temo che non sia nelle mie possibilità rifiutarmi.” Detto questo le salutò con un secco cenno della testa ed uscì dal locale in uno svolazzare di vesti.
“Ma li fanno stronzi in serie o cosa?” Esplose Dominique, finalmente libera. “Vaffanculo!”
“Devi leggere tra le righe…” Sospirò abbandonandosi sulla sedia. Non si era accorta di essersi irrigidita tanto. “Mi ha appena dato apertamente il suo appoggio.”
“Apertamente un cazzo.” Borbottò l’altra poco convita. “Io almeno non l’ho percepita così. Anche se non parlo il purosanguese.”

Violet soffocò una risatina, scuotendo la testa. “Mi ha detto che è disposto a darmi una mano, qualora decida di prendere definitivamente le distanze da mia madre. Credo lo faccia soprattutto per farle dispetto, ma … rimane il fatto.”
Dominique aggrottò le sopracciglia meditabonda. “Ma tu che vuoi fare?”
Violet sospirò. La verità era che non ne aveva la minima idea. Certo, le era chiaro che sua madre non voleva più  avere niente a che fare con lei.
Però … non mi ha ancora ripudiato. Se facessi il primo passo e le chiedessi di farlo…
Sarebbe come ammettere che
io non voglio più avere niente a che fare con lei?
“Non voglio perdere mia madre.” Mormorò guardandosi le mani e non vi era scritta nessuna soluzione, né una risposta ai suoi dubbi. Erano solo mani. Mani che sua madre diceva avesse preso da lei – per fortuna, aggiungeva sempre.  
Dominique schioccò le labbra. “Se non vuoi perderla, allora devi cercarla.”
“Non risponde alle mie lettere!”
“Alle lettere si può anche non rispondere, ma di persona è diverso. Devi parlarci faccia a faccia Piggie. Certa roba non si può affidarla ad una pergamena.”
Violet chiuse gli occhi, mentre dietro le palpebre le sfilavano la cascata di possibilità che un incontro tra di loro avrebbe portato. “Se andassi a trovarla potrebbe anche non ricevermi … e se volesse, potrebbe finir male. Siamo su posizioni troppo diverse al momento.” Nascose il viso tra le mani. “Se non faccio nulla rimango in stallo, ma se forzo le cose rischio di esser ripudiata. Che razza di situazione.”
Dominique le diede un colpetto con la gamba, più simile ad un calcio che altro. Le scoccò un’occhiataccia e quella sorrise disarmante. “Fa’ quel che ti senti. In qualche modo troveremo una soluzione.”
“Nicky, non funziona così…” Si premette le dita sulle palpebre sentendole pesanti, stanche. Tutta quella faccenda le stava succhiando più energie di un Dissennatore.

E non parlo per metafore ma per esperienza diretta.
Dominique si strinse nelle spalle. “Quello che ho detto a FacciaDaStitico lo intendo. Mi prenderò cura di te, quindi vai tranquilla.” Disse senza strani sogghigni o ammiccamenti o prese in giro. Quando era seria, lo era completamente.
“Non ho intenzione di vivere sulle tue spalle specie se per farlo devo andare a vivere in mezzo ai draghi.” Replicò per mantenere un minimo di controllo sulla sua inadeguata voglia di singhiozzare come una bambina tra le braccia dell’altra. “E poi, possiamo parlare del futuro quando ne avrò uno che valga la pena di esser menzionato?” Replicò innervosita. Non poteva mettersi a pensare anche all’eventualità di un loro rapporto a distanza una volta finita la scuola.
L’altra annuì. “Come vuoi. Però ricordati che t’ho detto.” Le picchiettò il naso con un dito, facendoselo poi schiaffeggiare via di buon grado. “Ricordatelo.
“Sì.” Sorrise suo malgrado. “Domani non sarò raggiungibile. Ci vedremo direttamente ad Hogwarts.”
“Perché?”

“Perché per una volta, Weasley, hai ragione. Devo riuscire a parlare con mia madre.”
 
****

4 Gennaio 2024
Scozia, Hogwarts. Carrozza di Beaux Batons.
 
Dominique si era stufata di ascoltare il ciarlare infinito della giornalista di fronte a lei, la quale tentava di rimediare al fiasco della precedente intervista – sì, era la stessa vecchia insopportabile.
Del resto però non poteva far altro che ascoltare e smozzicare qualche risposta dato che Mael vigilava impietoso.
Lecchino della Madame
Gli rivolse una smorfia, al quale il ragazzo ricambiò con un’occhiataccia.
La partenza per Durmstrang era imminente, questione di poche ore, e Violet non era ancora arrivata.
Non è che sua madre l’ha rapita e rinchiusa in qualche torre altissima?
Era partita per Parigi in cerca di una riconciliazione, anche se non glielo aveva detto apertamente. Poteva capirlo, poteva persino se la madre in questione era una stronza di rara entità.
Il problema non era capire. Era sopportare che Violet non fosse lì. 
“I nostri lettori si chiedono cosa si nasconda nel cuore appassionato della Campionessa di Durmstrang. È stata ventilata l’ipotesi di un legame speciale con il Campione di Hogwarts…”
Ancora?
“Devo mimarvelo? Scorpius mi fa lo stesso effetto di un tronco di legno!” Sbottò scandagliando lo spazio erboso di fronte alla carrozza. Quasi tutta la delegazione era ormai arrivata, persino la Lombard, forse convinta dalle pressioni della Preside a fare marcia indietro nel suo proposito di abbandonare il Torneo.
E addio sesso.
“Qualche piccolo indizio per i tuoi fan?” La voce della giornalista sembrava disperata. La ignorò.
“Dominique deve finire di fare i suoi bagagli.” Le venne in soccorso il cugino. “Se non ha altre domande…”
Poi Violet arrivò. La vide scendere da una delle carrozze trainate dai Thestral che venivano usate per muoversi all’interno dei terreni della scuola. Indossava già l’uniforme e il mantello regolamentare della scuola e con un colpo di bacchetta fece in modo che i bagagli le levitassero dietro.
Piggie!
“Scriva quel che le pare, tanto so che già lo fate.” Liquidò la giornalista prima di dirigersi verso la sua ragazza. “Ehi!” L’apostrofò.
Violet batté le palpebre, quasi fosse sorpresa dalla sua presenza. Sembrava persa in pensieri tutti suoi. “Nicky.” Rispose. Poi l’afferrò per il bavero della giacca dell’uniforme. Per un attimo Dominique pensò che l’avrebbe schiaffeggiata data la furia con cui l’aveva afferrata. Invece la fece abbassare e la baciò.
Woh!
Violet era una gran baciatrice, anche se nessuno l’avrebbe mai sospettato dietro quell’aria inflessibile e fredda. Grandiosa sì, ma soprattutto riservata.
Peccato che qua siamo di fronte a tutta la delegazione, la Preside e una giornalista del Profeta.
La strega in questione infatti emise una specie di esclamazione colorita, a giudicare da quel che sentì nelle retrovie. Forse era scattato anche qualche flash ma non era sicura. Non che le importasse granché.
Violet in compenso aveva gli occhi enormi e l’aria furiosa. “Sai che mi hai appena baciato, in linea teorica, di fronte ad un’intera nazione?” Le parve giusto notificare.
“Per quanto mi importa, lo posso fare anche di fronte a tutto il mondo Weasley.” Fu la risposta.  
Non credo sia andata tanto bene. Non credo sia andata per niente.
“Spero che per te non sia un problema.” Aggiunse passandole le dita lungo lo stemma della scuola.
“E quando mai. Almeno quella Megera avrà le sue risposte e smetterà di rompermi l’anima.” Replicò perplessa. “Ma vuoi parlarne?”
Violet si morse le labbra, guardò oltre le sue spalle e evidentemente decise che se era pronta per un bacio spettacolare non era altrettanto pronta a rilasciare dichiarazioni in merito. “Prendi i miei bagagli.”
Dominique lanciò un’occhiata a Mael, intimandogli di sistemare le cose.
In qualche modo. Oh, fatti suoi. Vuol far l’assistente? Che assista!
Poi afferrò le borse e seguì la schiena rigida di Piggie all’interno della carrozza.
 
