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Autore: Solitaire    06/04/2007    7 recensioni
nemmeno noi siamo solo logica e calcolo, per il semplice fatto che si arriva a un punto dove non c’è alcuna logica né alcun calcolo e la differenza è fatta solo dalla nostra volontà
Genere: Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riku, Roxas, Zexyon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Questa è la primissima volta che scrivo qualcosa fuori dal mio fandom di nascita, cioè Buffy, e mi sento un pelo spaesata. Tra l’altro, Kingdom Hearts è qualcosa che conosco per vie traverse e per ragioni puramente casuali. Sono allergica ai videogiochi. Non mi piacciono, mi annoiano da morire, quindi non ci ho mai giocato.

E perché una che non gioca deve mettersi a scrivere una fanfic su un videogioco?

Facile. Mi sono innamorata dei nobody. No, non di Axel o Demyx o di un particolare nobody perché lo trovo bellissimo, sexy da paura, eccitante, o quel che volete (anche se Xemnas e Saïx… ehhh! Basta, discorso chiuso).

Per la verità, non ho neppure una grande considerazione di come l’Organizzazione conduce la sua guerra. Insomma, che senso ha affrontare il nemico uno per volta quando ne basterebbero due o tre a lavorare di concerto per disossare Sora come un pollo?

Immaginate solo che razza di iradiddio sarebbero insieme Xigbar, Luxord e Zexion. Controllo di spazio, tempo e percezioni. In contemporanea. Oppure Xaldin, Larxene e Axel. O Marluxia, Lexaeus e Larxene. Personalmente, trovo che anche Axel e Demyx potrebbero fare cose creative e pittoresche, insieme.

Le combinazioni sono innumerevoli e molto carine ^__^

E invece no. Devono fare i puri, duri e solitari a tutti i costi, devono fare :(

D’altra parte, Sora ha un vantaggio non trascurabile. Bara. Lo possono uccidere quante volte vogliono. Lui risorge sempre, pronto a un'altra partita, fino a che l’avversario non muore stremato. Traduzione: il giocatore capisce il trucco.

Tristezza :(

Dovrebbero fare un videogioco con opzione finale. Se perdi, ci resti secco sul serio.

 

Comunque, mi sono innamorata dell’idea concettuale di nobody e di tutto il potenziale di seghe mentali che ne consegue. Quindi mi concentro su di loro. In questa particolare storia, anche su Riku, che è troppo improponibile come eroe per non essermi simpatico.  Insomma, prima o poi riuscirò a scrivere qualcosa dalla parte dei buoni. Anche se non ci credo neppure io.

 

Ho cercato di restare in carattere, solo che nel gioco non viene dato moltissimo spazio alle personalità dei vari membri dell’Organizzazione e a me dell’idea che se ne fa il fandom non ne può importare di meno. Quindi non è detto che i miei personaggi siano esattamente come appaiono in genere nelle fanfic. Prendiamo il mio prediletto, Zexion, che viene spesso descritto come un adolescente dolente, depresso e in cerca di affetto, indifeso come un gattino malato. Ma dieci anni prima degli eventi del gioco era uno scienziato affermato. Come fa a essere un adolescente? Era professore a sei anni? Poi dubito molto che in un gruppo di distruttori di mondi e masse si sia guadagnato un titolo come Cloaked Schemer per il suo animo sensibile.

Casomai, invento con i poteri dei personaggi. Se so che Pinco controlla l’acqua e Pallino la vegetazione, parto da quello e ci ricamo sopra. Acqua è acqua e non è mica detto che si deve andare in giro a tirare margherite in faccia ai nemici. Di forme di vita vegetali ce ne sono tante. Oh, quante ce ne sono.

 

Non so se il gioco è stato tradotto in italiano e, in quel caso, come. Mi prendo quindi parecchie libertà con le traduzioni. Non me ne vogliate. Spero si capisca in ogni caso.

Ero in dubbio se tradurre nobody ed heartless e alla fine ho deciso per il no. In genere non uso termini stranieri. Qui l’ho fatto per evitare eventuali ripetizioni e indesiderati giochi di parole, che, comunque, sono presenti nei loro stessi nomi.

 

Temo che la storia finirà molto per virare sul lato 'dark' della faccenda. Ma com'è possibile non farlo, con protagonisti come Riku e i 13?

  

Disclaimer: Tutti i diritti su Kingdom Hearts appartengono alla Disney e alla Square Enix. Questa fanfiction è stata scritta senza scopo di lucro e non si intende violare nessun copyright.