Essere di nuovo di fronte alla Weasley era stato come riprendere a respirare. Per questo quando se l’era vista correre incontro sorridente non aveva potuto fare a meno di baciarla.  
Quando sei in apnea fai di tutto per risalire in superficie, no?
Dominique sistemò i suoi bagagli in un angolo della stanza e poi si sedette sul suo letto, facendo cenno di affiancarla. Violet acconsentì docilmente. “La Gerard?”
“Lombard.” La corresse con uno sbuffo divertito quanto rassegnato. “È in stanza dal suo ragazzo. Le ho detto di starci il più possibile fuori dai piedi e l’ho trovata d’accordissimo. Non siamo le uniche a voler avere un po’ di privacy, sai.”
“Ottimo.” Si lisciò le pieghe della gonna – inesistenti, ne era consapevole, ma era un movimento quasi rassicurante – e inspirò. “Non è andata bene.”
“Fin qui c’ero arrivata. Ora però spiega.” 

“Non c’è molto da spiegare…”

E non c’era.

Arrivare a Parigi tramite Passaporta era stato facilissimo. Al centro Ufficio Smistamento Passaporte era stata accolta da un funzionario, vecchio amico dei Malfoy, che l’aveva messa su una carrozza diretta al quartiere magico di Montparnasse.
Ovviamente dopo aver annunciato la sua presenza agli Elfi della casa aveva dovuto aspettare un’umiliante mezz’ora fuori dal portone principale, alla mercé degli sguardi dei pochi passanti, tutti rigorosamente maghi e dunque probabilmente informati circa la sua identità. Era riuscita ad entrare solo grazie a Sylvie, la sua vecchia Elfa, che contraddicendo agli ordini ricevuti – si colpiva in testa con un mestolo ad ogni piè sospinto, tanto che aveva dovuto strapparglielo di mano – l’aveva fatta entrare dalla porta di servizio.
Come una ladra…
“Sylvie, dov’è mia madre?”
“Nella nursery padroncina Violet.” Aveva emesso un lamento sconfortato. “Oh, Sylvie non doveva dirglielo, Sylvie non è una buona Elfa!” E prima che potesse fermarla si era diretta a testa bassa verso lo spigolo di un mobile. L’aveva dovuta tirare su quasi di peso e farla rinvenire con un veloce Innerva.
“Falla finita, te l’ho chiesto io!” Si era morsa le labbra quando aveva realizzato che Sylvie non ne avrebbe tratto grande beneficio.

Del resto, non sono più la sua padrona. Se mi chiama ancora così è solo per abitudine.
Poi aveva registrato la seconda parola pronunciata dall’Elfa.
Nursery…
“Mia madre ha … partorito?”
“Sì Padroncina Violet!” Il volto sdentato della creaturina si era aperta in un sorriso estatico. “È un bel maschietto!”
Violet aveva sentito lo stomaco stringersi in una morsa. Sua madre non era tornata sulle sue posizioni neppure per annunciarle la nascita del bambino. Aveva inspirato salendo le scale. Adesso il suo obbiettivo era cambiato. “Voglio che mi porti nella nursery.”
L’Elfa aveva tentennato, mormorando una serie di ‘cattiva Sylvie, brutto Elfo’ tanto che Violet si era sentita a disagio. “Sylvie, è un ordine.” Aveva ripetuto e l’Elfa aveva finito per annuire facendole cenno di seguirla.

La Nursery era un tripudio di azzurro e bianco, completamente inondata di luce. L’odore acuto di latte e talco per neonati la riempiva completamente. La culla era all’esatto centro della stanza, ed era incisa con lo stemma di famiglia di Baffi Impomatati, quasi fosse una sorta di altare per celebrarne la virilità.
Coglione.
Si era avvicinata, sentendo una strana sensazione di smarrimento scuoterla. Il neonato riposava tra cuscini di seta e ninnoli d’argento e oro, di quelli che si regalavano ad ogni nascita Purosangue. Aveva una leggera lanugine nera sulla testolina altrimenti glabra e i pugnetti stretti alla coperta. Aveva sorriso, accarezzandogliene uno con la punta dell’indice. A sorpresa, il piccolo glielo aveva afferrato, stringendolo con insospettabile forza. Solo un riflesso condizionato, avrebbe detto qualcuno, tipico in una creaturina senza coscienza, eppure Violet aveva sentito le lacrime pungerle gli occhi.
“Sylvie … come si chiama?” Aveva chiesto all’Elfa che era rimasta in religioso silenzio accanto a lei. “Come si chiama mio fratello?”
Prima che potesse aver risposta però qualcuno era irrotto nella stanza. Era Baffi Impomatati, rosso in viso e con la bacchetta in pugno. Dall’espressione conseguentemente sorpresa che gli vide addosso era chiaro che non si aspettasse la sua presenza.
“E tu che diavolo ci fai qui?” Era sbottato. “Chi ti ha fatto entrare?” Si era rivolto verso l’Elfa tremante. “Sei stata tu?”
“Sono entrata da sola.” Era intervenuta. “La sicurezza in questo posto lascia alquanto a desiderare.”
“Quale parte del fatto che non sei la benvenuta nella mia casa non ti è chiara?”
“La parte in cui nessuno mi informa della nascita di mio fratello.” Non sapeva da dove le veniva quel coraggio e soprattutto, la risposta pronta. Forse dal disprezzo che provava per l’uomo che aveva sposato sua madre. Forse dalla rabbia che covava dentro.

Questa non è solo la tua famiglia, ma anche la mia. Me l’hai tolta. Se non mi disprezzassi tanto avresti capito che mia madre ha bisogno anche di me.
Il mago aveva avuto il buongusto di sembrare imbarazzato, prima di fare una smorfia. “Tua madre ha pensato non fosse necessario informarti, visto le tue ultime prese di posizione.”
“Cosa c’entra quel che ho detto con la nascita di …” Aveva boccheggiato realizzando che non ne sapeva ancora il nome. “Non so neanche come si chiama!”
“Sebastien. Sebastien Julius Marchande.” Aveva proclamato rigido e non era riuscito a nascondere la soddisfazione. La soddisfazione di aver dato un cognome al frutto del suo matrimonio.

Un cognome diverso dal mio.
“Non dirò nulla a Pansy di questo tuo sgattaiolare senza permesso nella nostra casa … L’addolorerebbe moltissimo.” Aveva fatto un sorrisetto. “Date le contingenze, posso anche non sporgere denuncia al Ministero. Adesso però sei pregata di andartene.”
Violet aveva sentito il viso infiammarsi di umiliazione. Aveva voglia di prendere la bacchetta e schiantare quell’idiota, ma non aveva senso anche se Morgana, sarebbe stato bello. Aveva lanciato un’occhiata alla culla. “Me ne vado quando avrò parlato con mia madre.”
“Non è nello stato d’animo adatto per ricevere visite. Specie dalla causa del suo dispiacere.”