 

 

 

 

 

 

Prima parte

 

 

 

Le cose delle quali l'una può essere sostituita dall'altra mantenendone intatta la verità, sono le stesse.

 

Principio di identità degli indiscernibili, Gottfried Wilhelm Leibniz

 

 

 

* * * * * * * * * * *

 

 

 

io?

 

 

Sogna mondi.

Mondi di notte perenne e mondi sempre in bilico sull’istante del tramonto.

 

Sogna città.

Strane città immerse nel buio e il ronzio di luci al neon che lampeggiano parole aliene nella pioggia.

 

Sogna mari neri e oleosi e lune a forma di cuore.

 

Sogna tempeste elettriche e fiori e fuoco e ombre.

 

 

io

 

 

Sogna persone. Soprattutto, sogna persone.

Sogna i colori che portano nei loro occhi e quando si sveglia, quando cammina per le strade della città e lavora e parla con amici e conoscenti, quando vive la vita sonnacchiosa dell’isola, continua a cercare quei colori e non li ritrova mai e la sua esistenza è diventata monocromatica.

 

 

io sono

 

 

 

* * * * * * *

 

 

 

“Chi sono, io?”

 

La voce è una lama di rasoio coperta di seta.

E’ stata la prima cosa di cui l’uomo ha avuto consapevolezza non appena ripresi i sensi, a parte il dolore.

La prima cosa che invece ha visto è stato il keyblade conficcato nella sabbia.

C’è sangue sull’arma. Schizzi di sangue ovunque, soprattutto sulla lama laterale. Sangue e grumi di materia scura, troppo densa per essere sangue.

 

“Chi sono?”

 

Per l’uomo ferito, respirare è diventato un impegno consapevole. Vorrebbe ingozzarsi d’ossigeno, ma non può. Se lascia che il respiro segua il suo corso automatico, è come se qualcosa gli frughi nel torace con un attizzatoio arroventato. Così, deve coscientemente controllare il ritmo respiratorio e regolare l’afflusso d’aria nei polmoni.

E’ atroce, ma è la migliore delle sue alternative.

 

“Chi sono?”

 

Inspira, espira.

Non troppo veloce, non troppo lento.

Non troppo avido, non troppo moderato.

Un’azione volontaria, anche se non tanto da poterla interrompere.

 

“Dimmi chi sono.”

 

Colui che lo ha colpito è ancora lì, inginocchiato sulla spiaggia, a un paio di metri da lui. Tiene una mano in grembo e l’altra appoggiata all’arma piantata a terra.

Lo osserva. E ripete sempre la stessa domanda.

 

“Chi sono, io?”

 

All’inizio, quella voce è stata solo un suono che ha interrotto il silenzio e il rumore delle onde e il bizzarro gorgoglio che l’uomo sente nel suo torace.

Però, il suono ha acquisito un frammento di significato ogni volta che si è ripetuto, fino a quando non si è composto in una domanda.

 

“Chi sono?”

 

Espira. Inspira.

 

“Chi sono?”

“Sora.” risponde, alla fine.

“Come mi chiamo?”

“Sora.”

 

Inspira. Espira.

 

“Il mio nome.”

“Sora.”

“Dillo.”

 

Stavolta, l’uomo si rifiuta di rispondere. E’ stanco e parlare è uno sforzo immane e c’è altro che ha attirato la sua attenzione.

 

“Chi sono?”

 

Il keyblade. Uno dei grumi di materia nerastra di cui è imbrattato scivola lungo una delle punte della lama laterale. Si lascia dietro una traccia sanguinosa, sul metallo chiaro. Si lascia dietro anche qualche minuscolo frammento di sé stesso.

Ricorda lo strisciare di una lumaca con la sua scia di bava.

 

Espira. Inspira.

 

“Chi sono?”

“Sora.”

 

Ecco. Adesso il grumo ha raggiunto l’estremità inferiore della lama.

Si ferma.

Tremola un poco e si gonfia. Continua ad avere quell’aspetto di mollusco grasso e strisciante. Un mollusco che esita prima del salto.

Quando diventa troppo pesante perché l’adesività riesca a contrastare la gravità, il grumo cade e va ad aggiungersi a quelli che l’hanno preceduto.

Tutta la sabbia sotto il keyblade è impregnata di chiazze di un limo nerastro simile a bitume.

Sta guardando qualcosa che fino a pochi minuti prima era dentro al suo torace diventare parte della spiaggia.

 

Inspira…

 

“Chi sono, io?”

 

Espira…

 

“Roxas…”

“Ciao, Riku.”

 

 

  
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