Aveva sorriso amaramente. “Già, lo immaginavo. Può comunque riferirle un messaggio.” Non aveva aspettato che controbattesse. “Le dica che qualunque decisione prenda verso di me rimarrà mia madre e Sebastien mio fratello. È stata lei a dirmi che il sangue non è una cosa che si può gettar via come una bacchetta rotta.” Si era complimentata con se stessa per la voce ferma. “Le dica che tuttavia non ho intenzione di lasciare Dominique e che per questo motivo può disporre come meglio le aggrada del nostro patrimonio. Non lo voglio, non se per averlo devo rinunciare a chi amo, che sia lei o la ragazza con cui ho deciso di stare.” 
Sapeva che sua madre stava ascoltando. L’aveva capito dalla porta secondaria, quella da cui Baffi Impomatati non era entrato. Era socchiusa e avrebbe potuto giurare di vedervi delle ombre al di là dello spiraglio di luce.
“È tutto?” Aveva replicato infastidito l’uomo. “Perché non vorrei che il sonno di Bastien venisse guasta…”
“Me ne vado.” L’aveva interrotto. Aveva fatto un’ultima carezza alla testolina del neonato e poi era uscita scortata da Sylvie.

 
“Quindi alla fine non hai visto tua madre.” Esordì Dominique. Aveva ascoltato, si era fatta un’idea e alla fine della faccenda aveva solo una gran voglia di maledire qualche culo.
Possibilmente quello dei due novelli e stronzi genitori.
“No, ma ho visto abbastanza per capire che non ha intenzione di scendere a patti. Che mi abbia ripudiato o meno è ininfluente.” Sospirò continuando a lisciare le pieghe del tutto inesistenti della sua gonna. “Forse sa che se mi ripudiasse mi lascerebbe anche la camera dei Goyle. Non è mai stata una sprovveduta in queste cose… Se ci ha pensato Lord Malfoy può averci pensato anche lei.” Fece una breve pausa. Sembrava stanca come se avesse appena corso per chilometri su un terreno accidentato. “Non lo so Nicky. So solo che non mi ha neanche scritto per dirmi come si chiamava mio fratello. Non mi ha ripudiata … mi ha semplicemente lasciata indietro.” Mormorò abbassando lo sguardo. Aveva le ciglia lunghissime e scure e quando lo si poteva notare non era mai un buon segno.  
Il dolore è un paese solitario.
Si limitò quindi a passarle un braccio attorno alla vita. Non ci mise molto prima che Violet le crollasse addosso scoppiando in singhiozzi. Non disse nulla, preferendo stringerla. Le parole erano importanti e andavano dosate. Non ripetute, perché altrimenti perdevano efficacia. Un po’ come gli incantesimi.
 
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7 Gennaio 2024
Norvegia, Durmstrang.

Un’ultima foto ai Campioni stranieri!
Dominique ricambiò lo sguardo esasperato di Scorpius mentre si apprestavano all’ennesimo barbosissimo set di fotografie fatte dal MagiFotografo del Brev Magiske, la versione norvegese della Gazzetta del Profeta.  

Sia la sua delegazione che quella scozzese erano entrate ufficialmente a far parte di Durmstrang: Durmstrang la fortezza nera, Durmstrang un che avrebbe dovuto essere traboccante di gioventù magica e invece era soltanto inquietante. Gioventù che peraltro era tutto fuorché vitale a giudicare dagli smorzanti fallimenti che aveva collezionato cercando di attaccar bottone con i cosiddetti allievi.
Ed io che pensavo che fosse la loro delegazione ad esser composta da stronzi muti come tombe…
Son tutti così!
Era una scuola di stampo militare, le aveva spiegato Mael, ed era naturale che la disciplina fosse importante e l’espressività invece ingabbiata. 
Ho capito, ma che problema hanno? E poi, domandona da un milione di Galeoni… Perché Luzhin non si sta facendo le foto con noi?
C’era roba strana sul fuoco, che puzzava, e non riusciva a capire se fosse l’unica ad avvertirlo. Aveva tentato di sondare l’umore dei cugini al banchetto di benvenuto della sera prima, ma aveva avuto l’impressione che le dessero poco retta, soprattutto Al.
Comprensibile … hanno imbarcato una clandestina niente male. La Rossa. È un miracolo che Sissy, protettivo com’è, non abbia la schiuma alla bocca.
Quanto le era piaciuta Hogwarts e quanto poco le stava piacendo Durmstrang! Non si riteneva una tipa di tante pretese, ma la neve perenne e l’architettura asfittica contribuivano a disorientarla, e questo non le piaceva. Affatto.
Bene, abbiamo finito!” Annunciò in tedesco il Magifotografo. “Grazie per la vostra pazienza ragazzi!
Scorpius batté le palpebre, guardando verso Tom che pareva volersi confondere con la tappezzeria scura della stanza, a giudicare da come si era sganciato dall’insieme di persone presenti.
Tizio tetro.
“Ha detto che abbiamo finito.” Tradusse dal tedesco con aria annoiata. “Andiamo o faremo tardi a lezione.” Aggiunse da bravo topo da biblioteca qual’era.
“Oh … sì!” Si riscosse il biondo, prendendo il proprio mantello e indossandolo. “Merlino, che freddo!”
“Non dirlo a me.” Sbuffò Mael stringendosi nella loro sin troppo leggera uniforme. “È un miracolo se alla fine del Tremaghi non avrò contratto la tubercolosi!”
“Che roba è? Malattia?” Si informò confuso Scorpius. Si voltò verso Dursley che fissava scocciato l’orologio che aveva al polso. “Turbercolosi! Ha un suono carino però!”
“È mortale e fortunatamente debellata dai paesi sviluppati. Muoviti.” Brontolò questo impaziente.   

Dominique fu presa da un pensiero immediato e come le sempre le capitava quando l’argomento riguardava Violet sentì la necessità di notificarlo. “Ci penso io ad accompagnare RaggiodiSole alla sua lezione, Tommy. Tu va’ pure.”
“Sai dove devi andare?” Replicò con sussiego. Ogni volta che apriva bocca, Dominique sentiva l’urgenza di tirargli un calcio nel sedere. Chissà se era l’unica. Ne dubitava.

“Mi stai chiedendo se ho senso dell’orientamento o se sono scema?” Ritorse la domanda con vaghi intenti minacciosi. Lo spilungone la fissò seccato, poi lasciò perdere e se ne andò senza salutare.
Uh, che novità. Ma come fa Sissy a sorbirselo da più di dieci anni?
“È un bel tipo, ma che carattere orrendo…” Commentò Mael tirando su con il naso. “… Non che il suo ragazzo sia meglio. Tutto sorrisi, ma poi sotto sotto è una serpe.”
“Chi è il suo ragazzo? Ha un ragazzo?” Cascò dalle nuvole. Da quando poi quella manciata di ossa era abbastanza sociale da trovarsi qualcuno?
Oh, no … Aspetta momento. Chi altri può essere se non… ma son cugini!
Ah, no, vero. Il Tenebroso è stato adottato.
“Lui e mini-Potter stanno assieme. Insieme insieme. Non te ne eri resa conto?” Replicò Scorpius sorpreso. “Non è che lo nascondano. A parte ai loro genitori, credo, ma mi chiedo come dato che non sono esattamente discreti.” Considerò meditabondo.
“Chissà a chi piace far cosa, sotto le lenzuola.” Commentò Mael con un sorrisetto lascivo. “Secondo me, dietro tutta quell’aria snob, sotto sotto a Dursley piace esser sco…”
“Troppe informazioni!” Esclamò il biondo tappandosi le orecchie con le mani e strizzando gli occhi. “C’è anche gente etero qui, non traumatizzatemi a vita grazie!”

Dominique rifletté: di quante cose non si era mai resa conto o non le era interessato farlo, prima che Violet irrompesse nella sua vita?
Un bel po’.
“Comunque…” Quest’ultimo riprese le fila del discorso. “C’è qualcosa di cui vuoi parlarmi? Liberarti di Dursley è stato un escamotage piuttosto manifesto.”
“Sì.” Guardò verso Mael e questo prese un’aria offesa. “Scusa Ninfetto, ma si tratta di roba delicata.”
“So tenere un segreto!”
Ciao Ninfetto.” Ridacchiò quando lo vide andar via oltraggiato, trotterellando con grazia per quei corridoi infiniti e bui. Sperò che non si perdesse.
Scorpius infilò le mani nelle tasche dell’uniforme sbuffando via una ciocca di capelli. “Sono tutto per te bionda!” Le sorrise. Si diceva che le camere di tutte le streghette d’Inghilterra – più di qualche strega adulta - contenessero almeno un ritaglio del Profeta contenente una sua foto. Violet aveva commentato che nessuna di loro aveva compreso che dietro quell’aria spensierata e quei sorrisi da conquistatore si nascondeva uno dei cuori più leali del pianeta.  
Ci tiene a lui … Sono amici sul serio, non come era amica con quelle due oche di Sophie e Jenny.
Se non può aiutarmi lui…
Perché la sua ragazza non stava reagendo  bene all’ultima visita alla sua famiglia. Nasconderle la nascita del fratello era stata una carognata da oscar e l’aveva ferita nel profondo. Non che glielo avesse mai detto, ma lo capiva da come piangeva la notte nascondendo la faccia nel cuscino per non farsi sentire.
Prima o poi glielo devo dire che ho il sonno super-leggero…
Si sentiva impotente e l’aria di Durmstrang non aiutava. Avrebbe voluto portarla via in qualche bel posto.
Magari pieno di fiori, quelli che piacciono a lei. Ma primo non siamo in stagione, secondo ho questo cazzo di Tremaghi sulle spalle.
Doveva vincerlo. Vincerlo non solo avrebbe portato prestigio al suo nome – cosa di cui le importava poco o nulla – ma le avrebbe dato accesso al premio di mille¹ Galeoni. Se una consistente parte l’avrebbe data comunque a suo zio per la Riserva, aveva deciso che un po’ ne avrebbe tenuti per sé.
Per Piggie. Si taglierebbe un braccio piuttosto che accettare i Galeoni dai Malfoy o dalla mia famiglia, ma magari questi…
Magari gliela imbastisco dicendo che mi ha aiutato a conquistarli.
Disse tutto questo all’altro. Scorpius ascoltò tutto con calma e quando ebbe finito Dominique si rese conto che forse era la prima volta che aveva parlato così tanto con qualcuno.  
Questo tizio le confessioni te le tira fuori solo standoti davanti. Inquietante.
“Tieni molto a lei.” Sorrise, dopo una breve pausa in cui si era seduti su un paio di anonimi scalini che portavano chissà dove. “Sono contento, Violet se lo merita.”
“Bastasse questo.” Fece una smorfia. “È solo che…” Si bloccò, irritata da tutto quel suo tentennare. Non si era mai sentita tanto incapace. Era frustrante e strano. “Non so come aiutarla. Ci provo, ma sembra non funzioni un cazzo. Parla poco, mangia niente e dorme per modo di dire. È così da quando è tornata.”
“L’aiuto che puoi darle già glielo dai, e credimi, funziona. Solo, per vederne i risultati ci vorrà un po’.” Fece un sospiro divertito. “Ma tu sei una tipa da tutto e subito, eh?”

“C’è altro al mondo?” Replicò con uno sbuffo. “Che cavolo posso inventarmi per farla stare meglio?”
“Niente di risolutivo.” Non era la risposta che voleva ma ad intuito capì che era l’unica che avrebbe ottenuto. “Forse distrarla.” Soggiunse pensieroso. “Quel discorso che ci hai fatto ieri sul fatto che questo posto t’inquieta … Magari parlale di questo. Della terribile Durmstrang! C’è tanto che sta accadendo, sai.” Spiegò abbracciando con un gesto delle mani lo spazio di fronte a loro. “La Piccola Potter che si imbuca, Dursley e la sua storia familiare … Distraila, coinvolgila in qualche trama oscura.” Si strinse nelle spalle. “Con me e Rosie ha funzionato. Ci siamo innamorati in mezzo ai guai.”
“Se lo dici tu…”
“Intanto mi muoverò anch’io, o meglio lo farà la mia famiglia, perché come sai sono un piccolo Lord viziato.” Ghignò. “Mia madre adora Violet e persino mia nonna e zia Dromeda l’hanno presa in simpatia. Credo la considerino un po’ come un gattino che si è smarrito sulle loro proprietà.” 

“Sarebbe fantastico se Piggie non fosse così determinata ad evitare l’aiuto di chiunque, sarebbe capace di dormire sotto un ponte piuttosto.” Sbuffò di nuovo, passandosi le dita tra le ciocche davanti, di nuovo lunghe. “Credo sia riuscita a venire a patti con il fatto che dovrà dipendere da voi o da me fino al diploma, ma poi…” Tutto quel riflettere, ponderare e pensare non era da lei. Non sapeva se stava facendo la cosa giusta, o se c’era una cosa giusta da fare.
Non era preparata e faceva schifo rendersene conto.
Scorpius le diede una pacca sulla spalla. “Le cose si aggiusteranno.” Proclamò con una sicurezza che una volta avrebbe avuto anche lei. Doveva esser Durmstrang, ad ammosciarla tanto. “Sai come dicono i Babbani? Tutto andrà bene, alla fine. Se non va bene, vuol dire che non è ancora la fine².”
Dominique non poté fare a meno di sorridere. Si alzò dopo aver ricambiato la pacca. “Raggio di Sole Malfoy … nomignolo migliore, non m’è mai venuto in mente!”


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13 Gennaio 2024.
Norvegia, Durmstrang.
 
Durmstrang era peggio di Hogwarts.
Non era solo una questione di impatto iniziale, che era stato pessimo anche con la scuola scozzese; ma mentre quest’ultima alla fine si era rivelata accogliente, per Violet l’Istituto non brillava certo per capacità di mettere a proprio agio.
Si sentiva perennemente con gli occhi addosso e non era una sensazione scatenata dalla sua attuale situazione familiare, una sorta di psicosi dovuta al sapersi ormai priva di ogni protezione dovuta al proprio cognome. Non era quello o meglio, non solo.
Aveva scoperto con una certa sorpresa di non essere l’unica a provarla. Anche Dominique e Mael provavano la stessa inquietudine e quest’ultimo si era premurato di far sapere loro che tutta la loro delegazione non vedeva l’ora arrivasse la Terza Prova per poter tornare tra le assolate mura dell’Accademia.
Ne avevano persino parlato con i cugini inglesi della sua ragazza, per quanto avesse trovato quest’ultima idea poco sensata. Si era ricreduta solo quando aveva visto che dietro quelle loro apparenti arie scialbe e poco reattive si nascondevano perlomeno due menti di un certo livello – il ragazzino dai grandi occhi da cerbiatto e il tall, dark and handsome che rispondeva al nome Babbano di Dursley.
(Del resto, erano Serpeverde.)
Era preoccupata per Dominique, andava da sé: la sciroccata era a malapena capace di badare a se stessa in un ambiente sereno e controllato come Beaux Batons.
Ho il terrore di scoprire in che guai possa cacciarsi qui.
Le era grata, le era grata ed era sempre più spaventosamente innamorata. Era per questo che in quegli ultimi giorni aveva fatto carte false per tenerla a distanza.
… Sì, detto così sembra abbia perso il senno.
La verità era che non voleva appoggiarsi troppo a lei. Aveva il terrore che il suo buon carattere e la tranquillità con cui si sciroppava le sue rispostacce prima o poi sarebbero svaniti.
Si stancherà di me e mi lascerà, esattamente come ha fatto mia madre. E da questo, no, da questo non potrei riprendermi…
Il problema principale, era ovvio, era il futuro.
Parola terribile se chiedete a me.
Finita la scuola sarebbe stata priva di obbiettivi concreti quanto di un posto dove andare.
Aveva seriamente considerato l’idea di lavorare, ma le uniche cose che era capace di fare erano disporre i fiori in maniera graziosa, strimpellare il piano e ricamare orribilmente. Il bagaglio culturale medio di una buona sposina Purosangue, la prendeva sempre in giro Nicky: ma era la verità.
Nella società di oggi vuol dire non saper far nulla.
Varcò la porta della biblioteca di Durmstrang, ricordandosi improvvisamente che c’era andata per tentare di studiare prima di cena. A volte si rendeva conto di fare le cose meccanicamente, per inerzia.
Aveva ragione mia madre … Ho sempre la testa per aria. Senza concretezza, come potrò sopravvivere là fuori?
Intravide Delacour seduto ad uno dei tavoli e pur di non restare sola con i suoi pensieri gli si avvicinò. “È libero questo posto?” Chiese più per posa, visto che attorno a loro studiavano al massimo una manciata di persone. Mael inarcò le sopracciglia, ma si limitò a spostarsi per farle spazio. Sembrava averlo colto in un momento di pausa, a giudicare dal fatto che attorno a sé avesse sparso vari opuscoli informativi come ‘Lavorare al Ministero, si può?’ oppure ‘Ami le pozioni e strano! Anche la gente? Vieni a studiare Medimagia!
 Violet ricordava di averli visti all’inizio dell’anno affissi alla bacheca centrale della scuola.
A quanto pare non sono l’unica che si preoccupa di sapere che fine farà dopo il diploma …
Si era stabilita una singolare tregua tra di loro. Non erano amici, ma non poteva più definirlo un suo detrattore. Alla fine della storia, poteva solo dire che gli era grata per non essersi arreso con lei e Dominique.
Non che lo farò mai.
“Hai già fatto il saggio di Storia della Magia?” Le chiese mettendo via i dépliant. “La bibliotecaria mi ha detto che qualcuno ha già preso la loro unica copia del Clarel, e penso che sia stato uno dei nostri. Francamente dubito che qui sappiano leggere il francese.”
Violet ridacchiò, tirandolo fuori dalla sua borsa. “Sì, l’avevo preso io. Mi sono stupita di trovarlo in catalogo.” Glielo spinse davanti. “Puoi prenderlo, non mi serve più.”
Mael la fissò per un momento in silenzio, prima di afferrare il tomo e sfogliarlo distratto. “Non trovi sia strano?” Considerò. “Che io e te parliamo civilmente, intendo.”

“Non più strano di riuscire ad avere un rapporto funzionale con Nicky.” Ricambiò. “Sia ben chiaro Delacour, continuo a considerarti un superficiale vanesio.”
“Ed io una stronza.” Proclamò l’altro. “Ma finché rendi felice mia cugina, non ho niente da ridire.”
Violet affilò il suo pennino, intingendolo poi nell’inchiostro. Pochi attimi dopo si trovò di nuovo a parlare. “Devi davvero volerle bene…”
L’altro si strinse nelle spalle. “È mia cugina, siamo cresciuti assieme come fratelli. Il più delle volte le tirerei una scarpa dietro, ma lo stesso vale per lei. È famiglia.” Dovette leggerle qualcosa in viso, perché esitò. “Ho saputo della faccenda di tua madre … Mi dispiace.”
“Ti confermi un impiccione.” Disse senza livore, con stanchezza. Doveva proprio essere irreversibile ormai, se la voce era già sulla bocca di tutti.

“Anche mio padre mi ha ripudiato…” Esordì e fece un sorrisetto alla sua aria sbalordita. “Beh, non proprio ripudiato in senso magico, era un Babbano. Mia madre lo conobbe ad una festa sulla spiaggia in cui lei e alcune sue amiche si erano imbucate. Nove mesi dopo nacqui io e lui sarebbe stato anche disposto a restare se non fosse che mia madre trovò corretto dirgli la verità sul nostro mondo. Non fu più disposto.”
“Vi abbandonò per questo?”  

“Ci abbandonò perché non ci accettava. Suona familiare?” Sospirò, appoggiando una mano sulla guancia e guardandola. “Non sei la sola ad avere un genitore che non si può definire tale, Parkinson.”
“Ma tu hai la famiglia di tua madre…”
“Vero, ma la cosa bella di una famiglia è che puoi creartene una, se vuoi. Puoi fare un sacco di cose adesso, spero tu te ne sia resa conto.”

Violet annuì. Da quando aveva deciso di abbandonare il sentiero che sua madre aveva tracciato per lei non faceva che incontrare ostacoli. Ma anche scoprire persone lungo quel nuovo percorso.
“Posso farne così tante che non so neanche da dove cominciare.” Ironizzò, ma neppure troppo. “Temo che le possibilità siano molteplici, ma le mie capacità ristrette.”
Mael arricciò il naso, quasi trovasse quella frase insensata. “Mi pare di ricordare che hai un cervello, Parkinson, e quando non lo usi per sputare veleno, funziona piuttosto bene, altrimenti non ti avrebbero portato qui come studentessa modello dell’Accademia.” Tirò fuori gli opuscoli da sotto il caos di pergamene e libri. “Se non vuoi finire a servire ai tavoli, potresti continuare a studiare. Molti di noi lo fanno, e nel mondo Babbano è quasi scontato.”
“Sì, e con quali soldi?”

“Esistono le borse di studio.” Scandì con lentezza, quasi parlasse ad una ritardata. In effetti Violet si trovò nella scomoda posizione di non sapere di che diavolo stesse parlando. L’altro fu lesto a spiegare. “Se non hai soldi, alcune scuole di preparazione ti pagano la retta. Sei come un investimento per loro.” Sbuffò. “Purosangue, cascate sempre dalla scopa!” Glieli spinse praticamente in mano. “Prendili se vuoi, tanto questi li ho già scartati.”
“Hai già deciso?”

“Ho già fatto domanda per l’Accademia Magica di Arti Drammatiche a Londra.” Scrollò le spalle. “Non che l’Inghilterra mi faccia impazzire, ma è la migliore d’Europa ed io voglio diventare un attore.”
Di certo ne hai la teatralità.
Violet ne sfogliò alcuni. Non le era mai passato per la mente di rimanere sui libri anche dopo il diploma; del resto era raro che i Purosangue continuassero a farlo dopo i sette anni canonici.
Se continui a studiare di solito lo fai per accedere ad una professione … e la maggior parte della gente che conosco ricopre la posizione che ricopre solo perché ha un certo cognome.  
Senza contare che una volta sposata non avrebbe avuto più motivo di sgobbare, secondo sua madre.
“Parlano tutti di Londra.” Notò perplessa. “Meno male che non ti piace l’Inghilterra.”
Mael avvampò, ma non fece in tempo a capire il motivo del suo rossore che le ritorse contro una domanda. “Londra è migliore di Parigi per la formazione magica post-scolastica. Tu vuoi seguire Nicky in Romania invece?”

Violet deglutì. Di fronte a quella marea di opuscoli e ad una serie di idee che le si erano affacciate alla mente come ancore di salvezza, quel problema assumeva improvvisamente rilevanza.
Voglio davvero seguirla in Romania?
Se le fosse andata bene avrebbe finito per trasferirsi al massimo in un paesino dei Carpazi per aspettare che l’altra tornasse ogni sera dalle montagne. Dominique infatti le aveva spiegato quanto Bucarest fosse distante dalla Riserva. Molto, troppo.
E quando sarò lì che farò tutto il giorno? La mogliettina in attesa?
“Non lo so…” Mormorò guardandosi le mani. “Voglio stare con lei.” Inspirò. “Ma…”
“Se io dovessi vivere in una catapecchia sui Carpazi impazzirei.” La anticipò l’altro senza troppi peli sulla lingua. “Ci sono stato solo una volta quando avevo sei anni. Sono posti assurdi.”
Violet fece una smorfia, sentendo una morsa stringerle lo stomaco. “Grazie per l’incoraggiamento.”

“Guarda che neppure Dom si aspetta che tu la segua.” Replicò. “È il suo sogno, non il tuo.”
Violet sentì milioni di campanelli di allarme suonarle nella testa. Era solo paranoia, lo sapeva. Eppure. “Te l’ha detto lei? Che non si aspetta che la segua? Che lasci perdere?” Lo incalzò.
“Ohi, ehi, frena!” Esclamò Delacour sbalordito. “Non ha detto niente del genere! Solo sa che la vita di un Guardiano di draghi è insostenibile per la maggior parte delle persone … Non ti farebbe mai vivere alla Riserva.” Si strinse nelle spalle. “Potreste avere un rapporto a distanza. Per quanto mi ha detto, molti Guardiani hanno le proprie famiglie in altri…”
No.” Lo bloccò. La sola idea di avere Dominique solo per periodi di tempo brevi le faceva venire il mal di stomaco. Era sua, quella bislacca scema. Sua da poter vedere ogni giorno, toccare, baciare a fare l’amore.

Siamo state distanti per troppo, stupido tempo. Non deve più succedere.
Mael le lanciò un’occhiata valutativa. “Allora mi sa che hai un problema.”
Violet non rispose, preferendo infilare gli opuscoli al sicuro nella sua borsa per dedicarsi ai compiti.
Un problema? Che novità.
 
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19 Gennaio 2024
Norvegia, Durmstrang.

 
Piggie si comportava in modo strambo ormai da settimane. La parentesi depressa e poco comunicativa in cui era piombata dopo l’incontro con sua madre era passata, per fortuna. Aveva smesso di piangere durante la notte, parlava di più e aveva ripreso appetito, ma non era quello il punto.
Il punto è che si comportava in modo strambo.  
Prima di tutto, aveva preso ad interagire con i suoi cugini, riuscendo persino a scherzare con Rose anche se quest’ultima rimaneva cauta non avendo ancora compreso come funzionava l’ironia dell’altra. Aveva persino dato una mano ad organizzare la festa di compleanno di Al!
Questo detto, il problema era con lei. Quando ne aveva parlato con Scorpius le aveva detto di non saperne niente e Mael facendo invece una faccia allarmata le aveva chiesto se si fosse allontanata.
No, per niente.
Continuavano a stare assieme la maggior parte del tempo, e Violet si stava candidando ad essere la ragazza ideale. Stava dando una mano a Mael nelle ricerche della seconda Prova e dopo gli allenamenti la trovava sempre al limitar del bosco fornita di asciugamani e thermos. Aveva praticamente smesso di riprenderla e a letto era una bomba. Perfetto, su carta.
Se non fosse che non è la solita Piggie, lagnosa, snob ed irritabile come un Ippogrifo con le emorroidi.
C’era qualcosa che frullava nella testa dell’altra, qualcosa che le faceva fissare il vuoto quando pensava di non esser vista, ma morisse se riusciva a farselo dire.  
Tralasciando l’atmosfera e il problema con sua madre cos’altro c’è?
Era irritante fare certi pensieri durante una festa, ma così era. La guardò: era carina da matti mentre chiacchierava in maniera pacifica con Malfoy e Rosie. 
Dominique pensò che era un buon momento per parlarle di quello che lei stava facendo per risolvere la situazione. Ci aveva speso un bel po’ di tempo, un sacco di riflessioni e un fiume di inchiostro.  
E speriamo che non se la prenda perché ho coinvolto anche Mòr. Ma come facevo altrimenti?
La raggiunse e le posò una mano sulla spalla. “Ehi Piggie.” L’apostrofò. “Chiacchiere?”
“Cosa pensi si faccia ad ogni festa, a parte bere come fai tu?” L’apostrofò senza livore, appoggiandosi a contro di lei e passandosi le sue mani attorno alla vita. Con suo sommo divertimento Rose guardò l’operazione come avrebbe guardato un’alce entrare in un bar e chiedere del sidro. “A proposito, questi cocktail sono terrificanti. Quanto li hai corretti?”
“Molto.” Rispose. “Dai, vieni.”
L’espressione allarmata sul volto dell’altra non se l’era sognata. “Puoi aspettare? Stavo parlando.” Proclamò infastidita, ovvero nel panico più totale.

Ecco, lo sapevo che c’era qualcosa che non andava!
“No, adesso.” Replicò tranquilla. “Ci metterò solo un attimo … Poi potrai continuare a dimostrare a Rosie quanto sei simpatica.” La prese per un polso e la trascinò via senza troppi problemi.
Con lei bisogna far così, o ci si mette di più che a recitare tutte le guerre dei Folletti in rima baciata.
“Nicky!” La ignorò, uscendo fuori dalla saletta che Durmstrang aveva offerto loro per la festa. Facendolo incrociarono Lily che tornava dentro in tutta fretta.
Rossa … ma che combini?
Non le importava. La riluttanza di Piggie le dava da pensare e non le piaceva pensare a quel modo. 
Perché non mi dici che hai? È tua madre? Ha fatto di nuovo la stronza, magari per lettera?
Si trovarono così nel buio del corridoio, illuminato fiocamente dalle torce. Violet aveva le braccia conserte e l’aria corrucciata, una fotocopia perfetta della ragazzina snob che era una volta. “Cosa c’è di così importante che non può aspettare?” La apostrofò irritata.  
Non ci girò attorno. “È da un po’ che ti comporti in modo assurdo con me.” Ci pensò un po’. “È come se non volessi che sappia a che pensi.” Concluse infine.
Violet fece una smorfia divertita. “Non ti ci vedo, come Legimante.” Vedendo che non abboccava scosse la testa. “Te l’ho detto tante volte, non ho niente. Dai torniamo dentro, sto congelando.” Si voltò, ma lei fu più svelta. Sbatté una mano sul portone e la fermò dall’aprirlo. “Nicky!

“Non mi piace quando ti comporti da perfettina. L’hai fatto per anni, e ci ha fatto stare come cani. Ad entrambe.” Le cose andavano dette. Non che aspirasse a diventare una logorroica del calibro di Mael, ma aveva scoperto che chiarire non era mai un male. “So che stai passando, ma è come se ti sforzassi di …” Esitò. “Cavolo ne so, di dimostrarmi che va tutto alla grande tra di noi. Non serve! Lo so che mi ami e tutto il resto.”
Non aveva idea se quel discorso aveva un briciolo di senso, ma evidentemente per l’altra sì perché la vide avvampare e fissarla con gli occhi lucidi.
Merda! Che ho combinato?!
“Nicky…” Abbassò la testa e fece un profondo sospiro. “Non voglio perderti…”
“E chi se ne va?!” Che idee si era messa in testa? “Senti, a questo proposito…”
“… ma non voglio venire in Romania. Voglio trasferirmi a Londra e continuare a studiare, magari con una borsa di studio. So che non è giusto e che non ti posso imporre la mia decisione, ma non posso vivere in quei posti, non lo sopporterei e diventerei insopportabile e finiremo per detestarci. Di nuovo.” Lo disse tutto di un fiato, in sussurro contratto, quasi cavasse le parole da un pozzo profondo.

Ah. Però.  
“Sul serio vuoi continuare a studiare? Ma non ti sei stufata?”
“Diversamente da te, c’è gente a cui piace possedere una cultu…” Si bloccò, alzando lo sguardo di colpo. Sembrava furiosa. “Hai capito quel che ti ho detto?”
“Sì, non vuoi vivere in Romania.” Ripeté perplessa. “Ma è perfetto, perché neppure io ci vado. Londrà ti andrebbe bene?”
“… Scusa?” La faccia sbalordita di Piggie era quella che adorava di più – forse no, quella che faceva quando erano in prossimità di un letto era meglio. Comunque le faceva venir voglia di ridere.

Anche un po’ per il sollievo.
Era questo a farla comportare in modo strano? Era preoccupata che finita la scuola le dicessi ‘tanti saluti, me ne vado in Romania, vieni se ti va?’
Merda, non è carino.

“Avevo capito che non saresti venuta con me.” Esordì e fu con una certa soddisfazione per le sue capacità intuitive e organizzative che continuò. “Così ho pensato che Londra sarebbe stata un buon posto per entrambe finita ‘sta baracca. So che ti piace … mi hai raccontato che le poche volte che sei stata a Diagon Alley ti sei divertita.”
“Sì, ma … i tuoi draghi…”

“Mica stanno solo in Romania!” Ridacchiò, divertita da tanta ignoranza. Ma poteva perdonarla. “Ho parlato con mio zio Charlie e con Angus MacFusty, il nonno di Mòr, il loro capofamiglia, cioè, ci ha parlato lei e poi mi ha riferito visto che non parla con gli inlanders, come li chiama lui, ma comunque…” Vedendo che l’altra stava perdendo il filo del discorso, tagliò corto. “Posso fare il mio apprendistato come Guardiana anche alla riserva delle Ebridi. Dalla Skye per Londra ci sono almeno tre Passaporte al giorno, senza contare i traghetti che attraccano in un posto chiamato Victoria Embankment³, mi sono informata. Sarà una passeggiata tornare!”
“Hai pensato…” Violet iniziò e poi tacque. La guardava sperduta, come se si trovasse di fronte ad uno spettacolo impensabile.
Io che programmo qualcosa di più immediato della mia giornata? Grazie, eh!
“Hai trovato una soluzione.” Concluse. “Per entrambe.”
“E che altro avrei dovuto fare?” Sbuffò un po’ spazientita. Si sarebbe aspettata un po’ più di lodi. “Ti ho detto che mi sarei presa cura di te, e non posso farlo se ti fa schifo il posto in cui viviamo o non stiamo sotto lo stesso Ministero.”
“È pazzesco.” Mormorò mentre un lento sorriso le si formava sulle labbra. “È perfetto.”
Dominique fece una smorfia: la prendeva forse in giro? “Certo che è perfetto. Ci ho pensato i…” Non le lasciò terminare la frase, perché le prese il viso tra le mani e le diede un bacio che se fosse continuato avrebbe mandato in apnea entrambe.
Oh, beh. Non moriremo di certo.  
Quando si staccarono Violet la graziò di un altro paio di languidi baci, guardandola come se le avesse appena scaricata davanti una pentola d’oro. Glielo fece notare, e l’altra rise. “Sei tu la mia pentola d’oro, Weasley.” Le tirò indietro quella stupida frangia ormai totalmente asimmetrica. “… ma sei sicura? Lavorare con tuo zio era il tuo sogno.”
“Diventare una Guardiana è il mio sogno. Che lo faccia alle Ebridi o nei Carpazi non cambia.” Precisò. “E poi non è che non possa andare a trovarlo, no? Mi dai il permesso?” Le diede un pizzicotto sul sedere al quale l’altra reagì con un urletto e un conseguente schiaffo sul braccio. Si sorrisero, e Violet appoggiò la fronte contro la sua spalla.

“Vivrai dai tuoi nonni alla Tana?” Mormorò. “O…”
“Come se tu potessi vivere in un posto come la Tana! Ti verrebbe una reazione allergica. No, ci prenderemo una casa o roba del genere. Quando vincerò il Tremaghi, perché lo vincerò, avrò anche i soldi che ci servono, meno quelli che ho già promesso a zio Charlie, ovvio.”
“Io…”
Roteò gli occhi al cielo. Forse era vero che poteva risultare un po’ sventata nella sue decisioni, ma quelle erano decisioni a cui aveva pensato. Quindi dovevano esser grandiose. Decise di tagliare la testa alla Chimera. “Non so se hai capito Piggie, ma non ci lasceremo. Io e te siamo futuro. Magari un giorno vorremo maledirci a vicenda, ma non oggi. Queste sono le mie intenzioni.”  

Era talmente semplice da esser banale. Amava Violet, la voleva per sé dalla prima volta che l’aveva vista, impettita e piena di stizza ma con gli occhi più vivi che avesse mai visto. Non era questione di possederla per mostrarla in giro come avrebbe fatto un maritino Purosangue. Una come Violet non stava bene chiusa in un bel corpetto e dentro una teca di vetro. Una come Violet stava bene viva, come era in quel momento, con gli occhi che sembravano immensi e il sorriso più  nudo del mondo.
E sotto sotto, era proprio contenta di esser stata lei a capirlo per prima.
 
****
 
10 Agosto 2024
Francia, Provenza, Bocche del Rodano.
Villa Delacour.
 
Un anno esatto. A pensarci bene era una cifra notevoli di giorni, messi uno di seguito all’altro. Ma erano i singoli eventi che l’avevano reso tanto spaventoso, meraviglioso e sorprendente.
Da anziana l’avrebbe ricordato come l’anno in cui il suo mondo era stato minato dalla fondamenta, distrutto e poi ricostruito.  
Una sorta di guerra, se si vuole.
Violet lasciava che i raggi del sole le scaldassero piacevolmente le braccia e il viso, stesa su una coperta come una qualsiasi, volgare Babbana. Non le importava dato che aveva cuscini morbidi attorno a sé, un vestito che non le impacciava i movimenti e la ferma intenzione di prendere colore per far cessare le prese in giro della padrona di casa, ovvero Dominique.
Alla fine il loro ultimo anno non si era concluso con i buoni propositi per il loro futuro. Affatto. Una delle cugine di Dominique, una rossa con il cervello di una nocciolina, aveva pensato bene di farsi rapire dal padre squilibrato di Dursley. C’era così stata una folle spedizione per salvarla a cui ovviamente aveva partecipato anche la sua ragazza.
Non ci aveva capito niente, ma nel compenso aveva patito ore ed ore di angoscia, prima di vedersela tornare mezza affumicata, sporca ma viva. Sorrise ricordando il bacio che si erano scambiate e la faccia stolida degli adulti Weasley, tra cui era spiccato un tizio rosso – forse uno zio? – che aveva esclamato uno dei ‘miseriaccia’ più potenti che avesse mai sentito.
Il Tremaghi, nonostante avesse perso Luzhin rivelatosi ingloriosamente un giovane mago oscuro, era continuato. Era continuato e, sorpresa delle sorprese, aveva visto la vittoria di Dominique a discapito di Scorpius e del sostituto Campione, un certo Radescu.
Cosa che l’ha definitivamente mandata in delirio di onnipotenza.
Dominique, finito il clamore della vittoria, aveva però mantenuto ogni promessa. Metà del premio l’aveva consegnato nelle mani di suo zio e l’altra l’aveva vincolata ad un contratto di affitto per un appartamento di tre stanze a Diagon Alley, Londra. Con l’autunno si sarebbero ufficialmente trasferite e Madame Weasley già inseguiva per ogni angolo della proprietà la figlia con consigli sull’arredamento. Al momento in effetti la sua ragazza era fuggita per i campi e non dava notizia di sé da ore.
Selvaggia.
E lei? Se qualcuno avesse mai scritto un libro su quel loro assurdo anno, quello sarebbe stato il capitolo in cui tirare le somme. Dopo il diploma aveva trascorso qualche giorno al Malfoy Manor in occasione del compleanno di Scorpius. Dopo essersi consultata con Lady Astoria aveva infine deciso di richiedere una borsa di studio alla facoltà di Magisprudenza. Declinando così ogni proposta di aiuto finanziario da parte dei Malfoy era piuttosto certa di essersi guadagnata la benevolenza dell’arcigno Lord Draco.
Una piacevole sorpresa era poi arrivata da Jenny. Quando erano tornati all’Accademia per la Terza Prova nessuno del suo vecchio circolo di amicizie l’aveva avvicinata, tranne lei. Dopo una lunga conversazione costellata di domande le aveva comunicato che per lei non cambiava nulla. Era già in programma una sua visita a Londra per quell’autunno.
“Violet?” La voce di Madame Fleur la riscosse dal suo lento appisolarsi. “Dovresti mettere un Unguento protettivo con le pelle chiara che hai. Rischi di diventare un peperone.”
“L’ho messo, grazie.” Sorrise. La famiglia di Dominique l’aveva inglobata nella sua routine con una tranquillità che aveva dell’incredibile. Quando l’altra l’aveva portata a casa per le presentazioni ufficiali, più che sgomento alla notizia della loro relazione c’era stato sollievo. Bill Weasley le aveva confessato che la cosa che più temeva sua moglie era che Dominique finisse come Charlie, spersa in qualche landa desolata. Saperla a lavorare in una riserva vicina alla civiltà ed accasata l’aveva rasserenata.

Visto di chi stiamo parlando avere una ragazza e dichiararsi gay è quasi piccolo-borghese.
“Ti è arrivata una lettera.” Gliela porse guardandosi attorno sconsolata. “Hai idea di dove sia quella sciagurata di mia figlia?”
“Nessuna, Madame.” La prese. Si bloccò quando vide il sigillo impresso nella ceralacca. Persino la strega le lanciò un’occhiata attenta.
“Tutto bene?”
Era il sigillo dei Marchand, ovvero di Baffi Impomatati. L’aveva visto troppe volte tra la corrispondenza privata di sua madre per non riconoscerlo. “Sì … sì, certo.” Balbettò miseramente. “Io…”
“Ti lascio sola.” Intuì. Le mise una mano sulla spalla, con la tipica leggerezza Delacour che non era minimamente passata alla figlia di mezzo. “Se vedi Dom dille che la cerco. Da ore.”

Rimasta sola strappò con un colpo di bacchetta la chiusura. Ne scivolò fuori un riquadro lucido che si affrettò ad afferrare. Era una foto. Sentì un groppo chiuderle la gola quando vide che raffigurava Sebastien in braccio a sua madre, il piccolo scalciante e ridente e quest’ultima seria e composta come suo solito.  
Mamma…
Fu un tutt’uno alzarsi e andare nelle stalle. Puzzavano terribilmente, ma avevano il pregio di essere il nascondiglio preferito dalla sua ragazza. Infatti la trovò intenta a strigliare il suo Granian e canticchiare una canzone a mezza bocca, sicuramente insegnatagli da Louis, il quale stava muovendo i primi passi nell’apologetico sogno di diventare una rockstar – qualsiasi cosa fosse.
“Ehi!” La apostrofò voltandosi. La scrutò perplessa. “Mica sarai qui per conto di mia ma’, ah?”
Ci rifletté su e, come al solito in presenza di Nicky, le vennero in mente una serie di idee folli. Tra le molte, scelse con cura la peggiore. “Stavi per uscire fuori con Arod?”
“Sì, perché?”
“Pensi che possa venire lassù con te?”
L’altra la guardò come se le fossero spuntate due corna ramose sopra la testa. “Lassù…” Mormorò sbalordita. Si riprese immediatamente però ed esplose in una risata tutta lentiggini. “Sicuro!”
 
Era l’idea più scellerata che le potesse venire in mente. Decisamente.
Il vento le gonfiava il vestito leggero facendoglielo sbattere sulla gambe nude, le si stava mozzando il respiro e lassù – adesso capiva perché tutti ne parlavano come se fosse una parte di mondo a sé – il cielo sembrava più azzurro, più vicino e quindi spaventoso. Dopo aver aperto gli occhi – durante la salita aveva urlato e basta – aveva colto lo scintillare del manto del Granian. Ai raggi del sole era argento, come la pazza capigliatura della sua ragazza.
Con le braccia attorno alla vita salda di Nicky era morire di paura e sentirsi viva. Ossimorico, ma anche l’amplificarsi di tutto ciò che aveva provato in quell’ultimo anno. Una summa. Una catarsi.
“Nicky, più veloce!” Gridò ritrovando di colpo la voce. “Va’ più veloce!”
Dominique si voltò, scoccandole un’occhiata esilarata. “Chi è la matta adesso, Piggie?”
Violet rise. Aveva detto al piccolo Louis che da grande avrebbe solo voluto esser felice.
Ci stava lavorando.
 




" Nothing here as worked out quite as I expected."
"Most things don't. But you know, sometimes what happens instead is the good stuff."
(The Best Exotic Marigold Hotel)



 
 
****
 
 
Note:

Finita questa piccola para-avventura. Devo ammetterlo, ho scritto finalmente la femslash che volevo. Iniziata con Dom is not a boy’s name non poteva che concludersi così! ;)
Le ritroveremo nella terza parte della saga, ma per ora metto un punto a queste due recalcitranti bambine. Mi han fatto divertire, e spero sia stato lo stesso per voi!

Per quanto riguarda il banner, ringrazio le ragazze di “Noi amiamo Dirareal’ (^//^) per avermi fornito la perfetta immagine di sfondo da mixare con una Piggie sorridente.
Ora, le note più tecniche …
Questa la canzone del capitolo. Da leggere alla fine, ve la consiglio. Sì, è nella colonna sonora di Brave. Sì, ho adorato quel film e probabilmente lo vedrò in loop per i prossimi cinquant’anni. Voi no?
1. Mille Galeoni: premio in denaro istituito per il Tremaghi del 1994. Dubito che la valuta magica sia soggetta a svalutazioni, quindi credo che tale sia rimasto. Corrisponde circa a 6500 euro.
2. Frase detta, se internet non sbaglia (e succede!) da John Lennon.
3. Victoria Embankment: lungo tratto di strada che costeggia il Tamigi. Collega la City of Westminster con la City of London, circondando il cuore della sponda nord della capitale. Da qui partono i traghetti e le barche del London River Services.
  
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